Papa Pio XII
(1939-58)
- segretario di Stato: card. L. Maglione
(1939 mar-ago 1944);
- responsabile dell'Entità:
card. P.
Fumasoni Biondi.
1944
Maggio
1°, fallisce il progetto del trasferimento di ebrei in
Palestina: infatti le trattative degli americani e del ministro Osborne
non hanno avuto successo, perché non c'erano garanzie né
per l'uscita né per l'entrata.
Colloquio tra il card. Ségredi e il
presidente dei ministri Sztoyai a proposito
della legislazione razziale ungherese; il primo ministro confessa che
non si può resistere alle pressioni tedesche. Tant'è che
lo stesso presidente è stato poi costretto al ritiro. Il reggente
Horty davanti all'avanzata nazista e all'intensificarsi
della campagna antisemita rimane del tutto passivo. Giunge anche notizia
che, dopo le deportazioni polacche, erano stati "trasferiti"
nella Russia carpatica ventiquattromila ebrei (secondo il rabbino Hertz).
Mr. Tittmann comunica alla Segreteria di
Stato che il "Ward Refugee Board" ha notificato al
governo spagnolo che, grazie all'opera della S. Sede, migliaia di perseguitati
sono stati salvati in Europa, e il governo spagnolo è riuscito
a proteggere un gruppo di ebrei sefarditi in territorio tedesco. Da Atene
si ha notizia di un concentramento di 400 ebrei; essendo anch'essi sefarditi
si chiede l'intervento del govenro spagnolo.
Von Steengracht risponde a mons. Orsenigo
che aveva chiesto un salvacondotto: un documento di tal genere non era
stato concesso neppure per una nave turca con viveri donati dal Vaticano.
4, da Ferrara mons. Bovelli
comunica che vi sono stati gravi disordini nella zona ed egli ha cercato
di calmare la gente per evitare danni maggiori;
l'ambasciatore del Belgio, non potendo restare a Roma perché cessate
le ragioni della sua permanenza, viene accolto in Vaticano; frattanto
le autorità tedesche confermano le disposizioni emanate per i diplomatici
"in clausura": possono uscire soltanto previa telefonata all'ambasciata
tedesca.
5, La Segreteria di Stato segnala
con preoccupazione all'ambasciata tedesca che da giorni sono stati scaricati
molti fusti di benzina dai militari tedeschi nei pressi della basilica
di S. Chiara ad Assisi. La segnalazione ha esito favorevole.
8, nota del card. L.
Maglione a E.H
von Weizsäcker: poiché si sta pensando di allontanare
da Roma un buon numero di profughi, divenuti ormai troppi, si raccomanda
che l'operazione di sgombero sia condotta dalle autorità tedesche
riducendo al minimo i disagi per i tanti infelici che ne saranno coinvolti.
Il S. Padre, si precisa, confida che le autorità suddette sapranno
capire e soddisfare questo desiderio. Si prega quindi l'ambasciatore di
far presente tutto ciò alle autorità competenti, per non
aggiungere altri danni e sofferenze a quelli causati dalla guerra anche
ai civili.
9, il nunzio in Romania chiede al
ministro Antonescu di far evacuare gli ebrei
da Bucarest per la loro sicurezza.
10, mentre si tratta per i sefarditi,
il nunzio a Madrid comunica che il governo spagnolo non gradisce interessarsi
per ebrei in territori occupati dai tedeschi.
13, aggravatasi la situazione di Roma,
il vicefederale fascista, tramite mons. G.B.
Montini, chiede al card. vicario un suo parere circa un proclama
da pubblicare il 25, in cui si invitano gli sbandati a presentarsi. Il
cardinale non ritiene la cosa opportuna; comunque s'impegna a sentire
il parere dei parroci il giorno 21.
Il ministro Osborne comunica al card. L.
Maglione che le truppe alleate osserveranno tutte le cautele
possibili nei luoghi segnalati per la protezione.
14, intanto il vicario esorta
i cittadini alla tranquillità e all'obbedienza alle autorità;
16, il delegato apostolico a Washington
chiede che venga sollecitato il governo spagnolo ad intervenire in favore
di 238 ebrei sefarditi di Vittel, già con passaporto, perché
siano trasferiti in luogo ignoto ove possano passare la frontiera.
Il card. L.
Maglione scrive al nunzio a Berlino che le notizie comunicate
degli arresti di sacerdoti hanno recato profondo dolore al pontefice,
il quale sollecita a fare il possibile per alleviare i mali.
17, mons. G.B.
Montini avverte von Braun che
in Vaticano si sta apprestando il posto per ospitare l'ambasciatore del
Belgio. I tedeschi dichiarano la loro insoddisfazione e chiedono che rimangano
a Roma mr. Méens e p. Callay.
Si dovrà precisare la posizione giuridica di queste due persone
che restano a Roma;
18, quando è ormai
chiaro che il destino di Roma è segnato e che i tedeschi hanno
perso definitivamente la partita, il gen. K.
Wolff, attraverso l'amico E.
Dollmann, fa chiedere un'udienza particolare al papa; l'incontro
avviene in forma assolutamente segreta: K.
Wolff arriva vestito in borghese con un abito [piuttosto stretto]
prestatogli da E.
Dollmann.
K. Wolff assicura il papa del suo desiderio di pace.
Pio XII ha il "dossier
Vassalli" sul tavolo e chiede a K.
Wolff di liberarlo come prova delle sue buone intenzioni.
[E.
Dollmann farà risalire a questa udienza la prima idea
del piano di resa, che porterà K.
Wolf ai negoziati con l'americano Aland
Dulles meno di un anno più tardi in Svizzera.]
[Dopo due lunghe settimane, finalmente K.
Wolf manterrà la promessa nonostante il parere contrario
di Herbert Kappler.
Questi, accompagnando il prigioniero verso la libertà e consegnandolo
a p. P.
Pfeiffer, esclamerà: «Puoi
ringraziare il Papa se non sei stato messo al muro e fucilato come meriti.
Come veramente meriti!».]
19, il nunzio a Berna comunica
al card. L.
Maglione che la Schweizerische Hilfsverein für jüdische
Flüchtlinge in Ausland (Associazione svizzera di aiuto agli
ebrei all'estero) tramite il diplomatico slovacco Kirschbaum
si è rivolta al presidente slovacco mons. J.
Tiso chiedendo il rimpatrio degli ebrei deportati in Polonia
e Ungheria. Gli ebrei della Svizzera sono pronti a pagare tutte le spese
necessarie e provvedere al mantenimento dei propri correligionari finché
non abbiano trovato una sistemazione definitiva e sicura. Il nunzio fa
sapere che ha appoggiato tale richiesta, facilitando le pratiche.
Il nunzio a Berlino comunica che quasi ogni domenica può visitare
i prigionieri italiani che sono in buone condizioni fisiche. Ha visitato
anche i gruppi nei campi di lavoro, e ha trovato gli internati in buone
condizioni. Il 21 sarà a Stammlager e il 29 visiterà
un Arbeitskommando. Comunica anche d'aver ottenuto che i cappellani
possano visitare i campi di lavoro, ma il numero di questi sacerdoti è
del tutto insufficiente. Infine fa sapere che in settimana sono stati
distribuiti i medicinali spediti dalla S. Sede attraverso la Svizzera;
frattanto il primo treno di malati è partito per l'Italia.
21, mons. G.B.
Montini fa notare "riservatamente" a «l'Osservatore
Romano» e alla Biblioteca Vaticana che non è stata ricordata
l'opera dei tedeschi per la salvezza del patrimonio artistico-culturale
italiano nelle zone di guerra; suggerisce quindi che si pubblichi un cenno
di ringraziamento;
una nota dello stesso giorno si riferisce al bombardamento del 18 marzo
nella zona del Policlinico, ricordando che le parti in guerra se ne rinfacciano
vicendevolmente la responsabilità. Gli Alleati negano nel modo
più assoluto qualsiasi bombardamento da parte loro dopo il 14 marzo
e affermano che le disposizioni da loro impartite circa gli obiettivi
di guerra erano molto precise. Tittmann da
parte sua pensa ad un errore. Osborne invece
pensa ai tedeschi.
22, in una nota di mr. Tittmann
alla Segreteria di Stato sulla questione razziale, si afferma che la questione-ebrei
non riguarda solo un comitato, ma lo stesso governo degli Stati Uniti,
per cui il governo degli Stati Uniti può fare la "voce grossa"
con la Germania e i suoi satelliti o alleati. In via confidenziale rende
noto che il suo governo è intervenuto presso il governo svizzero,
che è deciso a procedere ad un controllo più severo dei
passaporti degli ebrei residenti nel Paese (e questo, forse, su pressioni
della Germania). In seguito al passo americano il governo svizzero avrebbe
sospeso i controlli. Mr. Tittmann osserva
che gli Stati Uniti vorrebbero procedere di concerto con la S. Sede; cosa,
questa, delicata e forse anche pericolosa, perché la S. Sede non
può legarsi ad uno dei belligeranti, ma deve mantenersi indipendente.
Egli però assicura che, nie limiti del possibile, appoggerà
i desideri del suo governo.
Una nota della Segreteria di Stato rileva che la S. Sede si era interessata
dei deportati di Vittel già dal 28 dicembre 1943 intervenendo presso
il governo spagnolo per risolvere la questione dei passaporti sudamericani.
Si aggiunge che la nunziatura in Paraguay aveva preso contatti con le
nunziature dei Paesi latino-americani e con la delegazione apostolica
a Washington in favore degli ebrei della Slovacchia, della Grecia, dell'Ungheria
e della Romania (telegr. dall'11 gennaio 1944 al 22 aprile 1944).
Il nunzio a Parigi mons. Valeri comunica
al card. L.
Maglione di aver ricevuto il signor Sherb,
"chef adjoint du Comité de defense des Français
de l'Empire" il quale gli ha parlato dell'importanza di un intervento
della S. Sede perché si sospendano i processi e le sentenze della
Corte di Algeri contro i cittadini francesi e musulmani del paese. Ha
aggiunto che il suo Comitato vorrebbe procedere a scambi, attraverso la
Spagna, di ostaggi e persone più esposte a rappresaglie. Il nunzio
ha risposto che la S. Sede ha già fatto il possibile, citando il
caso dell'amm. Derrien, di cui si temeva
la fucilazione. Il nunzio chiede che la notizia venga resa pubblica a
conforto di tutti.
23, mons. Cicognani
comunica che le relazioni con le diocesi dell'Italia del sud saranno ripristinate
solo dopo l'occupazione di Roma.
il nunzio a Budapest non si è limitato a proteste verbali, ha anche
consegnato due note scritte al ministero. In esse si osserva come anche
l'Ungheria si trova in una situazione critica con i russi, ormai alla
frontiera, e con il pericolo di una rivoluzione interna; è necessario
perciò usare attenzione con gli ebrei, che simpatizzano per i russi.
la nunziatura a Bratislava comunica che il governo slovacco non intende
prendere altre misure contro gli ebrei, considerando chiusa la questione;
ma non si possono escludere interventi stranieri…
Il nunzio a Budapest, a ricordo preciso del dovere compiuto, consegna
una nota scritta al presidente Imredy in
cui denuncia la campagna anti-ebraica che dilaga nel paese, complice anche
la paura per i tedeschi…
[Nella documentazione del Vaticano si trovano anche due Annessi con la
risposta del governo:
1° - si dice che, pur condividendo quanto esposto dal nunzio, si esprime
paura per possibili disordini; si riferisce poi di una protesta per l'illecita
sospensione delle lezioni nei locali della Società della Santa
Croce e il richiamo al rispetto dei diritti fondamentali delle persone
da parte della polizia.
2° - ricorda che il nunzio, pur riconoscendo la buona volontà
del governo e la tradizione cristiana della nazione, ha riferito la situazione
reale del Paese; in proposito il papa non ha nascosto il suo dolore.]
24, il nunzio in Brasile,
mons. Misuraca, informa che i prigionieri
sono in numero sempre più esiguo e i campi si vanno via via sciogliendo.
Egli ha consegnato i doni del papa. In Argentina, si fa sapere, non vi
sono internati tedeschi. Lo stesso nunzio invece ha visitato vari campi
di tedeschi negli Stati Uniti, provvedendo del necessario quanti gli sono
rivolti.
Il nunzio a Berlino comunica al card. L.
Maglione che un treno con 580 militari è partito dalla
Germania ed è arrivato a Verona: quelli che potranno torneranno
alle loro case. Le crocerossine italiane sono rimaste in Germania perché
ritenute preziose dai medici tedeschi e italiani per i vari ospedali.
Fa notare che la scelta dei prigionieri da rimpatriare non ha seguito
criteri politici. Comunica infine che si stanno organizzando altri treni,
e lo sfollamento da molti campi renderà liberi alcuni cappellani
e medici per le molte necessità degli internati rimasti. Il servizio
pacchi, avverte anche, non è ancora ben organizzato.
25, il nunzio a Bucarest
riferisce della gratitudine del rabbino dott. Safran
per l'interessamento della S. Sede e per gli aiuti concreti ricevuti.
Altrettanto fa a Istanbul il gran rabbino Hertzog
con mons. Roncalli.
[Tuttavia, nonostante il proficuo interessamento della S. Sede,
la via crucis degli ebrei continuerà fino alla fine della guerra.]
27, il gen. Kyrieleison,
comandante della "città aperta"
parla con mons. G.B.
Montini dell'abbandono della città da parte dei fascisti
e chiede un suo consiglio per il momento in cui anche i tedeschi dovranno
uscire.
La situazione va precipitando; il gen. Mälzer
resta calmo e non parla di ritirata; intanto si inviano rinforzi al fronte;
nuovo comandante per il Lazio è il gen. Maraldi,
ritenuto un duro;
gerarchi e famiglie se ne vanno in massa, unica autorità rimasta
è il comandante della "città
aperta", il gen. Kyrieleison.
Questi si dice sicuro di far fronte alla situazione ma vorrebbe aiuto
dagli Alleati per garantire l'ordine pubblico. Manifesta il proposito
di pregare gli Alleati di entare in città disarmati.
Frattanto i tedeschi hanno fatto saltare l'aeroporto del Littorio e le
locomotive a S. Lorenzo.
29, si ha notizia di un
progetto di lasciare Roma al papa (idea attribuita a Carlo
Pacelli e Galeazzi) e di servirsi
di p. P.
Pfeiffer;
[Qui c'è un appunto anonimo: «che succederebbe?».]
[L'Entità comunica che
il vescovo Alois Hudal, rettore filonazista
di uno dei collegi religiosi tedeschi a Roma, ha contatti quasi quotidiani
con importanti membri della rappresentanza diplomatica del Terzo Reich.
[Negli anni successivi sarà una figura chiave nell' "Operazione
Odessa".]
[Proprio quando gli eserciti alleati premono sulle forze dell'Asse per
liberare Roma, la spia tedesca Paul Franken
torna in Germania; la Gestapo intanto comincia ad interessarsi sempre
più agli strani contatti tra i civili e il personale dell'Abwehr.
Le indagni portano all'arresto del colonnello Hans
Oster e del maggiore Hans Dohnanyi,
due antinazisti dell'Abwehr, i quali, nonostante le torture subite, si
rifiutano di confessare di avere avuto contatti con il Vaticano e l'Entità.
Le due spie vengono giustiziate con un colpo alla nuca e i corpi appesi
a dei ganci da macellaio.
In seguito Joseph Müller viene arrestato
e interrogato brutalmente. L'agente respinge le accuse, nega qualsiasi
implicazione in complotti antinazisti con il Vaticano ed è uno
dei pochi membri dell'Abwehr che sfugge alla morte.
Paul Franken si dimette dal suo incarico
nello spionaggio militare della Wehrmacht, cercando di non attirare l'attenzione
delle SS e della Gestapo, e ottiene un posto come traduttore per
i lavoratori italiani in Germania.
[Paul Franken riuscirà a sopravvivere
al regime nazista e alla fine della seconda guerra mondiale.]
FUCI
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