Papa
Giulio III
(1550-55)
1552,
si ritira firmando una tregua con i Farnese,
cui lascia Parma, e sotto la pressione dell'esercito protestante di
Moritz
di Sassonia, che minaccia di occupare
Trento, sospende il concilio.
Concilio
Ecumenico
di Trento
1545-63
secondo periodo
1 mag. 1551-28 apr. 1552
sessioni XI-XVI
1552,
da maggio viene ancora sospeso.
Gesuiti
«segue da 1551»
generale: I. de Loyola (1541-56)
1552
Gennaio
26, Parigi, l'avvocato M.P.
Séguier presenta remonstrance al Parlamento affinché
i gesuiti non siano ammessi nel regno, rilevando non solo il numero
già elevatissimo di ordini religiosi in Francia, ma soprattutto
i privilegi che esentano questo nuovo dal pagamento della decima ai
curati e dalla giurisdizione vescovile, rendendo necessaria una continua
contrattazione con Roma. Il Parlamento valuta con grande attenzione
la questione.
Sorgono intanto il Collegio Germanico a Roma, il collegio di
Bassano (fino al 1568) e il collegio di Modena;
inizio dell'anno, Firenze, viene fondato un
nuovo collegio; una fondazione più che modesta dove dimora un'estrema
povertà anche se il duca, prevenuto contro questa fondazione,
dice che i gesuiti hanno abbastanza denaro per vivere poveramente.
Marzo
26, Fiandre, fondazione di un collegio
a Lovanio: redatta in spagnolo e in latino, I. de Loyola invia direttamente alla reggente Maria
d'Absburgo una supplica in cui espone la natura e i compiti del
nuovo Ordine e sollecita l'autorizzazione a fondare un collegio a Lovanio;
nello stesso tempo ordina a p. Salmerón,
che si trova al concilio di Trento, di recarsi a Innsbruck per trattare
personalmente la faccenda di Lovanio presso l'imperatore.
Le due azioni intraprese (a Bruxelles e ad Innsbruck) finiscono in uno
smacco completo. La supplica alla reggente Maria
d'Absburgo non riceve nemmeno l'onore di una risposta e sparisce
negli archivi di stato (dove sarà ritrovata solo nel 1840).
Giugno
5, Ferrara, quando p. Broët
è inviato a Parigi, arriva p. Jean Pelletier;
alla testa di sette gesuiti provenienti da Roma;
Agosto
Ferrara, il p.gen. permette che il maggiordomo di donna
Maria Frassoni [la
Fattora], Bartolomeo Castaldo, diventi
gesuita e conservi l'impiego durante la vita della padrona (purché
la sua appartenenza alla Compagnia rimanga provvisoriamente segreta…
come il duca di Gandía);
24, su richiesta di p.
Francesco Borja e tramite I. de Loyola, papa Giulio III concede
la dispensa del digiuno (commutato in un'elemosina di almeno due reali)
a donna Caterina de Zúñiga y Avellaneda,
marchesa di Denia, e ai suoi famigliari;
Settembre
26, Modena, Costanza
Pallavicini Cortese [La Cavaliera],
si dichiara disposta ad assumersi la cura dei dieci padri gesuiti; vuole
badare personalmente all'arredamento e ai letti; rettore è p.
Cesare Aversano, non ancora 25enne; poco
dopo, per ordine del papa, il predicatore p. Silvestro
Landini deve recarsi in Corsica lasciando i suoi compagni più
che in un collegio, in una tana.
Ottobre
22, con la consueta prudenza, I. de Loyola scrive a p. Jean Pelletier:
«Qua si brugiano li libri de Crema, ma che
lo facia far senza offensione».
Infatti, i gesuiti, pur provenienti da esperienze spirituali e dotati
di forme organizzative molto diverse, ma anch'essi di recente formazione,
non sono privi di legami con i barnabiti (lo stesso Gian
Pietro Besozzi, durante il processo, è stato confinato
per qualche tempo in casa di I. de Loyola che nella vicenda gioca un ruolo non privo di ambiguità),
Bologna, Rettore: p. Francesco
Palmio.
Appena sorto il nuovo collegio, nello stesso tempo continua l'attività
sociale in favore dei poveri; le signore della Congregazione di Carità
prendono zelantemente parte alle raccolte di indumenti, farina e pane.
Sono accuratamente organizzate visite a domicilio per i poveri.
Necessita però l'invio da Roma di un nuovo padre che allievi
il lavoro del p.rettore. Se ne cura la signora Margherita
del Gigli che può contare sul proprio fratello mons. T.
del Gigli; ma il p.gen. la reindirizza a Firenze, presso
p. D. Laínez.
Novembre
2-12, il p.gen. assieme a p. Polanco
e a p. Giovanni Paolo [Borrell] fa visita
ad Alvito [Regno di Napoli] alla duchessa di Paliano, Giovanna
d'Aragona per cercare di stabilire la pace tra lei e il marito
Ascanio Colonna separati ormai da diversi
anni; la duchessa fa ritorno a Roma per riprendere la vita con il marito
ma poi si immischiano nella faccenda persone di nobili famiglie e tutto
fallisce di nuovo;
Dicembre
10, il p.gen. nomina p. Giovanni
Viola suo rappresentante personale per tutte le opere dell'Italia
del nord.
[vedi Domicilia]
«segue 1553»
Barnabiti
«segue da 1551»
1552
Marzo
12, Matteo Daverio, loro
procuratore a Roma, si reca da G. Muzzarelli,
maestro del Sacro Palazzo, che ha altri casi simili cui badare;
egli fa presto a capire che la strada migliore da seguire non è
quella di presentare memoriali ai cardinali, di darsi da fare perché
il papa sia informato «de le malignità
de li dicti inquisitori», di bussare alle porte dei potenti
a Roma o a Milano in cerca di udienze, raccomandazioni e favori, poiché
su tali questioni è il Sant'Uffizio a comandare, senza guardare
in faccia nessuno e senza ascoltare il parere di chicchessia, perché
i suoi vertici – scrive sempre Matteo Daverio
– «non procedono con li termini de la ragione,
et vogliono in ogni caso aver ragione»;
Luglio
Le lettere inviate dal loro procuratore a Roma, Matteo
Daverio, a due nobildonne:
. Ludovica Torelli, contessa di Guastalla,
. Isabella Di Capua, moglie di don Ferrante
Gonzaga,
vicinissime ai chierici milanesi, ci consentono di seguire un processo
che non investe soltanto i comportamenti di Paola
Antonia Negri e le gravi irregolarità disciplinari dei
suoi seguaci, ma soprattutto lo spiritualsmo radicale le conseguenti
eresie di cui si è macchiato il loro venerato maestro fra Battista
da Crema.
Anche per questo la casua viene seguita in prima persona dall'intero
stato maggiore del Sant'Uffizio, i cardinali:
. Álvarez de Toledo,
. G.P. Carafa,
. Carpi,
. M. Cervini,
in particolare dal primo che, nominato protettore dell'Ordine dei Domenicani
da Giulio III il 20 luglio 1552, affida
gli interrogatori dei due malcapitati barnabiti a fra A.M.
Ghislieri e dopo la sentenza invia un visitatore a Milano
a mettere ordine tra questi chierici mal governati e incapaci di scorgere
l'abisso in cui sono precipitati.
[Alla fine Battista da Crema sarà
condannato e Paola Antonia Negri reclusa
in convento.]
«segue 1579»
|
ANNO 1552
– Aubigné, Théodore-Agrippa
d' (Pons Saintonge 1552-Ginevra 1630)
scrittore francese ugonotto; scudiero di Enrico
di Navarra, combatté valorosamente al suo fianco e gli fu sempre
fedele servitore; quando Enrico abiurò il protestantesimo, egli si ritirò
deluso nelle sue terre;
1630, si stabilisce a Ginevra;
Printemps (Primavera che comprende i cento sonetti a
Diana Salviati Hécatombe à Diane (Ecatombe a Diana), le
Stances (Stanze) e le Odes (Odi) )
Les tragiques (1577-1616, Le tragiche, in 7 libri; I ediz. anonima;
1623, II ediz. arricchita)
Le Caducée ou l'Ange de la paix (Il Caduceo o l'Angelo della
pace)
Traité sur les guerres civiles (Trattato sulle guerre civili)
Du devoir mutuel des roys e des subjects (Sul mutuo dovere del
re e dei sudditi)
Aventures du baron de Faeneste (1617-30, Le avventure del barone
di Foeneste)
Confession de Sancy (Confessione di Sancy)
La Création (La Creazione, ispirato dalla Semaine di Du
Bartas)
Histoire universelle (1776, postumo, Storia universale; dal 1616).
– Beni, Paolo (Candia 1552 ca- Padova 1625) letterato e critico italiano; entrato
nella Compagnia di Gesù, ne uscì per contrasti di natura
teologale e, nel clero secolare, insegnò filosofia, teologia
e lettere classiche in diverse città;
1600, a sostegno delle tesi del Guarini,
interviene nella discussione del Pastor fido;
Comparatione di Homero, Virgilio e Torquato Tasso (1607, in cui
difende la poesia del Tasso e la sua superiorità
su tutti i poeti epici)
Commentarii in Aristotelis poëticam (1613).
– Bertaut, Jean (Donnay, Calvados 1552- Sées 1611) poeta francese, segretario
di Enrico IV, poeta ufficiale del sovrano,
Oeuvres poétiques (1601, Opere poetiche; 1620, ultima
edizione molto arricchita)
1606, vescovo di Sées;
Sermons (1613, postumo).
– Chiabrera, Gabriello (Savona 1552-1638) poeta italiano;
Gotiade (1582)
Amedeide
Pentesilea
Ippodamia
Scherzi e Canzonette amorose (1579-99)
Canzoni eroiche, Canzoni lugubri, Canzoni morali, Canzoni sacre
(1586-1625)
Il rapimento di Cefalo (1600)
Sonetti (1601)
Vendemmie di Parnaso (1604-27)
Canzonette morali, Canzoni sacre (1625 ca)
Sollazzi
Sermoni (1623-32) annunciano il Parini.
[ Dialoghi dell'arte poetica con altre prose e lettere, Alvisopoli,
Venezia 1830, contiene:
Dialoghi
- i l Vecchietti, ovvero del verso eroico volgare
- l'Orzalesi, ovvero della tessitura delle Canzoni
- il Geri, segue della tessitura delle Canzoni
- il Bamberisi, ovvero degli ardimenti del Verseggiare
- il Forzano, dialogo in cui è introdotto un Discorso sovra
un Sonetto del Petrarca;
Elogi a
Sperone Speroni
Torquato Tasso
Galileo Galilei
Ottavio Rinuccini
Giambattista Strozzi
Giovanni Ciampoli
D. Virginio Cesarini
Giambattista Marino
Alessandro Farnese
Discorsi
Della Magnificenza
Della Tribolazione
Lettere a:
N.N.
Pier Giuseppe Giustiniani
insieme con G. Della Casa]
.
– Confalonieri,
Bernardino (Milano 1552 ca-Roma 1618) gesuita;
1586, 29 novembre, entra a Roma nella Compagnia di Gesù;
1582, professore di teologia nel collegio di Padova;
1589, 22 aprile, professo di 4 voti a Venezia;
1594, provinciale della Polonia;
1597-1603, provinciale di Roma;
1603, rettore della Penitenzieria di S. Pietro;
1604-8, provinciale della Provincia Veneta;
1609-11, provinciale di Sicilia;
1614-5, provinciale della Provincia di Milano;
1615-8, assistente d'Italia;
1618, 11 settembre, muore.
– Lorraine, Catherine-Marie de – duchessa di
Montpensier (n. 1552-Parigi 1596) principessa francese,
figlia di Francesco I di Guisa, sposò il
duca di Montpensier, Luigi II di Borbone,
e insieme al fratello Enrico, capo della
lega cattolica, complottò contro il re Enrico
II
1588, dopo l'assassinio, voluto dal re, dei due fratelli Enrico
di Guisa e Luigi, cardinale di Lorena,
la sua partecipazione alla " guerra dei tre Enrichi"
diventa ancor più determinante
1589, riesce a persuadere il monaco Clément
a uccidere Enrico III; pur avendo incoraggiato
la resistenza di Parigi, durante l'assedio della città da parte di Enrico
IV, finisce per sottomettersi a quest'ultimo.
– Menù,
Antonio prob. Menoux (Roma 1552/3-Fermo 1612) gesuita;
figlio di un funzionario francese presso la corte papale;
1565 ca-1571, convittore nel Collegio Germanico di Roma, tenuto dalla
Compagnia di Gesù, segue i corsi del Collegio Romano dove ha
già terminato quelli di filosofia;
1571, 2 dicembre, viene ammesso al noviziato di Roma;
1576-82, professore di filosofia nel Collegio Romano;
1585 ca-1599, professore di teologia a Padova;
1600, consultore del rettore nel Collegio Romano;
1606-08, prefetto degli studi nel Collegio Romano;
1612, 2 novembre, muore.
– Raleigh, Walter
(Hayes, Devon 1552 ca-Londra 1618,
giustiziato) politico, navigatore e scrittore inglese, di origini
modeste, studiò ad Oxford;
1569, combatte in Francia a fianco degli ugonotti;
1578, accompagna il fratellastro Humphrey Gilbert
in una spedizione piratesca contro gli spagnoli;
1580, è in Irlanda al seguito del conte di Leicester;
1581, presentato a corte, entra subito nelle grazie della regina Elisabetta
I che lo colma di favori e di prebende;
1584, viene creato cavaliere; ottenuto un privilegio reale per la scoperta
e la colonizzazione di nuove terre, organizza una spedizione che costeggia
l'America settentrionale dalla Florida all'attuale Carolina del Nord:
a quel vasto territorio viene dato il nome di Virginia in onore della
"regina vergine", ma i tentativi compiuti negli anni seguenti
per stabilirvi coloni inglesi falliscono tutti [queste prime spedizioni
portano all'introduzione in Inghilterra del tabacco e forse della patata];
1587, la sua stella è eclissata dal nuovo favorito di Elisabetta, il
conte di Essex;
1592, viene imprigionato per aver sedotto una damigella di corte che
poi sposa;
1595, può tuttavia organizzare un nuovo viaggio in Sudamerica, alla
ricerca del favoloso Eldorado;
La scoperta della Guiana (1596)
1596, questa impresa e la parte avuta nella spedizione inglese contro
Cadice, gli riguadagna il favore della regina;
1601, come capitano delle guardie egli può presiedere all'esecuzione
del suo rivale conte di Essex;
1603, egli stesso viene processato e condannato a morte, sotto l'accusa
di complotto contro il nuovo re Giacomo
I; viene rinchiuso nella Torre di Londra dal 1603 al 1616;
Storia del mondo (1614, 1° vol., incompiuta)
1616, convince il re a lasciarlo partire per la Guiana in cerca di oro
ma, contrariamente alle sue promesse, si scontra con le guarnigioni
spagnole presenti nella regione e il viaggio si risolve in un fallimento;
al suo ritorno viene fatto giustiziare dallo stesso Giacomo
I.
– Ricci, Matteo (Macerata
1552-Pechino 1610) missionario gesuita, allievo al Collegio romano
del matematico C. Clavio;
1577, viene inviato in India, a Goa;
1578, parte da Lisbona;
1582, ordinato sacerdote, viene inviato a Macao con l'incarico di
svolgere attività missionaria nell'impero cinese;
1583, si stabilisce con il compagno M. Ruggeri
a Chaoking, nel Kwangtung dove assume la cittadinanza e vive secondo
i costumi cinesi, inaugurando la politica gesuitica di conversione
attraverso la diffusione della cultura occidentale, grazie alla buona
conoscenza della lingua cinese;
Mappamondo cinese (1585, atlante da lui disegnato)
1601, la sua fama di dotto gli procura la stima della classe colta
e l'accesso a corte per cui può stabilirsi a Pechino dove mantiene
fino alla morte il favore imperiale, gettando solide basi per un secolo
di attività missionaria gesuitica in Cina, nel rispetto dei riti e
delle tradizioni che egli cerca di conciliare con quelli cattolici
[da qui deriverà nel sec. XVIII la grossa polemica dei " riti
cinesi"]
1602, disegna la Grande Mappa dei Diecimila Paesi, in proiezione
sferica schiacciata, che mostra per la prima volta ai cinesi l'estensione
del mondo conosciuto (abbellito da un'immaginaria isola del Friesland)
e la posizione della Cina in esso;
[Mentre una copia gigante del mappamondo, in sei pannelli
separati, finisce appesa alle pareti del palazzo imperiale a Pechino,
altre riproduzioni circolano liberamente contribuendo a dare un grande
impulso alla cartografia cinese.]
Commentari sulla Cina (pubblicati nel 1911-13, in 12 voll.).
– Sandoval y Rojas, Francisco Gómez de – duca
di Lerma (Tordesillas 1552-1623) politico spagnolo;
[Grande di Spagna, sposò Caterina
de la Cerda, figlia del duca di Medinaceli.]
1598-1618, "Valido" di Filippo III,
detiene il potere effettivo in Spagna; accumula un'immensa fortuna
grazie a favoritismi e ruberie cui si abbandona per vent'anni; in
politica estera segue una politica di "pacifismo aulico":
1604, riavvicina la Spagna all'Inghilterra;
1609, stipula una tregua dodecennale con i Paesi Bassi; provoca gravi
danni all'economia spagnola con l'espulsione dei moriscos;
1612, riavvicina la Spagna alla Francia;
1618, una congiura di palazzo, cui prende parte anche suo figlio, il
duca di Uceda, ne provoca l'allontanamento
dalla corte; poco prima di perdere il potere chiede e ottiene da Paolo
V la nomina cardinalizia.
– Sarpi,
Paolo (Venezia 14 agosto 1552 – 15 gennaio 1623) storico
veneziano.
– Scamozzi, Vincenzo (Vicenza 1552-Venezia 1616) architetto e
trattatista italiano, ricevette una prima educazione a Vicenza nell'ambito
dell'Accademia Olimpica, avvalendosi anche dell'esperienza del padre
Giandomenico, architetto e attento
studioso di S. Serlio;
Trattatello sulla prospettiva (1575)
Discorsi sopra le antichità di Roma (Venezia 1582, un commento a 40
tavole in rame, incise da B. Pittoni)
Sommario del viaggio fatto da me Vincenti Scamozzi (1600)
Della idea dell'architettura universale (1607, prima stesura; Venezia
1615, in 10 libri, stesura definitiva).
– Spencer,
Edmund (Londra 1552-1599) poeta
inglese, la cui famiglia era imparentata con gli aristocratici Spencer
delle Midlands.
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«segue da 1551»
1552
Francia
esce nella sua prima traduzione francese (la prima inglese nel 1548)
il libro anonimo De Beneficio Christi che difende la dottrina
luterana della "giustificazione per fede";
Italia
Firenze [vedi].
Roma
come da incarico ricevuto in precedenza dalla Congregazione del Sant'Uffizio
(non si conosce la data precisa) i due domenicani:
. E.
Foscarari, maestro del Sacro Palazzo,
e
. Pietro Bertano, vescovo di Fano e quindi
cardinale,
completano un elenco diviso in due sezioni, titoli ereticali e «sospetti»,
che esitano per qualche tempo a promulgare, nella speranza di perfezionarlo
ulteriormente.
Quando il vicario di Firenze e il nunzio di Venezia sollecitano a Roma
la guida di un Indice, la Congregazione ne invia una copia
manoscritta.
[A Firenze nei primi mesi del 1553, a Venezia alla fine del 1554 o all'inizio
del 1555.
Un'altra copia sarà inviata a Milano nel 1554 o 1555. La versione
milanese, pure identica a quella veneziana, contiene qualche autore
e qualche titolo in meno. La sua «fortuna» resterà
sconosciuta.]
Risale senza dubbio allo stesso anno una Censura articulorum extractorum
ex libellis quondam fratris Baptistae de Crema, inaugurata dal
parere di Ambrogio Catarino Politi e dei
gesuiti, cui seguiranno poi le condanne all'Indice.
«segue 1553».
Congregazione cardinalizia dell'inquisizione
«segue da 1551»
1552
Roma, generale dell'Inquisizione: A.M.
Ghislieri (1550-?).
Roma, è proprio il generale dell'Inquisizione a definire le sette
tipologie di delitto che possono essere esaminate dal tribunale
del Sant'Uffizio:
- eretici
- maghi,
- stregoni o fattucchieri,
- blasfemi,
- chi oppone resistenza alle autorità o agli agenti dell'Inquisizione,
- chi rompe i sigilli,
- chi oltraggia i simboli del Sant'Uffizio.
Dinanzi al Sant'Uffizio depone fra Bernardo Bartoli,
domenicano.
Il primo a interrogarlo –
come risulterà dalla deposizione difensiva nel gennaio 1560,
rilasciata da G. Federici,
vescovo di Sagone, a favore di G.G.
Morone – è il card. A.M.
Ghislieri su ordine di Paolo IV,
alla presenza di fra S. Usodimare,
vicario dell'Ordine; quest'ultimo ne informa il maestro del Sacro Palazzo,
che a sua volta ne mette al corrente Giulio III.
Ancora una volta il papa non esita a gettare tutta la sua autorità
sul piatto della bilancia spedendo subito alla Minerva i soliti fra
G. Muzzarelli e
G. Federici con
il compito di smontare la macchina accusatoria che gli inquisitori apprestano
in gran segreto, sottraendosi ancora una volta al potere papale
nel perseguire i propri obettivi politici e religiosi.
Questa clamorosa vicenda rende pertanto manifesta la profonda spaccatura
ai vertici della Chiesa e dà vita a uno scontro aperto, nel quale
i domenicani, l'ordine di fra Bernardo Bartoli
ma anche l'ordine inquisitoriale per eccellenza, svolgono un ruolo decisivo
a fianco del pontefice e non del Sant'Uffizio.
Nella sua deposizione fra Bernardo Bartoli
denuncia numerosi confratelli e alcuni preti, ma soprattutto:
. G. Contarini
(† 1542),
. R. Pole,
. G.G. Morone,
. Badia,
. P.A. Di Capua,
. P. Carnesecchi,
. A. Priuli,
. M.A. Flaminio,
. Vittoria Colonna,
. Ranieri Gualano.
Febbraio
25, in una lettera al Beccadelli,
Filippo Gheri riporta le scarne notizie
sulla delazione di Pietro Manelfi, riferite
da Giulio III a G.G.
Morone in un colloquio precisando che «si
è ordinato all'inquisitore a Bologna che li faccia carezze et
veda di sapere in casa di chi si congregavano a Venetia».
Marzo
11, abiura Ranieri Gualano.
In questo periodo G. Muzzarelli,
maestro del Sacro Palazzo, si sta occupando, su incarico di Giulio
III:
- del patriarca di Aquileia,
- del cardinalato di P.A. Di
Capua e
- della ritrattazione di Bernardo Bartoli.
24, dopo che gli inquisitori sono
volati addosso a Giulio III per i suoi
improvvidi interventi, costringendolo ad acconsentire all'arresto di
V. Soranzo con la
minaccia di dimettersi se non si fosse seguito il normale iter
procedurale – come riferirà il giorno 28 Matteo
Dandolo – il reo deve presentarsi a una riunione plenaria della
congregazione coram pontifice per esser informato del «teribel
processo di molte imputationi contra di lui». Giulio
III può solo fargli sapere che se riconoscerà le
sue colpe e prometterà «conversione»,
rimettendosi alla sua benevolenza, potrà andarsene «contento».
Ma alle baldanzose professioni di innocenza del vescovo, ancora convinto
di poterne uscire indenne, gli inquisitori rispondono a muso duro che
occorre passare «per la via dei constituti,
esami et cose simeli» e che tale via passa da Castel Sant'Angelo
e non dalle stanze del papa, in grado di assicurargli solo una confortevole
sistemazione carceraria.
Nonostante le vibrate proteste di Matteo Dandolo,
Giulio III conclude dicendo: «Basta,
si vederà», rivelando così tutta la sua impotenza.
Aprile
-
Maggio
12, i cardinali inquisitori deliberano di assegnare «ad
eorum beneplacitum» un salario di cinque scudi d'oro
al mese «pro bene meritis sanctae Inquisitionis»
a don Pietro Manelfi (Pietro
della Marca).
[Negli anni successivi, di quest'ultimo – come di ogni pentito che si
rispetti – si perderanno completamente le tracce.]
Alla Minerva, intanto, secondo la sentenza firmata da J. Álvarez
de Toledo y Zúñiga, fra Bernardo
Bartoli pronuncia l'abiura nelle mani di Francesco
Romeo da Castiglione, generale dell'Ordine, e al cospetto di
«tutti li frati del convento»
e di un vero e proprio parterre de rois di inquisitori e di
domenicani:
. A.M. Ghislieri,
. G. Muzzarelli,
. G. Federici,
. fra S. Usodimare,
. Matteo Lachi, inquisitore di Perugia,
. Matteo Strozzi, provinciale romano.
Di fronte a questa ragnatela di tensioni e di conflitti, troppo ingarbugliata
per potersene districare, il povero frate ne percipisce tuttavia i nodi
distinguendo tra coloro che lo hanno "inquisito" e coloro
che lo hanno "esaminato", i supremi inquisitori da una parte
e i mastini del papa dall'altra, schierati su due fronti opposti per
ridurlo a confermare o ritrattare le sue accuse. [segue G.G.
Morone]
Luglio
20, muore, in seguito ad un colpo apoplettico, Francesco
Romeo da Castiglione, maestro generale dell'Ordine domenicano;
gli succede nella carica fra S.
Usodimare (1552-58).
Lo stesso mese Giulio III fa spedire alla
corte di Bruxelles un sommario del processo contro di P.A.
Di Capua affinché Carlo V
si renda conto come la candidatura del suo protetto sia ormai improponibile.
P.A. Di Capua intanto
è riuscito solo a indurre il cardinal Puteo
(altro membro della congregazione inquisitoriale, ma alleato del pontefice),
a presentare al papa una relazione che non serve tuttavia a superare
questo snervante stallo.
La faccenda si trascinerà ancora per mesi.
Settembre
15, Roma, viene convocato (forse grazie alle accuse del vescovo
Grechetto) il messinese
Giovan Francesco Verdura vescovo di Chironissa.
Egli vi giunge subito per «iustificarsi
[…] delle calumnie ch'a torto gli sono state date»
– come scriverà l'8 ottobre L. Beccadelli
– presentandolo come «huomo da bene catholico»
che «si mostra innocentissimo».
Gli interrogatori vengono affidati a G.
Federici, uomo di fiducia di Giulio
III.
Ottobre
27, nel costituto fra Sisto da Siena
riferisce quanto ha saputo in prigione;
Dicembre
5, Sicilia, viene iniziata l'inchiesta
repetitiva sul messinese Giovan Francesco
Verdura.
Intanto, lo stesso anno, in giro per l'Italia:
Cremona, un personaggio sospettato di eresia si presenta
all'inquisitore accompagnato da 70-80 gentiluomini armati e minacciosi,
che gli mettono «li pugni sopra la faccia»
e gli gridano addosso «fra poltrone, fra
beccho», con tanto di notaio per registrare la sua protesta
e l'intimazione «che voi cessate di molestarmi».
Piacenza, per le strade vengono attaccati dei fogli
con una violenta satira contro il canonico regolare lateranense don
Callisto Fornari, cui nel 1532 Clemente
VII aveva attribuito la carica di «praedicator
apostolicus» e di inquisitore generale «haeresis
lutheranae […] per totam Italiam».
Roma, gli stessi parenti del papa intercedono a favore
di eretici come Giovanni Buzio da Montalcino
alla vigilia della sua esecuzione capitale.
«segue 1553».
|