Papa Pio XII
(1939-58)
- segretario di Stato: card. L. Maglione
(1939 mar-ago 1944);
- responsabile dell'Entità:
card. P.
Fumasoni Biondi.
1943
Settembre
8, appena la radio diffonde la notizia dell'armistizio, tutti
i militi della Guardia Palatina – circa 500 uomini tra
ufficiali e truppa – che abitano fuori dai confini del Vaticano, si presentano
al completo per mettersi al servizio della S. Sede; mons. G.B.
Montini riferisce al papa della piena disponibilità
dei Palatini;
[I servizi di vigilanza e difesa saranno continui, di giorno e di notte,
fino al giugno 1944.]
Ex Aud. Em.mi (cioè: per disposizione del cardinal segretario di
Stato - sostituto è mons. G.B.
Montini): "Dare ordine alla Guardia
Svizzera che in ogni evenienza non faccia uso di armi da fuoco".
Questo ordine viene trasmesso telefonicamente al comandante del Corpo,
col. Henry de Pfyffer d'Altishofen. Ma l'ufficiale
fa sapere che in proposito desidera una conferma per iscritto (che arriverà
il giorno 11).
ore 12:45: [come da note di mons. G.B.
Montini» giunge in Vaticano il comm. Cosmelli,
ministro plenipotenziario inviato da S.E. Rosso,
consigliere generale al Ministero degli Esteri d'Italia, a riferire che
il re, Badoglio e tutti i ministri sono fuggiti
da Roma; anche R.
Guariglia; il comando è rimasto al gen. Solinas;
il comm. Cosmelli che desidera chiedere se
il S. Padre è disposto a rivolgere un appello al Comando tedesco
onde evitare un inutile ulteriore spargimento di sangue, viene ricevuto
da mons. Egidio Vagnozzi;
9, l'ambasciatore di Germania
giunge alla Segreteria di Stato per dire, alludendo all'articolo apparso
su «Il Popolo di Roma», che la sua preoccupazione è
stata quella di far sempre sapere a Berlino che la S. Sede non avrebbe
fatto nulla che avesse potuto nuocere all'Asse; mons G.B.
Montini dice subito che su «l'Osservatore Romano»
sarà pubblicata una smentita di detto articolo;
l'ambasciaotre tedesco si mostra soddisfatto di tutto ciò e uscendo,
viene pregato anche dagli ambasciatori di Spagna e di Portogallo di interporre
i loro buoni uffici perché Roma, specie sotto l'aspetto dei suoi
edifici sacri, e la Città del Vaticano siano rispettati;
la stessa preghiera gli viene rivolta dal card. L.
Maglione dopo averlo fatto chiamare nel suo appartamento.
ore 19:45, accompagnato dalla marchesa Marconi,
viene in Segreteria di Stato il cap. Cerulli
che, inviato dal gen. Frontoni del Comando
Supremo, desidera, su richiesta di questo comando, che la S. Sede intervenga
per affrettare l'arrivo degli anglo-americani. Il Comando della difesa
di Roma è tagliato fuori e non sa rendersi conto della vera situazione.
Le Autorità Italiane rimaste a Roma infatti non hanno stazioni
radio per comunicare con gli Alleati e le truppe tedesche stanno concentrandosi
su Roma da ogni parte.
Il cap. Cerulli viene ricevuto da mons. Tardini,
il quale risponde che la S. Sede può soltanto comunicare con i
suoi rappresentanti all'estero; se il Comando Supremo potesse dare dei
suggerimenti, la segretaria di Stato vedrà di fare il possibile.
Anche l'ambasciatore d'Italia (del governo regio) chiede asilo in Vaticano
e viene alloggiato alla Zecca.
10, il card. P.
Fumasoni Biondi incarica don Brini
di riferire subito a mons. G.B.
Montini un proprio messaggio in merito alla visita del cap.
Cerulli.
Continuano intanto a ritmo febbrile gli appelli per la salvezza
della città e per la fine dei combattimenti.
L'ambasciatore di Germania, chiamato dal segretario di Stato, giunge in
Vaticano per dire che non ha la possibilità di contattare il feldmar.llo
A. Kesselring
che sta a Frascati; fallisce anche un tentativo di telefonare a Castel
Gandolfo per stabilire un contatto con i militari che sono là;
ore 11:30, il col. Berionni, mandato
dal mar.llo P.
Badoglio, comunica che l'accordo intervenuto con le
autorità tedesche non è rispettato da una divisione, la
più scalmanata, composta da paracadustisti che si sta dirigendo
verso Roma sull'Aurelia marciando sulla città e quindi anche sulla
Città del Vaticano; le truppe iatliane hanno già avuto forti
perdite e, pur battendosi bene, si dubita possano sostenere l'urto di
quelle tedesche; sulla via Aurelia si stanno distribuendo armi anche ai
privati perché possano difendersi dai saccheggi;
ore 16:15, l'ambasciatore di Germania telefona per dire che non
hapotuto mettersi in contatto con il feldmar.llo A.
Kesselring; poiché le truppe tedesche sono forse già
arrivate a S. Maria Maggiore e anche al Colosseo, egli pensa di inviare
alla Segreteria di Stato il sig. A.
von Kessel nel caso mons G.B.
Montini pensi di mettersi in contatto con le autorità
militari;
le trattative in corso tra autorità militari italiane e tedesche
si concludono con un accordo secondo il quale le truppe tedesche dovranno
sostare ai limiti della città libera di Roma salvo l'occupazione
dell'ambasciata tedesca, dell'Eiar e della centrale telefonica; comandante
della piazza è nominato il gen. Calvi di
Bergolo;
intanto il ministro degli Esteri italiano R.
Guariglia ha ricevuto la comunicazione dal mar.llo Caviglia;
ha subito pregato di avvertire il Vaticano e di interessare i diplomatici
inglesi e americani; R.
Guariglia ha lasciato il ministero rifugiandosi nell'ambasciata
di Spagna presso la S. Sede; da qui si è messo in contatto telefonico
con il card. L.
Maglione;
ore 20:00, l'ambasciatore di Germania telefona alla Segreteria
di Stato per riferire, tra l'altro, che un ufficiale del feldmar.llo A.
Kesselring ha dato assicurazione che sarà portato il
più assoluto rispetto al territorio del Vaticano e alle sue dipendenze,
in modo da non turbare (gêner) gli interessi e la dignità
del Vaticano stesso; l'ufficiale riferisce inoltre che è stato
comunicato al gen. Carboni (il quale sembra
comandi ancora una divisione in città) che le ostilità devono
cessare in base ad un accordo raggiunto;
il col. Berionni torna da mons G.B.
Montini dichiarando che l'accordo con le forze tedesche era
inevitabile anche se, come pare, di scarsa efficacia; aggiunge che il
problema che lo preoccupa maggiormente è l'approvvigionamento della
città; prega perciò la S. Sede di fare qualche passo presso
le autorità tedesche per agevolare le cose;
da Washington, intanto, il delegato apostolico, mons. Cicognani,
fa sapere al segretario di Stato che il presidente della Repubblica ha
esplicitamente assicurato che gli Alleati rispetteranno Roma, pienamente,
interamente.
13, Operazione
Rabat o Aktion Papst:
il generale delle SS, K.
Wolff, riceve l'ordine da parte di A.
Hitler di rapire e deportare papa Pio
XII:
«Desidero che lei, con le sue truppe [...]
occupi, il più presto possibile, il Vaticano e la Città
del Vaticano; [...] e trasferisca al Nord papa Pio XII, insieme alla curia
"per sua protezione", affinché egli non possa cadere
nelle mani degli alleati e subire le loro pressioni e l'influenza politica.».
[Questo K.
Wolff, dichiarerà il 9 aprile 1974 presso il tribunale
arcivescovile di Monaco di Baviera, durante il processo di beatificazione
di Pio XII.]
Lo stesso giorno l'ambasciatore tedesco, ricevuto dal segretario di Stato,
riferisce che circolano voci circa la collaborazione del Vaticano all'armistizio
con l'Italia, circa la radio e i contatti dei diplomatici ospiti; fa presente
che le preoccupazioni dell'Incaricato d'affari tedesco presso l'Italia,
Rudolf Rahn, possono costituire un pericolo
per il Vaticano; il card. L.
Maglione risponde di aver detto ai rappresentanti degli Stati
Uniti e dell'Inghilterra che la minaccia degli Alleati di piegare l'Italia
con spaventosi bombardamenti e scacciare i tedeschi e a fare una pace
separata è inutile e ingiusta perché essi dovevano ben sapere
che l'Italia non poteva farlo;
vengono poi date spiegazioni circa la procedura severa con cui i visitatori
sono ammessi presso i diplomatici che alloggiano in Vaticano; procedura
che è costata molte noie alle autorità vaticane per il loro
scrupolo di evitare qualsiasi irregolarità; i visitatori che provengono
dal territorio italiano, infatti, sono pregati di premunirsi di un benestare
delle autorità italiane; l'ambasciatore pensa che anche le autorità
tedesche potrebbero occuparsi di tali procedure, per esercitare anch'esse
un controllo sui visitatori;
il colloquio verte poi sulla circolazione delle auto dei cardinali, sulle
tessere di riconoscimento per gli impiegati della S. Sede; tra i casi
citati:
- basilica di S. Paolo, dove sono entrati alcuni militari germanici;
- villa Rossignani (parenti del papa);
- ecc.
[È prevista l'opportunità di vistare i documenti da parte
del gen. R.
Stahel, comandante di Roma, e del col. Dollmann,
rappresentante di H.
Himmler per l'Italia.]
Lo stesso giorno, ai margini di Piazza S. Pietro, sul listone esterno
in travertino (cioè sulla linea di confine dello Stato Vaticano)
appaiono due paracadutisti tedeschi: in tenuta mimetica, armati di mitra,
cominciano a pattugliare sulla striscia di pietra;
[continueranno a farlo per nove mesi.]
15, tramite p. Tacchi
Venturi si chiede alla S. Sede di sondare l'ambasciata tedesca
circa l'approvazione di una giunta amministrativa per la città
di Roma che dovrebbe essere composta dal marchese Guglielmo
di Vulci, Contarini e De
Vito, tutti senatori;
[La proposta non avrà seguito; è un po' la conseguenza di
altri progetti formulati prima dell'arrivo dei tedeschi.]
16, in Segreteria di Stato
arriva l'ambasciatore di Germania E.H
von Weizsäcker presentando una busta dove è del
denaro per indennizzare i guasti fatti a S. Paolo (la Basilica si è
trovara coinvolta nei bombardamenti del 9-10 precedente). Il sostituto
mons. G.B. Montini
vorrebbe rifiutarsi di riceverla, dicendo di non essere incaricato di
regolare la questione, ma l'ambasciatore aggiunge: «Pour
les pauvres» e insiste nel lasciare il denaro.
L'ambasciatore dice poi che il comandante di Roma, gen. R.
Stahel, in segno di buona volontà, ha manifestato il
pensiero di venire a fare una visita alla Segreteria di Stato. L'ambasciatore,
pur rendendosi interprete di questo segno di buona volere, ha creduto
di dissuaderlo dal venire per non fare sorgere commenti fuori luogo. Parla
quindi di diverse questioni dicendo che, superata la
prima fase degli avvenimenti, un'altra si presenta nella quale la funzione
della "Potenza protettrice", anche se ispirata da buon volere,
può diventare poco gradita.
- Ospedale di Monte Mario.
In seguito agli accordi tra le autorità germaniche e la Croce rossa
italiana, l'ospedale passerà gradualmente nelle mani della Sanità
militare tedesca. Si sa che il gen. Granito
si è mostrato piuttosto infastidito di ciò: bisognerebbe
rassicurarlo che non si ha intenzione di recargli la minima molestia e
che si avrà cura di usargli i dovuti riguardi […]
Si chiede a questo proposito se sia vera la voce che oltre l'ospedale
sarebbero messe lassù anche truppe tedesche: l'ambasciatore dice
di no, solo l'ospedale.
- Inglesi rifugiati in Vaticano (alcuni fuggiti dai campi
di prigionia italiana).
L'ambasciatore ama ora di non parlare della questione.
Il sostituto accenna allora, come di suo, una possibilità di uno
scambio di 6 inglesi che sono in Vaticano con altrettanti militari tedeschi
prigionieri. L'ambasciatore crede che non ci sia difficoltà a proporre
la cosa: attende l'indicazione del grado dei prigionieri inglesi per un
eventuale proposta di nomi di prigionieri tedeschi di pari grado.
- Diplomatici che la Germania considera rappresentanti di Paesi
in guerra con essa e che ancora dimorano nella città di Roma.
Nessuna questione per la Lituania; essa non esiste più per la Germania
(essa è stata incorporata nei Territori dell'Est) e quindi il suo
rappresentante non è considerato da essa.
Esiste questione invece per il Belgio (l'ambasciatore risiede a Roma con
il consenso del governo italiano). Si spiega come la sua dimora sia stata
consentita dalle autorità italiane. Bisognerà pensare al
suo trasferimento in Vaticano. Così il Cile. Così sorgerà
presto la questione per il sig. F.
Babuscio Rizzo (a seconda della sua adesione al governo di
B. Mussolini
o a quello del re).
Vi è ancora in territorio italiano mons. Moscatello
(consulente ecclesiastico della Legazione jugoslava). L'ambasciatore non
ha ancora avuto istruzioni dal suo governo circa questi diplomatici, ma
prevede che le avrà presto e in senso che si può fin da
ora determinare.
- Stranieri a Roma.
L'ambasciatore ritiene che sia bene lasciare questa questione a parte,
in chiaro-scuro: sarebbe troppo pericoloso e difficile dire se la Germania
sia o no tenuta al Trattato Lateranense, che è cosa "inter
alios acta".
- Sulla comunicazione di «Radio Londra» che è
arrivata a dire che il papa sarebbe ostaggio della Potenza occupante.
L'ambasciatore gradirebbe che si avesse modo di rettificare questa voce.
Gli si risponde che d'ordinario la S. Sede non risponde a voci diffuse
dalla radio; che la rettifica nei giornali italiani, portata ieri (vedi
«Tribuna» del 15 settembre) mette le cose abbastanza bene
nei termini reali; che tale voce può aver avuto origine da due
fatti: dall'invio di un picchetto di soldati sulla Piazza di S. Pietro
e dall'uso del termine "Potenza protettrice". Tuttavia il suo
desiderio sarà sottoposto alla considerazione del cardinale segretario
di Stato.
Altri accenni riguardano la piccola radio di Castel Gandolfo, le conversazioni
circa la tessera di riconoscimento, il permesso per la macchina del card.
Gasparri, ecc.
Mons G.B. Montini
annota che l'ambasciatore E.H
von Weizsäcker è stato molto gentile.
17, l'ambasciatore del Brasile
Accioly comunica al card. L.
Maglione che tutti i diplomatici sono concordi nella proposta
che, in caso di cattura del papa da parte dei tedeschi, tutti avrebbero
protestato e quindi chiesto di accompagnarlo.
18, in Segreteria di Stato
arriva il gen. Riccardo Maraffa, comandante
le forze di polizia; cattolico e apolitico, si interessa alla ripresa
dei servizi pubblici in Roma, alle difficoltà nell'approvvigionamento
dei viveri e ad altre necessità; chiede da parte sua la collaborazione
del clero per dissuadere la popolazione da atti di violenza, ed insieme
si preoccupa di un'organizzazione "giuridica" della fantomatica
"città libera";
20, in Segreteria di Stato
arriva il conte F.
Babuscio Rizzo, rappresentante del governo di Brindisi; incaricato
d'affari [ufficialmente non si è ancora presentato in Vaticano],
in un'udienza con il card. L.
Maglione solleva un difficile e allarmante caso; a nome del
conte gen. Calvi di Bergolo, riconosciuto
dalle autorità tedesche come capo della "città
aperta", comunica che i tedeschi hanno chiesto 6.000 ostaggi
per 6 tedeschi, che si dicevano uccisi in un ospedale. Un'inchiesta smentisce
la cosa; i tedeschi insistono per gli ostaggi; il gen. Calvi
di Bergolo protesta e minaccia le dimissioni…
il card. L.
Maglione interessa della vicenda E.H
von Weizsäcker ma costui dichiara di non poter intervenire
presso il governo di Berlino, né ufficialmente né ufficiosamente,
perché ne sarebbero derivati danni nei rapporti tra Germania e
Vaticano. L'ambasciatore conclude tuttavia dicendosi disposto a parlare
con amici, a puro titolo personale. Proposta questa che il cardinale non
accetta perché l'intervento della S. Sede in difesa dei romani
non colpevoli è di sua competenza e dovere, quale rappresentante
del Vescovo di Roma. Il card. L.
Maglione conclude tuttavia affermando che se l'ambasciatore
vorrà intervenire a titolo personale è certo libero di farlo,
specialmente pensando al bene di tanti giovani minacciati.
Il ministro conte F.
Babuscio Rizzo, che ha assistito a una parte del colloquio,
dirà al gen. Calvi di Bergolo che
il segretario di Stato si è occupato della questione.
21, «l'Osservatore
Romano», circa la pattuglia di soldati tedeschi di sentinella dal
giorno 13 dinanzi a Piazza S. Pietro, nel territorio italiano, al confine
con la Città del Vaticano, informa che detta operazione era stata
preceduta da una telefonata del Comando della Città di Roma al
Governatore della Città del Vaticano, che ne ha dato avviso alle
autorità competenti, le quali hanno dato subito disposizione che
due funzionari vaticani si recassero al momento stabilito, ore 16:00,
sulla linea di confine per verificare che il territorio dello Stato neutrale
della Città del Vaticano fosse rispettato. La linea di confine
in realtà non è stata oltrepassata.
In una lunga relazione [datata 21 set ma arriverà il 4 dic] il
delegato apostolico a Washington parla dell'azione della gerarchia cattolica
statunitense per la difesa di Roma. Si sottolinea inoltre l'inopportunità
di certe proteste che potrebbero indisporre il presidente Roosevelt;
a conferma si accludono testi dei vescovi Mooney,
Strich e Spellmann;
prima però lo stesso mons. Cicognani
riporta alcuni passi della conferenza stampa del 2 ottobre… [ciò
significa che la relazione è stata postata dopo!?]
23, il gen. Riccardo
Maraffa viene deportato in Germania dove morirà;
28, il conte F.
Babuscio Rizzo comunica che le autorità germaniche hanno
rinunciato alla richiesta di avere 6.000 ostaggi; in cambio però
impongono il servizio di lavoro ad altrettanti giovani.
Intanto, dopo l'8 settembre, il lavoro e le difficoltà del "Servizio
Informazioni del Vaticano" aumentano, soprattutto per le richieste
di notizie di soldati internati dai tedeschi. Si chiede quindi la collaborazione
della Croce rossa svizzera, che è in contatto con la Nunziatura
apostolica di Berlino. Il momento più duro è stabilire il
contatto iniziale con la Germania, perché i tedeschi non considerano
prigionieri di guerra i soldati italiani catturati, e quindi li escludono
dai benefici previsti dai trattati internazionali. Per smuovere le acque
deve intervenire la Croce rossa internazionale per mezzo del conte Vinci.
Le difficoltà e le complicazioni burocratiche sono numerose e gravi
soprattutto per il Nord-Africa francese. Anche se un rappresentante ufficiale
della S. Sede, mons. Carroll, si adoperi
per mesi per stabilire un contatto fra Algeri- Palermo e il Vaticano,
benché in Algeria sia all'opera il p. Birraux
che con i Padri Bianchi ha messo in piedi un apposito ufficio.
Non solo difficile, ma addirittura impossibile, è stabilire contatti
con l'Unione Sovietica, l'unica nazione che non dà e non darà
mai risposta.
Intanto sir Francis D'Arcy Godolphin Osborne,
tra le altre cose, protegge il lavoro "informativo" svolto da
un trio speciale:
. May, il finto maggiordomo;
. magg. Sam Derry, dell'Intelligence
Service;
. preato O' Flaherty.
Quest'ultimo è in contatto con la principessa Ninì
Pallavicini, un'esponente della nobiltà romana che fa la
"fronda" ai tedeschi. Questi infatti non disdegnano inviti al
tè nelle case nobiliari, come pure si concedono qualche flirt con
ragazze della buona società, naturalmente non immaginando che esse
hanno spesso un legittimo fidanzato legato alla rete informativa del gen.
(monarchico) Bencivegna. Lo stesso gen. K.
Wolff ha un'amica italiana che riesce a strappargli preziose
confidenze e anche qualche liberazione clandestina di amici badogliani.
Massoneria
[moderna]
«segue da lug 1943»
1943
Settembre
15, su “Vita Italiana”, Giovanni Preziosi
rincara la dose: riprende
il «Times» del 20 agosto 1939, sul colloquio tra il re dell’UK
Gran Maestro delle United Grand Lodge of England,
“infiora” il racconto con particolari del tutto inventati.
[Sostiene, tra l’altro, che il Gran Maestro uscente sarebbe stato il Re. Il
precedente
Gran Maestro è – invece - il principe Arthur di
Connaught and Strathearn, succeduto nella carica a Edoardo
VII,
Gran Maestro quando era
principe di Galles, ma dimessosi dalla carica dopo l’ascesa al trono. Giovanni
Preziosi nell’articolo sostiene che i Re d’Inghilterra avrebbero ininterrottamente
ricoperto la carica di Gran Maestro fino al 1939. In realtà, nessun
sovrano ha mai
ricoperto tale carica.]
E fa scaturire
da questo racconto
la prova inconfutabile che la Massoneria da sempre trama contro l’Italia
fascista.
In Germania, Giovanni Preziosi continua nella
sua fervida pubblicistica, a cui aggiunge memoriali consegnati ai gerarchi
nazionalsocialisti. Utilizza «radio
Monaco» (propagata anche in Italia) per denunziare quelle che egli
ritiene infiltrazioni massoniche presenti nella RSI.
«segue dic 1943»
FUCI
(Federazione universitaria cattolica italiana)
«segue da 1942»
1943, nata e sviluppatasi come associazione d'élite, inquadrata nell'
"Opera dei congressi",
al suo interno si formano numerosi esponenti cattolici della classe dirigente
italiana;
guardata a vista dal regime fascista, si deve occupare solo di religione;
1942-44, presidente Giulio
Andreotti;
«segue 1944»
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Giornali
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1943 - SETTEMBRE
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