Papa
Giulio III
(1550-55)
1553
la lotta e la censura contro i libri eretici coinvolge anche i libri ebraici,
particolarmente il Talmud babilonese, che secondo le accuse contiene
frasi blasfeme contro Dio Padre, Gesù Cristo e la Madonna;
Settembre
7, Roma, Campo dei Fiori: proprio per sua iniziativa,
un rogo incenerisce il Talmud e la letteratura affine;
Ottobre
28, alla morte di G.
Salviati, il papa designa G.G.
Morone a succedergli nel ruolo di cardinale protettore dei
domenicani attribuendogli un ruolo che:
- lo autorizza a intervenire nelle questioni interne dell'Ordine,
- gli consente di avere rapporti diretti con i suoi veritici,
- gli facilita l'accesso a informazioni,
- gli offre la possibilità di esercitare qualche influenza sui
suoi indirizzi.
[Il fatto che il breve papale venga emanato solo sei mesi più
tardi, il 14 aprile 1554, dimostra tuttavia che
questa nomina ha sollevato non pochi contrasti.]
Concilio
Ecumenico
di Trento
1545-63
1553, è sospeso dal 1552.
Anabattisti
«segue da 1551»
1553
autunno, Ginevra, J.
Cauvin
fa giustiziare Miguel Servet
i cui pensieri hanno avuto una pur notevole efficacia sugli eretici
italiani; il capo d'accusa principale è la critica al dogma trinitario
contenuta nel suo ultimo libro De trinitatis erroribus libri septem,
appena uscito;
la sua condanna al rogo riscuote l'approvazione dei maggiori uomini
della Riforma.
«segue 1554»
Gesuiti
«segue da 1552»
generale: I. de Loyola (1541-56)
1553, Parigi, il Parlamento, valutate le circostanze
sottolineate dall'avv. M.P. Séguier,
suscettibili di introdurre una alterazione di fatto nell'assetto giurisdizionale
della Chiesa francese, il Parlamento con un Arrét decide
di sottoporre le bolle e le esenzioni vantate dalla Compagnia di Gesù
all'esame della Sorbona e del vescovo di Parigi, Eustache
du Bellay il quale sconsiglia di accettare i gesuiti nel regno.
[Queste sue valutazioni costituiscono forse, per l'autorevolezza del
personaggio e per la precocità della loro data, il primo importante
segnale di quella avversione del clero secolare francese - in particolare
dei curati di Parigi - verso i gesuiti che diventerà un dato
fisso della situazione religiosa in Francia.
La Facoltà di Teologia della Sorbona fa eco alle conclusioni
del vescovo definendo come pertrurbatrice della «paix de l'Église»
e tale da sovvertire la regola monastica.]
Roma: al Collegio Romano è operativo il corso di matematica;
15 aprile, 20enne, dopo gli studi classici e giuridici, deciso
a mettere la sua vita e i suoi grandi doni interamente al servizio di
Dio, entra novizio presso i gesuiti Tarquinio
Rainaldi, giovane scolastico, figlio di don Cesare,
un giureconsulto molto in vista in città il quale fa di tutto
per distogliere il figlio da suoi propositi;
Firenze, luglio, per difenderlo dagli attacchi del padre, il
p.gen. invia nel povero collegio, fondato da poco, proprio Tarquinio
Rainaldi; il padre, grazie alla mediazione di Gian
Giacomo de' Medici marchese di Marignano (fratello del futuro
papa Pio IV) riesce ad avvicinare il duca
e a fargli conoscere la sua pena;
agosto, attirato a palazzo Pitti proprio dal duca e da Gian
Giacomo de' Medici, al giovane Tarquinio
Rainaldi viene strappata la tonaca e invitato a vestire un uniforme
militare, ma egli resta fermo nelle proprie idee; al padre don Cesare
non resta che far ritorno a Roma… ma non demorde e fa di tutto per ricondurre
il figlio nel mondo;
[giugno, la signoria di Genova chiede con insistenza p. D. Laínez e, con sorpresa del p.gen., la duchessa Eleonora Álvarez
de Toledo y Zúñiga ne approva la partenza per il mese di settembre…
ma subito dopo ritira l'autorizzazione stessa mettendo in imbarazzo
il p.gen. presso i genovesi. Il p.gen. mette allora in moto lo zio della
duchessa Giovanni Álvarez de Toledo per
indurre la testarda a cedere; infine: la duchessa concede due mesi di
congedo al suo confessore p. D. Laínez che però rimane a Genova più
del previsto…;]
16 settembre, la duchessa Eleonora Álvarez
de Toledo y Zúñiga invia una lettera al p.gen. con la quale gli raccomanda
di mostrarsi conciliante verso i desideri di don Cesare
Rainaldi;
23 settembre, il p.gen. scrive alla duchessa: « […]
Vi supplico di non interporre facilmente la vostra autorità in
questioni del genere. Potreste causare che un'anima lasci il servizio
di Dio e si perda per sempre […]».
28 luglio, I. de Loyola rivolge a tutti i confessori dell'Ordine direttive
precise sul modo di confessare le donne; direttive che si concludono
col consiglio di sbrigarle rapidamente, soprattutto se si tratta di
"devote". Lo stesso pio priore di Venezia, Andrea
Lippomani (buon amico del p.gen. nei lontani anni del pellegrinaggio
a Gerusalemme), trova scandaloso vedere tante nobildonne confessarsi
così spesso ai gesuiti e vuole semplicemente impedirlo.]
Hugo Rahner, Ignazio di Loyola e le
donne del suo tempo, Milano 1968, Edizioni Paoline.]
Modena, estate, nella tana, più che un collegio, le ondizioni
dia lloggio dei padri gesuiti sono indescrivibili tanto che tutti si
ammalano;
il p.gen. ordina quindi subito a Modena e al commissario che risiede
a Bologna, p. Viola, o di affittare un'altra
casa o di sopprimere il collegio ancora ai suoi inizi.
Nonostante l'aiuto di Costanza Pallavicini Cortese
[La Cavaliera], la fondazione del collegio
è quindi diventata una questione sanitaria.
Il rettore di Bologna, p. Francesco Palmio,
deve deliberare con i medici competenti sulle condizioni igieniche della
casa di Modena. Il medico personale del duca di Ferrara la giudica una
«tana di bestie selvagge».
Per mettere ordine nelle faccende di Modena, il p.gen. invia un gesuita
fiammingo, molto versato nelle questioni amministrative, incorruttibile,
p. Filippo Leernus. Da una sua relazione
si apprende tutta la gravità della situazione. Subito da Bologna
viene inviato a Modena p. Palmio e col
suo aiuto si riesce ad affittare una casa in un posto più favorevole
dove si possa continuare l'attività del collegio.
ottobre, il commissario Giovan Battista
Viola nomina rettore p. Leernus
e l'antico superiore p. Cesare d'Aversa
(sempre malaticcio e piuttosto severo) è richiamato a Bologna.
Le "persone devote" di Modena protestano e in particolare
La Cavaliera per il richiamo di uno scolastico
fiammingo molto capace, il maestro Adriano de
Witte.
Nonostante il divieto di far ritorno a Modena, p. Cesare
d'Aversa vi ritorna lo stesso, su richiesta dei suoi devoti amici;
i malintesi che ne seguono vengono però presto risolti dalla
sua morte.
[vedi Domicilia]
- Palermo:
gennaio, p. Nadal, che predica a
sant'Antonio di Palermo, viene richiamato a Roma dal p.gen. che ora
gli affida il compito di promulgare le Costituzioni in Spagna
e in Portogallo.
- Messina:
4 febbraio, p. Gerolamo Doménech
arriva a Roma chiamato dal p.gen. prima di essere nominato p. provinciale
della Sicilia;
12 marzo, Gerolamo Doménech
rientra a Messina.
Il monastero detto dell'Assunzione, è popolato da quindici religiose
professe, il cui spirito è ben lontano dal cielo. Il viceré
Giovanni de Vega e il p. provinciale dei
gesuiti Gerolamo Doménech si mettono
all'opera con uno zelo riformatore senza consultare Roma.
A "lavoro finito" il viceré e il p.provinciale ne danno
comunicazione al p.gen. e al cardinale di Messina Giovanni
Andrea di Mercurio che risiede a Roma pregando il p.gen di mettere
le cose in regola col diritto canonico presso la curia pontificia.
Il p.gen. ritiene che il modo di agire così spiccio del potere
civile in questa riforma sia stato troppo severo e persino "cosa
crudele" e del resto canonicamente insostenibile. Ma, mentre il
p. provincilae ha un vigorosa reprimenda, col viceré occorre
molto tatto.
Spagna, una commissione di teologi, voluta dall'arcivescovo
di Toledo e presieduta dal domenicano Tomás
Pedroche, accusa gli Esercizi spirituali di I. de Loyola di eresia alumbrada.
«segue 1554» |
ANNO 1553
– Baldi, Bernardino (Urbino 1553-1617) umanista italiano; formatosi
a Padova, dove studiò anche medicina e matematica, stette poi al servizio
di Ferrante Gonzaga e del cardinale C.
Borromeo; compose grammatiche e dizionari dell'ungherese,
dell'arabo e del persiano;
1585-1609, abate di Guastalla, vive gli ultimi anni alla corte di Urbino
dove attende alla composizione delle vite di Federico
e di Guidobaldo da Montefeltro;
Egloghe
Rime varie
Epigrammi
Fenomeni di Arato (traduzione)
Le Lamentazioni di Geremia. (traduzione)
Ero e Leandro di Museo (traduzione)
Nautica (1590, in 4 libri, poema didascalico)
Sonetti romani (1590)
Il lauro (1600, liriche)
Il Tasso ovvero della natura del verso volgare (postumo, 1847).
– Breton, Nicholas (Londra 1553?-1625?) poeta e poligrafo inglese;
England's Helicon (1600, L'Elicona d'Inghilterra)
Satire.
– Florio,
John (Londra 1553?-Fulham, Londra 1625) traduttore e
lessicografo inglese
A World of Words (1598, Un mondo di parole, dizionario
italiano-inglese)
Tradusse in inglese i Saggi di M.E.
de Montaigne (1603, una delle "grandi" traduzioni
del '500).
– Hakluyt,
Richard (Londra 1553 ca-1616) storico inglese
Viaggi diversi relativi alla scoperta dell'America (1582)
Principali navigazioni, viaggi, traffici e scoperte della nazione
inglese (1598-1600, in 12 voll., continuata poi da S.
Purchas)
Vedi Hakluyt Society fondata nel 1846 che
pubblicò gli scritti dei primi scopritori e viaggiatori inglesi.
– Thou, Jacques-Auguste de (Parigi
1553-1617) storico e politico francese, il cui nonno Augustin
era giunto alla carica, che poi egli stesso ricoprirà, di presidente
del parlamento di Parigi;
[Padre di Jacques Auguste
de Thou, figlio († 1679).]
1598, collabora alla stesura dell' editto di Nantes;
Historia sui temporis (1604-08, messa all'«Indice» nel 1609;
interrotta la pubblicazione all'88° libro; Londra 1733, ediz. completa
in 138 libri, postuma, con le Memorie autobiografiche)
In seguito alla sua opposizione all'introduzione di alcuni editti del
concilio tridentino, viene privato della carica che occupa al parlamento
di Parigi;
1616, richiamato da Maria de' Medici, si
adopera per la riconciliazione della reggente con la nobiltà.
[Nel 1680, marzo-aprile, i creditori del figlio ed erede
cedono in blocco la sua biblioteca (csi tutti i volumi posseduti da
Grolier) al marchese de
Ménars, nipote di J.-B.
Colbert (il quale passò allo statista J.-A.
de Thou, figlio, i manoscritti antichi).
(Alcuni antiquari indicano il 1681 come anno di passaggio della biblioteca
al marchese de Ménars: in realtà
i manoscritti vennero acquistati (4500 livres) nella primavera
del 1680, mentre l'accordo per la cessione dei libri a stampa (20.061
livres) venne perfezionato in un momento successivo.)
Nel 1706 il marchese de Ménars cede
la propria collezione al cardinale
de Rohan (per 40.000 livres) e dalla fastosa biblioteca
del prelato la "Thuana-Menarsiana" passa a Charles
de Rohan, principe di Soubise.
Il catalogo della sua biblioteca (csi quindi anche tutti i volumi posseduti
da John Grolier),
curato da Ismael Bouillau (che per la prima
volta applica a una biblioteca privata la classificazione per soggetti)
sarà pubblicato: 1ª ediz., 1679; 2ª ediz. Liebezeit,
Hamburg, 1704. In 8° piccolo.
Hans Tuzzi, Gli strumenti del bibliofilo,
Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano 2003.]
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«segue da 1552»
1553,
«segue 1554».
Congregazione cardinalizia dell'inquisizione
«segue da 1552»
1553
Gennaio
-
Febbraio
28, sollecitato dal pontefice e incoraggiato dall'ambasciatore
veneziano, G. Grimani
giura solennemente al cospetto di Giulio III
di non aver mai nutrito opinioni eterodosse. Risponde il papa: «Et
nos iuramus ita credere».
[Per lui il cardinalato sarà comunque sempre un miraggio.]
Marzo
16, dopo l'inchiesta repetitiva iniziata in
Sicilia il dicembre scorso, il processo sul messinese Giovan
Francesco Verdura si conclude rapidamente.
Egli può ottenere la libertà, pur con l'obbligo di ripresentarsi
«sub poena confessi».
Lo stesso giorno, nella congregazione, il card. Puteo,
d'accordo con Giulio III, distribuisce
ai colleghi una «minuta informatione»
della causa contro P.A. Di
Capua, concludendo che è necessario credere «al
giuramento del detto arcivescovo» più che a tutti
i testimoni che hanno deposto contro di lui, e così sentenzia
il pontefice, dando ordine al cardinale nipote di comunicargli di persona
che la sua causa è stata «spedita
[…] secondo il desiderio suo».
Ciò scatena la rabbia di Álvarez
de Toledo che, cercando in tutti i modi di contrastare questa
frettolosa decisione, dichiara «che ci sono
altre cose contro l'arcivescovo che non sono ne' processi».
19, riferendo tutto questo
a Mantova, il Capilupi sottolinea come
il nocciolo duro del Sant'Uffizio si riservi il diritto di nascondere
parte dei documenti di cui è in possesso sia al papa i sia al
resto della congregazione.
21, P.A.
Di Capua scrive al cardinal di Mantova compiacendosi del
fatto che la sua innocenza sia stata difesa da persone «non
sospette» quali il Puteo e
G. Muzzarelli, a
dispetto della «poca carità d'altri,
per non dir malignità».
Servirà a poco.
23, Roma, intanto, in
una prima votazione contro fra Giovanni Buzio
da Montalcino, il maestro del Sacro Palazzo G.
Muzzarelli si pronuncia a favore della condanna a morte;
26, anche P.A.
Di Capua si deve preparare a pronunciare una purgazione canonica,
una sorta di abiura segreta o di assoluzione extragiudiziale, analoga
a quella di G. Grimani
tale quindi da mettere la pietra tombale su ogni ambizione di cardinalato.
Inginocchiato ai piedi del pontefice, alla presenza dei cardinali:
. Puteo,
. Pacheco
(entrambi ostili al rigorismo inquisitoriale),
. G. Muzzarelli,
quattro vescovi napoletani che giurano di averlo conosciuto in passato
«pro viro bono et catholico»,
P.A. Di Capua deve
ascoltare i 17 capi d'accusa formulati dal Sant'Uffizio che investono
non solo:
- la giustificazione per sola fede,
- la negazione del primato papale e del purgatorio,
- la propaganda eterodossa da lui promossa,
- la corrispondenza con Martin Butzer e
i rapporti con eretici conclamati,
ma anche la negazione della presenza reale di Cristo nell'eucarestia.
Eresie gravissime, delle quali tuttavia egli non è
stato dimostrato colpevole «sed sola
suspicione aliquali laborantem», come sentenzia il
pontefice autorizzandolo quindi a giurare di non aver mai né
pensato né detto né fatto alcunché contro la Chiesa
e dandogli infine la benedizione dopo averlo parternamente ammonito.
Sebbene l'arcivescovo P.A.
Di Capua e i Gonzaga riprendano subito a darsi da fare per
il cardinalato, sforzandosi di presentare questa cerimonia come una
piena assoluzione, è lo stesso Giulio III
a far capire che occorre mettersi il cuore in pace.
Maggio
9, solo con la purgazione canonica ora decretata (e
pronunciata di lì a poco al cospetto del cardinale Álvarez
de Toledo) Giovan Francesco Verdura
riesce a evitare la condanna.
[Come in altri casi, non v'è dubbio che tale esito sia il risultato
di un intervento di Giulio III.
Che i suoi conti con il Sant'Uffizio rimangano ancora aperti, infatti,
è suggerito dal fatto che nel 1558 egli
sarà di nuovo arrestato nelle carceri romane, dalle quali solo
la morte di Paolo IV (agosto 1559)
gli consentirà di uscire.]
Giugno
Roma, all'indomani del colloquio (1° giugno) di
San Paolo nel convento romano di Santa Maria sopra Minerva, R.
Nerli, reggente di San Domenico a Bologna, redige sotto giuramento
un breve memoriale in cui evoca i suoi rapporti con G.G.
Morone;
lo stesso mese, sebbene G.P.
Carafa si sia appena detto «consolatissimo»
delle risposte di R. Pole
sul caso di M.A.
Flaminio, a Roma i supremi inquisitori sono ben informati
e preparati a prendere severi provvedimenti;
Agosto
8, Roma, nella seconda votazione contro fra Giovanni
Buzio da Montalcino, il maestro del Sacro Palazzo G.
Muzzarelli si pronuncia ancora a favore della condanna a
morte.
Novembre
11, P.A. Di
Capua sollecita dalla corte di Bruxelles «nuovo
ordine di fuoco et risoluto» scagliando tutta la sua rabbia
contro il cardinal di Carpi e il «veneno»
che questi non cessa di spargere, insinuando che egli è stato
«expedito per favore» (come
in effetti è accaduto).
30, Napoli, il card. Pacheco,
viceré, si rammarica della persistente opposizione del card.
G.P. Carafa e del
card. Álvarez de Toledo contro P.A.
Di Capua.
Roma, arriva don Lorenzo Davidico per riferire
al cardinale di Carpi le sue astiose accuse contro G.G.
Morone;
Dicembre
12, le insinuazioni di P.A.
Di Capua che gli inquisitori abbiano estorto deposizioni
false contro di lui gli costano una nuova convocazione della congregazione,
in occasione della quale sa peraltro difendersi «con
molta accortezza e prudenza».
27, nell'ultimo concistoro
di Giulio III, il nome di P.A.
Di Capua non compare tra i nuovi cardinali.
Il papa premia invece G. Muzzarelli,
creandolo arcivescovo di Conza, nel Regno di Napoli.
«segue 1554»
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