|
– Mariano
RUMOR
(Vicenza, 16 giugno 1915 – Vicenza, 22 gennaio 1990)
uomo politico italiano esponente della Democrazia
cristiana;
[14º e 17º Presidente del Consiglio
dei ministri della Repubblica Italiana.]
[Figlio di Giuseppe
e di Tina Nardi, una famiglia
profondamente cattolica;
nipote di Giacomo;
nato di sinistra, si sposta poi a destra fino a diventare la bandiera
dorotea.]
[È il primo uomo politico veneto che è
riuscito a insediarsi per 5 volte a Palazzo Chigi, fatta eccezione
per Luigi
Luzzatti, veneziano, presidente del Consiglio nel 1910 ["governo
Luzzatti"], e l'unico veneto di rilievo (tralasciando la breve
parentesi del veronese Guido
Gonella) che è stato segretario nazionale della Dc.
- Gianni Giolo, Mariano Rumor, La carriera
di un veneto al potere, con introduzione di Percy
Allum, TETI/Città del Sole,
1982.]
laureato in lettere, insegnante;
Frequenta le scuole elementari del Patronato Leone XIII e il Liceo
ginnasio Antonio Pigafetta di Vicenza.
1938
3 novembre, consegue la laurea in Lettere presso l'Università
di Padova con una tesi su Giuseppe Giacosa;
1939
marzo, (XXX Legislatura – (1939 23 mar - 2 ago 1943 - I della Camera
dei fasci e delle corporazioni)
[Nei quattro anni di durata della legislatura
i membri, compresi i sostituti, sono complessivamente 949.]
1940
17 maggio, data dell'ultima seduta
pubblica del Senato del Regno;
II guerra mondiale
(1940-45)
1941
presta servizio militare (1941-43) come allievo ufficiale, poi come
sottotenente di artiglieria a Mantova, Sabaudia, L'Aquila e Cecina;
1942
1943
24/25 luglio, seduta del Gran consiglio del Fascismo: "Ordine
del giorno Grandi";
25 luglio 1943 - 23 maggio 1948, Ordinamento provvisorio;
25 lug-17 apr 1944, (I "governo
Badoglio");
– 1943 23 set - 25 apr 1945 –
RSI (Repubblica Sociale Italiana)
[o Repubblica di Saḷ]
8 settembre, dopo l'Armistizio di Cassibile, entra a far parte
della Dc e del movimento
di Resistenza, rappresentando il suo partito a livello regionale nel
comitato di liberazione.
1944
22 apr-5 giu, (II "governo
Badoglio");
18 giugno-12 dicembre, (II "governo
Bonomi");
12 dicembre-21 giugno 1945, (III " governo
Bonomi");
1945
27 aprile, B.
Mussolini viene "passato per le armi" a Giulino
di Mezzegra (Como);
21 giugno-10 dicembre, ("governo
Parri);
22 set-2 giu 1946, Consulta nazionale;
[Organismo a carattere consultivo istituito dal (III
"governo
Bonomi") con decreto luogotenenziale
n. 146 del 5 aprile 1945 – composta da membri designati dai partiti
del Cln o da altri partiti o scelti, sempre attraverso nomina
governativa, tra personalità del periodo prefascista; egli ricopre
la carica di Presidente fino al termine dei lavori nel giugno 1946.
Presidente della Consulta: conte Carlo
Sforza.]
nel dopoguerra si impegna nel radicamento della Dc
vicentina, diventando uno dei leader di spicco del partito nel Veneto;
vicesegretario provinciale della Dc
vicentina e fondatore, nella sua città, della sezione delle
ACLI assieme a mons. Vicenzo Borsato;
è presidente del SIDAS (Segretariato per l'azione
sociale) dell'Azione Cattolica;
è presidente onorario della Coldiretti;
[Egli può quindi usufruire dell'appoggio incondizionato
e contemporaneo delle tre fortissime categorie, mentre gli altri deputati
sono espressione delle singole (per es. Michelangelo
Dall'Armellina delle ACLI, Fina
e Giuseppe Balasso della Coldiretti,
Uberto Breganze dell'Azione Cattolica
ecc..]
10 dicembre-13 luglio 1946 (I "governo
De Gasperi");
[A.
De Gasperi (Dc) provvede subito a eliminare
i prefetti e i questori nominati dal CLN all'atto della liberazione,
reintregrando la burocrazia centrale. Così l'epurazione dei fascisti
viene di fatto chiusa, con soddisfazione dei moderati.
Palmiro
Togliatti (Pci), in qualità di Ministro
della Giustizia, attua una vasta amnistia per i reati politici che ridà
la libertà a numerosi ex fascisti.]
1946
10 febbraio, Vicenza, mentre è ancora un semplice professore
di lettere al Liceo Classico "Pigafetta", il periodico vicentino
«Il Momento» [in seguito «Il Momento Vicentino»],
diretto da Gerolamo Gasparella, ospita
il suo primo articolo;
[È un invito rivolto ai reduci e ai partigiani
ad entrare nelle liste Dc per collaborare alla ricostruzione.]
marzo-aprile, si svolgono le elezioni amministrative,
che rinnovano gli organismi municipali e provinciali;
[I risultati nazionali mettono in luce che le sinistre
hanno le loro roccaforti nell'Italia centrale e nell'Italia nord-occidentale
(il triangolo industriale), mentre nell'Italia nord-orientale domina
la Dc.]
Elezioni
amministrative
[Vicenza, 17 marzo 1946
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 39.285] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
16.572 |
42,2 |
17
|
. conte Giustino Valmarana |
17.964 |
|
. Giorgio Pototschnig |
|
|
. Mariano Rumor |
17.208 |
|
. Guglielmo Cappelletti |
|
|
. Giusto Geremia |
|
|
. Uberto Breganze |
|
|
. Antonio Rodighiero |
|
|
. Fioralpino Chiodi |
|
|
ecc. |
|
|
Pli
[Partito liberale italiano] |
3.119 |
7,9 |
-
|
. Renato Tretti |
|
|
. Umberto Dalle Mole |
|
|
. Girolamo Tomba |
|
|
ecc. |
|
|
Psiup
[Partito socialista italiano di unità proletaria] |
12.933 |
32,9 |
13
|
. Luigi Faccio |
13.384 |
|
. Mario Segala |
|
|
. Tiziano Morando |
|
|
. Giuseppe Pozza |
|
|
. Marcello De Maria |
|
|
. Giuseppe Faggionato |
|
|
. Emilio Zucccato |
|
|
. Antonio Lievore |
|
|
ecc. |
|
|
Pci |
5.686 |
14,5 |
6
|
. Carlo Segato |
|
|
. Isidoro Marchioro |
|
|
. Iacopo Cibele |
|
|
. Nilo Griso |
|
|
. Emilio Lievore |
|
|
ecc. |
|
|
P. d'Az. |
975 |
2,5 |
1 |
. Pino Ronzani |
|
|
Totali |
39.285 |
100,00 |
|
|
|
|
17 marzo, queste elezioni
costituiscono il primo e unico successo delle sinistre a Vicenza.
In un'intervista il sindaco socialista uscente, Luigi
Faccio, esulta: «Abbiamo la
maggioranza. Siamo in 19, gli altri sono in 17» ma
si dichiara disponibile ad un accordo con la Dc.
Il Pci preme perché il Psi
non si allei con la Dc e propone una giunta a
quattro fra comunisti, socialisti, democristiani e liberali, un
piccolo CLN insomma.
La Dc invece vorrebbe amministrare la città
con il Psi (17+13) e cacciare il Pci
alla opposizione. Ma i socialisti non ci stanno.
2 aprile, la seduta vede i due blocchi contrapposti: ottengono
lo stesso numero di voti Luigi Faccio
(Psi) e Guglielmo Cappelletti (Dc)
mentre un indipendente e l'azionista votano scheda bianca.
5 aprile, seduta decisiva: i due battitori liberi si schierano
con le sinistre e il sindaco socialista Luigi
Faccio viene eletto con 21 voti, mentre la Dc
sostiene compatta Guglielmo Cappelletti.
Nasce così la prima e ultima giunta vicentina che vede
accanto:
- Dc, con 5 assessori,
- Pci con 2 assessori,
- Psi, con il sindaco e un assessore supplente.
|
7 aprile, Vicenza, nel salone di Palazzo Zilieri si svolge il 1°
congresso provinciale della Dc vicentina;
[Relatore è il conte Giustino
Valmarana che parla a favore della repubblica.
Il thienese Peguri invece dichiara che
il partito deve votare per la monarchia «perché
i regimi repubblicani hanno aperto il fianco alla tirannia».
Il prof. Piola di Bassano, rappresentante
della corrente agnostica, sostiene che il partito deve lasciar liberi
gli elettori di votare come vogliono.
Fra i repubblicani spiccano i nomi dell'avv. Bortolo
Galletto di Vicenza, del cav. Fiorenzo
Cimenti di Thiene, di Giuseppe Acerbi
di Valdagno.
Fra i monarchici si fa notare l'avv. Uberto
Breganze.
Fra gli incerti Michelangelo Dall'Armellina
che chiede che il popolo venga istruito sulla questione.
Alla conclusione ogni delegato comunica il numero di voti ottenuto dalle
tre correnti nelle singole sezioni. Si contano così:
- 9110 voti per la repubblica,
- 1807 voti per la monarchia,
- 248 voti per l'agnosticismo del partito.
Dei delegati al congresso nazionale 12 sono repubblicani, 3 monarchici,
1 agnostico.]
elezione dei deputati per l'Assemblea Costituente;
[Fra i candidati troviamo:
- PADOVA
. Giuseppe Bettiol,
. Luigi Carraro,
. Luigi Gui, insegnante di scuola media;
- VERONA:
. Guido Gonella;
- VICENZA:
. Guglielmo Cappelletti,
. Nicolò Cengherle,
. Fiorenzo Cimenti,
. Giusto Geremia,
. Achille Marzarotto,
. Aldina Quattrin,
. Mariano Rumor,
[Si presenta agli elettori con il seguente curriculum: «[…]
professore di letteratura italiana e latina al liceo classico "A.
Pigafetta" di Vicenza, pubblicista. Da 15 anni dirigente delle
organizzazioni giovanili di Azione Cattolica, attualmente presidente
provinciale e delegato regionale delle Associazioni Cristiane Lavoratori
Italiani (ACLI). Membro dell'esecutivo provinciale della Dc dall'epoca
cospirativa, redattore de «Il Momento» clandestino (per
cui venne ricercato) e collaboratore dell'attuale».]
. E.
Tosato,
. Giustino Valmarana.]
2 giugno, Proclamazione della Repubblica;
[Si tengono le elezioni per la Costituente
in concomitanza col referendum per la scelta istituzionale.]
Elezioni
politiche
[Vicenza, 2 giugno 1946
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 42.288] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
18.667 |
44,2 |
|
|
|
|
|
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|
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Pri |
670 |
1,6 |
-
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Psiup
[Partito socialista italiano di unità proletaria] |
13.305 |
31,5 |
-
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pci |
4.903 |
11,6 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
P. d'Az. |
868 |
2,0 |
|
|
|
|
UDN |
2.032 |
4,8 |
|
|
|
|
|
|
|
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|
|
|
|
|
|
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|
|
|
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|
|
|
|
|
|
|
|
|
UQ |
1.843 |
4,3 |
|
|
|
|
Totali |
42.288 |
100,00 |
|
|
|
|
Risultati elettorali a Vicenza:
- 189.437 voti alla Dc,
- 74.474 voti al Psi,
- 25.051 voti al Pci,
- ecc.
Risultano eletti: Mariano Rumor,
E.
Tosato, Giustino
Valmarana, Guglielmo Cappelletti.]
|
25 giugno-31 gennaio 1948, Assemblea costituente;
13 luglio-28 gennaio 1947, (II "governo
De Gasperi);
[I governo della Repubblica.]
11 agosto, Vicenza, ha luogo il 2° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[La relazione politica è svolta da lui medesimo
che si distingue – come nota «Il Momento» per la sua «oratoria
chiara e brillante». Il giovane irruente attacca i liberali
in quanto «anticlericali» e
i comunisti «che potrebbero avere una funzione
importante nella vita politica, purché rinunciassero ad essere
rotti ad ogni spregiudicatezza».
Nel comitato provinciale vengono eletti:
. Rino Borin di Bassano,
. Giuseppe Zampieri di
Vicenza,
. Giusto Geremia di Poiana,
. Fioralpino Chiodi di
Vicenza,
. Igino Fanton di Vicenza,
. Silvano De Lai di Vicenza,
. Michelangelo Dall'Armellina
di Noventa Vicentina.]
7 settembre, «Il Momento» cambia nome e direttore.
Diventa «Il Momento Vicentino» diretto
da Giorgio Clara;
1947
2 febbraio-31 maggio, (III "governo
De Gasperi)
19 aprile, Vicenza, si svolge il 1° congresso unitario
della Camera del Lavoro per la nomina dei delegati al congresso nazionale
della CGIL.
[Rappresentanti della corrente sindacale cristiana sono:
. Carlo Gramola, Mariano
Rumor, Rita De Zen, Giuseppe
Marta, Amerigo Celli, Giovanni
Bortolan.
Egli pronuncia un discorso in cui ripete i concetti già espressi
nel congresso provinciale della Dc sostenendo l'apoliticità
del sindacato che deve curarsi solo degli interessi dei lavoratori («salviamo
l'unità strappandola alle forze politiche») e lamentando
l'inflazione degli scioperi «che causano
l'indebolimento di un'arma così preziosa».]
31 maggio-23 maggio 1948, (IV "governo
De Gasperi);
giugno, su «Cronache sociali» Giuseppe
Dossetti scrive che uno spostamento a destra significa «un
rinnegamento della sostanza storica dell nuova democrazia italiana».
13 settembre, Vicenza, ha luogo il 3° congresso
provinciale della Dc vicentina;
[Come delegati al congresso nazionale
che si svolgerà a Napoli a novembre, vengono eletti:
. Giorgio Oliva,
. Bortolo Galletto,
. Carlo Gramola,
. Giuseppe Acerbi,
. Mario Raimondo,
. Giovanni Bettiati,
. Leo Graziani,
. Aldo Campagnolo,
. Giuseppe Baice,
. Silvano De Lai,
. Lorenzo Volpato.]
ottobre, «Il Momento Vicentino» scatena una battaglia
contro l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia)
chiedendo il suo scioglimento perché «non
rappresenta più lo spirito e gli interessi dei partigiani cristiani,
ma è l'espressione di una particolare corrente».
[Nello stesso mese il periodico passa a due pagine e
cambia direttore nella figura di Michele Peroni,
legato a Mariano Rumor cui dà largo
spazio.
In un comizio tenuto ad Asiago (Vicenza), ineggiante all'alleanza con
l'America, egli così si esprime: «Dalla
Russia avremo soltanto violenze, forche, persecuzioni, dittature e non
già grano, carbone e petrolio».
E rivolto ai comunisti: «Noi al governo
non vi vogliamo più perché troppo amara è stata
l'esperienza e troppo deleteria la vostra falsa collaborazione durante
il tripartito».]
novembre, Napoli, al congresso nazionale della Dc,
la sua figura passa del tutto inosservata;
[4° congresso?]
1948
7 febbraio, Vicenza, ha luogo il 5° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[La relazione è tenuta dal segretario provinciale
Giuseppe Zampieri. Fra gli interventi si
segnalano quelli di:
. Mariano Rumor, che sostiene la validità
della collaborazione fra Dc e ACLI;
. Silvano De Lai, ex comandante della "Brigata
Silvia" C.V.L., che mette a fuoco il problema dei contadini;
. Carlo Gramola, che parla dei rapporti
fra Dc e confederazione del lavoro;
. Riccardo Vicari, che invita il partito
all'unità e alla saldezza.
Nel nuovo comitato provinciale entrano:
. Giuseppe Zampieri,
. Fioralpino Chiodi,
. ? Martelletto,
. avv. Giovanni Giuliari,
. Giorgio Oliva,
. Igino Fanton,
. Giuseppe Acerbi,
. Riccardo Vicari ,
. Silvano De Lai.]
3 aprile, Monte Berico (Vicenza), 100.000 aclisti si incontrano
con Alcide
De Gasperi che viene da lui salutato a nome di tutti loro;
18 aprile, eletto deputato (I Legislatura –
1948 8 mag - 24 giu 1953) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
[A Vicenza la vittoria democristiana è travolgente,
lo stesso sindaco Giuseppe Zampieri e il
segretario provinciale Fioralpino Chiodi
non se l'aspettavano.]
Elezioni
politiche
[Vicenza, 18 aprile 1948
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 47.293] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
26.277 |
55,6 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
US
[Unità Socialista] |
6.644 |
14,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
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|
|
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|
|
Pri
[Partito repubblicano italiano] |
512 |
1,1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
BN
[Blocco Nazionale] |
1.414 |
3,0 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
FDP
[Fronte Democratico Popolare] |
10.303 |
21,8 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pnma
[Partito nazionale monarchico a?] |
271 |
0,6 |
|
|
|
|
Msi
[Movimento sociale italiano] |
1.378 |
2,9 |
|
|
|
|
BPU |
173 |
0,4 |
|
|
|
|
PDIP |
119 |
0,2 |
|
|
|
|
ANCD |
89 |
0,2 |
|
|
|
|
RPI |
88 |
0,2 |
|
|
|
|
PEI |
25 |
- |
|
|
|
|
Totali |
47.293 |
100,00 |
|
|
|
|
Della Dc vengono
eletti:
- 8 deputati:
. Mariano Rumor,
. Fiorenzo Cimenti,
. Achille Marzotto,
. Francesco Moro,
. E.
Tosato,
. Romano Tommasi,
. ?,
. ?
- 3 senatori:
. Guido Corbellini,
. Giustino Valmarana,
. Bortolo Galletto.]
|
23 maggio-14 gennaio 1950 (V "governo
De Gasperi);
nonostante la sua giovane età, si mette subito in vista come
uno dei leader di spicco della Dc
e, in particolare, della corrente dossettiana di "Cronache
sociali";
[Giuseppe Dossetti, A.
Fanfani, Giorgio La Pira, Giuseppe
Lazzati e Giuseppe Glisenti.]
15 settembre, Roma, presiede in Laterano il congresso
straordinario delle ACLI.
Alla presenza del ministro del Lavoro A.
Fanfani, del vicesegretario della Dc P.E.
Taviani e di numerosi sottosegretari, viene fondata la
nuova organizzazione sindacale cristiana denominata LCGIL
(Libera confederazione generale italiana dei lavoratori), in seguito
CISL.
1949
aprile, Vicenza, nella casa di S. Raffaele a Monte Berico avviene
un convegno di aggiornamento dei quadri dirigenti Dc vicentini;
maggio, Vicenza, si svolge il 6° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Alla fine viene nominato il nuovo comitato provinciale:
. Fioralpino Chiodi,
. Igino Fanton,
. Uberto Breganze,
. avv. Giovanni Giuliari,
. Rino Borin,
. Elia Girardi,
. Giuseppe Zampieri,
. Riccardo Vicari,
. Giuseppe Bocchese,
. ecc.
Delegati al congresso di Venezia vanno:
. Mariano Rumor,
. Uberto Breganze,
. Fioralpino Chiodi,
. Rino Borin,
. Giorgio Oliva,
. ? Soardi,
. ? Baice,
. ? Michelazzo.]
Giuseppe Dossetti, chiede lo sviluppo
concreto di alcuni principi della costituzione, le riforme sociali,
lo sviluppo della politica economica attorno a una volontà unitaria,
la riforma degli organi centrali dello Stato la cui struttura risale
ai tempi di Quintino Sella e la riforma
burocratica.
Prima del consiglio nazionale la corrente maggioritaria si riunisce
e designa tre rappresentanti (Attilio Piccioni,
Giuseppe Togni ed Ercole
Marazza) ché trattino con Alcide
De Gasperi a nome della maggioranza stessa, la quale ha deciso
di eleggere un segretario del partito e una direzione di colore, escludendo
qualsiasi scambio di idee con la minoranza dossettiana.
2-5 giugno, Venezia, al 3° Congresso nazionale della
Dc,
viene per la prima volta eletto nel Consiglio nazionale del partito,
entrando così tra i big del partito:
. Mario Scelba,
. Attilio Piccioni,
. Giulio Pastore,
. Antonio Segni,
. A.
Fanfani,
. Giovanni Gronchi,
. G.
Andreotti,
. Luigi Carraro.
[Al congresso nazionale si sono fatti notare i "professorini"
abituati a riunirsi nella comunità del "Porcellino"
– frequentata saltuariamente anche da Mariano
Rumor –, i famosi dossettiani, i "giovani cattolici"
della sinistra del partito che ha visto con diffidenza la fine del tripartito
Dc-Pci-Psi.
La corrente "Cronache sociali", guidata da Giuseppe
Dossetti, che ha molto successo, influenzerà per un biennio
l'intera Dc.
Essa attrae a sé, oltre alla vecchia guardia di Giorgio
La Pira, A.
Fanfani e Agostino Lazzati,
anche intellettuali come Giulia Fogolari,
segretaria del Movimento femminile nel Veneto, professori universitari
come Luigi Carraro di Padova e giovani
come Luciano Dal Falco.
La sinistra dossettiana, in forte espansione quantitativa e qualitativa,
ha le sue zone di maggiore influenza in Veneto e Lombardia (le cosiddette
zone bianche).
Al consiglio nazionale Alcide
De Gasperi viene eletto presidente e P.E.
Taviani segretario politico con 36 voti su 61. Mentre
A.
Fanfani, Alessi e Mariano
Rumor fanno ancora un tentativo di mediazione per concordare
una lista pacificatrice, l'ex segretario politico Attilio
Piccioni, il leader degli ex popolari, rifiuta affermando che
la direzione omogenea (senza la minoranza dossettiana) è necessaria.
Anche il nuovo segretario P.E.
Taviani
rifiuta la collaborazione della minoranza.
Viene così eletta una direzione di colore di cui fa parte Mariano
Rumor.
Il fatto nuovo – come scriverà Baget Bozzo
–, successivo al congresso di Venezia, sarà la sostituzione di
A.
Fanfani a Giuseppe Dossetti
nella direzione della corrente che può contare oltre alle persone
citate su altre che operano alla periferia del partito come Tina
Anselmi a Treviso e B.
Zaccagnini
a Ravenna.]
13 luglio, il Vaticano pubblica il decreto di scomunica contro
i comunisti, i loro alleati, gli elettori comunisti e i lettori di stampa
comunista; il testo riceve ampia pubblicazione nel periodico «Il
Momento Vicentino»;
a fine mese la direzione vicentina della Dc sceglie
come nuovo segretario l'avv. Giovanni Giuliari;
10 ottobre, nel consiglio nazionale della Dc
egli illustra il progetto di legge sindacale elaborato dal ministro
del Lavoro A.
Fanfani, di cui ha già così ben presentato
e difeso il piano case nel febbraio dello stesso anno;
[La sua fortuna – come scriverà
Baget Bozzo – consiste nel fatto
di essersi legato come primo collaboratore non dossettiano alla ascesa
del leader aretino A.
Fanfani.]
1950
9 gennaio, Modena, durante una manifestazione degli operai delle
Fonderie Orsi, la polizia spara uccidendo
6 operai;
[Per «Il Momento Vicentino» la colpa è
sempre dei «demagoghi» comunisti
che dimsotrano «fino a che punto dispiaccia
al Cominform ogni realizzazione dei liberi governi democratici».
In seguito all'arresto del vicentino mons. Antonio
Mantica, cappellano della colonia italiana in Romania, da parte
delle autorità comuniste, il periodico parla di «satanico
odio del comunismo» contro la Chiesa e di «tutta
una catena di violenze, sopraffazioni nel tentativo di demolire quella
croce che il Salvatore ha imporporata dal suo sangue».]
11 gennaio, Alcide
De Gasperi presenta le dimissioni del governo;
[Giuseppe Dossetti utilizza
questa situazione durante la crisi per chiedere l'attuazione delle misure
ipotizzate a Venezia nella "relazione Rumor". La corrente
chiede a tal fine il ministero dell'Industria per A.
Fanfani e il ministero del Lavoro per Giorgio
La Pira. Al rifiuto di Alcide
De Gasperi, "Cronache sociali" replica non entrando
nel governo.
Michele Peroni, direttore de «Il
Momento Vicentino», critica anche la corrente dossettiana che
si rifiuta di entrare nel governo «il gran
rifiuto di Dossetti sa troppo di assenteismo, sicché oggi l'assenza
dal governo di Fanfani accende quel sospetto di scissione che non ha
ragione di esistere essendo a tutti evidente l'unità ideologica
del partito». Però l'articolista ammette: «numerose
riforme sono sul tappeto, tutte sono osteggiate perché toccano
determinati interessi. Ebbene, si faccia un esame chiaro, si studino
le possibilità di attuazione e non si cerchi la formula conciliativa».]
27 gennaio-19 luglio 1951, (VI "governo
De Gasperi);
[Governo di coalizione Dc-Pri-Psdi
non all'altezza dei problemi da affrontare.
Nel nuovo governo entra come sottosegretario al Ministero di Grazia
e Giustizia E.
Tosato, ordinario di
Istituzioni di diritto pubblico a Ca' Foscari di Venezia.]
16-20 aprile, nel consiglio nazionale della Dc,
rendendosi conto della debolezza della sua posizione, Alcide
De Gasperi apre le trattative con "Cronache sociali":
. Guido Gonella succede a P.E.
Taviani nel ruolo di segretario nazionale della Dc,
. Giuseppe Dossetti diviene vicesegretario
politico nazionale,
. Mariano Rumor diviene vicesegretario
nazionale per l'organizzazione
[Obiettivo della nuova segreteria è quello di
costruire una gestione unitaria del partito a supporto del governo guidato
da Alcide
De Gasperi.
Comincia così l'impegno dei dossettiani:
- istituzione della Cassa del Mezzogiorno,
- legge stalcio sulla riforma tributaria,
- avvio dell'iter legislativo per la riforma dell'Eni,
- leggi stralcio per la riforma agraria nel Mezzogiorno e nel Delta
padano.]
giugno, Vicenza, si svolge il 7° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Per la prima volta si votano due liste, nascono parecchie
discussioni (Michelangelo Dall'Armellina
ne ha presentato una terza che è stata respinta).
Nel nuovo comitato provinciale vengono eletti i soliti:
. Fioralpino Chiodi,
. Igino Fanton,
. Ilva Baice,
. Pio Chemello,
. Elia Girardi,
. Giuseppe Zampieri.
Compaiono per la prima volta:
. Gino Rigon e Giovanni
Xausa di Marostica.
L'avv. Giovanni Giuliari viene riconfermato
segretario.]
settembre, Mariano Rumor propone
un programma di "vitalizzazione" del partito – che è
in fase di stanca – conferendo un deciso orientamento alle sezioni,
assai spesso lasciate alle loro iniziative;
1951
marzo, Giuseppe Baice di Schio (Vicenza)
diventa il nuovo segretario provinciale della Dc;
Sono in vista le elezioni amministrative.
[I discorsi preelettorali d Mariano
Rumor attaccano durissimamente il comunismo negli stessi termini
di tre anni prima ma l'intervento più pesante, non solo contro
il comunismo ma addirittura contro le liste civiche dei vari comuni,
lo fa il vescovo Carlo Zinato: «Il
cattolico deve dare il suo voto unicamente a candidati di cui si ha
certezza che nella vita pubblica e privata difendono i diritti di Dio,
della Chiesa e delle anime. In particolare il cattolico non può
per nessun motivo dare il voto al comunismo ateo, in pari modo non può
dare il voto a candidato o liste direttamente o indirettamente collegate
al comunismo o a correnti che si ispirano alla dottrina marxista. Nessun
appoggio può esser dato alle liste indipendenti, anche se portano
nomi di persone per vari motivi rispettabili. La campagna elettorale
si svolge e si concluderà nel mese di maggio dedicato alla Vergine
Santa».
27 maggio, si svolgono le elezioni amministrative;
Elezioni
amministrative
[Vicenza, 27 maggio 1951
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 45.805] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
20.772 |
45,4 |
26 |
. Giuseppe Zampieri |
2.148 |
|
. Uberto Breganze |
|
|
. Giorgio Pototschnig |
|
|
. Giorgio Oliva |
|
|
. Giacomo Rumor |
|
|
. Lino Zio |
|
|
. Guglielmo Cappelletti |
|
|
. Giorgio Sala |
|
|
. Gino Zocca |
|
|
. ecc. |
|
|
Psuli
[o Psdi
[Partito socialista democratico italiano]] |
6.785 |
14,8 |
4 |
. Luigi Faccio |
|
|
. Amedeo Umbriano |
|
|
. Ettore Mingotti |
|
|
. ecc. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pci |
5.599 |
12,4 |
4 |
. Nilo Griso |
|
|
. Iacopo Cibele |
|
|
. Leonida Zanchetta |
|
|
. ecc. |
|
|
|
|
|
|
|
|
Psi |
5.395 |
11,7 |
3 |
. Ugo Bompiani |
|
|
. Francesco Cibele |
|
|
. Teresa Maretto |
|
|
. ecc |
|
|
Is |
570 |
1,2 |
- |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pli |
2.204 |
4,8 |
1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pnm |
706 |
1,5 |
- |
|
|
|
Msi |
3.109 |
6,8 |
2 |
|
|
|
IC |
665 |
1,4 |
- |
|
|
|
Totali |
45.805 |
100,00 |
40 |
|
|
|
[Nonostante le minacce delle fiamme
dell'inferno da parte del vescovo Carlo
Zinato il successo del 18 aprile 1948 non si ripete. Un
solo comune, Altavilla Vicentina, è rimasto ai socialcomunisti.
Sono state espugnate le roccaforti rosse di Cimon e Tonezza. Tutti
i candidati Dc dei 20 collegi provinciali sono
stati eletti.
I socialcomunisti conquistano 5 seggi, i socialdemocratici 3,
i liberali e i monarchici-missini 1. Ma la Dc
nel complesso perde più di 55.000 voti passando da 246.045
a 191.002. In percentuale la Dc scende dal 70,4%
al 55,8% con una caduta del 14,5%.
In città si ha la débacle delle sinistre.
Su 40 seggi la Dc ne conquista 26, il Psi 3, il Psdi 4, il Pci
4, il Msi 2, il Pli 1. La Dc in città perde circa seimila
voti rispetto al 1948 passando da 26.276 a 20.773.]
|
10 giugno, Vicenza, forte della sua maggioranza la Dc
elegge sindaco Giuseppe Zampieri con 26
voti e forma un monocolore;
16 luglio, il governo si dimette;
[Giuseppe Dossetti insiste
che la direzione della politica economica sia data a uomini della sua
corrente; A.
De Gasperi rifiuta, ma A.
Fanfani raggiunge con lui un compromesso in base al quale
il ministero del Tesoro (che Giuseppe Dossetti
rivendica a "Cronache sociali") viene diviso tra Bilancio
(G.
Pella) e Finanze (E.
Vanoni).
Giuseppe Dossetti non accetta questa situazione
e ciò segna la rottura fra lui e A.
Fanfani che decide di far parte del nuovo governo come ministro
dell'Agricoltura, sostituendo A.
Segni sgradito alla destra esterna e interna della Dc.
L'operazione dell'Aretino che ha preferito accordarsi con A.
De Gasperi a scapito della sua amicizia che con Giuseppe
Dossetti trova consenziente Mariano Rumor
che A.
Fanfani si porta come sottosegretario insieme con il padovano
Luigi Gui già convinto dossettiano.
L'importante è che A.
Fanfani, nella sua operazione di rottura con Giuseppe
Dossetti, non viene sconfessato dalla corrente.
Il Ministero dell'Agricoltura diventa un importante centro di potere
perché incaricato di attuare la legge stralcio sulla riforma
agraria e gli enti relativi (Puglia, Lucania, Calabria, Maremma, Fucino,
Delta padano). Mariano Rumor deve organizzare
le strutture di questi enti di riforma.
Dal ministero A.
Fanfani stringe rapporti con Bonomi,
con la Coldiretti, con la Federconsorzi,
con la Fiat e con la Montecatini
che collocano in condizioni di monopolio trattori e prodotti chimici
per le campagne.
Il Ministero dell'Agricoltura diverrà uno dei centri di organizzazione
della corrente "Iniziativa democratica" (che
A.
Fanfani sfrutterà senza averla costituita, esattamente
come è avvenuto per la corrente "Cronache sociali".
Sarà l'intesa con Bonomi e i rapporti
con le grandi imprese monopolistiche del Nord una delle basi del potere
di A.
Fanfani nella Dc.
Questo Ministero dell'Agricoltura – come dirà
lo storico Galli – gestirà
il fallimento della legge stralcio e avvierà il declino dell'agricoltura.]
26 luglio-16 luglio 1953, sottosegretario all'Agricoltura
e Foreste (VII "governo
De Gasperi);
ottobre, dopo le elezioni amministrative nel Nord che hanno
visto un'avanzata del Pci e del Psi,
gli ostacoli incontrati all'interno della Dc nell'attuazione
delle riforme spingono Giuseppe Dossetti
a dare le dimissioni da vicesegretario politico della Dc.
Il ritiro dalla politica attiva di Giuseppe Dossetti
lascia il gruppo di "Cronache sociali" orfano del suo leader
carismatico; tuttavia, i principali esponenti della corrente si danno
presto da fare per riorganizzare le proprie posizioni all’interno del
partito.
sindaco (1951-58) di Bassano del Grappa
(Vicenza);
11 novembre, Vicenza, si svolge l' 8° congresso
provinciale della Dc vicentina, alla presenza di P.E.
Taviani sottosegretario agli Esteri;
[La relazione è fatta da Giuseppe
Baice. Francesco Guidolin chiede
una maggiore sensibilità del partito ai problemi dei lavoratori
e Gino Rigon raccomanda una più
ampia distribuzione degli incarichi. Mariano Rumor
però non parla.]
novembre, il nuovo direttore de «Il Momento Vicentino»
diventa Renzo Pellizzari che affida a Enzo
Pancera il compito di effettuare una serie di inchieste sui vari
comuni del Vicentino;
Egli svolge un ruolo determinante per la nascita della nuova corrente
di "Iniziativa Democratica", che riunisce non solo
i reduci del dossettismo (quali Giorgio La Pira,
A.
Fanfani, A.
Moro, Giovanni
Scaglia, Luigi Gui, Giovanni
Galloni, Achille Ardigò,
Franco Pecci), ma anche elementi della
maggioranza centrista degasperiana (come P.E.
Taviani o O.L.
Scalfaro).
È proprio lui a stendere la bozza del manifesto politico di "Iniziativa
Democratica", pubblicato poi sul primo numero dell’omonima
rivista – «Iniziativa Democratica» diretto da Giorgio
Zardi che pubblica 8 numeri dalla fine del 1951 all'inizio del
1952 – attorno alla quale inizia a strutturarsi la corrente.
[È lui a stendere l'editoriale del primo numero.
In questo testo, accanto alla dichiarazione di appoggio ad A.
De Gasperi e al "Patto Atlantico", viene riaffermato
il principio dossettiano di un partito cristianamente riformista, capace
di muovere il paese verso un’evoluzione democratica. Con questi argomenti
gli iniziativisti si candidano non solo a rivendicare l’eredità
politica del dossettismo, ma anche a proporsi come un interlocutore
affidabile per le altre componenti del partito.]
[Che la Dc sia essenzialmente emanazione
del mondo cattolico e delle sue varie organizzazioni che, nel periodo
delle elezioni, trovano un momento di coagulo e di coordinamento nei
comitati civici, presieduti prima da Pio Chemello
e poi da Virgilio Marzot, lo dimostra il
fatto che i vari segretari provinciali che sono posti in lista nelle
elezioni alla Camera dei deputati (casi emblematici sono quelli di Renzo
Pellizzari e di Delio Giacometti)
non sono mai eletti, fatta eccezione, per la prima volta nel 1968, per
Renato Corà, il quale però
avrà dalla sua parte il forte appoggio della zona di Montecchio
e di parte dell'alto vicentino.
Se dunque il partito, in quanto tale, come espressione autonoma dal
mondo cattolico, non esiste a Vicenza, ciò significa che la sua
mobilitazione elettorale, sempre così massiccia, è preparata
e finalizzata in senso filodemocristiano, dalle multiformi attività
delle numerose e prospere associazioni cattoliche (l'Azione
cattolica ha il più alto numero d'iscritti d'Italia),
attività che vengono a costituire così un momento integrante
e insostituibile dell'azione politica in quanto tale (e la campagna
di "rivitalizzazione" del partito, da lui inaugurata nel 1954,
ne sarà una prova.]
1952
-, nello stesso tempo viene pubblicata la rivista «Politica
popolare» cui collaborano Attilio Piccioni,
G.
Pella, G.
Andreotti,
Giuseppe Togni, Tambroni.
Anche questa rivista ha il consenso di A.
De Gasperi.
Il fatto preoccupa il segretario politico Guido
Gonella che protesta per il moltiplicarsi dei fogli di tendenza
e induce A.
De Gasperi a intervenire e le pubblicazioni di corrente cessano.
L'organizzazione della corrente di "Iniziativa Democratica"
continua comunque e si estende ai quadri di periferia.
[Una fonte di dirigenti saranno gli enti di riforma costituiti
in base alla legge stralcio di riforma agraria.]
Recoaro (Vicenza), in un convegno di giovani Dc un suo discorso entusiasma
un oscuro studente di legge, dirigente dei giovani Dc di Rovigo: A.
[Toni] Bisaglia.
21-24 giugno, Anzio (Roma) si svolge il consiglio nazionale
della Dc;
[Un consiglio di disagio e di malessere dopo i deludenti
risultati delle recenti amministrative. Secondo Attilio
Piccioni il partito ha ceduto per aver imboccato la strada delle
riforme che «non danno voti».
Il segretario Guido Gonella attacca la
politica governativa di essere troppo debole nei confronti dei comunisti
e di limitarsi ad un «anticomunisno verbale».
A.
De Gasperi risponde che le accuse di Guido
Gonella sono quelle dell'Azione Cattolica e delle sfere ecclesiastiche:
«io ho l'impressione che nelle alte sfere
ecclesiastiche, con tutto rispetto di Pio XII, si valutino troppo poco
le difficoltà parlamentari… possiamo fare dei decreti legge,
ma la strada scivola, specie in un paese che ha già fatto questa
esperienza. Non dobbiamo preoccupaarci anche noi, che ci appoggiamo
sui cattolici, così facili alla ditttatura e alle idee conservatrici?…
La storia dei cattolici non ci autorizza ad esigere la fiducia nella
libertà: i cattolici sono stati divisi su questo punto».
Questo consiglio nazionale vede dunque stabilirsi l'accordo tra A.
De Gasperi e la nuova corrente di "Iniziativa Democratica"
ma subentrano altri problemi….]
estate, Vicenza, palazzo Zileri, si tiene un incontro fra i dirigenti
della Dc del Triveneto;
[Per Rovigo sono presenti:
. Giuseppe Romanato,
. Antonio Avezzù,
. Virgilio Pavarin,
. Francesco Guidani,
. A.
[Toni] Bisaglia.]
9 novembre, Vicenza, si svolge il 9° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[La relazione principale la fa Giuseppe
Baice, quella dotta sullo stato democratico Bartolomeo
Garzia e quella sul progetto di nuovo statuto Elia
Girardi.
Nel comitato provinciale entra qualche nome nuovo come:
. Giuseppe [Pino]
Sbalchiero,
. Lino Fornale,
. Domenico Calearo.
Delegati al congresso nazionale sono:
. Giuseppe Baice,
. Fioralpino Chiodi,
. Giorgio Oliva,
. Rino Borin,
. Soardi,
. Cornelio Dal Toso,
. Michelangelo Dall'Armellina,
. Carlo Gramola,
. Giuseppe Zampieri, sindaco di Vicenza.
A questo congresso, come a quello precedente, Mariano
Rumor tace.]
21-26 novembre, Roma, si svolge il congresso nazionale
della Dc;
[Il problema reale è quello della scelta
della classe dirigente del partito.
Attilio Piccioni ripropone il problema
delle correnti e polemizza con "Iniziativa Democratica" («le
tendenze si escludono per tutti o si ammettono e si disciplinano. È
stato detto da qualcuno che il congresso è qui per salvare De
Gasperi. Di solito le dichiarazioni più accese sono proprie dei
neofiti»). I neofiti sono gli amici di Mariano
Rumor e P.E.
Taviani (che
avevano già sostenuto la tesi di A.
De Gasperi nel precedente consiglio nazionale che aveva visto
l'accordo fra il leader trentino e la nuova corrente), cui Attilio
Piccioni contrappone gli ex popolari «i
vecchi credenti nella genialità politica di De Gasperi».
Inoltre l'ex segretario politico critica il centrismo (accordo con i
partiti laici non marxisti escludendo le destre) di A.
De Gasperi, difeso invece, nell'intervento di Mariano
Rumor, dalla nuova corrente.
Il leader vicentino dà così inizio –
come sottolineerà Baget Bozzo –
a quella successione di "Iniziativa Democratica" alla
leadership degasperiana.
Mariano Rumor sottolinea l'esigenza di
quella dialettica interna che avrebbe assicurato il ricambio nella classe
dirigente. Accusa gli ex popolari di essere i «custodi
dell'arca santa del partito» e di non accettare le esigenze
della disciplina se non a loro profitto. Smentisce inoltre che i giovani
vogliano «far da ramazza» agli
anziani, tema ribadito anche da A.
Fanfani che nel suo inervento si colloca al di sopra delle
parti e delle correnti («la polemica è
chiusa perciò io parlo»).
Duro invece il discorso del segretario politico Guido
Gonella: «L'Italia ha bisogno di
uno Stato forte per la lotta al comunismo. La politica della Dc deve
esser sempre più la politica del ceto medio, quello che ha il
culto della famiglia e della patria, il ceto che vuol esser difeso dal
comunismo». E continua: «L'anticomunismo
non può essere un nostro gusto o capriccio: è un dovere
assunto di fronte alla nostra coscienza e di fronte alla Nazione».
Il primo attacco lo sferra Giovanni Gronchi
che accusa il governo di «empirismo»
in materia economica, di mancanza di «politica
veramente sociale» legato al sorpassato indirizzo liberale
del pareggio del bilancio e aggiunge: «la
mia onesta manifestazione di dissenso ha lo scopo di coalizzare una
opposizione in seno al partito».
Attilio Piccioni, difende l'azione del governo e fa intravedere
i pericoli di un accordo della Dc con i partiti laici
(«è una bella cosa l'imparentamento
con le forze democratiche laiche, ma è più profonda e
insostituibile cosa l'imparentamento con le forze cattoliche».
Mariano Rumor, a nome di "Iniziativa
Democratica", difende la tesi di Giovanni
Gronchi che «l'unità del partito
va realizzata nell'efficienza e nel rispetto del gioco democratico di
maggioranza e minoranza». In polemica con Attilio
Piccioni sostiene che i rapporti con i cattolici non possono
esser posti sullo stesso piede degli accordi con i partiti laici («cattolici
non siamo noi stessi?»).
Enrico Mattei de «Il Gazzettino»
nota che l'intervento del vicentino è «critico»
e che afferma la priorità delle esigenze sociali non perdendo
di vista quelle politiche.
Anche A.
Fanfani, nel suo intervento al congresso, difende A.
De Gasperi: «non comprendo come
si dia corpo alla menzogna che i giovani intendano eliminare gli anziani:
quando è noto a tutti che i cosiddetti giovani, allorché
l'interesse del partito lo ha richiesto, sono corsi in aiuto agli anziani,
anche a costo di perdere per strada qualche amico prezioso».
L'Aretino si riferisce alla sua rottura con Giuseppe
Dossetti nel luglio del 1951 per arrivare ad un accordo con A.
De Gasperi.
Alla fine si vota su tre linee fondamentali:
- quella di Concetrazione (A.
De Gasperi, Attilio Piccioni,
G.
Pella, Mario Scelba, Giuseppe
Togni, ecc.) che conquista la stragrande maggioranza;
- quella di "Iniziativa Democratica" (A.
Fanfani-Mariano Rumor-P.E.
Taviani ecc.) che ha un terzo delle preferenze;
- quella sindacalista (in seguito "Forze sociali") presentata
da Giulio Pastore che ottiene sette consiglieri
(3 deputati e 4 sindacalisti fra cui Mario Romani
di Milano, Bruno Storti di Roma,
Vito Scalia di Catania e Dino Penazzato
di Vicenza).
Il consiglio nazionale conferma Guido Gonella
segretario e nomina nella direzione 9 rappresentanti delle correnti
di centro e 3 di "Iniziativa Democratica" (E.
Colombo, Luciano Dal Falco e Angelo
Salizzoni).]
1953
gennaio, in previsione delle elezioni politiche A.
De Gasperi e la Dc fanno approvare, con
il concorso degli altri partiti di centro, una legge elettorale che,
aspramente combattuta dalle destre e dalle sinistre, lacera profondamente
il paese in campi avversi. Viene battezzata dalle sinistre: "legge
truffa".
«Il Momento Vicentino» difende, come ovvio, la legge in
più riprese e condanna l'ostruzionismo delle sinistre, che fanno
una «ignobile gazzarra».
Si svolge il 6° congresso dei gruppi giovanili.
[È presieduto da Vincenzino
Russo, che rimarrà sempre fedele a Mariano
Rumor anche dopo la sua uscita dalla corrente dorotea. Delegato
provinciale è nominato Mirko Muraro.
Durante il congresso il sen. Giustino Valmarana
sostiene «che non c'è motivo morale
e giuridico che ci si opponga alla legge maggioritaria, il cui motivo
ispiratore è quello della salvaguardia della democrazia. Tale
sistema impedisce alleanze ibride con i monarchici e i missini e garantisce
la salvaguardia del comunismo».
I giovani sono pieni di iniziative. Bortolo Brogliato
fonda un periodico «Noi studenti» del movimento studenti
medi per «ridare fiducia e speranza nell'attuale
società e nel sistema democratico».]
La Dc provinciale si mobilita per prepararsi
alle elezioni.
Alla Camera, dopo il rifiuto a candidarsi di Giuseppe
Biace, vengono proposti Uberto Breganze,
Bortolo Fina (presidente della Coldiretti),
Giusto Geremia (funzionario della Previdenza
sociale), Achille Marzarotto,
Francesco Moro, sindaco di Lonigo, Romano
Tomasi, sindaco di Schio, ed E.
Tosato.
Al Senato, sono in lista: Guido Corbellini,
Giustino Valmarana, Bortolo
Galletto.
La campagna elettorale è aperta da Guido
Gonella, ma il comizio principale lo fa A.
Fanfani, presentato da Mariano Rumor.
7 giugno, rieletto deputato (II Legislatura – 1953 25 giu -
11 giu 1958) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 7 giugno 1953
Abitanti 79.862 - Consiglieri 40
v.v. 51.513] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
ADN |
271 |
0,5 |
|
|
|
|
Dc
[Democrazia cristiana] |
23.372 |
45,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
2.757 |
5,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pri
[?] |
362 |
0,7 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pli
[?] |
3.546 |
6,9 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Psi |
6.423 |
12,5 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pci |
7.370 |
14,3 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
UP |
1.773 |
3,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
PNM |
1.693 |
3,3 |
|
|
|
|
MSI |
3.252 |
6,3 |
|
|
|
|
USI |
580 |
1,1 |
|
|
|
|
PEU |
23 |
0,1 |
|
|
|
|
PFI |
26 |
0,1 |
|
|
|
|
PRS |
65 |
0,1 |
|
|
|
|
Totali |
51.513 |
100,00 |
|
|
|
|
A livello nazionale la Dc
ottiene 10.836.675 voti scendendo dal 48,5% al 40,1%, mentre l'opposizione
di sinistra sale dal 31% al 37,3%.
In Veneto la Dc scende dal 60,5% al 53,4%.
A Vicenza città la Dc scende da 26.276
a 23.372 voti (perdendone 3.000 circa rispetto al 1948 ma recuperandone
3.000 rispetto alle amministrative del 1951.
In una riunione del comitato provinciale il segretario Giuseppe
Baice, nel presentare il quadro elettorale, fa una specie
di autocritica. Nel 1948 Vicenza e provincia avevano il 70,4%
dei suffragi, ora il 60,4%, mentre i social-comunisti dal 13,6%
sono passati al 17,8 (da 47.816 a 63.602). Grande aumento anche
della estrema destra che è passata dal 1,7% al 5,2% (da
6129 a 18.512). Nel complesso la Dc tiene in provincia più
che in città (è diminuita del 9% in provincia e
del 10,4% nel capoluogo) mentre le sinistre sono aumentate del
4,1% in provincia e del 4,9% in città. Le destre sono aumentate
del 3% in provincia e del 5,4% nel capoluogo. E spiega:
«Da ciò si ricava che i giovani
hanno votato in modeste proporzioni per la Dc e si sono orientati
verso le sinistre e le destre. Particolare affermazione del Pli
dovuto al successo del candidato Vittorio Marzotto. A Valdagno
il Pli è passato da 206 a 5370 voti.
L'elettorato va a sinistra: questo è il responso
delle urne. Il voto è un atto di protesta contro
formule vecchie e superate. Lo sbandamento delle nuove leve è
dovuto al fatto che molti dc fanno di tutto per abbruttire il
partito con atteggiamenti di intolleranza e di autoritarismo.
Il discorso va a tutti coloro che identificano la vittoria della
Dc con quella della Chiesa. Errata valutazione che può
portare ad una affermazione anticlericale. Come mai da noi il
comunismo ha fatto progressi e nelle regioni rosse è diminuito?
È quindi necessario che il partito acquisti la sua fisionomia
chiara , indipendente, una fisionomia laica. Il mancato successo
è dovuto al fatto che non è stata detta una parola
nuova che potesse in qualche maniera galvanizzare l'elettorato».
Il risultato delle elezioni non ha fatto comunque scattare
la "legge truffa".
Alla Camera vanno quindi:
. Mariano Rumor,
. E.
Tosato,
. Uberto Breganze,
. Bortolo Fina,
. Giusto Geremia.
Al Senato: Guido Corbellini,
Giustino Valmarana, Bortolo
Galletto.
|
16 luglio-17 agosto, sottosegretario all'Agricoltura e Foreste
(VIII "governo
De Gasperi);
[Governo monocolore Dc.]
17 agosto-18 gennaio 1954, sottosegretario all'Agricoltura e Foreste
("governo
Pella);
[Governo monocolore Dc, appoggiato dai monarchici e quindi
governo di centro-destra.]
26 settembre, Roma, si riunisce il Consiglio nazionale
della Dc;
[La sinistra Dc di Giulio Pastore,
Giovanni Gronchi e di "Iniziativa
Democratica", chiedono la convocazione urgente del congresso con
il segreto intento di porre fine al governo di centro-destra di G.
Pella. Ad essa si unisce anche Mario
Scelba.
Tutti chiedono una apertura a sinistra non «nel
senso politico parlamentare, ma in senso sociale».
A.
De Gasperi viene eletto segretario ma «Il Gazzettino»
e «Il Momento Vicentino» non dicono che nella votazione
le schede bianche sono state 25.]
3 dicembre, durante un discorso ai deputati Dc A.
De Gasperi dichiara: «Il nostro
è un partito di centro che si muove verso sinistra».
22 dicembre, G.
Pella procede a un rimpasto per rafforzare politicamente
il suo governo, un governo di centro destra, appoggiato da una maggioranza
precostituita Dc-partito Monarchico, e formato prevalentemente da ex
popolari, sui cu Attilio Piccioni gode
di una posizione di prestigio.
[I monarchici hanno chiesto la sostituzione del ministro
dell'Agricoltura Rocco Salomone, troppo
personalmente impegnato nella riforma agricola e G.
Pella lo vuole cambiare con Salvatore
Aldisio. Ma i direttivi dei gruppi parlamentari Dc, controllati
da "Iniziativa Democratica" si oppongono alla sostituzione
di Rocco Salomone. Nel contrasto con la
presidenza del consiglio A.
De Gasperi propone una mediazione che G.
Pella non accetta.]
1954
6 gennaio, G.
Pella si dimette;
caduto il "governo Pella", l'incarico viene affidato ad A.
Fanfani;
18 gennaio-10 febbraio, sottosegretario (con funzione
di segretario) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (I
"governo
Fanfani);
[Ma A.
Fanfani riesce ad assicurarsi solo i voti dei repubblicani
mentre le trattative con i monarchici sono ostacolate con tutti i mezzi
da G.
Pella. In parlamento il nuovo presidente non riesce ad ottenere
la fiducia.]
10 febbraio-2 luglio 1955, ("governo
Scelba);
[Governo quadripartito (Dc, Pri,
Pli, Psdi). Solo G.
Andreotti rifiuta di parteciparvi, manifestando la sua ostilità
al neocentrismo. Anche Mariano Rumor ed
E.
Tosato non vi fanno parte (quest'ultimo
sosttuito al Ministero della Pubblica Istruzione da Gaetano
Martino). L'unico che rimane è Giustino
Valmarana come sottosegretario al Tesoro.
Finisce in questo modo il partito unitario, pensato e costituito
da don Luigi Sturzo ed ereditato dalla
Dc mediante il gruppo dirigente ex popolare.]
marzo, il Congresso nazionale di Napoli vede l’affermazione
di "Iniziativa Democratica" e la successiva elezione
di A.
Fanfani a Segretario del partito;
egli viene eletto vice-segretario nazionale della Dc
e diviene dirigente della Spes (Stampa, propaganda
e studi);
[Manterrà quest’incarico per i successivi cinque
anni, fino allo scioglimento della corrente di "Iniziativa Democratica"
che da questo momento controlla tutti i più importanti uffici
di partito con i propri dirigenti:
. Angelo Salizzoni, Amministrazione,
. Carlo Russo, Enti locali,
. B.
Zaccagnini, Problemi del lavoro.]
30 maggio, Vicenza, si svolge il 10° congresso provinciale
della Dc vicentina; che ribadisce l'unità del partito;
[La relazione è fatta dal segretario Giuseppe
Baice mentre Mariano Rumor, come
già nei congressi precedenti, non parla. Nel comitato provinciale
vengono eletti:
. Renato Treu,
. Guglielmo Cappelletti,
. Bortolo Brogliato,
. Bartolomeo Garzia,
. Francesco Guidolin per Marostica,
. Giuseppe Balasso e Lino
Fornale per Thiene.
Mariano Rumor sente tuttavia il dovere
di comunicare le sue idee di corrente al proprio elettorato e viene
indetto un congresso straordinario a Villa Raffaele. A.
[Toni] Bisaglia
intanto si occupa dei giovani.]
10 giugno, Vicenza, si tiene il 7° congresso provinciale
dei gruppi giovanili della Dc;
[Presieduto da A.
[Toni] Bisaglia,
vi viene eletto delegato Giuseppe [Pino]
Sbalchiero.]
giugno, Napoli, si svolge il congresso nazionale della Dc;
[Il discorso di A.
De Gasperi è il suo testamento spirituale e politico
per l'unità della Dc contro le correnti.
Nel dibattito emergono le posizioni di:
- di "Iniziativa Democratica";
[La corrente dei giovani guidata da A.
Fanfani vince il congresso, ma non stravince. Essa mette
l'accento su due temi: la fedeltà al centrismo e l'importanza
della organizzazione. Parlano A.
Fanfani ed E.
Colombo ma
Mariano Rumor tace.]
- della sinistra di Giovanni Gronchi;
[Che attacca la corrente di A.
Fanfani: «quando avanza una schiera
di giovani con metodi e mentalità piuttosto rudi e sommarie,
gli uomini come me si traggono da parte senza sentirsi diminuiti».
Con la denuncia della «barbarie» di "Iniziativa Democratica",
egli notifica il suo rifiuto di presentare una propria lista congressuale.
La sinistra di Domenico Rovaioli accusa
"Iniziativa Democratica" di dividere il partito con la sua
sete di conquista totale del potere. ]
- della destra;
[G.
Andreotti mantiene una posizione cauta presentando una propria
lista per il consiglio nazionale, intitolandola "Primavera"
con A.
De Gasperi capolista. Si accorda con Mariano
Rumor affinché
"Iniziativa
Democratica" gli offra i voti di preferenza necessari per essere
eletto.]
Alla fine 51 consiglieri nazionali su 74 sono di "Iniziativa
Democratica".
A.
De Gasperi viene eletto per acclamazione presidente del partito.]
16 luglio, mentre A.
Fanfani viene nominato segretario politico della Dc (con
59 voti su 71) egli viene nominato vicesegretario;
[Terrà la carica di vicesegretario fino al gennaio
1958.
Nello stesso tempo a Vicenza Renato Treu
sostituisce Giuseppe Baice alla segreteria
provinciale.
In una "tre giorni" alla Montanina
di Velo d'Astico:
. Mariano Rumor parla dei problmei del
lavoro, della autonomia e della autorità dello Stato;
. E.
Colombo, sottosegretario ai Lavori
pubblici, parla dei problemi del meridione;
. Giuseppe Bettiol parla della necessità
di una classe dirigente veramente cattolica;
. Luciano Dal Falco, dirignete nazionale
per l'organizzazione, sottolinea che il partito deve risolvere i problemi
delle categorie artigianali e commerciali.]
1955
marzo, in un discorso ai dirigenti provinciali egli ribadisce
il netto «no» ad aperture di
destra e dichiara che la collaborazione centrodemocratica rimane «elemento
di stabilità di regime democratico»;
16 luglio-15 maggio 1957 (I "governo
Segni");
13 novembre, si svolge il 12° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Renato Treu è riconfermato
segretario provinciale e vengono eletti alla direzione:
. Bartolomeo Garzia,
. Alfonso Battaglia,
. Leone Fantinucci,
. Giuseppe Baice,
. Renzo Pellizzari,
. Domencio Calearo,
. Rino Borin.]
dicembre, in un discorso a Imola egli ribadisce il suo secco
rifiuto all'apertura ai socialisti;
[Se ne farà interprete invece A.
Fanfani, due anni dopo, al consiglio nazionale di Vallombrosa.
Proprio su qesto tema fondamentale avverrà il divorzio dei due
di "Iniziativa Democratica" e la formazione della nuova corrente
dei dorotei.
Egli dice: «Mai apertura con i comunisti.
La nostra lotta contro di loro è totale. O scompaiono loro o
scompaiamo noi. Non hanno mai accettato nulla della democrazia e dello
stato democratico».
Riguardo ai socialisti, considerati come «comunisti
moderati» precisa che «noi
il colloquio lo apriremo non con il PSI, ma con le classi operaie socialiste».
Così parla il futuro presidente di tanti governi di centro-sinistra.]
1956
27 maggio, si svolgono le elezioni amministrative;
Elezioni
amministrative
[Vicenza, 27 maggio 1956
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
23.500 |
|
20 |
. Giuseppe Zampieri |
|
|
. Guglielmo Cappelletti |
|
|
. Antonio Dal Sasso |
|
|
. Giorgio Sala |
|
|
. Giuseppe Ardi |
|
|
. Uberto Breganze |
|
|
. Eugenio Colbacchini |
|
|
. Lino Zio |
|
|
. ecc. |
|
|
|
|
|
Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
|
|
4 |
|
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|
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Pci |
|
|
4 |
|
|
|
|
|
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|
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|
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|
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|
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Psi |
|
|
7 |
|
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|
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|
|
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|
|
|
|
Is |
|
|
|
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|
|
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|
|
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|
|
Pli |
|
|
2 |
|
|
|
|
|
|
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|
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|
|
Pnm |
|
|
|
|
|
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Msi |
|
|
3 |
|
|
|
IC |
|
|
|
|
|
|
Totali |
0 |
100,00 |
40 |
|
|
|
Fra città e provincia i
voti Dc sono 208.511 pari al 63,6% e i voti socialcomunisti 49.835
pari al 15,2%.
La Dc dal 55,5% delle precedenti amministrative del 1951 recupera
circa l'8% mentre i socialcomunisti aumentano di circa duemila
voti.
In città la Dc conquista 20 seggi, 4 il Psdi, 2 il Pli,
7 il Psi e 4 il Pci e 3 il Msi.
|
settembre, Vicenza, si svolge il 13° congresso provinciale
straordinario della Dc vicentina;
[In vista del congresso di Trento.]
14-18 ottobre, Trento, congresso nazionale della Dc;
[La corrente "Iniziativa Democratica" risulta
di gran lunga la più forte, mentre gli ex popolari Mario
Scelba, Guido Gonella e G.
Pella sono solo dei "notabili".
Seguono le due correnti di "Forze Sociali" che fa capo a Giulio
Pastore e la "Base" guidata da Fiorentino
Sullo.
A.
Fanfani risulta primo eletto con 1.024.000 voti.]
23 ottobre, scoppia la "Rivoluzione
ungherese";
[In consiglio comunale la Dc abbandona l'aula quando
il comunista Ferrari sostiene che «l'intervento
dell'armata sovietica è stato necessario». Anche
il socialista Fernando Bandini condanna
l'attentato russo.]
16 dicembre, Vicenza, si svolge il 14° congresso
provinciale straordinario della Dc vicentina;
[Si presentano tre liste:
- "Iniziativa Democratica", facente capo a Renato
Treu - 17 eletti;
- ?, facente capo a Giuseppe [Pino]
Sbalchiero e a Giacinto Santacaterina
- 2 eletti;
- "Rinnovamento democratico", facente capo ad
Antonio Dal Sasso e a Bortolo Brogliato
- 2 eletti.
Tra gli interventi:
. Riccardo Vicari accusa il partito di
«poca democraticità»
e di «esclusione di persone ottime»
per favorire altre che «hanno interessi
da difendere o monopoli da portare avanti».
. Giovanni Bisson, un giovane di Noventa
Vicentina, deplora le critiche eccessive.
. Cornelio Dal Toso accusa la direzione
di «conformismo».
Alal fine Renato Treu è riconfermato
segretario e Gino Rigon viene nominato
segretario amministrativo.]
1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo
Zoli");
All'interno di "Iniziativa democratica" affiorano
non pochi dissensi verso la linea politica della segreteria di A.
Fanfani, che cautamente inizia ad aprire alla prospettiva
di una collaborazione con il PSI.
12 luglio, Vallombrosa (Firenze), congresso nazionale
della Dc;
[Si hanno i primi sintomi della prossima secessione dorotea
capeggiata da Mariano Rumor, Luigi
Gui, E.
Colombo e P.E.
Taviani.
Sul problema dei socialisti A.
Fanfani la pensa diversamente da loro, li definisce meno
pericolosi e non esclude per la Dc la possibilità di intese future.
Mentre Mario Scelba attacca apertamente
il segretario politico per il suo apparente spostamento a sinistra,
parte di "Iniziativa Democratica" (Mariano
Rumor, Carlo Russo, E.
Colombo, P.E.
Taviani, Sarti,
Morlino) gli vota contro nel segreto dell'urna.
I primi quattro formeranno poi lo stato maggiore doroteo, sin da ora
manovrato nell'ombra da Antonio Segni,
attraverso il fedelissimo luogotenente Carlo Russo.
A.
Moro tuttavia – non partecipa al congresso
a causa di una sciatica che lo tiene lontano anche dagli impegni al
ministero della Giustizia e gli affari correnti sono amministrati da
Sereno Freato, suo capo di gabinetto –
fa sapere subito a Morlino e agli altri
uomini che gli sono vicini di non condiividere la loro scelta: l'insofferenza
contro l'autoritarismo di A.
Fanfani non giustifica, a suo avviso, una commistione con
chi attacca il segretario da destra per i suoi timidi accenni di apertura
al Psi.]
1958
25 maggio, rieletto deputato (III Legislatura – 1958 12 giug
- 15 mag 1963) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 25 maggio 1958
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
|
|
|
|
|
|
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|
|
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|
|
|
|
|
|
|
|
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Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
|
|
|
|
|
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Pri
[Partito repubblicano italiano] |
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Pli
[Partito liberale italiano] |
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|
Psi
[Partito socialista italiano) |
|
|
|
|
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|
Pci
[Partito comunista italiano) |
|
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|
|
|
|
|
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|
|
|
|
|
|
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Pnm
[Partito nazionale monarchico] |
|
|
|
|
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|
Msi
[Movimento sociale italiano] |
|
|
|
|
|
|
Pnm
[Partito monarchico popolare] |
|
|
|
|
|
|
Totali |
|
100,00 |
|
|
|
|
Nel Veneto la Dc
avanza dal 53,4% al 55,5%.
A Vicenza dal 62,3% al 66,5%.
Dai 213.419 del 1953 passa ai 237.291, un aumento del 23,8%.
In città da 23.372 a 27.185. Un trionfo, perché
riesce a superare i 26.000 voti del 1948 e a rimontare dalla caduta
del 1951.
Il Pci è diminuito, dopo "l'indimenticabile
1956", del 3,2% (da 32.248 a 29.003) e il Psi
ha fatto un passo avanti del 5,7% (da 31.368 a 37.159).
Vengono eletti:
alla Camera:
. Mariano Rumor (61.492 preferenze)
[2° posto dopo Guido Gonella
(65.176); al 7° Luciano Dal Falco
e all'8° Luigi Gui (33.084 preferenze).]
. Renato Treu,
. Lino Fornale,
. Onorio Cengarle (segretario provinciale
della CISL dal 1951),
. Uberto Breganze,
. Rino Borin;
al Senato:
. Giorgio Oliva,
. Giustino Valmarana,
. Giuseppe Zampieri (viene sostitutio
come sindaco di Vicenza da Antonio Dal Sasso).
L'on. E.
Tosato, che ha assunto una posizione contraria a "Iniziativa
Democratica" e a Mariano Rumor,
non è stato nemmeno messo in lista, mentre Giusto
Geremia capeggerà nel 1962 una lista antidorotea
di ispirazione fanfaniana.
|
1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo
Fanfani);
[A.
Fanfani, costituisce un governo bicolore Dc-Psdi
appoggiato all'esterno dai repubblicani, ma questa volta, a differenza
del 1954, memore di Vallombrosa, esclude Mariano
Rumor dal governo.]
luglio, Vicenza, si svolge il 15° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Su tre liste come il precedente:
- "Iniziativa Democratica", facente capo a Renzo
Pellizzari-Renato Treu-Giuseppe
Baice; vi compaiono di nuovo Giorgio Sala,
Delio Giacometti, ritorna Silvano
De Lai; spariscono Foletto e Renato
Corà che viene eletto nella terza lista.
- ?, facente capo a Giuseppe [Pino]
Sbalchiero e a Giacinto Santacaterina;
vi si aggiungono Elia Girardi e Mirko
Muraro;
- "Rinnovamento democratico", facente capo a Bortolo
Brogliato-E.
Tosato e Igino Fanton.
Renato Treu viene
eletto anche presidente della provincia.]
«L'importanza di Rumor
– secondo la testimonianza dell'ex deputato doroteo Rino
Borin – è dovuta anche al fatto
che era proprietario della tipografia vescovile ricevuta in eredità
dal padre e dal nonno, tipografia che stampava il settimanale «L'Operaio
Cattolico» diffusissimo in tutte le parrocchie della diocesi.
Questo faceva sì che egli fosse considerato il rappresentante
per eccellenza dei cattolici vicentini. Difatti egli si avvaleva della
collaborazione di tutti i deputati. Ognuno di noi curava una determinata
zona, ma lui era presente in tutte.
Nel 1958, dopo aver ricoperto la carica di sindaco di Bassano dal 1951
al 1958, mi chiamò e mi disse: 'So che non hai i soldi per finanziarti
la campagna elettorale, non ti preoccupare, i soldi te li do io'. E
mi diede una cifra considerevole. Ma credo che la stessa cosa l'abbia
fatta anche con gli altri. Solo che io ho il coraggio di dirlo e per
questo serbo riconoscenza a Rumor, mentre gli altri tacciono».
Con la segreta opposizione interna di Mariano
Rumor e di "Iniziativa Democratica" il governo non
tarda molto a cadere. Ricompaiono i franchi tiratori che non approvano
il bilancio del ministero degli Esteri, mettendo in minoranza il governo
sulla legge che tassa le auto a gas liquido.
5 dicembre, l'odg di Luigi Gui al
gruppo dei deputati per la riconferma della fiducia a A.
Fanfani vede 18 astenuti, guidati da Mario
Scelba e da G.
Pella;
11 dicembre, la Camera respinge la conversione in legge del dercreto
sulla nuova regolamentazione dei mercati all'ingrosso;
20 dicembre, il ministro Togni si
dimette per il rinvio del nuovo codice della strada, poi lo segue il
socialdemocratico Ezio Vigorelli.
Allora A.
Fanfani getla la spugna.
26 dicembre, A.
Fanfani presenta le dimissioni;
31 dicembre, A.
Fanfani lascia anche la segreteria del partito.
1959
6 febbraio, Antonio Segni riceve
l'incarico di formare il nuovo governo;
15 febbraio-25 marzo 1960, ministro dell'Agricoltura e
Foreste (II "governo
Segni");
[Il nuovo governo ottiene la fiducia il giorno 24 con
i voti dei liberali, monarchici e missini.]
9 marzo, Roma, il gruppo di Mariano Rumor
di "Iniziativa Democratica" si riunisce, per fissare la propria
linea di condotta, nel convento di Santa Dorotea decidendo di affidare
ad A.
Moro la segreteria del parito.
È la data di nascita dei dorotei.
[L'etichetta "dorotea" nasce
dal nome delle suore di "santa Dorotea
" – Ordine vicentino fondato dal vescovo Farina
nel XIX secolo – nel cui convento romano è tenuta nel 1959 la
riunione (da lui organizzata) che sancisce la scissione della "Iniziativa
Democratica" fanfaniana e la sua nascita.
"Doroteismo": secondo l'inventore dell'etichetta,
Vittorio Gorresio, i dorotei non sono altro
che i più fedeli interpreti della logica interna della Democrazia
Cristiana come sistema di potere chiuso.
Scriverà: «a loro va riconosciuto
l'indiscutibile merito partitico di aver meglio operato ai fini santificati
della democristianizzazione dell'Italia».
La premessa di questa logica – secondo Percy
Allum – va individuata nell'inamovibilità della
Dc dal potere, cioè dal controllo permanente dell'apparato statale.
In poche parole: colui che controlla l'apparato locale del partito
controlla, ipso facto, tutto il potere statale nella sua area
locale.
È questa la regola ferrea che ha capito A.
[Toni] Bisaglia,
ma ha dimenticto Rumor negli anni '70:
più uno è forte nel Veneto, più forte è
a Roma.
La forza veneta consolida e accresce quella romana, la forza a Roma
cementa e moltiplica quella veneta con un meccanismo a ciclo continuo
e a spirale sempre più ampia che è diventato quello tipico
dell'Italia dorotea.]
Egli diventa così uno dei leader della nuova corrente dei
"Dorotei".
10 marzo, si svolge la riunione del consiglio nazionale per valutare
la soluzione data alla crisi e per decidere sulla segreteria;
14-17 marzo, nel corso del Consiglio Nazionale della Domus Mariae
della Dc,
esponenti di primo piano della corrente "Iniziativa democratica"
(tra cui egli stesso, Luigi Gui e Zoli)
mettono in minoranza il segretario A.
Fanfani che non interviene;
si determina in questo modo una spaccatura di "Iniziativa democratica"
tra gli uomini rimasti vicini all'ex segretario e il gruppo dissidente
raccolto attorno a lui, Antonio Segni e
A.
Moro.
[La nuova corrente di "Rinnovamento" (nata
dalla fusione di "Forze sociali" con gli aclisti e altri piccoli
gruppi) sostiene in maggioranza che le dimissioni di A.
Fanfani sono da respingere. Favorevole ad accoglierle è
invece la minoranza guidata da Vito Scalia.
Lo stesso atteggiamento assumono la "Base" e Tambroni,
a nome degli ex-gronchiani. Favorevoli all'accoglimento delle dimissioni,
oltre ai dorotei, sono i i centristi di Mario
Scelba e "Primavera" di G.
Andreotti.
L'odg che propone di respingere le dimissioni è bocciato
con 54 voti contro 37.
In seguito A.
Moro vien eletto segretario
del partito con 64 voti e 26 schede bianche.]
23 marzo, Vicenza, in una riunione del comitato provinciale
in molti si chiedono ancora perché A.
Fanfani se ne sia andato… ma Mariano
Rumor ha dato incarico a Giorgio Oliva
di spiegare ai compaesani le manovre dei vertici romani.
aprile, «Il Momento Vicentino» cambia direttore e
il settimanale passa nelle mani di Giacinto Santacaterina.
17-18 ottobre, Vicenza, si svolge il 16° congresso
provinciale della Dc vicentina; [All'insegna
della «indiscussa unità morale».
Non più tre liste ma una sola «contro
il deleterio fenomeno delle correnti», scrive Giacinto
Santacaterina. «Affermazione unitaria
della linea centrista», commenta Renzo
Pellizzari.]
24-28 ottobre, Firenze, si svolge il congresso nazionale
della Dc;
[È una specie di test fra pro e contro A.
Fanfani. Vincono i secondi, guidati sempre dai dorotei e
da Mariano Rumor.
Schieramenti:
- a favore di A.
Fanfani: "Nuove Cronache" e "Rinnovamento";
- a favore di A.
Moro: "Iniziativa democratica", "Primavera"
di G.
Andreotti e "Centrismo Popolare" di Mario
Scelba.
La vittoria di questi ultimi è di misura (837.770 contro 769.656).
A.
Moro però ottiene un suffragio
alquanto più largo del blocco dei voti di centro destra (lo schieramento
pro A.
Fanfani è invece a favore del centro sinistra): 1.059.300.
- 2°, Antonio Segni,
- 3°, B.
Zaccagnini,
- 4°, E.
Colombo,
- 5°, Angelo Salizzoni,
- …
- 16°, Luciano Dal Falco,
- …
- 26°, Giorgio Oliva,
- …
- … 39°, Penazzato.
Fra i non parlamentari Tina Anselmi al
4°, A.
[Toni] Bisaglia
al 12°.
A.
Moro quindi ottiene un investitura
dal congresso che lo consacra leader effettivo del partito, i dorotei
ne escono vittoriosi solo in parte, perché hanno avuto bisogno
dell'appoggio di G.
Andreotti e di
Mario Scelba.
Al congresso Mariano Rumor ribadisce le
sue tesi sul problema dei rapporti con i socialisti.
All'accusa di C.
De Mita, leader della
"Base" di non aver affrontato in termini coraggiosi e di non
aver compiuto atti di buona volontà verso il Psi
egli risponde che da Vallombrosa il socialismo non è avanzato
e P.
Nenni si è mostrato incapace
di trarre il partito fuori dalle secche in cui lo costringe la lunga
collaborazione con il Pci.
La base vicentina però si aspettava dal congresso il tanto promesso
accordo fra A.
Fanfani e A.
Moro, sulla cui
illusione si era svolto il congresso unitario. Ora Mirko
Muraro, ne «Il Momento Vicentino» esprime la sua
delusione: «alla vigilia e durante il precongresso
provinciale si parlava di questo incontro e lo si dava per scontato.
Invece a Firenze il clima era un altro. Bisogna evitare di fare simili
inutili confusioni ai nostri delegati di sezione».]
1960
25 marzo-26 luglio, ministro dell'Agricoltura e Foreste
("governo
Tambroni);
26 luglio-21 febbraio 1962, ministro dell'Agricoltura e Foreste
(III "governo
Fanfani);
6 novembre, si svolgono le elezioni amministrative:
Elezioni
amministrative
[Vicenza, 6 novembre 1960
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
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Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
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Pci |
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Is |
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IC |
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Totali |
0 |
100,00 |
40 |
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- la Dc sale da 208.472 a 223.930 (dal 63,6% al 65,6%),
- i socialcomunisti salgono da 49.830 a 59.747 (dal 15% al 17,4%).
Nel comune di Vicenza:
- Dc, da 23.556 a 29.545 (dal 46,2% al 50,8%),
- Psi, da 8.438 a 9.318 (dal 16% al 16,5%),
- Pci, da 5110 a 5942 (dal 10% al 10,2%).
Fra i nuovi eletti in consiglio provinciale:
Tersilio Corrà, Bortolo
Fracasso, Nereo Stella, Enrico
Dalla Grana, Giuseppe Baice,
ecc. oltre i soliti Renato Treu,
Giorgio Oliva, Bartolomeo
Garzia ecc.
Fra i nuovi eletti in consiglio comunale: Umberto
Bettini, Riccardo Vicari,
Guglielmo Cappelletti, Francesco
Volpato, Germano Stimamiglio,
Leone Motterle, Beniamino
Zocche, Angelina Peronato,
Nello Bettenzoli, Gino
Zocca, Carlo Vicariotto ecc.
oltre ai confermati Antonio Dal Sasso,
Giorgio Sala, Uberto
Breganze e Lino Zio.
Fra i nuovi sindaci:
. Delio Giacometti di Arzignano,
. Ernesto Xausa di Marostica,
. Renato Corà di Montecchio,
. Filiberto Laverda di Thiene,
. ecc.
|
1961
21 maggio, Vicenza, si svolge il 17° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Il segretario Renzo Pellizzari
esorta il partito all'unità , ma gli risponde con una dura lettera
Giuseppe [Pino]
Sbalchiero: «Il congresso di Firenze
ha dimostrato il baratro spaventoso della nostra insufficienza. Un partito
come la Dc che corre dietro ai facili miti creati dal formalismo dei
capicorrente a che cosa potrà aspirare tranne che a diventare
un caotico ammasso di gente che si sbrana a vicenda? Come si può
pretendere che gli iscritti operino una scelta politica quando non ne
hanno né i mezzi né le possibilità? Il partito
in tante sezioni della periferia è precipitato in uno stato comatoso
e vive per darsi in affitto di volta in volta al più forte e
al migliore offerente. Anche i migliori di noi sono sospesi fra rassegnazione
e disperazione».
Il congresso si divide in due liste:
- n. 1, capeggiata solo da Giacinto Santacaterina;
[La sua persistenza all'opposizone gli costerà la perdita della
direzione de «Il Momento Vicentino», che viene firmato solo
da Renzo Pellizzari. All'opposizione con
lui rimangono Francesco Guidolin, Cornelio
Dal Toso, Mario Pianegonda, Mirko
Muraro, Igino Fanton e altri.]
- n. 2, lista dorotea di Renzo Pellizzari-Renato
Treu-Bartolomeo Garzia.
A quest'ultima sono passati Giuseppe [Pino]
Sbalchiero (ricompensato con l'incarico dell'ufficio Spes)
ed Elia Girardi (ricompensato con l'incarico
dei problemi dell'emigrazione).
Come si giustifica Giuseppe [Pino]
Sbalchiero? Al congresso sostiene che i «pseudo
discorsi di sinistra sono più vuoti dei discorsi di destra».
Tutti gli incarichi vengono elargiti solo ai dorotei:
. Renzo Pellizzari, segretario politico,
. Gino Rigon, segretario amministrativo,
. Delio Giacometti, segretario organizzativo,
. Bartolomeo Garzia, ufficio elettorale,
. Trevisan, scuola.
Stavolta al congresso Mariano
Rumor fa un breve intervento in cui ribadisce il suo «no»
allo slittametno a sinistra e a destra e dichiara di «non
disperare che il Psi diventi una forza democratica,
ma che l'ossessione di ricerca di collaborazione significa spingere
la situazine politica verso uno stato di paralisi e di confusione».]
settembre, il convegno di San Pellegrino prepara al congresso
nazionale;
1962
14 gennaio, Vicenza, si svolge il 18° congresso provinciale
della Dc vicentina;
[Per la prima volta il partito si presenta diviso in
4 liste:
- 1ª, dorotea, ottiene il 56,8% e vede eletti Renzo
Pellizzari, Michelangelo Dall'Armellina,
Elia Girardi, Renato
Treu e Giovanni Barbieri. Si definisce:
«progresso sociale nella libertà»
ed è firmata da 24 membri del comitato provinciale.
- 2ª, ottiene 31,6%; si dichiara «per
il centro sinistra quale scelta di linea politica» ed è
firmata da 5 membri del comitato provinciale: Onorio
Cengarle, Mirko Muraro, Francesco
Guidolin, Cornelio Dal Toso e Carlo
Bianchin.
- 3ª, ottiene il 7,3% e vede eletti Spagnuolo,
Piero Roversi, Beniamino
Ghiotto; propone ai congressisti «l'urgenza
del risanamento del costume politico dopo i recenti scandali»,
combatte il «cumulo delle cariche»,
e il carrierismo «perché nessuno
nasce già predestinato alla carriera politica».
La polemica contro i soliti uomini, che da quindici anni gestiscono
il partito e ricoprono tutte le cariche, da Mariano
Rumor in giù è evidente.
- 4ª, fanfaniani, capeggiata dall'ex on. Giusto
Geremia, vede eletti lo stesso con Cristiano
Rigoni e Adolfo Pellizzaro.
Il movimento giovanile guidato da Luciano Righi
assume una netta posizione a favore del centro sinistra «come
scelta consapevole al fine di eliminare gli squilibri economici e sociali
del paese».]
27-31 gennaio, Napoli, si svolge il congresso nazionale
della Dc;
[A.
Moro, segretario del
partito, forte dell'assenso dell'80% degli iscritti alla posizione e
alla lista definita "amici di Moro e Fanfani" può presentare,
in un discorso durato 6 ore, la piattaforma sui rapporti con il Psi
che orienterà la Dc per circa un decennio.
Per intanto in attesa delle elezioni del 1963 l'apertura del Psi
non viene presentata in termini di partecipazione al governo. Precisa
il segretario: «È un processo che
attende un processo di conseguente attuazione». Lo scopo
è di rendere il Psi «totalmente
disponibile al servizio della democrazia italiana». L'alleanza
organica di governo è rinviata al «domani»
ed è esclusa sia dal Psi che dalla Dc.
A.
Moro e A.
Fanfani, divisi nel precedente congresso di Firenze, ora
si sono riuniti.
Si stabilisce la pace tra l'ex leader e i dorotei? Solo una tregua prima
della defenestrazione clamorosa del 1963. Per il momento A.
Fanfani non risparmia frecciate agli ex amici che gli avevano
votato contro per gli stessi motivi per cui ora si trovano d'accordo.
Si limita a dire a Mariano Rumor e agli
altri dissidenti di Vallombrosa che allora aveva visto giusto.]
21 febbraio-21 giugno 1963, ministro dell'Agricoltura e Foreste
(IV "governo
Fanfani);
[A.
Fanfani, leader di "Nuove Cronache", costituisce
un governo avvalendosi oltre che della presenza del Psdi
e Pri, della concordata astensione del Psi.]
6 maggio, al nono scrutinio il leader doroteo Antonio
Segni viene eletto presidente della Repubblica.
[A.
Moro si preoccupa
di pagare ai dorotei la cambiale della elezione di Antonio
Segni al Quirinale, chiarendo subito che la designazione è
un fatto interno alla Dc.
L'imposizione dorotea di Antonio Segni
provoca il fenomeno dei franchi tiratori dc che gli votano contro. Sono
i dc di sinistra e i seguaci di Giovanni Gronchi.]
Subito dopo vengono accelerati i lavori parlamentari per la nazionalizzazione
della energia elettrica, sostenuta con vigore dal Psi
e in particolare da Riccardo Lombardi.
Ne deriva una forte resistenza della borghesia ostile all'azione riformatrice
impostata dal centro sinistra e che trova espressione politica nel Pli
di Malagodi.
Il governo dimostra grande capacità di attuare solo i primi due
punti del programma:
- 1°, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, appena citata;
- 2°, la legge istitutiva della scuola media inferiore unica attuata
con decisione dal ministro Luigi Gui;
- 3° l'istituzione delle regioni a statuto ordinario che il Psi
ritiene qualificante per lo scorcio della legislatura.
[Proprio su questo terzo punto i dorotei guidati da Mariano
Rumor impongono l'alt alla politica riformatrice del centro sinistra.
A.
Fanfani si era impegnato ad attuare l'ordinamento regionale
facendo mettere all'ordine del giorno del consiglio dei ministri le
leggi quadro per le regioni. La destra (Mario
Scelba, Guido Gonella) e i dorotei
(Mariano Rumor ed E.
Colombo) intervengono presso A.
Moro
perché la questione non sia posta all'odg del consiglio dei ministri.
Il segretario poi dichiara espressamente che l'attuazione dell'ordinamento
regionale deve esser rinviata alla prossima legislatura. Su questo punto
il Psi si dissocia dalla maggioranza. Ogni
decisione sulle future caratteristiche del centro-sinistra è
quindi demandata al risultato delle elezioni, fissate nell'aprile del
1963.]
1963
28 aprile, rieletto deputato (IV Legislatura – 1963 16 mag -
4 giu 1968) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 28 aprile 1963
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
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Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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[Partito socialista democratico italiano] |
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Pri
[Partito repubblicano italiano] |
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Pli
[Partito liberale italiano] |
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Psi
[Partito socialista italiano] |
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[Partito comunista italiano] |
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Pnm
[Partito nazionale monarchico] |
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Msi
[Movimento sociale italiano] |
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Pmp
[Partito monarchico popolare] |
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PEU |
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PFI |
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PRS |
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Totali |
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100,00 |
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La Dc
subisce un brusco calo di consensi: scende dal 42,1% al 38,8%
e altrettanto guadagna in percentuale il Pli
di Malagodi.
Il Pci avanza aumentando di 2 punti e mezzo (25,3%).
Il Psi subisce una leggera flessione a favore
del Pci (dal 14,2% al 13,8%).
È il primo sintomo che il centro-sinistra, lungi dall'isolare
il Pci, al contrario lo rafforza.
Nel Veneto la Dc scende dal 55,5% al 52,7%.
A Vicenza la Dc contiene la perdita al 2,7%,
a Verona tocca il 4,3% e a Padova il 5,1%.
A Vicenza la Dc dal 66,5 passa al 63,9 con i
suoi 239.105 voti.
Il Pli avanza di poco dell'1,5%.
Il segretario Renato Corà,
succeduto a Renzo Pellizzari, candidato
alla Camera senza successo, scrive: «Il
partito ha pagato un costo troppo alto per la nuova politica».
Per la prima volta Mariano Rumor
ricece più preferenze di tutti (93.705),
- 2°, - Luigi Gui (63.827),
- 3° - Guido Gonella,
- 4° - Onorio Cengarle,
…
- 7° - Michelangelo Dall'Armellina,
…
- 11° - Giuseppe Bettiol,
…
- 13° - A.
[Toni] Bisaglia
(35.011),
[Fuori di Rovigo gliele ha fatto dare Mariano Rumor stesso.
Nel dicembre 1975, in un'intervista al «Corriere della sera»,
Delio Giacometti – quando avrà
lasciato Mariano Rumor per passare
dalla parte di A.
[Toni] Bisaglia,
dopo che il capo avrà abbandonato la corrente dorotea –
dirà: «Si sono amico di Bisaglia.
Me lo aveva presentato Rumor per le politiche del '63. Ero candidato
anch'io e non sono stato eletto per 311 voti. Rumor mi ha detto:
'Delio, fa dare delle preferenze a Toni perché punti su
un cavallo vincente'.
Rumor me lo disse a casa sua, a Ponte Pusterla, ho il ricordo
plastificato in mente, lui stava in piedi, io ero dirigente degli
enti locali e Pellizzari segretario provinciale».]
…
- 15° - Uberto Breganze,
- 16° - Lino Fornale (ce la fa
per il rotto della cuffia).
Nel frattempo è morto Antonio Dal
Sasso, sindaco di Vicenza, e gli succede Giorgio
Sala.
|
21 giugno-4 dicembre, ministro dell'Interno ("governo
Leone");
[La formazione di un governo provvisorio è stata
decisa in attesa che il 21° Congresso del Psi si
pronunzi sulla prosecuzione della politica di centro-sinistra.]
Al 21° congresso del Psi P.
Nenni-F.
De Martino-Lombardi ottengno
la maggioranza.
4 dicembre-22 luglio 1964, (I "governo
Moro");
[Primo governo di centro-sinistra organico con P.
Nenni vicepresidente del Consiglio.
L'operazione è stata possibile grazie ad un accordo
dorotei e A.
Moro contro A.
Fanfani che non viene riconfermato presidente del Consiglio
per le critiche della destra democristiana che lo accusa di essere stato
troppo arrendevele con i socialisti e di aver indebolito la componente
"democratica" del centro-sinistra a favore del Pci.
A.
Fanfani quindi, come capro espiatorio, – secondo Galli
– «paga da solo le conseguenzae di una politica
che l'uomo aveva coerentemente attuato su indicazione del suo partito
e dei partiti laici».
Viene varato il quadripartito: Dc-Psi-Psdi-Pri.]
23 dicembre, Vicenza, subito dopo il congresso di Napoli, la
sinistra della Dc riesce a sconfiggere, per la prima volta, i dorotei
e a conquistare la segreteria nella figura di Francesco
Guidolin, della corrente "Forze Nuove".
[Mentre Giulio Pastore –
leader di "Forze Nuove" – gli consiglierà più
volte di dimettersi, Donat Cattin invece
lo sosterrà fino in fondo. In pratica però non può
far nulla perché tutte le sezioni sono controllate dai dorotei.
Dopo 8 mesi, constatato di essere il segretario di una maggioranza fittizia
e che la vera l'hanno i dorotei, si dimetterà. Il commissario
Colleselli gestirà il partito fino
al nuovo congresso ordinario, in cui vincerà Renato
Corà, l'uomo di Mariano Rumor.
I fanfaniani – spiegherà il leader Angelo
Foletto – non sono d'accordo sulle dimissioni di Francesco
Guidolin e lo ritengono un errore politico storico. Decidono
quindi, con Perin, Fina,
Sasso di costituire a Vicenza il gruppo
"Nuove Cronache".
Fra i dorotei sconfitti troviamo i soliti Delio
Giacometti, Renato Corà,
Sala, Treu,
Spagnuolo, Gino Rigon
che sottoscrivono una mozione "Impegno democratico";
fra gli altri, che sostengono Francesco Guidolin,
ci sono Luciano Righi, Pianegonda,
Muraro, Baice,
Ciscato, Stella,
Thiene ecc.
Ne suo intervento al congresso Francesco Guidolin
critica la destra di essersi abbandonata a «aperta
indisciplina» nei confronti del centro-sinistra e i dorotei
che vi hanno aderito «in maniera forzosa,
più rivolta a condizionare che non a imprimere un deciso tempo
di marcia al nuovo cammino».
Il Dalla Grana lamenta che «lo
spirito di classe si è insinuato nel partito», che
non si ha più «il coraggio di dire
che il Pci è un'idea diabolica e mostruosa, deicida e omicida,
nemico di tutte le libertà da combattere giorno per giorno, ora
per ora».]
In questo periodo i dorotei danno il via all'autostrada "Valdastico";
[Questa iniziativa farà molto parlare di sé…
Sarà battezzata ben presto Pi.Ru.Bi. (dai nomi
dei tre padrini F. Piccoli, Mariano
Rumor e A.
[Toni] Bisaglia)
e definita «la più inutile d'Italia»
iniziativa che Renzo Pellizzari difende
e difenderà sempre anche quando sarà bloccata da Vicenza
a Piovene come «un non trascurabile vantaggio
per industria, artigianato, turismo e miglioramento delle condizioni
di vita della Valdastico».]
1964
24 gennaio, defenestrato A.
Fanfani, viene eletto segretario nazionale (1964-68)
della Dc
in sostituzione di A.
Moro divenuto
presidente del Consiglio.
[Trattasi di una semplice sostituzione, essendo stato
eletto da un consiglio nazionale e non da un congresso. La nomina però
è quasi plebiscitaria con 127 voti favorevoli e 10 schede bianche.
Che il nuovo segretario non abbia l'autorità di A.
Moro e che in pratica costui continui a essere il vero leader
della Dc lo si constaterà durante le elezioni
che porteranno Giuseppe Saragat al Quirinale.]
A.
Moro intraprende la via di un cauto
riformismo basato sullo sviluppo dei servizi sociali ottenendo dal Psi
il consenso per una politica di stabilizzazione moderata, attraverso
il covinvolgimento del personale politico socialista nella pratica e
negli agi del sottogoverno.
4 maggio, E.
Colombo viene
ricevuto dal presidente della Repubblica Antonio
Segni;
15 maggio, E.
Colombo invia
una lettera ad A.
Moro chiedendo misure
deflazionistiche, ma il presidente del consiglio fa finta di ignorarla;
i dorotei allora decidono di renderla pubblica su «Il Messaggero»,
il che mette oggettivamente il governo in crisi.
A.
Moro e P.
Nenni concordano sull'opportunità di determinare la crisi
non sui problemi sollevati da E.
Colombo,
che avrebbero pregiudicato ogni ripresa di collaborazione tra Dc
e e Psi, ma su una questione secondaria come quella
del finanziamento pubblico alle scuole private.
26 giugno, il governo si dimette;
[In questa crisi Mariano Rumor
cerca di fare da mediatore tra A.
Moro ed E.
Colombo.
Il primo vuole mantenere, almeno verbalmente, gli impegni contratti
con il Psi, il secondo intende mettersi a capo di un
governo senza il Psi.
Prevale la tesi di Mariano Rumor: ridurre
le intenzioni riformistiche anche nelle enunciazioni e attaccare i socialisti,
in particolare Lombardi, di «tentare
di considerare ilcentro-sinistra come un fatto strumentale in vista
di una società socialista». Impone quindi al Psi
un ridimensionamento del programma che salvaguardi l'efficienza della
economia di mercato.
A.
Moro preme su P.
Nenni perché accetti il programma di Mariano
Rumor, ma il segretario socialista esita.]
14 luglio, le trattative fra i quattro partiti (Dc-Psi-Psdi-Pri)
si interrompono;
[Antonio Segni desidera
un governo senza il Psi, ma sia A.
Moro che Mariano Rumor non lo
seguono.
Antonio Segni allora riceve il gen. Aldo
Rossi, capo di SM, e il gen. De Lorenzo,
comandante dell'Arma dei Carabinieri.]
15 luglio, ha luogo una riunione in casa di Tommaso
Morlino, luogotenente di A.
Moro;
[Vi partecipa lo stesso gen. De
Lorenzo insieme ad A.
Moro, Mariano Rumor, B.
Zaccagnini e Gava.
È il momento cruciale della crisi.
Di che cosa si è parlato? Di un colpo di stato?
A.
Moro dirà alla commissione d'inchiesta parlamentare
che si è discusso del ricorso a elezioni anticipate.
Ma quando mai si consultanto i militari per questa eventualità?
La verità forse non si saprà mai.
Comunque P.
Nenni accetta le tesi di Mariano Rumor
di un ridimensionamento del programma per paura «di
una svolta a destra guidata dall'ala conservatrice della Dc».
La soluzione proposta da Mariano Rumor
rinvia a tempo indefinito le riforme previste dal programma.
Ai dirigenti del Psi A.
Moro fa credere che, superata la crisi congiunturale, il
progetto originario potrebbe essere ripreso.]
Avendo vinto la propria tesi, Mariano Rumor
– che ora emerge come leader dei dorotei, indebolendo A.
Moro –, puntando sul congresso, potrebbe diventare il leader
effettivo del partito.
22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo
Moro");
[Il governo è caratterizzato dalla immobilità
sul piano legislativo, anche per l'improvviso malore che ha colpito
il presidente della Repubblica Antonio Segni
che appare subito nell'impossibilità di esercitare le sue funzioni.
La questione della sua sostituzione viene rinviata a dopo il congresso
nazionale che si svolgerà a Roma dal 12 al 16 settembre.]
12-16 settembre, Roma, si svolge il congresso nazionale
della Dc;
[Come il congresso di Napoli del 1954 e di Firenze del
1959 hanno messo in luce la personalità di A.
Fanfani e di A.
Moro come segretari nazionali e leader indiscussi del partito,
così questo di Roma dovrebbe essere il congresso di Mariano
Rumor.
Nel suo discorso-fiume durato quasi quattro ore, imbastito sul tema
dell'unità del partito, egli tenta di far accreditare l'immagine
di guida della Dc nella nuova strada intrapresa del centro-sinistra.
Pur avendo criticato, anche nella recente campagna elettorale i socialisti,
ora ne fa ampi elogi perché hanno «determinato
una situazione nuova in quanto hanno cessato di guardare a una sola
parte della Dc come possibile interlocutrice per rivolgersi all'intero
partito. Ora il Psi sta dimostrando un serio impegno
democratico, perché ha pagato con la lacerazione (la recente
scissione del Psiup) la sua scelta politica di fondo
e ha imboccato la nuova strada della diretta responsabilità di
governo». Conclude con un appello all'unità («solo
se siamo uniti siamo forti, se siamo forti siamo liberi di agire»).
La sua leadership è però contrastata dall'opposizione
ufficiale di tre correnti che ora si presentano tali al congresso, indebolendo
così la sua posizione come segretario che dimostra subito di
non avere il prestigio e l'autorità dei suoi predecessori:
1ª - "Nuove Cronache", di origine fanfaniana, presentata
al congresso da A.
Forlani, che critica
il programma dilatorio ed evasivo del governo («oggi
e non domani devono esser precisate le linee di sviluppo economico»).
2ª - "Forze Nuove", capeggiata da Donat
Cattin che attacca la parte econmica della "relazione Rumor"
definendola «arretrata rispetto agli orientamenti
del primo "governo Moro", nettamente di destra su posizioni
vecchie e stantie». Egli dice: «La
difficoltà del centro-sinistra è la resistenza delle destre
ed esiste il pericolo che si traduca in un semplice accordo di potere».
3ª - "Centrismo democratico", guidata da Guido
Gonella, accusa che la politica di centro-sinistra è «il
peccato di origine» e invita il partito a mutare rotta.
Dal congresso risulta che i dorotei non dispongono della maggioranza
assoluta: nonostante la perdurante presenza dei morotei, ancora
per non molto attaccati al carro doroteo, la corrente ottiene solo il
48% dei suffragi, di fronte al 21% dei fanfaniani, all'11% della destra
di Mario Scelba e al 20% della sinsitra
di "Base" e "Forze Nuove".
Questa distribuzione di voti – ben diversa da quella
del precedente congresso che aveva visto uniti la lista degli amici
di A.
Moro e A.
Fanfani con l'80% di suffragi – segna la definitiva
trasformazione della Dc in una «federazione
di correnti» il cui fine non è più il dibattito
e il confronto delle idee ma la pura gestione e spartizione del potere.
La prima conseguenza di ciò è che il partito non riesce
a mettersi d'accordo sul candidato che deve sostituire Antonio
Segni al Quirinale.
La maggioranza di centro-destra (59%) dei dorotei e scelbiani punta
su G. Leone, la forte minoranza di
sinsitra (41%) già prepara la candidatura di A.
Fanfani, che appare come il candidato della sinistra non
solo all'interno, ma anche all'esterno della Dc. Presentandosi come
il presidente del centro-sinistra spera sui voti della Dc,
delle sinsitre compreso il Pci, che già aveva
appoggiato il candidato della sinsitra Giovanni
Gronchi contro quello della destra Merzagora.
Quindi A.
Fanfani, per la prima volta nella sua carriera, si defila
dal partito. Ma il suo disegno è contrastato da Mariano
Rumor e i dorotei che puntano su G. Leone e il Pci non è disposto a votarlo.
Il segretario non riesce a tener unito il partito al punto che fa sospendere
per un anno Donat Cattin e per 6 mesi C.
De Mita che si rifiutano di votare il candidato delle destre
G. Leone.
La dissidenza democristiana della sinistra si batte soprattutto contro
l'egemonia dorotea, perché teme che la stabilizzazione del centro-sinistra
gestita da Mariano Rumor e da A.
Moro le lasci uno spazio di potere assai ridotto. Allora
i dorotei, visto inutile il loro sforzo di sostenere G. Leone, puntano su uno dei fondatori del centro-sinistra Giuseppe
Saragat convinti, – come scriverà Orfei
– che «sconfiggendo Fanfani affermavano
la loro egemonia, totale e assoluta sul partito».]
22 novembre, si svolgono le elezioni amministrative:
Elezioni
amministrative
[Vicenza, 22 novembre 1964
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
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Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
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Is |
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Pli |
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Msi |
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IC |
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Totali |
0 |
100,00 |
40 |
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La Dc subisce
una leggera flessione conseguendo il 37,4% dei suffragi.
Il Pci avanza dal 25% al 26%.
Il Psi perde ancora terreno dal 13% all'11,3%.
A Vicenza la Dc conquista la più alta
percentuale di tutta Italia del 63,8% (20 seggi con 232.044 voti),
una sostanziale tenuta rispetto al voto del 1963.
Il Pci avanza di un punto (dal 7,8% all'8,4%
con 30.736).
Il Psi subisce una ulteriore drastica riduzione
(dall'11,4% all'8,1% con 29.530).
Nella giunta provinciale entrano Todescato,
Bottecchia, Virgilio
Marzot, Adone Perin, Filiberto
Laverda, Giuseppe [Pino]
Sbalchiero, Alfredo Veronese
ed Ernesto Xausa. In città
vengono confermati Giorgio Sala,
sempre sindaco, Breganze, Vicari,
Volpato, Zio,
Stimamiglio ecc.
|
1965
febbraio, nel consiglio nazionale della Dc,
anche sotto esplicita pressione della gerarchia ecclesiale, attenta
all'unità dei cattolici, avviene la ricomposizione dell'unità
del partito;
[Mariano Rumor a tal fine
revoca le misure disciplinari adottate contro Donat
Cattin e C.
De Mita. Aprendo
i lavori egli fa un duro attacco alle correnti che minano l'unità
del partito.
Il documento unitario è firmato dai vari capicorrente. Compaiono
i nomi di F. Piccoli per i dorotei,
A.
Forlani per "Nuove Cronache",
O.L.
Scalfaro per i scelbiani e Giovanni
Galloni per la "Base" e "Forze Nuove".
Il documento «decide di esprimere la volontà
unitaria mediante la formazione di una direzione rappresentativa e sottolinea
l'esigenza che la stessa volontà unitaria si esprima nella composizione
degli organi periferici del partito».
La direzione unitaria è composta da 23 uomini:
- 10 dorotei,
- 5 fanfaniani,
- 5 delle sinistre,
- tre scelbiani.
Vicesegretari sono:
. F. Piccoli,
. A.
Forlani,
. Giovanni Galloni,
. O.L.
Scalfaro.
Fra i dorotei c'è anche A.
[Toni] Bisaglia,
segretario organizzativo.
?, Vicenza, si svolge il 21° congresso provinciale della
Dc;
[Deve forzatamente attuare un'unità imposta dall'alto.
Frattanto «Il Momento Vicentino», dopo un periodo di vacanza,
licenzia Enzo Pancera e viene gestito da
Quintino Gleria, un fedelissimo di Mariano
Rumor, che dà al giornale un'impronta monolitica eliminando
del tutto gli interventi e le discussioni di idee che avevano caratterizzato
le precedenti direzioni.
La relazione del segretario sottolinea l'esigenza di unità. Si
fa un'unica mozione però firmata dai vari capicorrente:
. Francesco Guidolin per "Forze Nuove",
. Gino Rigon per i dorotei,
. Angelo Foletto per i fanfaniani,
. Enrico Dalla Grana per i scelbiani.
Però tutti criticano l'unità forzosa.
Renato Corà
viene eletto segretario, Gino Rigon amministratore
e nella Giunta entrano: Angelo Foletto,
Enrico Dalla Grana, Olivo
Fioravanti, Marcantonio Rossato,
Giacomo Rumor e Rolando
Spavenello.
Fra i nuovi membri eletti, oltre i soliti, compare Antonio
Corazzin e Pietro Fabris.]
luglio, viene eletto presidente dell'Unione dei Dc europei;
3 ottobre-3 novembre, Sorrento, si svolge l'assemblea
nazionale della Dc;
1966
23 febbraio-24 giugno 1968, (III "governo
Moro");
novembre, Bologna, il sindaco comunista Fanti
conferisce la cittadinanza onoraria al cardinal Lercaro.
È l'inizio della svolta – come lo definisce
lo stesso prelato – del dialogo tra comunisti e cattolici.
[Ne parla tutta la stampa dal «Times» al
«Le Monde», ma il segretario Mariano
Rumor fa ignorare l'evento al quotidiano del partito «Il
Popolo».]
In provincia la situazone è calma. Qualche polemica
per l'affermazione dell'on. Luigi Bertoldi,
socialista, che ha definito Pio XII «forcaiolo
reazionario», suscitando le proteste dei cattolici e del
vescovo Zinato.
1967
12 marzo, Vicenza, si svolge il 22° congresso provinciale
della Dc;
[Tre le mozioni, lette da:
- Renato Treu, doroteo (vi confluiscono
come a Roma i fanfaniani),
- Bollin, della sinistra,
- Antonio Corazzin, che propugna i diritti
di «una periferia che i vertici hanno dimenticato».
Renato Corà è riconfermato
segretario.
Fra i nuovi eletti nel comitato: Camillo Cimenti,
Giovanni Bisson, Luciano
Righi, Bortolo Brogliato, Bollin
ecc.
L'unanimismo però crea polemiche e malumori tanto che, alla vigilia
del congresso di Milano, si presentano due mozioni:
- una di maggioranza (Renato Corà,
Antonio Corazzin, Enrico
Dalla Grana, Antonio Novello, Ernesto
Panozzo, Giuseppe Magrin),
- una di minoranza (Francesco Guidolin,
Bortolo Brogliato, Luciano
Righi e Giovanni Todesco).]
Prima del congresso nazionale si devono segnalare due tentativi di
Mariano Rumor di prendere contatto con
la realtà sociale per impedire che lo scollamento fra paese reale
e legale degeneri nella contestazione e nella ribellione di larghi strati
sociali contro la Dc.
[I primi sintomi si sono avuti l'anno precedente con
la rivolta degli studenti dell'università di Pisa.]
?, convegno di Lucca;
[Uno degli sforzi del gruppo doroteo per uscire dall'isolamento
in cui è venuto a trovarsi rispetto alla società.]
maggio, convegno di Milano;
[Tentativo di Mariano Rumor
di stringere i contatti con il mondo imprenditoriale.]
23 novembre, Milano, congresso nazionale della Dc;
[Non viene sancita l'unità del partito anzi si
forma un'altra corrente, quella di P.E.
Taviani che ha lasciato i dorotei per mettersi a capo dei "pontieri"
(con l'intenzione di gettare una sorta di ponte tra la maggioranza e
la sinistra di "Forze Nuove" e "Base").
C.
De Mita, che nel precedente congresso
si era allineato sulle posizioni di sinistra della corrente di "Forze
Nuove" capeggiata da Donat Cattin,
prende una fisionomia tutta propria scatenando un durissimo attacco
contro Mariano Rumor e la sua gestione
della Dc.
Altro durissimo attacco alla "relazione Rumor" proviene da
Corrado Corghi, segretario regionale dell'Emilia-Romagna
che poco dopo lascerà la Dc.
Mariano Rumor si sente male e rimane a
letto tutto il giorno dopo.
Lo schieramento che esce da Milano è il seguente:
- grande maggioranza 64,2% e 78 seggi (34 ai dorotei, 14 ai morotei,
21 ai fanfaniani e 9 ai centristi),
- "Base" e sindacalisti 23,4% e 28 seggi,
- "pontieri" di P.E.
Taviani
12% e 14 seggi.
Davvero un disastro e qualcuno deve pagare… sarà A.
[Toni] Bisaglia,
segretario organizzativo del partito.]
1968
Da mesi dura lo sciopero dei tessili.
[La Marzotto si è
irrigidita davanti alle richieste dei lavoratori. Anzi, la riorganizzazione
dell'azienda, secondo il sindacato unitario ha provocato un maggior
carico di lavoro in alcuni settori e in altri una diminuzione del salario.]
19 aprile, Valdagno (Vicenza), dopo mesi di trattative un ennesimo
sciopero accende la miccia della ribellione;
[I dimostranti appiccano il fuoco a cartelli, striscioni
e manifesti della campagna elettorale. Accorrono i vigili del fuoco
di Arzignano che vengono presi a sassate e bastonate. Arrivano altri
rinforzi della celere di Padova. La folla inferocita si ammassa in Piazza
Dante, prende d'assalto la statua di Vittorio
Emanuele Marzotto, il padre di Valdagno e la abbattono, i gradini
vengono divelti, mentre altri falò si accendono nella piazza.
I dimostranti intanto invadono i magazzini della lana, gettando distruzione
e scompiglio.
Altri si dirigono all'Hotel Pasubio. Le vetrate vanno in frantumi. Il
direttore Gino Pellegrini è preso
a sassate. Alcuni giovani, che si definiscono "cinesi", invadono
l'albergo. Gino Pellegrini è costretto
a difendersi con una spranga di ferro. Le fiancate del ponte del Tessitore
vengono danneggiate. La stessa sorte per macchine, biciclette, cartelli
stradali della cittadina. Una ragazza bionda, davanti alla casa di Domizio
Bernardi, dirigente del lanificio, grida: «adesso
veniamo e vi uccideremo tutti».
Dentro in casa ci sono solo la domestica ed il bambino. Il padre bloccato
nella fabbrica, per telefono sente tutto. Un altro dirigente con la
pistola in pugno fa la guardia ai familiari rintanati in cantina. Fuori
i giovani gridano: «Che Guevara».
A tarda sera le forze dell'ordine riescono a portare un po' di calma.
Il bilancio è pesante. Sessanta feriti fra poliziotti
e dimostranti; 150 i fermati, 47 i trattenuti.
CISL e UIL condannano le violenze dei dimostranti, ma la CGIL si rifiuta
e stigmatizza l'operato delle forze dell'ordine. Il Prefetto emana una
ordinanza che sospende i comizi elettorali e fa chiudere i bar.
Anche «Il Gazzettino» però accusa la Marzotto
che «ostinatamente si rifiuta di accogliere
determinate richieste degli operai».
20 aprile, sabato, Valdagno (Vicenza) si spegne il "finimondo";
21 aprile, domenica, F. Piccoli,
doroteo, apre la campagna elettorale per la Dc;
[Ai disordini di Valdagno nemmeno un accenno.]
19 maggio, rieletto deputato (V Legislatura – 1968 5 giu-24
mag 1972) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 19 maggio 1968
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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Psdi
[Partito Socialista Democratico Italiano] |
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[?] |
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PRS |
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Totali |
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100,00 |
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La Dc avanza dal
38,3% al 39,1% .
Il Pci aumenta dal 25,3% al 26,9%.
Il Psu (Partito socialista unificato) ha una caduta
verticale dal 19,9% al 14,5%.
I dorotei e Giuseppe Saragat scaricano
la colpa su A.
Moro.
Una parte dei socialisti guidata da P.
Nenni e da Mancini è
favorevole ad una immediata ricostituzione della coalizione di centro-sinistra.
Ma ciò è reso impossibile dal fatto che una parte
del Psu ritiene più opportuno non rientrare
nel governo. Confluiscono su questa posizione tanto gli ex socialdemocratici,
guidati da Mario Tanassi, quanto i
seguaci di F.
De Martino, deciso ad assumere la preminenza del partito.
Da tempo ostili alla partecipazione al governo sono inoltre i seguaci
di Riccardo Lombardi.
A questo punto la decisione socialista di non rientrtare nel governo
riapre all'interno della Dc la lotta delle correnti
per la sostituzione di A.
Moro alla presidenza del consiglio: se A.
Fanfani nel 1963 era stato temporaneamente sacrificato
alle delusioni degli stessi democristiani, ora A.
Moro può esserlo, altrettanto temporaneamente,
alle delusioni degli alleati socialisti.
Così Mariano Rumor, defenestrato
A.
Fanfani nel 1963, è potuto diventare segretario
politico, ora ripetetendo la stessa operazione con A.
Moro, può assurgere alla presidenza del consiglio,
stabilendo un rapporto privilegiato non con P.
Nenni, come ha fatto A.
Moro, ma con l'uomo nuovo del Psi, F.
De Martino.
Nel Veneto la Dc avanza dal 52,7% al 53,1%.
A Vicenza la Dc avanza dal 63,8% al 64,4%.
Il Pci avanza dall'8,4% all'11,6%.
Il Psi cala al 13,4%.
In città invece la Dc per poco non perde
la maggioranza assoluta (50,2%), si nota una sempre maggiore laicizzazione
e il processo culminerà con il referendum per il divorzio,
dove risulterà una maggioranza divorzista (in città)
e poi, in maniera ancora più vistosa, nel referendum per
l'aborto che vede una sconfitta netta dei cattolici del "Movimento
per la vita".
Socialisti e comunisti arrivano al 30%.
Nonostante la particolare delusione di Mariano
Rumor – a Milano aveva incautamente profetizzato che il Pci
aveva già raggiunto il tetto – egli riesce a raccogliere
168.828 preferenze, 75.000 in più rispetto al 1963, quasi
un plebiscito. Luigi Gui e Guido
Gonella sono lasciati a più di 100.000 voti di distacco.
Secondo però compare A.
[Toni] Bisaglia
con 74.752 preferenze, più del doppio di quelle del 1963.
Chi gli procura le maggiori preferenze è proprio Vicenza
(19.368), mentre a Verona, Angelo Tomellieri
gli fa dare, in più di 33 centri, maggiori preferenze che
a Mariano Rumor.
Fra i candidati vicentini vengono eletti: Renato
Corà, Giuseppe Balasso,
proveniente dalla Coldiretti, Michelangelo
Dall'Armellina, Lino Fornale
e senatori Onorio Cengarle, Giorgio
Oliva e Renato Treu.
Non ce la fanno Pietro Roversi (delle
ACLI) e Rolando Spanevello (sindaco
di Valdagno).
Giuseppe Zampieri e il conte Giustino
Valmarana spariscono definitivamente dalla vita politica
vicentina.
Solo il conte Giustino Valmarana tornerà
a far parlare di sé in occasione del referendum sul divorzio
del 12 maggio 1974, che vedrà nella città clericale
di Vicenza il prevalere del fronte divorzista di chi ha votato «no».
Egli dirà infatti a Sandro Meccoli,
inviato del «Corriere della Sera», che quei no «sono
la consolazione della sua vecchiaia», dichiarandosi
«profondamente religioso e altrettanto anticlericale».
Gli risponderà don Adriano Toniolo
sulla «Voce dei Berici», il settimanale della diocesi,
ricordandogli che «la sua pensione di
sottosegretario gliela hanno assicurata i cattolici ai quali ora
manda il suo disprezzo… Il conte non dovrebbe aver dimenticato quante
canoniche ha visitato e quante volte, con la schiena piegata in
due, da quanti parroci ha sollecitato i voti nei tempi in cui gli
fruttava bene la professione di cattolico senza aggiunte e spartiva
il potere della Dc».
Il segretario Renato Corà viene
sostituito da Gino Rigon e costui da
Galvanin.
Camillo Cimenti dirige l'ufficio propaganda, Bartolomeo
Garzia quello elettorale.
A Delio Giacometti va la vicesegreteria.
Tutti fedelissimi di Mariano Rumor
(che nel 1975 passeranno con A.
[Toni] Bisaglia).
|
Dopo le elezioni A.
Moro viene escluso dal governo, sacrificato sull'altare dei
dorotei e dei socialisti che hanno chiesto la sua testa.
[Si avvia in questo periodo quell'intesa fra Mariano
Rumor e F.
De Martino che assicurerà alla Dc
la permanente copertura dei socialisti, anche se il centro-sinistra
inizia ormai la sua lenta agonia.
In attesa di riprendere la collaborazione, una volta esaurite le polemiche
postelettorali, Mariano Rumor e F.
De Martino concordano la costituzione di un governo monocolore
democristiano, guidato da G. Leone.
Il primo obiettivo è quello di mettere da parte A.
Moro, in modo da consentire a Mariano
Rumor di diventare finalmente presidente del Consiglio, subito
dopo che il primo e anche ultimo congresso del Psu
(Partito socialista unificato) avrà rafforzato la posizione di
F.
De Martino.]
24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo
Leone");
[A.
Moro macera in silenzio l'amarezza di esser stato sacrificato
quale unico responsabile della sconfitta subita dal suo centrosinistra
nelle ultime elezioni. Interrompe il lungo silenzio soltanto con un
telegramma al segretario della Dc, Mariano
Rumor, per prendere posizione contro il soffocamento "manu
militari" dell'esperienza di Dubcek
in Cecoslovacchia.
Di questo messaggio il quotidiano ufficiale della Dc
pubblica solo un sunto.
A. Moro non partecipa alla riunione straordinaria Dc
convocata 48 ore dopo l'ingresso delle forze armate del Patto di Varsavia
nel territorio della Repubblica di Cecoslovacchia.
Nel secondo semestre del 1968 «Il Popolo» lo ignora, di
A.
Moro non si fa più nemmeno il nome.
Ritiratosi a Terracina medita sulle ragioni della crisi elettorale della
sua formula politica.]
21 novembre, si riunisce il consiglio nazionale della
Dc;
[A.
Moro torna di nuovo, di colpo, sulla scena per esporre le
sue polemiche riflessioni al gruppo dirigente che si era illuso di poter
esorcizzare l'insuccesso con il sacrificio di un capro espiatorio. Il
discorso da lui pronunciato assume il valore di un documento storico.
Egli dice: «È necessario che le esigenze
crescenti e pressanti di una società viva abbiano graduale e
piena soddisfazione». Quindi ritorno al centro-sinistra,
ma con gradualità, senza rotture.
G.
Leone si dimette, aprendo la crisi di governo, dopo la conclusione
del congresso del Psu (Partito socialista unificato).
12 dicembre-5 agosto 1969, presidente del Consiglio dei ministri
(I "governo
Rumor");
[È il primo vicentino che assurge a tanto onore.]
1969
gennaio, si riunisce il consiglio nazionale della Dc;
F. Piccoli diventa segretario politico della Dc
al posto del doroteo Mariano Rumor.
[Mariano Rumor non vuole
ripetere l'errore di A.
Fanfani del 1959 assommando in sé la carica di presidente
del consiglio e di segretario. Ma egli fa in pratica la stessa cosa
dando la importantissima carica in mano a un suo uomo di fiducia. Così
i dorotei, nonostante la batosta del congresso di Milano, hanno in mano
segreteria e presidenza del consiglio.
Flaminio Piccoli riscuote appena 85 voti favorevoli contro 87
schede bianche e due nulle: per la prima volta un segretario della Dc
non ha dietro di sé la maggioranza del consiglio nazionale.
Ma il fatto più sorprendente è che A.
Moro è tagliato fuori dalla posizione dominante e
centrale occupata sin dal 1959.
A.
Moro sferra comunque un durissimo attacco ai giochi di vertice
dorotei-fanfaniani. Quindi se ne ritorna a Bari dove dice ai suoi elettori:
«Se dovessi trovarmi in conflitto con il
mio passato e con le ragioni per le quali ebbi a godere la vostra fiducia,
statene certi, io lascerei il mandato che mi avete conferito. Ma fino
a che questo non sia, io continuerò la mia battaglia con la convinzione
e ostinazione di sempre».]
9-10 aprile, sciopero generale nazionale;
25 aprile, Milano, lo scoppio di alcune bombe segna l'inizio
della risposta della destra alla contestazione della sinistra;
La Dc è tutta impegnata nella preparazione del
prossimo congresso, attraverso assemblee provinciali nelle quali si
presenta divisa in ben otto correnti: dorotei, fanfaniani, morotei,
tavianei, centristi popolari, basisti, forzanuovisti e sulliani.
[Sotto la segreteria di F. Piccoli, il più debole fra tutti i segretari, la Dc
addirittura sembra sbracarsi.
Il "caso Sullo" è sintomatico: il
24 marzo F. Sullo,
ministro della Pubblica Istruzione, si è dimesso dal governo
per motivi di corrente; perché non ha ottenuto il rinvio del
congresso provinciale di Avellino, nel quale il suo rivale Cirica
De Mita gli stava soffiando la maggioranza.]
23 maggio, Roma, nel convegno nazionale della Dc
le critiche di A.
Moro si fanno sempre più aspre;
[Ma la segreteria dorotea di F.
Piccoli resta del tutto sorda. I morotei sono esclusi perfino
dalla gestione degli uffici.]
?, Vicenza, si svolge il ?° congresso provinciale della
Dc;
[Il partito si presenta apparentemente unito:
- la maggioranza dorotea (Gino Rigon, Giovanni
Bisson, Marcello Borgo, Giuseppe
Dal Maso, Angelo Foletto, Galvanin,
Delio Giacometti, Benito
Sasso, Giuseppe [Pino]
Sbalchiero) ottiene il 75,6%;
- la minoranza (Bollin, Luciano
Righi, Giovanni Todesco, ecc.) ottiene
il 24,3%.
Alla fine degli anni '60, con il tramonto del
collateralismo, entrano in crisi le organizzazioni cattoliche delle
ACLI e dell'Azione cattolica (nel
1968 Uberto Breganze non viene eletto deputato),
mentre la Coldiretti, la più compatta e organica,
diventa il principale serbatoio di voti della corrente dorotea.]
27 giugno-2 luglio, Roma, si svolge il XII congresso
nazionale della Dc;
[F.
Piccoli tiene la sua prima relazione come segretario della
Dc.
I dorotei voglio impedire che attorno a A.
Moro si aggreghi uno schierametno alternativo a quello da
essi guidato, assicurandosi il defintivo appoggio di A.
Fanfani (cui il segretario, nella lunghissima relazione,
rivolge un devoto omaggio) che però, silurato per ben due volte
dai dorotei nel 1959 e nel 1963, punta a portare alla segreteria del
partito il suo pupillo A.
Forlani
che gli dovrebbe così preparare la scalata al Quirinale.
Ma le cose non andranno esattamente così…
La battaglia di A.
Moro subisce una accentuata "escalation". Le sue
bordate contro gli avversari suscitano addirittura un tumulto e lo scontro
fisico fra i delegati. A.
Moro lascia da parte del tutto la sua abituale prudenza per
abbandonarsi ad un affondo contro i dorotei-fanfaniani senza precedenti.
Accusa i gruppi di A.
Fanfani e di P.E.
Taviani di «deplorevole incoerenza»
per essersi alleati con i dorotei e aver avallato la loro «sopraffazione»
dopo essersi dichiarati autonomi. Schernisce P.E.
Taviani, l'ex doroteo pontiere, per il suo «silenzio
inoperoso» e fulmina F.
Piccoli (senza degnarsi di farne il nome) con questa sferzata:
«un misto di abnegazione e di opportunismo».
Mariano Rumor non presta orecchio alle
critiche di A.
Moro finché non sperimenterà sulla propria
pelle il modo di gestire il partito da parte dei dorotei. Nell'ottobre
del 1975 uscirà clamorosamente dalla corrente che ha fondato
e nella piovosa domencia del 21 aprile 1976 dichiarerà ufficialmente
al congresso nazionale di aderire in pieno alla politica di A.
Moro.
. F.
Piccoli, consegnato A.
Fanfani alla storia, ripete i motivi già cari alle
due precedenti relazioni di Mariano Rumor
come segretario. Depreca le correnti e «gli
interni giochi della Dc che ormai sentono la corda» e propone
«una grande maggioranza democratica».
Sostiene inoltre che formare una maggioranza non significa mettere in
minoranza i dorotei.
. Donat Cattin, invece, polemico, vuole
«una nuova maggioranza da determinarsi su
una linea politica adeguata ai profondi cambiamenti del paese».
. Giovanni Galloni, della "Base",
auspica «un nuovo corso» del
centro-sinistra per garantire la continuità dell'equilibrio democratico
del paese, «un patto costituzionale da trasferire
dal vertice alla base».
. G.
Andreotti, di "Impegno democratico" risponde duramente
ad A.
Moro. Dopo aver detto di solidarizzare con la "relazione
Piccoli" precisa che «l'anticomunismo
è una caratteristica fondamentale della Dc» e che
«su questo problema tutti abbiamo il preciso
dovere di fugare timori ed equivoci dell'elettorato e di non creare
confusione con formule polivalenti».
. E.
Colombo dice di aver «la sensazione
che si stia determianndo a tutti i livelli un preoccupante vuoto di
potere».
. C.
De Mita, ribadisce quella che
ha già detto nel precedente congresso: «la
maggioranza Dc dà una veste centrista al centro-sinistra»,
e auspica uno spostamento della maggioranza.
A.
Moro coagula attorno a sé una minoranza antidorotea,
in aspra polemica con F.
Piccoli, per il quale non ha votato al momento della elezione
a segretario: il 12,7% dei morotei (fra essi i veneti Luigi
Gui e Tina Anselmi), il 2,6% della
nuova sinistra di F.
Sullo, il 28,2% della "Base" e di "Forze Nuove".
Egli ha con sé più di un terzo dei congressuali.
I dorotei, guidati dal quadrumvirato Rumor-Piccoli-Colombo-Andreotti
schierano il 39,3% dei voti. Emarginati i centristi guidati da O.L.
Scalfaro (2,8%) i dorotei non raggiungono la maggioranza
neanche col 9,5% di P.E.
Taviani. Sono indispensabili i voti dei fanfaniani (15,9%)
che risultano così gli arbitri del congresso e che spingono per
la candidatura A.
Forlani, mentre
A.
Fanfani si tira in disparte in prospettiva del Quirinale.
Il congresso delel correnti si risolve in un notevole successo della
correne fanfaniana che prepara il ritorno del capo alla guida del partito
e nell'ennesimo fallimento del tentativo dei dorotei di conquistare
una solida e omogenea maggioranza.
Ma il fatto strabiliante del congresso è l'exploit di A.
[Toni] Bisaglia,
che riporta più voti dello stesso Mariano
Rumor e di F.
Piccoli ed è egli stesso costretto a truccare i risultati
e porsi al quinto posto dopo i quattro capi succitati. Lo spiegherà
egli stesso a Pansa:
«Il fatto è questo. I piccolei non
volevano Rumor, i rumoriani non volevano Piccoli, gli andreottiani non
volevano Colombo, i colombiani non volevano Andreotti. E io mi sono
trovato, senza volerlo, a godere di un vantaggio. Questo mi ha creato
un problema psicologico: per un mese ho dovuto contrastare l'impressione
che si aveva, e cioè che io volessi far fuori questi miei amici,
mentre invece io sono sempre stato molto rispettoso».
Di fronte ai mali del paese, i problemi interni della Dc
passano in secondo linea: F.
Piccoli è riconfermato segretario del partito e si
elegge per acclamazione una direzione con uomini di tutte le correnti.
]
5 luglio, esplode la scissione socialista e il governo deve
dimettersi;
5 agosto-27 marzo 1970, presidente del Consiglio dei ministri
(II "governo
Rumor");
[Trattasi di un governo debolissimo, del tutto inadeguato
ad affrontare la gravissima crisi del paese.
A. [Toni] Bisaglia
è riconfermato come sottosegretario alla presidenza del consiglio.
Si riaccendono i contrasti all'interno della Dc sul come poter ritornare
al centro-sinistra.]
settembre, San Ginesio (Macerata), il fanfaniano A.
Forlani e il basista C.
De Mita
gettano le basi di un patto che ha per obiettivo un generale rimescolamento
delle correnti.
[L'accordo servirà a portare i due, esponenti
della terza generazione dei quarantenni, al vertice del partito (l'avanzata
irruente dei giovani farà poi paura ai tre vecchi, Fanfani-Moro-Rumor
che nel 1973 si uniranno tra loro nell'accordo di Palazzo Giustiniani).
Il patto di San Ginesio pone le premesse per la liquidazione della segreteria
di F.
Piccoli. Dalla maggioranza del congresso di Roma si staccano
sia i fanfaniani che i tavianei. A questo punto le mosse dei dorotei
si fanno convulse.
E.
Colombo, riprendendo parte della tematica del congresso del
1967, tenta di costituirsi una posizione personale alleandosi a "Forze
Nuove". F.
Piccoli apre una trattativa con A.
Forlani.]
16 ottobre, giovedì, Roma, all'Eur, nel corso di una
riunione dei consiglieri nazionali della corrente "Impegno democratico",
tutti sono d'accordo sulla necessità di ritornare al centro-sinistra
Dc-Psdi-Psi-Pri, ma se il tentativo fallisse?
[F.
Piccoli pensa a elezioni anticipate, E.
Colombo le esclude a priori, G.
Andreotti è incerto.
E.
Colombo propone un accordo della maggioranza con A.
Moro e le sinistre interne, senza le quali nessun governo
è credibile agli occhi del Psi.
Mariano Rumor si mostra molto seccato da
questi contrasti e polemiche. Giovedì non si presenta e venerdì
parla per bocca di A.
[Toni] Bisaglia.
Questi scende di brutto. Attacca E.
Colombo e le sue «furberie politiche»
riguardo al centro-sinistra e conclude secco: «a
questo punto mi chiedo se non convenga che ognuno di noi scelga la propria
strada». È il rompete le righe, ordinato dal capo
Mariano Rumor.
Prima di andarsene E.
Colombo avverte che il programma di governo deve essere concordato
con le forze di sinistra, che i dorotei non devono farsi «condizionare»
da A.
Fanfani e rivolto a F.
Piccoli sbotta: «quanto a te,
Piccoli, se posso darti un consiglio: calma, calma, calma!».
E il trentino risponde: «me ne vado a casa
e non torno più». Tutti i giochi sono fatti, la
corrente è morta.
Il comitato dei sei (A.
[Toni] Bisaglia,
Carraro, Gullotti,
Orlando , Russo
e Ruffini) è incaricato di liquidarla.
ore 22:00, alla Agenzia Ansa arriva il
certificato di morte di "Impegno democratico".
Quindi, mentre la corrente dei dorotei è ormai sfasciata, si
assiste al fatto, quasi incredibile, che Mariano
Rumor e F.
Piccoli espellono dalla corrente E.
Colombo e G.
Andreotti attraverso l'espediente dello scioglimento di "Impegno
democratico".
Come si sono svolti i fatti? Lo racconterà A.
[Toni] Bisaglia
al giornalista Pansa:
«Io sono uno di quelli che hanno capeggiato
la spaccatura. Nella corrente le cose andavano maluccio, e la convivenza
era difficile. Colombo non aveva mai dimenticato il 1968. Nel 1968 Rumor
non voleva fare il presidente del consiglio, aveva sempre promesso a
Colombo questo incarico. Ma i capi dei due gruppi parlamentari volevano
lui… Ma Colombo non gliela perdonò mai, perché riteneva
che Rumor gli avesse tagliato la strada.
Questa è l'origine vera della spaccatura, è di qui che
il rapporto interno della corrente ha cominciato a deteriorarsi. Poi
c'erano ragioni anche politiche. Nell'agosto del 1969, dopo la scissione
socialista, in una riunione della direzione Dc, Colombo aveva sostenuto
l'utilità che Rumor provasse a fare un governo con i soli socialisti.
Noi dorotei di Rumor e di Piccoli ci opponemmo».]
Intanto, sciolta la corrente, se ne creano presto due.
[Mariano Rumor e F.
Piccoli fondano MIP ("Iniziativa Popolare"),
mentre G.
Andreotti osserva ironicamente: «sta
a vedere che io rimango il solo doroteo, non essendolo mai stato!»,
e riprende con E.
Colombo la posizione che era stata del vecchio doroteismo
(il cui nome ufficiale era appunto "Impegno democratico").]
6 novembre, consiglio nazionale della Dc;
[Sfasciati i dorotei le altre correnti ne approfittano
e si aprono la strada all'accordo generazionale di San Ginesio, che
porta A.
Forlani, eletto all'unanimità,
alla segreteria del partito. Vicesegretario è C.
De Mita.
A questo punto il Pci viene utilizzato non più
come nemico da combattere, come sostengono i dorotei, ma come elemento
razionalizzatore del sistema, sconvolto sempre più dal caos delle
lotte sociali.
A questa teoria delle menti migliori del partito (Moro-De
Mita-Galloni) andrà incontro
il Pci stesso, nel settembre del 1973 con la proposta
di compromesso storico. Ma questo incontro fra i due grandi partiti
sarà preparato da una lunga strategia di A.
Moro.
Il 14 ottobre 1978 A.
Moro dirà a «Repubblica» di Eugenio
Scalfari: «se le tensioni sociali
continuano così questa società si sfascia. Se questo avviene
noi continueremo a governare da soli lo sfascio del paese. Noi non siamo
più in grado di tenere da soli un paese in queste condizioni,
occorre una grande solidarietà nazionale. So che Berlinguer pensa
e dice che in questa situazione è impossibile che una delle due
forze politiche maggiori come il Pci stia all'opposizione.
Su questo punto il mio e il suo pensiero sono assolutamente identici».
Ma A.
Moro lo sta già pensando dal 1969.]
18 novembre, si arriva allo sciopero generale, allo scontro
fra polizia e dimostranti con l'uccisione dell'agente Antonio
Annarumma.
12 dicembre, Milano, bomba alla Banca
dell'Agricoltura;
[Mariano Rumor è
costretto a letto dalla influenza. Quando riceve la telefonata dal Viminale
A.
[Toni] Bisaglia
è con lui. La terribile notizia lo sconvogle, si vuole dimettere.
Ma il sottosegretario lo incita ad alzarsi dal letto per andare a parlare
alla televisione e lo accompagna negli studi di Via Teulada passo per
passo. Subito dopo Mariano Rumor va a presidere
un consiglio dei ministri convocato d'urgenza. Invece di andarsene si
orienta verso la costituzione di un governo d'ordine.]
1970
gennaio, Ponte di Chiasso, al valico di frontiera viene fermato
Giacomo Colussi;
[Viene trovato in possesso di assegni, del valore di
770 Mni di lire, intestati a Piero
Garino, un doroteo veronese, cognato di Angelo
Tomellieri, ex presidente della Regione veneta.
[I rapporti tra Mariano Rumor e Piero
Garino saranno tutti da chiarire – almeno fino al giugno 1982.
Secondo Giorgio Zicari – «Corriere
della Sera» del 28 ottobre 1970 – gli industriali interessati
alla "legge su Assisi"
«si quotarono» per mettere
a disposizione di Piero Garino molte centinaia
di milioni per far sì che i vantaggi della "legge
su Assisi" durassero più a lungo possibile e la "proposta
di legge Giomo", che voleva annullarli, ritardasse al massimo
il suo iter parlamentare, iter che sarebbe stato appunto compromesso
da «interferenze per interessi privati e
da non chiare operazioni di finanziamenti ai partiti politici».
Lo scandalo della "legge su Assisi"
che il ministro delle Finanze L.
Preti (Psdi) definisce «uno dei
più gravi degli ultimi 25 anni» e che il ministro
Giovanni Malagaodi affermerà «essere
costato allo Stato somme immense», sarà insabbiato
e, quel che è peggio, sui documenti trovati nello studio di Piero
Garino è stato posto il sigillo del "segreto
di Stato".
(Nella 363ª seduta del Senato del 18 novembre 1970 il sen. Luigi
Anderlini chiederà al ministro L.
Preti se il fatto è vero… non otterrà risposta).
Alberto Sartori, partigiano, medaglia d'argento
della Resistenza – fornirà al giudice Giancarlo
Stiz di Treviso importanti documenti d'accusa contro Giovanni
Ventura e Franco Freda – che collaborò
con Piero Garino alla liquidazione della
ditta Sa.Mo.Pan., una fabbrica di mangimi
animali di Napoli di cui il doroteo veronese è stato plenipotenziario
effettivo nel 1969-70, nel libro Il perché della strage di
Stato scriverà che «il Garino
agiva in contatto con la presidenza del consiglio dei Ministri e aveva
facile accesso a Rumor, di cui era amico».
È noto inoltre che Piero Garino
era assiduo frequentatore della casa di Rumor a Tonezza, dove era amministratore
dell'Hotel Palace di proprietà della
moglie.]
7 febbraio, Mariano Rumor apre
la crisi di governo;
[Essa si trascinerà fino alla primavera ma i socialisti
non si lasciano ingabbiare in un governo di restaurazione conservatrice.
Mariano Rumor allora scende a patti]
27 marzo-6 agosto, presidente del Consiglio dei ministri
(III "governo
Rumor");
[Governo quadripartito con il Psi che
ammicca alla contestazione guidato dal segretario Giacomo
Mancini, mentre l'amico F.
De Martino lascia la carica per tornare al governo.
Ma la sua formazione si rivela difficile per i contrasti con i socialdemocratici,
favorevoli a modifiche istituzionali per arrivare alla formazione di
un governo forte, e socialisti che non accettano di far parte di un
blocco d'ordine. Mariano Rumor cerca allora
di mediare. Ma la linea politica viene fissata dal segretario A.
Forlani nel suo cosiddetto "preambolo Forlani".
Una linea «capace di determinare una comune
iniziativa che impegni ovunque sia possibile le forze che sono solidali
nel goveno».
In pratica un blocco dei 4 partiti da estendersi a tutti gl enti lcoali
per delimitare una netta maggioranza autonoma dal Pci.
Un ritorno al centro-sinistra, ma, dopo Piazza Fontana, più forte
e più deciso rispetto ai precedenti.
La solita illusione di far blocco comune per isolare il Pci.
Trattasi di un governo debole. L'unico impegno concreto sono le elezioni
per le regioni a statuto ordinario. Sotto la spinta delle lotte sindacali
viene approvato anche lo Statuto dei lavoratori (su
pressione particolare del ministro socialista Giacomo
Brodolini) mentre passa la legge istitutiva del referendum, che
la Dc ritiene un deterrente sufficiente per la temuta
introduzione del divorzio.]
23 aprile, in un convegno presieduto dal padovano Luigi
Carraro nasce la corrente "Impegno democratico";
[Mariano Rumor è
assente e affida il suo saluto a F.
Piccoli. Parlano un po' tutti, leader e vice: F.
Piccoli, Luigi Carraro, Ferrari-Aggradi,
Gullotti, A.
[Toni] Bisaglia.
Quest'ultimo dice: «La ricostituzione del
gruppo è necessaria, data la situazione interna della Dc. Noi
però intendiamo essere un gruppo aperto. Con gli altri abbiamo
in comune la valutazione politica sul centro-sinisitra, sul ruolo del
partito, sulla società civile ecc.».
I dorotei, usciti dalla porta, ritornano dalla finestra.
La sede è un intero piano di Palazzo Cardelli, a due passi da
Montecitorio, molti impiegati e funzionari, nessuna preoccupazione finanziaria.
I capi sono sempre quelli di prima, eliminati E.
Colombo e G.
Andreotti, due elementi non troppo docili:
. Antonino Pietro Gullotti in Sicilia,
. Antonio Gava a Napoli,
. Petrucci nel Lazio,
. Vincenzino Russo in Puglia,
. Ernesto Pucci in Calabria,
. F.
Piccoli nel Trentino,
. Mariano Rumor in Veneto;
e poi si aggiungeranno:
. P.E.
Taviani in Liguria,
. Remo Gaspari in Abruzzo,
tutti titolari di importanti quote del pacchetto azionario doroteo che
resta sempre quello più gonfio degli altri.]
7 giugno, per la prima volta si svolgono le elezioni
regionali;
[- Dc perde un punto (dal 38,8% al 37,9%),
- Pci rimane fermo sul 27,9%,
- Psi ottiene il 10,4%.
Si temeva uno spostamento a destra dell'elettorato che non è
avvenuto.
Nel Veneto la Dc si attesta sul 51,8%, pur perdendo
due punti. Il partito diminuisce i consensi in tutte le province venete:
Padova perde il 2,1%, Belluno l'1,5%, Verona e Venezia l'1,3%, Vicenza
è stazionaria e dal 64,4% passa al 64,2% (258.225).
In città (Vicenza):
- Dc perde la maggioranza assoluta e scende al 49,6%,
- Pci cala di un po' dal 9,3% al 9,1% (36.718),
- Psi è all'8,4%, ritornando sulle posizioni
amministrative del 1964 (33.980).
Sempre in città i socialcomunsiti arrivano al 21,3% (15.526),
contro i 36.049 dei democristiani.
In ogni provincia i dorotei si assicurano una presenza massiccia nelle
liste regionali.
A Verona le minoranze accusano il segretario Ernesto
Mariotto, che diventerà insieme con Angelo
Tomellieri uno die pilastri del potere di A.
[Toni] Bisaglia
nel Veneto, di favorire solo i dorotei.
A Vicenza i dorotei fanno da padroni e viene eletto come rappresentante
delle minoranze solo Francesco Guidolin
mentre Luciano Righi e Bortolo
Brogliato saranno messi fuori gioco.
Fra i candiati eletti:
. Borgo, il coldiretto,
. Bottecchia,
. Carlo Gramola,
. Gino Rigon,
. Giuseppe [Pino]
Sbalchiero.
Dei dorotei il più battagliero è sempre Giuseppe
[Pino] Sbalchiero
che nell'aprile aveva scritto ne «Il Momento Vicentino»:
«da 25 anni una classe dirigente gioca a
scacchi con la pelle degli elettori, considerandoli umili e massacrabili
pedine, unicamente preoccupati al massimo di avere sempre pedine per
continuare a giocare».
Segretario provinciale è ora Delio Giacometti.
In Regione la Dc conquista 28 su 50 posti (9 al Pci,
5 al Psi, 3 al Psdi, 2 al Pli
e a testa al Psiup, al Pri e al Msi).
Inizialmente anche in Veneto, come preventivato dal "preambolo
Forlani", sembra prendere corpo l'ipotesi di una Giunta di centro-sinistra,
il presidente della Giunta, Angelo Tomellieri,
uno dei boss dorotei veneti, dice al «Corriere della Sera»:
«La Giunta sarà di centro sinistra
organico. Anche i socialisti verranno».
Ma i socialisti non vengono e nemmeno i socialdemocratici e
i repubblicani…]
6 luglio, Mariano Rumor
si dimette clamorosamente;
[Queste dimissioni improvvise hanno il valore di una
sfida ai sindacati e al Pci.
La crisi romana fa precipitare anche quella veneta. In Regione la Dc
governa da sola e quindi prende tutto, o meglio prendono tutto i dorotei.
Doroteo il presidente Angelo Tomellieri,
doroteo pure Vito Orcalli, presidente del
consiglio regionale, tutti e due legatissimi a A.
[Toni] Bisaglia.
Ma per ora Mariano Rumor, tutto preso dagli
affari romani, non se ne accorge, e quando se ne accorgerà sarà
troppo tardi.
A Vicenza il segretario provinciale Delio Giacometti
diventa, per breve periodo, segretario regionale al posto di Vito
Orcalli e il nuovo consiglio provinciale è
formato da:
. Virgilio Marzot,
. Pio Fracasso,
. Elia Ciscato (passato dalla sinistra
con i dorotei),
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Dainese,
. Giuseppe Dal Maso (il più forte
elettoralmente, fonderà la segreteria di A.
[Toni] Bisaglia
a Vicenza, in contrapposizione a quella di Mariano
Rumor e riuscirà a diventare sottosegretaro di Stato),
. Germano Rudella,
. Benito Sasso,
. Renato Bortoli,
. Gianni Pandolfo,
. Adone Perin,
. avv. Garzia (che lascerà Mariano
Rumor per A.
[Toni] Bisaglia).]
6 agosto-17 febbraio 1972, ("governo
Colombo");
[Governo quadripartito con lo stesso programma di quello
di Mariano Rumor, anche se ben diverso
nella forma. Il vicentino non credeva nel patto di San Ginesio, un patto
di giovani che riconosceva la necessità di instaurare un nuovo
rapporto con il Pci, non più combattendolo,
ma utilizzandolo come elemento razionalizzatore delle tensioni sociali.
È la famosa proposta di patto costituzionale avanzata da C.
De Mita. Su questa posizione si era già orientato A.
Moro, si stava spostando G.
Andreotti, ora E.
Colombo tenta di attuarla.
E. Colombo blandisce le velleità del pansindacalismo,
inaugurando una prassi del tutto nuova di consultazione permanente tra
governo e centrali sindacali. Il neopresidente si impegna anche a varare
una serie di misure di rilancio dell'economia e a far votare definitivamente
la legge Fortuna-Baslini che istituisce
il divorzio.]
Intanto Mariano Rumor torna in Veneto
e nel nuovo gruppo MIP ("Iniziativa Popolare")
che tenta di risollevargli le sorti dopo il tonfo dell'estate.
10-11 ottobre, Vicenza, si tiene una riunione del comitato
regionale della Dc;
[Bisogna eleggere il nuovo segretario regionale che prenderà
il posto di Delio Giacometti, segretario
provinciale di Vicenza che, sempre legato a Mariano
Rumor, ha accettato di reggere l'incarico soltanto per il periodo
di formazione degli organi della Regione Veneto.
Il comitato si divide in due.
Si dichiarano minoranze forzanovisti e morotei. Per questi ultimi parla
il padovano Luigi Gui, che spara un duro
attacco contro la coalizione dorotea. Definisce la maggioranza «impermeabile
a qualsiasi apporto esterno che possa contrastare il suo potere e chiusa
nei confronti dei dissenzienti».
Ma contro Luigi Gui e forzanovisti (rappresentati
da Eugenio Gatto, Luigi
Girardin, Carlo Fracanzani, Francesco
Guidolin), si schierano basisti (il leader è il trevigiano
Dino De Poli) e fanfaniani (Francesco
Fabbri).
E questo blocco sceglie il nuovo segretario regionale
Giovanni Bisson, vicentino, giovanissimo
amministratore del comune di Noventa Vicentina, vicesegretario provinciale,
capo ufficio stampa della Camera di Commercio, particolarmente vicino
all'ex segretario provinciale Renzo Pellizzari.
Subito dopo esce una pubblicazione, «Agenzia Veneta», portavoce
della corrente.
Ma A.
[Toni] Bisaglia,
che aveva dovuto lasciare l'ambitissima carica di sottosegretario della
presidenza del consiglio dopo tre governi con Mariano
Rumor, comincia a differenziarsi dalla posizione politica rinunciataria
del capo, legato alla visione, ormai superata dai fatti, del centro-sinistra,
che definisce «un morto che viene portato
in giro per dimostrare che è vivo».
A.
[Toni] Bisaglia,
come G.
Andreotti, E.
Colombo, A.
Moro, C.
De Mita, capisce che il partito deve inaugurare nuovi rapporti
con il Pci.
19 dicembre, Soave (Verona) si svolge un convegno;
[Contro il discorso di Mariano
Rumor che vede la salvezza del paese nel «salvagente»
del centrosinistra, A.
[Toni] Bisaglia
sostiene che bisogna guardare avanti, che il centro-sinistra è
«una strada lastricata di sabbie mobili»,
che la Dc è al bivio.
La Dc deve scegliere o svolta a destra o accordo con
i comunisti. Non ci sono vie di mezzo.
«Noi scartiamo l'ipotesi sia di una involuzione
di destra sia di accordo con il Pci, ma il nostro rapporto con il Pci
non può più essere quello del 1948, si impone un nuovo
tipo di confronto.
Dobbiamo avere tanta capacità di confronto permanente per far
recepire quanto vi è di valido nelle distinte e rispettive posizioni».
Un discorso fatto ai vertici dorotei veneti, ma di difficile comprensione
da parte della base.
Questo pensiero di A.
[Toni] Bisaglia,
diverso da quello di Mariano Rumor, prepara
alla lontana, l'ulteriore spaccatura dei dorotei che si avrà
nel 1975.
Questo, tuttavia, è il momento di massima apertura del rodigino
nei confronti del Pci. Poi andrà progressivamente
chiudendosi fino ad assumere toni di anticomunismo acceso, come nell'intervista
a «Epoca» nell'aprile 1979 in cui dirà che «dobbiamo
dimostrare che è possibile governare senza comunisti, se si vuole,
come noi vogliamo, che l'Italia risolva i suoi problemi restando una
società occidentale, libera, capace di rinnovarsi e di progredire».]
1971
aprile, si svolge il consiglio nazionale della Dc;
[Mariano Rumor ribadisce
di «evitare la confusione»
nei rapporti con il Pci e le organizzazioni sindacali,
perché «il sistema produttivo può
sopportare un urto, ma non un urto continuo».
Lo stesso mese «Il Momento Vicentino»,
che ha sempre rispecchiato il pensiero di Mariano
Rumor, si abbandona ad una serie di attacchi durissimi ai sindacati,
al "governo Colombo", che ha intrapreso la nuova tattica di
consultazione permanente con loro, e alla "segreteria Forlani",
accusata di adottare una linea morbida con il Pci.]
Nello stesso periodo vengono soppresse le ACLI che
si erano rifiutate di sostenere il tradizionale collateralismo della
Dc.
[«Il Momento Vicentino» ricostruisce una
cronaca faziosa dell'XI congresso nazionale delle ACLI
a Peschiera sostenendo che le province rappresentate erano solo 53 su
90, proprio quelle che non avevano fatto la scelta socialista. Lo stesso
periodico bolla il congresso come «fazioso,
moralmente violento» e ritiene necessaria una scissione:
«ci domandiamo se è ancora per noi
opportuno rimanere a convivere nella stessa casa».
Rispondono gli aclisti vicentini:
. Mario Spagnolo,
. Pio Porelli,
. Luciano Pozzan,
. Carlo Pasin,
. Rosanna Menin,
. Livio Menini,
. Linda Zini,
. ecc.
che Vicenza non aveva mandato delegati aclisti al congresso perché
«la presidenza provinciale, aveva impedito
alla gioventù aclista di effettuare regolarmente precongresso
e congresso». Lamentano che non sia stato dato spazio alla
mozione conclusiva e all'intervento di Gabaglio
il quale aveva ribadito che l'autonomia aclista nei rispetti della Dc
non significava collateralismo con altre forze politiche e che le Acli
non dovevano abbandonare i militanti democristiani che condividevano
gli ideali di una società alternativa al capitalismo. Essi accusano
i dirigenti e la destra Dc di aver finanziato la scissione
e il controcogresso di Verona e concludono: «state
lavorando contro la storia e fuori della stessa ispirazione originaria
della Dc. Non si commetta il tragico errore di combattere le forze vive
delle Acli con il rischio di regalarci un nuovo fascismo».
Nello stesso numero de «Il Momento Vicentino» viene riportato
l'articolo: «nascono le libere Acli» in
cui si dice che la scissione è necessaria «visto
che all'interno delle Acli tradizionali non esistono più spazi
per un confronto democratico delle posizioni».
Gli scissionisti, capeggiati dall'on. Michelangelo
Dall'Armellina, decidono il cambiamento del nome ACLI sulle proprietà
immobiliari e sui beni patrimoniali.
Lo stesso mese di aprile, con atti notarili, si procede a togliere il
nome dalla Casa Alpina SpA di Tonezza e
Camposilvano e dalla Stella Alpina SpA
di Valdagno.
In seguito viene abrogata la licenza concessa alle ACLI del bar
"Scrigni" di Piazza Duomo a Vicenza e intestata al
doroteo Gino Rigon.
Dirà Mario Spagnolo: «la
scissione delle nuove ACLI, dette MCL, era stata convalidata
da consultazioni spesso truccate (molti operai ancora adesso ignorano
che sia avvenuta una rottura), in cui venivano presentate mozioni prefabbricate,
firmate talvolta da una sola persona a nome di tutta la assemblea».
13 giugno, si svolgono le elezioni amministrative in 5.000 comuni
al di sopra dei 5.000 abitanti, nelle quali l'erosione dell'elettorato
democristiano da parte del Msi è evidente.
7 dicembre, nella riunione del direttivo aclista viene decisa
la scissione delle ACLI;
[La seduta viene conclusa in tutta fretta perché
i separatisti devono portare il voto della rottura a Roma dove, il giorno
successivo, una assemblea nazionale sanzionerà ufficialmente
la divisione.]
8 dicembre, gli aclisti che non hanno aderito alla scissione
si riuniscono in assemblea al "Cristallo" e chiedono il commissariamento
per il comportamento antistatutario degli scissionisti.
dicembre, si svolge il 26° congresso provinciale
della Dc;
[I dorotei stravincono con il 75,8% dei voti congressuali.
Si sono presentati per la prima volta anche i morotei, la cui relazione
è stata fatta da Mario Serafin,
e i basisti, per i quali ha parlato Domenico Stella.
Ma queste due liste non hanno nemmeno un seggio.
I forzanovisti, guidati da Onorio Cengarle,
Francesco Guidolin e Luciano
Righi raggiungono il 21,6% dei voti e vedono eletti Giampietro
Meneghini, Luciano Righi, Antonio
Simonetto e un altro.
I dorotei hanno 14 eletti nel comitato provinciale con il segretario
Delio Giacometti. Fra questi Giuseppe
Dal Maso, Antonio Corazzin, Domenico
De Boni, Michele Peroni, Ugo
Saoncella, Giuseppe Splendore, Marcello
Borgo, Luigi Cocco, i fanfaniani
hanno come eletti Angelo Foletto e Benito
Sasso ed altri.]
Lo stesso mese si vota a Roma per l'elezione del Presidente
della Repubblica.
[Nel 1964 i dorotei sostenevano G. Leone e le sinistre A.
Fanfani. Ora accade il contrario: i dorotei puntano su A.
Fanfani che, dimenticando le sue origini dossettiane e di
esser stato, fino alla defenestrazione dei dorotei del 1963, il riferimento
della sinistra Dc, si presenta ora, accordandosi con loro, come un uomo
d'ordine, e come politico forte in grado di piacere alla destra.
Ma contro
A. Fanfani stavolta si schierano:
. G.
Andreotti (da sempre ostile a lui e ad A.
Moro, che rinuncia alla candidatura),
. C.
De Mita (che nel 1964 per votarlo era stato sospeso dal partito
da Mariano Rumor!),
. E.
Colombo, che appoggia un candidato di centro-sinistra.
Allora i dorotei, vista impossibile un'elezione di A.
Fanfani, puntano lo stesso su una soluzione tipo «blocco
d'ordine» sostenendo G. Leone,
che viene eletto con i voti dichiarati Dc, Pli,
Pri, Psdi e Msi.
A A.
Fanfani il Psi contrappone F.
De Martino, sostenuto da tutta la sinistra. Ma l'aretino
non passa e il Psi decide di puntare su P.
Nenni come candidatura di bandiera e di pressione per indurre
la Dc a votare A.
Moro. Parallelamente Pri, Psdi,
Pli propongono alla Dc di eleggere
o Mariano Rumor o P.E.
Taviani o G. Leone. I
socialisti invece si dichiarano disponibili solo per A.
Moro.
Ma alla riunone dei grandi elettori Mariano Rumor
rinuncia e dopo di lui P.E.
Taviani.
Prevale quindi G. Leone che
viene eletto, nonostante la forte dissidenza Dc, con i voti fascisti.]
Dopo l'elezione di G.
Leone alla presidenza della Repubblica il "governo Colombo"
si dimette e l'incarico di formare un nuovo governo viene affidato a
G.
Andreotti che, nel corso delle sue svariate evoluzioni politiche,
ora si presenta come l'uomo della destra clericale in grado di far ritornare
all'ovile i voti «in libera uscita»
andati al Msi nelle elezioni del 1971.
1972
17 febbraio-26 giugno 1972, ministro dell'Interno (I
"governo
Andreotti");
[Il governo è battuto al Senato e due giorni dopo
il presidente della Rpeubblica decreta lo scioglimento delle Camere.
Le elezioni sono indette per il 7 maggio successivo.]
16 aprile, Mario Spagnolo, dirigente
dell'Azione Cattolica dal 1938, primo segretario della Acli vicentine,
presidente provinciale dal 1966 al 1969, invia una lettera aperta a
Mariano Rumor.
[In essa, tra l'altro, si legge: «chi
ha strumentalizzato per anni la buona coscienza dei cittadini e perfino
la loro fede religiosa per assicurarsi un potere sempre più forte
e clientelare, oggi ha perduto il diritto della loro fiducia».
La lettera determina la defenestrazione dell'ex dirigente aclista.]
7-8 maggio, rieletto deputato (VI Legislatura – 1972
25 mag - 4 lug 1976) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 7 maggio 1972
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
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Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
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Pri
[?] |
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Totali |
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100,00 |
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La Dc scende,
contro le previsioni, di poco (dal 39,1% al 38,7%).
Il Pci avanza di pochissimo (dal 26,9% al 27,2%).
Il Psi va sotto il 10%.
Mariano Rumor ha paura di queste
elezioni, sa di avere una segreteria scassata, guidata da un meridionale,
mal visto nel Veneto, tale Terse Ulissi,
che passerà alle cronache politiche più per aver
dato il passaporto a Camillo Crociani,
coinvolto nello "scandalo Lockheed", che per la sua
attività di segretario della Dc.
Nel Veneto la Dc passa dal 53,1% al 53,4%:
. 1° Mariano Rumor (266.710),
. 2° A.
[Toni] Bisaglia
(138.241), (il suo segretario a Verona è Alberto
Rossi),
. 3° Luigi Gui (61.327),
. 4° Carlo Fracanzani (57.623).
A Vicenza:
- Dc avanza (dal 64,2% al 65,5%),
- Psi perde, rispetto al 1968, metà dei
voti,
- Pci aumenta di poco ( dal 9,1% al 9,5% - da
36.000 a 40.000 voti).
Vengono eletti:
- alla Camera, Giuseppe Dal Maso,
Renato Corà, Michelangelo
Dall'Armellina (grazie alla scissione delle ACLI), il coldiretto
Giuseppe Balasso;
- al Senato, Onorio Cengarle,
Giorgio Oliva e Renato
Treu.
Sono sconfitti Lino Fornale, il fanfaniano
Benito Sasso (membro del direttivo
provinciale) ed Ezzelino Marangoni
(componente del Comitato provinciale e Assessore a Camisano Vic.no.
Fra i veneti cominciano ad emergere:
. Renato Corà (56.674 preferenze),
. Enzo Erminero (51.190), moroteo
di Verona,
. Luigi Girardin (49.015), forzanovista
di Padova, che nel duello con l'antagonista della stessa corrente
Carlo Fracanzani, finirà con
l'avere la peggio,
. Giuseppe Dal Maso (42.555), bisagliano
di Vicenza, che appoggiandosi al rodigino diventerà il
parlamentare più potente di Vicenza e tale da far paura
allo stesso Mariano Rumor.
[In questo periodo l'organizzazione di A.
[Toni] Bisaglia
lavora già più per sé che per Mariano
Rumor ma bisognerà attendere le prossime elezioni
per vedere Giuseppe Dal Maso ordinare
apertamente di non votare Mariano Rumor.]
|
26 giugno-7 luglio 1973, ministro dell'Interno (II
"governo
Andreotti");
[Governo con Dc-Psdi-Pli.]
4 novembre, A.
[Toni] Bisaglia,
il primo collaboratore di Mariano Rumor,
rilascia una intervista al «Corriere della Sera»;
[Egli osserva: «questo è
un governo che la Dc sostiene, ma noi facciamo anche un discorso più
a lungo termine, che non è un giochetto, né una trappola,
ed è così che ci poniamo il problema dei socialisti. Non
possiamo trascurare il ruolo del Psi nel contesto democratico italiano.
Consideriamo con attenzione il congresso socialista, consapevoli del
valore di quel partito».
In pratica egli si rimangia quello che aveva detto a Soave, dove aveva
definito il centro-sinistra una specie di «zombie»,
un morto portato in giro. Anche se è chiaro che qui parla a favore
di Mariano Rumor che si ostina a credere
nel centro-sinistra, come il «salvagente»
della vita politica italiana, dopo aver riallacciato il dialogo con
l'amico F.
De Martino.
( Ma a differenza di quanto avvenuto nel 1963 e nel 1968 la formazione
del centro-sinistra non avverrà dopo il congresso socialista,
ma quello democristiano, nel giugno del 1973).]
6 dicembre, il vescovo Carlo Zinato
ingiunge a Mario Spagnolo di dimettersi
dalla presidenza della commissione pastorale per il mondo del lavoro;
15 dicembre, il prof. Mario Spagnolo
accetta le dimissioni e invia una lettera al vescovo Carlo
Zinato in;
[In essa, tra l'altro, si legge: «il
mondo del lavoro vicentino aspirava ad una Chiesa diocesana schierata
con le ragioni della giustizia e l'ha spesso trovata compromessa con
quelle del potere, del denaro e della politica. perciò molti
poveri se ne sono andati dalla casa che era loro».]
Lo stesso anno vengono incriminati Franco
Freda, Ventura e Guido
Giannettini per la "strage di Piazza Fontana".
1973
in vista del congresso della Dc si svolgono, nelle varie province, i
rispettivi precongressi;
[A Vicenza vengono eletti i vari delegati:
- 4 fanfaniani (corrente in più
rispetto al precedente congresso): Angelo Foletto,
Benito Sasso, Adone
Perin e Ivo Marchiori;
- 2 morotei: Giorgio
Sala e Mario Serafin;
- 2 basisti: Bortolo Brogliato
e Antonio Benetti;
- 14 forzanovisti: Luciano Righi,
Bollin, Giovanni
Todesco, Germano Rudella, Mario
Consolato, Antonio Albanello, Sergio
Brusadin, Giuseppe Zampieri ecc.;
- 51 dorotei: (Delio Giacometti,
Renzo Speggiorin, Sergio
Martinelli, Giuseppe Splendore,
Lino Zio, Franco
Borgo, Gaetano Bettenzoli, Bice
Bortoli, Augusto Canaglia, Camillo
Cimenti, Elia Ciscato, Luigi
Cocco, Giandomencio Cortese, Giuseppina
Dal Santo, Ernesto Panozzo, Enrico
Dalla Grana ecc.]
Il "patto di Palazzo Giustiniani"
mette virtualmente in mora il governo.
[In pratica questo patto predetermina già le conclusioni
del congresso, il primo fatto a tavolino già precostituito.
Il patto tra i "due cavalli di razza" – A.
Fanfani e A.
Moro – prevede la liquidazione del "governo Andreotti"
e della "segreteria Forlani", il conferimento della presidenza
del consiglio a Mariano Rumor e la segreteria
ad A.
Fanfani.
Le sinistre non possono non essere d'accordo perché si prepara
il ritorno al centro-sinistra.
A. Fanfani propone a G.
Andreotti di aggregarlo in un blocco congressuale che comprenda
parte dei dorotei e i basisti in un urto diretto con i dorotei. Ma A.
Moro non approva il disegno perché pensa di arrivare
al centro-sinistra con tutte le sinistre e i fanfaniani, condizionando
i dorotei. Il "gran visir" della vita politica italiana riesce
nel suo intento di staccare i fanfaniani dai dorotei e di aggregarli
alle sinistre in un blocco contro Mariano Rumor
e G.
Andreotti. Ma in realtà Mariano
Rumor riceve la presidenza del consiglio e solo G.
Andreotti rimane isolato.
I dorotei chiedono tre teste: quella di G.
Andreotti, di A.
Forlani e di Donat Cattin.
A. Fanfani è d'accordo sul sacrificio dei primi due,
ma non di Donat Cattin; tutto ciò
significa che si può andare al congresso senza traumi, in nome
della unità del partito.
A G.
Andreotti ed E.
Colombo non resta che adeguarsi alla manovra di A.
Fanfani e A.
Moro che è basata sulla formazione di un accordo di
tutte le correnti.
È questo patto che lascia mano libera al solo A.
Fanfani, coperto costantemente da A.
Moro, e imbriglia le sinistre, patto firmato anche da G.
Andreotti benché diretto contro se stesso e il suo
govenro.]
Il governo si dimette.
6-10 giugno, Roma, si svolge il XII congresso nazionale
della Dc;
[A seguito del cosiddetto "patto
di Palazzo Giustiniani", la Dc sceglie di
riavviare la collaborazione con i socialisti e Mariano
Rumor è nuovamente designato dal
partito alla guida di un governo di centro-sinistra.
L'ago della bilancia del congresso è prorpio Mariano
Rumor la cui controrelazione alla relazione ufficiale del segretario
A.
Forlani segna il ritorno della collaborazione con i socialisti
e del centro-sinistra.
Seggi conquistati nel consiglio nazionale:
- 42 ai dorotei (34,2% dei voti congressuali),
- 24 ai fanfaniani;
- 20 al gruppo G.
Andreotti-E.
Colombo,
- 12 alla "Base";
- 12 a "Forze Nuove",
- 10 ai morotei.
I dorotei si colllocano quindi in una posizione mediana fra i sostenitori
della centralità (G.
Andreotti, A.
Forlani e lo stesso A.
Fanfani, ripetitori dello slogan "Avanti al centro")
con il 36,3% dei voti, e le sinistre, favorevoli ad un rapido ritorno
della collaborazione con i socialisti con il 29,5%.]
Subito dopo il congresso il governo si dimette definitivamente.
7 luglio-14 marzo 1974, presidente del Consiglio dei ministri
(IV "governo
Rumor");
[Governo di centro-sinistra organico (Dc-Psdi-Pri).]
[Lo stesso anno, quando la Coldiretti,
pilastro residuo delle associazioni cattoliche, passa sotto il controllo
del suo figlioccio rivale A.
[Toni] Bisaglia,
comincia la sua decadenza politica, prima a livello locale e poi nazionale.
Il rodigino, infatti, sostituisce subito alla presidenza della Coldiretti
di Vicenza, l'on. Balasso da sempre legato
a Mariano Rumor, presidente onorario dell'associazione,
con il consigliere regionale Franco Borgo,
suo braccio destro, che in questo modo gli mette a disposizione quell'enorme
serbatoio di voti, compatti e impenetrabili, del mondo dei contadini
di Vicenza, una provincia nel suo complesso ancora agricola.]
Nello stesso periodo (1973-74) avviene la decisione
di autorizzare il SID a rispondere negativamente alla richiesta del
giudice istruttore che chiede notizie su Guido
Giannettini.
[Informatore del SID, imputato di strage, sarà successivamente
condannato all'ergastolo in primo grado e assolto per insufficeinza
di prove nel secondo.]
estate, la latteria "P. Marconi"
di Thiene organizza un «viaggio-studio» avente come meta:
Germania-Olanda-Danimarca.
[- 1981, luglio, la procura della Repubblica
di Vicenza emetterà 41 comunicazioni giudiziarie nei confronti
di noti bisagliani e le loro mogli. Fra costoro: Giuseppe
Paiusco e moglie, Danilo Longhi
e moglie, Carlo Pellizzari e moglie ecc.]
1-11 settembre, lo Stato finanzia con 12 Mni di lire un viaggio
studio per Coldiretti negli Stati Uniti.
[I partecipanti sono 36 e in buon parte legati alla macchina
politico-elettorale di A.
[Toni] Bisaglia.
Cura le operazioni di viaggio Carlo Pellegrini,
segretario personale del ministro a Rovigo e vi partecipa anche il segretario
di Verona Alberto Rossi, accompagnato dalla
moglie.
- 1976, la notizia viene pubblicata su «Panorama»
e il processo di primo grado si svolge a Rovigo. Carlo
Pellegrini viene condannato.
- 1977, la Corte d'Appello di Venezia condanna anche
Giulio Veronese, assessore regionale e
Domenico Caserta, capo dell'Ispettorato
dell'agricoltura di Rovigo.
Per tutti e tre la sentenza parla di «truffa
ai danni dello Stato e falso ideologico». A.
[Toni] Bisaglia
però li difende sostenendo che «nulla
hanno fatto al di là di aver interpretato la legge».
Commenta Giorgio Bocca: «Una
dichiarazione che è il rifiuto, la sconfessione, l'indifferenza
serene, totali verso lo Stato di diritto e le sue leggi».]
Alla fine dell'anno, a Padova, il procuratore della Repubblica Aldo
Fais dà il via all'indagine (che verrà prontamente
sottratta) sul complotto della "Rosa dei Venti".
dicembre, Mestre (Venezia), al "cinema Corso" si svolge
il congresso regionale della Dc;
[Per la prima volta emerge, ancora allo stato latente,
il contrasto tra A.
[Toni] Bisaglia
e Mariano Rumor.
Si sente parlare di "bisagliani" e di "rumoriani".
La prima testa che cade è quella del segretario regionale Giovanni
Bisson, accusato dai fedelissimi di Mariano
Rumor, in particolare dal segretario provinciale ed ex regionale
Delio Giacometti, di essere un bisagliano,
cioè di preferire la segreteria di A.
[Toni] Bisaglia
a quella di Mariano Rumor.
Cosa è accaduto?
Delio Giacometti non ha sopportato di essere
stato silurato come segretario regionale e vede di malocchio il giovane
Giovanni Bisson
che lo ha scavalcato.
A Paolo Berti dell' «Europeo»
e a Pansa del «Corriere della Sera»
spiegherà così Giovanni Bisson:
«Ogni rapporto con Rumor era filtrato da
Giacometti. Io ero segretario regionale, cercavo Rumor e non lo trovavo.
Dopo qualche giorno mi telefonava Giacometti e mi diceva: 'Go sentio
che te ghe sercà Mariano. Cosa vuto?' Lei capisce la situazione».
Mariano Rumor, come al solito, è irragiungibile perfino
dal segretario regionale, ma avvicinabile solo da alcuni intimi come
Delio Giacometti, Quintino
Gleria.
Giovanni Bisson finisce di aver contatti
solo con il ben più raggiungibile A.
[Toni] Bisaglia
e in particolare con il suo segretario Amedeo
Zampieri, di cui il rodigino ha una ammirazione sviscerata. Allora
gli amici di Mariano Rumor mettono subito
in cattiva luce Giovanni Bisson dicendogli
che lo tradisce, che ha rapporti preferenziali con A.
[Toni] Bisaglia
e così il presidente, ancora onnipotente, vuole la testa del
segretario che da questo momento in poi si eclisserà e entrerà
in quarantena fino al 1975 in cui Mariano Rumor,
dopo esser stato abbandonato da Delio Giacometti
e da altri, lo manderà a chiamare e lo metterà a capo
del suo nuovo gruppo, dandogli l'incarico di fare una relazione sulla
sua nuova concezione della poltiica e del partito nei convegni della
Montanina, e facendogli compilare la "vulgata" del suo nuovo
verbo, un librettino, una specie di catechismo marianeo: Una
proposta per la Dc. Questi i fatti visti in prospettiva.
I dorotei escono dal "cinema Corso" ancora più forti.
I 60 posti del comitato regionale vengono così distribuiti:
- 32 al gruppo Mariano Rumor-A.
[Toni] Bisaglia,
- 11 a "Forze Nuove",
- 7 ai morotei,
- 6 ai fanfaniani,
- 2 al gruppo G.
Andreotti-E.
Colombo,
- 2 alla "Base".]
1974
28 febbraio, il governo è già in crisi per le dimissioni
del Ministro del Tesoro U.
La Malfa (Pri);
[Si è dimesso per dissensi con i ministri socialisti
sul prestito del FMI (Fondo monetario internazionale)
e l'indirizzo di politica economica.
U.
La Malfa chiede una politica economica di maggiore austerità.
Ma i repubblicani contano poco.
Quello che ha messo in crisi il governo sono gli stessi motivi per cui
Mariano Rumor si era già dimesso
nel luglio del 1970.
A.
Fanfani e Mariano Rumor sperano,
con il ritorno al centro-sinistra, di avere l'acquiescenza dei partiti
di sinistra e dei sindacati ad una politica di sacrifici che riduce
drasticamente il livello di vita dei lavoratori e dei ceti subalterni.
Ma partiti di sinistra e sindacati non sono disposti ad avallare una
politica di questo genere a spese dei lavoratori. È dunque necessario
sconfiggerli politicamente e il referendum – come dirà Galli
– «pare l'arma più adatta per far
conseguire alla Dc una vittoria che avrebbe risolto tutti i suoi problemi».
Dopo la caduta di Mariano Rumor il ministro
del Mezzogiorno Donat Cattin brinda dalla
gioia con lo champagne in compagnia di amici.]
2 marzo, il governo si dimette;
14 marzo-23 novembre, presidente del Consiglio dei ministri
(V "governo
Rumor");
[Governo tripartito visto che il Pri
ha ritenuto di non rientrare a Palazzo Chigi.
Per il recente comportamento di Donat Cattin,
Mariano Rumor si irrita al punto che, d'accordo
con A.
Fanfani, lo lascia fuori dal governo regalando la poltrona
al socialista Mancini.
Ma l'ex ministro Donat Cattin si vendica
rilasciando un'intervista a Piero Ottone
in cui dichiara di avere le prove dello "scandalo di Gioia
Tauro" (insediamento voluto da Mancini
e da lui avversato) e di aver fornito i dati a un giornale che però
li avrebbe archiviati, forse per compliicità politicihe.
Anche quest’esperienza di governo si concluderà rapidamente,
a causa della crisi irreversibile della formula di centro-sinistra e
degli scossoni provocati sul quadro politico dal referendum
sul divorzio.]
30 marzo, dopo tre mesi di trattative, l'avv. Pietro
Feltrin, 46enne, di Oderzo (TV), consigliere regionale, viene
eletto segretario regionale della Dc, succedendo al "traditore"
Giovanni Bisson;
[La gestione della Dc veneta se la assumono
tutti i dorotei con la minuscola appendice della "Base".]
G.
Andreotti, rimasto per nove mesi in silenzio, morde ora il
freno per essere stato messo in "quaresima" e lascia una clamorosa
intervista all' «Espresso»;
[È un siluro diretto al trio A.
Moro-A.
Fanfani-Mariano Rumor che lo
hanno congelato. La minaccia è esplicita: «Stiamo
attenti all'ira dei calmi». G.
Andreotti minaccia A.
Fanfani di svelare i retroscena dello "scandalo
Montesi" da lui usato per liquidare la classe degli ex
popolari. Lo stesso può fare lui per far fuori chi lo vuole mettere
da parte. L'intervista ottiene l'effetto sperato. A.
Fanfani lo convoca e, nella prima crisi di governo, gli dà
il ministero caldo richiesto come condizione del suo silenzio: la Difesa.
Nel nuovo posto G.
Andreotti cova, nello studio degli esplosivi fascicoli del
SID, la sua rinascita politica che gli permettera di contendere la leadership
ai "due cavalli di razza" – A.
Fanfani e A.
Moro. Si fa mandare tutti i dossier "top secret"
contrassegnati dalla sigla "WW".]
Frattanto A.
Fanfani impegna la Dc sulla campagna contro il divorzio.
I dorotei hanno invece una linea molto diversa da quella dell'aretino.
Mariano Rumor, come presidente del consiglio,
rimane completamente assente dalla campagna per sancire la neutraltà
del governo, ma mette in guardia i suoi: «Stiamo
attenti di non inasprire la polemica con i socialisti sul divorzio,
sarebbe come innescare una bomba con due conseguenze disastrose: la
probabile caduta del ministero appena ricostituito e l'accentuarsi del
processo di sfaldamento del centro-sinistra».
Così la pensa anche A.
[Toni] Bisaglia
che si impegna pochissimo nella campagna dopo aver detto a A.
Fanfani che è una battaglia perduta per la Dc.
12 maggio, col referendum sul divorzio la Dc
subisce una dura sconfitta;
[A.
Fanfani viene battuto anche nel bianchissimo Veneto:
- province divorziste: Venezia (63,4%), Belluno (56,3%) e Rovigo (55,4%),
- province antidivorziste: Padova (38,1%), Treviso (47,6%), Verona (44,2%);
a Vicenza città vincono i divorzisti (53,4% no) e in provincia
gli antidivorzisti (61,1% sì).
La stangata del referndum, seguita dalla sconfitta delle elezioni sarde,
rende incandescente il clima nella Dc e di riflesso
nel governo.
Mariano Rumor si dimette ma Giovanni Leone
lo rimanda davanti alla Camera e il centro-sinistra riprende zoppicando
la propria strada. Alla sconfitta A.
Fanfani oppone una energica reazione che non tollera critiche.
Donat Cattin e Bodrato
vengono cacciati dalla direzione e il vicesegretario Marcora
segue l'esempio di A.
[Toni] Bisaglia
e si dimette.]
8 giugno, G.
Andreotti è pronto per l'intervista dell'anno.
[Chiama nel suo ufficio Massimo
Caprara del «Mondo» e gli annuncia la sostituzione
del gen. Miceli, da sempre legato ad A.
Moro, con l'ammiraglio Mario Casardi.
Poi la bomba.
Fa finta di parlare per caso di un certo Guido
Giannettini e rivela la vicenda, rimasta finora sconosciuta,
del fatto che il SID aveva «coperto»
il ruolo d'informatore del servizio segreto di Guido
Giannettini.
Afferma G.
Andreotti: «Fu un grave errore,
bisognava dire la verità: cioè che Giannettini era un
informatore regolarmente arruolato nel SID e puntuale procacciatore
di notizie come quelle relative all'organizzazione della strage».
È un siluro contro Mariano Rumor.
La decisione di coprire la spia del SID Guido
Giannettini era avvenuta nell'agosto del 1973, ma Mariano
Rumor, al processo di Catanzaro per la "strage di Piazza
Fontana", dirà di non saperne nulla.]
18 luglio, si riunisce il consiglio nazionale della
Dc;
[Marcora si giustifica dicendo
che la «Dc
non promosse né incoraggiò il referendum».
La sua relazione viene approvata.
In questa occasione A.
[Toni] Bisaglia
legge 21 cartelle che vengono interpretate come una specie di autocandidatura
alla segreteria. È il discorso di Soave in edizione riveduta
e corretta dopo la lezione del referendum. Il rodigino nota che lo spauracchio
dell'anticomunismo non ha più presa sull'elettorato.
È significativo che lo dica un doroteo che ha fatto e fa dell'anticomunismo
una bandiera redditizia in termini elettorali.
Il prof. Nello Beghin, forzanovista padovano,
commenta così il discorso di A.
[Toni] Bisaglia:
«Di lui ognuno apprezza la intraprendenza,
ma non pochi considerano con qualche apprensione la spregiudicata capacità
di mobilitare voti con metodi clientelari». Egli lamenta
due concezioni distorte della Dc: quella del rodigino
che vede il partito come una componente di ceti medi e quella di Carlo
Fracanzani [il conte rosso] che
lo concepisce come un partito demo-radicale. I due onorevoli finiranno
per allearsi nell'ottobre 1977 a Padova…
Allo stesso consiglio nazionale Pansa annota
una battura di A.
Moro: «la Dc nelle mani
di Bisaglia? Allora mille volte meglio Fanfani!».]
agosto, strage dell' "Italicus";
superate le difficoltà estive A.
Fanfani riparte con un'altra manovra diretta a presentare
uno scontro frontale tra un blocco moderato guidato dalla Dc
e lo schieramento di sinistra egemonizzato dal Pci.
[Egli manda in avanscoperta Tanassi
(Psdi) che definisce impossibile la collaborazione con il Psi
e inesistente una maggioranza senza il Psi: occorrono
quindi elezioni anticipate che preparino un centrismo di ferro.
La prima conseguenza delle dichiarazioni di Tanassi
contro il Psi è la messa in crisi del "governo Rumor"
che si dimette.
Giovanni Leone dà l'incarico a A.
Fanfani. Questi vorrebbe lanciare un appello agli italiani
accusando i socialisti di portare l'Italia alla rovina e al caos con
un governo in balia dei sindacati. Pensa perciò di rinunciare
all'incarico, di chiedere a Giovanni Leone
di sciogliere le Camere perché gli italiani possano decidere
tra una libera democrazia e l'avvento dei comunisti al potere. Telefona
a Mariano Rumor, presidente del consiglio
dimissionario, perché sia convocata la direzione della Dc.
A.
Fanfani vuole che essa dichiari che il Psi
ha rotto le trattative e che ha ucciso il centro-sinistra.
Questa volta Mariano Rumor dice un no secco.
Uno scontro frontale del genere potrebbe avere conseguenze destabilizzanti
imprevedibili, potrebbe scatenare una guerra civile. Mariano
Rumor punta i piedi e si rifiuta. Dice che i dorotei sono favorevoli
al proseguimento delle trattative.
A.
Fanfani consulta il presidente del consiglio nazionale e
il moroteo B.
Zaccagnini che, come Mariano Rumor,
rifiuta decisamente.
L'incarico allora viene affidato ad A.
Moro. Spostamento a sinistra, asse preferenziale
con Psi.
A.
Moro è disposto a costituire un monocolore che abbia
l'appoggio dei socialisti e dei repubblicani.
Questa volta i dorotei sono d'accordo con A.
Fanfani: non possono permettere un governo troppo spostato
a sinistra, che potrebbe far perdere alla Dc il consenso
di un settore del suo elettorato moderato.
Il 1° novembre la direzione della Dc deve decidere.
Viene inventata una soluzione per non scegliere: A.
Moro farà un bipartito con il Pri
e il Psdi lo voterà insieme con il Psi.
23 novembre-12 febbraio 1976, ministro degli Affari esteri
(IV "governo
Moro");
[A.
Moro licenzia G.
Andreotti dalll'incarico di Ministro della Difesa attribuendogli
un ministero finanziario.]
24 novembre, Vicenza, al teatro "San Marco" si svolge
il 27° congresso provinciale della Dc;
[I bisagliani mettono in minoranza gli amici fedeli a
Mariano Rumor. Gli eletti al congresso
sono:
- 18 bisagliani:
. Ugo Saoncella,
. Munaretto,
. Galvanin,
. Elia Ciscato,
. Giuseppe Zuech,
. Camillo Cimenti,
. Gaetano Fontana,
. Giuliano Zoso,
. Mariano Carollo,
. Armando Antoniazzi,
. Pietro Mazzocchin,
. Giuseppe Facci,
. Domenico De Boni,
. Lorenzo Girotti,
. Andrea Campagnolo,
. Domenico Rigon,
. Gianfranco Toniolo,
. Gelmina Griggio.
[Con essi è anche anche il segretario provinciale Delio
Giacometti che ha abbandonato Mariano Rumor,
ma per ora fa il doppio gioco.]
- 6 rumoriani:
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Corazzin,
. Rino Folco,
. Bruno Costa,
. Marcello Borgo,
. Giuseppe Splendore.
Al rinnovo delle cariche Delio Giacometti
è confermato segretario. (Non molto tempo dopo A.
[Toni] Bisaglia
gli darà un regalo personale: la presidenza della Simep
(Società italiana motori elettrici e pompe), la ex Pellizzari,
1200 dipendenti, al 50% Finmeccanica e
al resto Ansaldo San Giorgio del Gruppo
IRI, appartenente alle
Partecipazioni Statali di cui A.
[Toni] Bisaglia
è il nuovo ministro.
Delio Giacometti non ci sta ad essere tacciato
di traditore, lo dice anche a Mariano Rumor
in persona, che però non lo guarda più in faccia come
l'altra volta con Francesco Guidolin, ma
per lui la vita da segretario diventa ormai impossibile. Tuttavia, nonostante
il veto di Mariano Rumor, il rodigino gli
darà un seggio senatoriale alle politiche del 1975 (seggio riconfermato
anche nel 1979) che lo porterà a Roma fuori dai miasmi vicentini).
Nella distribuzione dei posti della direzione provinciale troviamo 8
bisagliani contro 3 rumoriani.
Allo stesso congresso, mentre i dorotei spaccati in due fra rumoriani
e bisagliani hanno ottenuto il 74,4%, i forzanovisti hanno raggiunto
il 25,2% vedendo eletti: Luciano Righi,
Giovanni Todesco, Germano
Rudella, Giovanni Giuliari, Sergio
Brusadin, Chiminello e Bellò.
Essi, come avverrà a Padova, preferiscono allearsi con i giovani
bisagliani piuttosto che con la vecchia guardia rumoriana che li ha
sempre emarginati.]
14 dicembre, A.
[Toni] Bisaglia
si reca a Malo a casa del fedelissimo Munaretto,
futuro segretario provinciale, per festeggiare la vittoria;
[Nell'occasione offre alle signore presenti degli stivaletti
di cuoio.]
24 dicembre, i rumoriani stendono un documento ufficiale di
protesta che presentano a Mariano Rumor.
[È una dura accusa al segretario provinciale
Delio Giacometti per il
suo «atteggiamento parziale»
e ai bisagliani per il loro «spirito antiunitario
e discriminatorio». Il documento, firmato da dai rumoriani:
. Giacinto Santacaterina,
. Antonio Corazzin,
. Rino Folco,
. Bruno Costa,
. Marcello Borgo,
. Giuseppe Splendore,
annuncia il rifiuto dei rumoriani di collaborare con la nuova maggioranza.
Accuse sono rivolte anche alla minoranza forzanovista guidata da Luciano
Righi.]
1975
22 febbraio, Vicenza, si svolge una riunione dei fedeli rumoriani,
convocata da Mariano Rumor;
[Alla riunione, promossa da Pellizzari,
Corazzin, Gleria,
Gianpietro e Ginepro
Morandini ecc., tutti gli amici hanno finalmente l'occasione
di sfogarsi contro il clientelismo, l'arrivismo, la corruzione portata
nel partito dagli amici di A.
[Toni] Bisaglia.
. Lino Zio fa il solito rimprovero che
Mariano Rumor non ha, a differenza di altri,
una buona segreteria;
. Domenico Lonedo rinfaccia al capo di
esser come la madonna di Monte Berico che deve essere pregata per sentire
i suoi figli;
. Gino Rigon osserva con delusione: «dovevi
tu, caro Mariano, fare la scelta degli uomini e non esser scelto tu
da alcuni», accusandolo di essersi circondato di persone
malviste e interessate che gli fanno un cattivo servizio;
. Alberto Zocca si rammarica che Mariano
Rumor abbia lasciato agire indisturbato il gruppo bisagliano
di Giuseppe Dal Maso che ha assunto una
posizione «gretta e chiusa».
Risponde Mariano Rumor: «La
linea politica ai dorotei la do io e io solo, perché sono in
grado di farlo e perché sono io la guida. Per quanto riguarda
la mia presenza o assenza da Vicenza, accuso il colpo.
Ho sbagliato ma credevo fosse meglio così per non essere accusato
di condizionare la politica cittadina. Ma ora mi impegno solennemente
di intervenire in prima persona in città e in provincia.
Corre voce che io vada in pensione, ma io assicuro che Mariano Rumor
è ancora in forze per brillare per 5 oppure 6 anni ancora a livello
nazionale e poi per ritornare a Vicenza. E per quanto riguarda il dualismo
Rumor-Bisaglia rispondo che la corrente di Iniziativa Popolare a Vicenza
deve riferirsi solo ed esclusivamente ai leaders vicentini, perché
il gruppo doroteo può e deve agire a Vicenza autonomamente. Non
ho capito poi perché sulla stampa locale e nazionale si sia scritto
che all'ultimo congresso ho subito una grande sconfitta quando ho parlato
appaludito da tutti».
Si arriva alla battaglia per la campagna elettorale del 15 giugno.
[La cerca di voti avviene a base di cene, pranzi, di
posti, di mutui, di finanziamenti. I più corteggiati sono sempre
i parroci della provincia.
Ma non è più come una volta. Per esempio il parroco
di Gallio, don Ruggero Ferrazzi, rispedisce
l'assegno al mittente.
Ai soliti premi per i capi bisagliani si aggiungono fiammanti e nuovissime
alfette blu e viaggi all'estero a spese dello Stato.]
15 giugno, si svolgono le elezioni regionali;
[L'elettorato premia il Pci che ha impostato
la sua campagna sulla corruzione del potere democristiano, presentandosi
come il partito delle mani pulite.
I consiglieri comunali comunisti da una cinquantina dilagano a 170 e
nel consiglio comunale del centro piuccheraddoppiano.
In città salgono da 4 consiglieri a 9, la Dc
in provincia perde più del 5% (dal 65,5% del 1972 scende al 59,2%)
e il Pci da 36.711 del 1970 passa a 63.717 dal 9% al
13%.
Andrea Cestonaro, segretario provinciale
del Pci dice che la Dc non può
più andare avanti gestendo il partito «al
vecchio modo dei dorotei».
Mariano Rumor vuole imporre al posto del
moroteo Giorgio Sala, come sindaco della
città, Lorenzo Pellizzari ma gli
si parano contro bisagliani e forzanovisti.
[Dopo tre mesi di lotta e cannibalismo Giorgio
Sala getterà la spugna e si ritirerà per lasciare
posto ad una scialba figura di sindaco che non dà fastidio a
nessuno il medico Giovanni Chiesa).
Posto a capo della giunta al posto di Lorenzo
Pellizzari (uomo di provata esperienza politico-amministrativa,
ma privo di appoggi interni da parte delle correnti fracanzaniana e
dorotea) Giovanni Chiesa non brillerà
per particolari meriti. Fra i problemi più urgenti: la crisi
finanziaria del Comune per mancanza di liquidità. Si distinguerà
invece nel reperimento dei fondi necessari l'assessore Balzi,
amministratore attivo e intrapredente. Sotto la sua gestione le Aziende
Municipalizzate saranno ristrutturate e i bilanci portati in pareggio.
Nel novembre del 1981 Giovanni Chiesa sarà
sostituito dal giovane e dinamico Antonio Corazzin.]
In Regione sono eletti primo fra tutti il bisagliano Franco
Borgo, con i voti della Coldiretti, Giuseppe
[Pino] Sbalchiero,
Francesco Guidolin, Pietro
Fabris, Luciano Righi, Gino
Rigon. Tre dotorei, due forzanoisti che poi si divideranno fra
Luciano Righi che, come capocorrente del
gruppo di Carlo Fracanzani, si farà
dare un posto in giunta e Francesco Guidolin
forzanovista che fa capo a livello nazionale a Donat
Cattin.
Non ce la fanno la bisagliana Giuseppina Dal Santo
(che sostituirà il doroteo Gino Rigon
quando costui, per motivi personali, si dimetterà), Giovanni
Bisson, Angelo Foletto.
A livello nazionale la Dc scende al 35% e il Pci sale al 33%.
luglio, si svolge il XII consiglio nazionale della Dc;
[La sconfitta della Dc
alle elezioni regionali, porta all’allontanamento di A.
Fanfani dalla segreteria del partito;
Mariano Rumor viene proposto da A.
Moro quale nuovo segretario del partito, ma subisce il veto
di alcuni membri della sua stessa corrente; a causa di questo veto,
egli abbandona i dorotei, avvicinandosi alle posizioni
del nuovo segretario B.
Zaccagnini.
Prima di uscire dalla corrente che lui stesso aveva fondato nel lontano
1951, Mariano Rumor esclama: «Credevo
di essere in una corrente e mi sono ritrovato in una banda».
]
1976
5 febbraio, scoppia in Italia lo "scandalo
Lockheed";
12 febbraio-29 luglio, ministro degli Affari esteri (V
"governo
Moro");
[In seguito alla scissione dorotea, Mariano
Rumor viene lentamente escluso da incarichi rilevanti nel partito
e nel governo. Dopo essere stato Ministro degli Esteri negli ultimi
due governi guidati da A.
Moro, il quarto e il quinto (1974-1976), non assumerà
più alcuna carica ministeriale.]
21 marzo, domenica, al Palasport si compie il destino di Mariano
Rumor, uno dei capi storici della Dc.
[Protagonista della scissione dorotea egli è, come Colombo, uno
dei capi moderti che hanno tradito, passado dalla parte di zaccagnini.
Per questo è inviso sia alal destra e malsopportato a sinistra]
20 giugno, si svolgono le elezioni politiche anticipate;
Elezioni
politiche
[Vicenza, 20 giugno 1976
Abitanti ? - Consiglieri 40
v.v. ?] |
Partiti
|
Voti |
% |
Seggi |
Eletti |
Preferenze |
Note |
Dc
[Democrazia cristiana] |
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Psdi
[Partito socialista democratico italiano] |
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Pri
[?] |
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Pli
[?] |
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Psi |
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Pci |
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UP |
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PNM |
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MSI |
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USI |
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PEU |
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PFI |
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PRS |
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Totali |
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100,00 |
|
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|
- Dc,
in provincia, perde qualcosa relativamente alle politiche del
1972 passando dal 65,5% al 62,2%.
- Pci passa dal 9,5% al 14,7% aumentando di poco
il successo dell'anno precedente in cui aveva raggiunto il 14,5%.
- Psi cala dall'11,6% delle provinciali del 1975
all'8,8%.
Nelle preferenze:
1° - A.
[Toni] Bisaglia
103.631 (perdendo circa trentamila voti rispetto a 138.241 del
1972).
2° - Mariano Rumor 74.059 (da
266.710).
3° - Carlo Fracanzani 51.293
(da 57.623).
Gli altri perdono in genere, eccetto Giuseppe
Dal Maso 45.006 (da 42.555).
Una generale vittoria dei giovani contro i vecchi sconfitti (Canestrari,
Michelangelo Dall'Armellina, Giorgio
Oliva, Dotti, ecc.).
Tra i senatori vengono eletti i soliti Onorio
Cengarle, Renato Treu e, per
la prima volta, Delio Giacometti.
Fra i deputati sono eletti: Giuseppe Dal
Maso, Giuseppe Dal Maso e
il solito Renato Corà.
|
5 luglio, rieletto deputato (VII Legislatura – 1976 lug-19
giu 1979) per la Dc
nella circoscrizione VERONA;
[Ma perde quasi duecentomila preferenze.
Con l'umiliazione di arrivare in provincia dopo un oscuro coldiretto,
bisagliano, esperto di vacche bruno alpine, Giuseppe
Zeuch e in città, suo feudo da sempre, di lasciare il
passo a un ignoto professorino di scuola media seguace di Carlo
Fracanzani tale Francesco Giuliari.
E la sconfitta più bruciante di non arrivare primo nella lista
dei deputati e di avere circa trentamila preferenze in meno del suo
ex figlioccio-rivale A.
[Toni] Bisaglia.
Al graduale venire meno della sua immagine religioso-carismatica ha
contribuito il fatto che ormai a Roma e a Vicenza egli è il capo
della corrente democristiana più criticata per la sua spregiudicata
gestione del potere.
Questo spiega da una parte l'allontanamento progressivo dell'elettorato
delle ACLI che, per bocca del suo primo segretario
Mario Spagnolo, esprime, in un pubblica
lettera, la sua protesta contro colui che «ha
strumentalizzato per anni la buona coscienza dei cittadini e perfino
la loro fede religiosa per assicurare un potere sempre più forte
e clientelare e che oggi ha perduto il diritto della sua fiducia»,
dall'altra l'abbandono del suo elettorato più vasto e il tracollo
verticale come conseguenza dello "scandalo
Lockheed".
La mancanza di valide alternative alla sua figura carismatica (A.
[Toni] Bisaglia
si presenta subito al suo elettorato come una personalità laica)
può dare una ragione del progressivo calo, anche se non ancora
rilevante della Dc, dalle elezioni politiche dal 1972
in poi.]
29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo
Andreotti");
in seguito alla scissione dorotea, egli viene lentamente escluso
da incarichi rilevanti nel partito e nel governo;
È coinvolto nello "scandalo Lockheed".
[Sarà successivamente prosciolto dalle accuse.]
1977
ottobre, Padova, A.
[Toni] Bisaglia
e Carlo Fracanzani [il
conte rosso] si alleano mettendo in crisi la segreteria morotea
(legata a Luigi Gui) di Giaretta;
[Giaretta definisce l' "accordo
Bisaglia-Fracanzani" «una
operazione di potere politicamente equivoca, contraria a un processo
di rinnovamento del partito e alla storia stessa della Dc».]
4 novembre, sdegnato dalla «alleanza
innaturale» Fabio Gasperini
abbandona la corrente dorotea e in una lettera "Perché
ho lasciato Bisaglia" accusa il rodigino di incoerenza e
di spregiudicatezza politica;
[Era la prima testa di ponte di A.
[Toni] Bisaglia
nell'isola di Padova.]
1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo
Andreotti");
[Secondo il disegno di A.
Moro, la Dc accetta di far entrare i comunisti
nella maggioranza di governo limitatamente al peridoo dell' «emergenza».]
14 marzo, Giuseppe Marton, deputato
di "Forze Nuove" di Treviso, rilascia un'intervista a «Panorama»;
[«Qui nel Veneto Toni Bisaglia,
così intransigente a Roma, non ha esitato a concedere poltrone
al Pci più di quante gli stessi comunisti immaginassero.
Il suo obiettivo è il compromesso storico occulto».
Di qui il fondato sospetto che le varie teorie politiche rivedute
e corrette di A.
[Toni] Bisaglia,
agli effetti pratici, si riducano poi a tatticismi che hanno l'unico
fine della conservazione e spartizione del potere.]
16 marzo, giovedì, un commando delle Brigate
Rosse rapisce A.
Moro;
9 maggio, Roma, via Caetani, A.
Moro viene trovato morto dentro una Renault 4.
ottobre, Montecatini Terme, si svolge un convegno dei dorotei;
[A.
[Toni] Bisaglia
propone di superare l' «emergenza»
e mette in guardia i suoi dalla politica del confronto con il Pci,
precisando che «nella gestione del confronto
noi vogliamo esser protagonisti e non spettatori stravaganti e solitari».]
1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo
Andreotti");
20 aprile, si svolge il consiglio nazionale della Dc;
aprile, A.
Fanfani dichiara alla «Stampa» di esser favorevole
a una presidenza socialista;
[Commenta la «Repubblica»: «Ma
circola anche la voce che Bisaglia pensi a entrare lui stesso a Palazzo
Chigi, appoggiato dai socialisti ai quali cederebbe ministeri e presidenze
di enti e banche di rilievo».]
3 giugno, eletto senatore (VIII Legislatura
– 1979 20 giu-11 lug 1983) per la Dc
in VENETO;
[Della disaffezione dell'elettorato democristiano può
essere un dato significativo la percentuale dei voti Dc
al Senato del collegio di Vicenza dal 1972 (52,7%) al 1979 (46,2%).
Nelle elezioni del 1979, anno in cui egli si presenta, le schede bianche
sono più di 2.800, mentre, nel seggio di Bassano, in cui si presenta
A.
[Toni] Bisaglia,
la percentuale cade dal 69,0% al 66,6% e le schede bianche sono più
di 2.500.]
luglio, un giornalista del «Mondo» intervista A.
[Toni] Bisaglia;
[Alla domanda: «Lei propose
la presidenza del consiglio al Psi al congresso democristiano
del 1976. La sua proposta è la stessa?» egli risponde:
«Credo che il modo corretto di affrontare
e risolvere il problema sia quello di realizzare condizioni di eguale
dignità fra Dc e i partiti di democrazia laica.
Una volta che tutti questi partiti fossero d'accordo su quali obiettivi
raggiungere e come raggiungerli, la discussione potrà riguardare
sia la presidenza del consiglio, sia la proposta sull'accorpamento di
alcuni ministeri, sia la qualità di essi».
Insomma A.
[Toni] Bisaglia
propone la presidenza del consiglio al Psi pur di staccarlo
dall'alleanza tattica e strategica con il Pci.]
4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo
Cossiga");
Eletto deputato al Parlamento europeo nel corso della sua prima legislatura
(1979-84).
27 dicembre, in un'intervista a «Repubblica» A.
[Toni] Bisaglia
propone una nuova legge elettorale;
[… perché «il nostro
sistema elettorale non consente la scelta diretta della maggioranza
di governo. So bene che il tema della riforma del sistema elettorale
suscita reazioni emotive, ma bisogna parlarne. Credo infatti che la
prima emergenza da affrontare, e che potrebbe giustificare qualsiasi
fase costituente, sia proprio quella di raccordare tutte le forze costituzionali
attorno a una proposta che consenta agli elettori di saper per quale
maggioranza votano».]
1980
18 febbraio, si svolge il XIV congresso nazionale della
Dc;
[Mentre il collega F.
Piccoli pronuncia un discorso possibilisa, nel tentativo
di portare la corrente dorotea vicina alle posizioni di B.
Zaccagnini e G.
Andreotti, invece A.
[Toni] Bisaglia,
su pressione dei deputati dorotei che minacciano di abbandonare il congresso,
pronuncia un discorso di rottura proclamando un duro «no»
all'ingresso del Pci al governo ed è uno dei
promotori del «preambolo Donat Cattin»
che, con forzanovisti, fanfaniani, rumoriani, colombei, e del gruppo
di "Proposta", conquista la maggioranza, mette in minoranza
il gruppo B.
Zaccagnini-G.
Andreotti e poi, nel marzo successivo porta alla segreteria
F.
Piccoli e
A.
Forlani alla presidenza del partito.]
4 aprile-18 ottobre, (II "governo
Cossiga");
ottobre, in un'intervista a «Repubblica» A.
[Toni] Bisaglia
si rimangia la proposta di conferire la presidenza del consiglio ai
socialisti;
[Egli dice che «per i democristiani
sarebbe una ingiustizia che Craxi andasse a Palazzo Chigi».
Alla domanda: «Ma lei una cambiale con il
Psi per il passaggio alla presidenza l'ha firmata oppure
no?» il rodigino risponde: «questa
firma me la attribuiscono dal 1976. Posso dire che la Dc,
per sua natura, non firma cambiali e tanto meno io».]
18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo
Forlani");
novembre, A.
[Toni] Bisaglia
si dimette;
[In seguito alle rivelazioni del senatore missino Giorgio
Pisano che ha letto in Senato la minuta di una lettera di Mino
Pecorelli,nella quale il noto giornalista gli chiedeva di liquidare
contributi non versati alla sua agenzia.]
1981
28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo
Spadolini");
novembre, in una intervista all' «Espresso» A.
[Toni] Bisaglia
dichiara:
[«Un governo Craxi rafforzerà
la legislatura. Io ho posto fin dal 1976 il problema di un governo a
guida socialista e, come si vede, non era per ragioni gattopardesche».]
1982
23 agosto-1° dicembre, (II "governo
Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo
Fanfani);
1983
26 giugno, rieletto senatore (IX Legislatura – 1983 12 lug-1 lug 1987)
per la Dc
in VENETO;
4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo
Craxi");
1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo
Craxi");
1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo
Fanfani);
14 giugno, rieletto senatore (X Legislatura – 1987 2 lug-22 apr
1992) per la Dc
in VENETO;
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo
Goria");
1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo
De Mita");
1989
22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo
Andreotti");
1990
22 gennaio, muore.
[Al Senato viene sostituito da Vielmo
Duò.]
____________________________
La scissione dorotea e la fine della carriera
La sconfitta alle elezioni regionali del 1975 portò all’allontanamento
di Fanfani dalla segreteria del partito. Rumor fu proposto da Moro quale
nuovo segretario del partito, ma subì il veto di alcuni membri
della sua stessa corrente. A causa di questo veto, Rumor abbandonò
i dorotei, avvicinandosi alle posizioni del nuovo segretario Benigno
Zaccagnini.
In seguito alla scissione dorotea, Rumor fu lentamente escluso da incarichi
rilevanti nel partito e nel governo. Dopo essere stato Ministro degli
Esteri negli ultimi due governi guidati da Moro, il quarto e il quinto
(1974-1976), non avrebbe più assunto alcuna carica ministeriale.
Coinvolto nello scandalo Lockheed, venne successivamente prosciolto
dalle accuse.
Eletto deputato al Parlamento europeo nel corso della sua prima legislatura
(1979-1984), e fu inoltre senatore nella VIII, IX e X legislatura, morendo
in carica.
I GOVERNO RUMOR 1968 12 dicembre-5 agosto 1969
Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
9
3
369
Partito Comunista Italiano
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
31
24
23
6
261
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
2
2
185
PCI-PSI di Unità Proletaria
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
16
11
2
130
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Presidente del Consiglio dei ministri [I]
1968 12 dicembre-5 agosto 1969
Mariano Rumor (DC)
Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Francesco De Martino (PSI)
Segretario del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia (DC)
Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Francesco Albertini, Cesare Bensi, Antonio Bonadies, Giuseppe Di Vagno
Ministeri senza portafoglio
Interventi straordinari nel Mezzogiorno e nelle aree depressive
del Centro-Nord
Paolo Emilio Taviani (DC)
Rapporti fra Governo e Parlamento
Crescenzo Mazza (DC) fino al 24/03/69
Carlo Russo (DC)dal 24/03/69
Ricerca scientifica
Salvatore Lauricella (DC)
Riforma della pubblica amministrazione
Eugenio Gatto (DC)
MINISTERI
Affari esteri
Ministro Pietro Nenni (PSI)
Sottosegretari Franco Maria Malfatti (fino al 14/02/69), Mario Pedini,
Mario Zagari
Interno
Ministro Franco Restivo (DC)
Sottosegretari Ciriaco De Mita, Remo Gaspari, Pier Luigi Romita, Angelo
Salizzoni
Grazia e Giustizia
Ministro Silvio Gava (DC)
Sottosegretari Leonetto Amadei, Renato Dell'Andro
Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Giuseppe Caron (fino al 14/02/69), Franco Maria Malfatti
(dal 14/02/69)
Finanze
Ministro Oronzo Reale (PRI)
Sottosegretari Giovanni Elkan, Annibale Fada, Anselmo Martoni
Tesoro
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Guido Ceccherini, Bonaventura Picardi, Adolfo Sarti,
Giuseppe Sinesio
Difesa
Ministro Luigi Gui (DC)
Sottosegretari Francesco Cossiga, Francesco Ferrari, Mario Marino Guadalupi
Pubblica Istruzione
Ministro Fiorentino Sullo (DC) (fino al 24/03/69)
Mario Ferrari Aggradi (DC) (dal 24/03/1969)
Sottosegretari Oddo Biasini, Carlo Buzzi, Michele Pellicani, Elio Rosati
Lavori Pubblici
Ministro Giacomo Mancini (PSI)
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Barbaro Lo Giudice
Agricoltura e Foreste
Ministro Athos Valsecchi (DC)
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Arnaldo Colleselli, Nello Mariani
Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Mariotti (PSI)
Sottosegretari Remo Sammartino, Emanuele Terrana, Luigi Angrisani, Aldo
Venturini
Poste e Telecomunicazioni
Ministro Mario Ferrari Aggradi (DC) (fino al 24/03/69)
Crescenzo Mazza (DC) (dal 24/03/69)
Sottosegretari Bernardo D'Arezzo, Calogero Volpe
Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Vito Lattanzio, Emanuela Savio, Dante Schietroma
Sanità
Ministro Camillo Ripamonti (DC)
Sottosegretari Gianni Usvardi, Giovanni Zonca
Commercio con l'Estero
Ministro Vittorino Colombo (DC)
Sottosegretari Venerio Cattani, Dante Graziosi
Marina Mercantile
Ministro Giuseppe Lupis (PSDI)
Sottosegretari Cesare Angelini, Giuseppe Machiavelli
Partecipazioni Statali
Ministro Arnaldo Forlani (DC)
Sottosegretari Riccardo Misasi, Francesco Principe
Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Giacomo Brodolini (PSI)
Sottosegretari Vincenzo Bellisario, Franco Tedeschi, Mario Toros
Turismo e Spettacolo
Ministro Lorenzo Natali (DC)
Sottosegretari Piero Caleffi, Vincenzo Scarlato
II GOVERNO RUMOR 1969 5 agosto-27 marzo 1970
Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Liberale Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
31
9
3
400
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
24
23
6
230
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Liberale Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
16
2
2
201
PCI-PSI di Unità Proletaria
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
11
2
114
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Presidente del Consiglio dei ministri [II]
1969 5 agosto-27 marzo 1970
Mariano Rumor
Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Paolo Emilio Taviani
Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia, Mario Baldini, Antonio Bonadies, Renzo Forma, Attilio
Iozzelli
Ministeri senza portafoglio
Rapporti fra Governo e Parlamento
Carlo Russo
Ricerca scientifica
Arnaldo Forlani fino all'11/11/69
Giorgio Bo dall'11/11/69
Riforma della pubblica amministrazione
Eugenio Gatto
MINISTERI
Affari esteri
Ministro Aldo Moro
Sottosegretari Dionigi Coppo, Mario Pedini
Interno
Ministro Franco Restivo
Sottosegretari Ciriaco De Mita (fino al 17/01/70), Ernesto Pucci, Angelo
Salizzoni, Adolfo Sarti
Grazia e Giustizia
Ministro Silvio Gava
Sottosegretari Renato Dell'Andro, Erminio Pennacchini
Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Giuseppe Caron
Sottosegretari Paolo Barbi
Finanze
Ministro Giacinto Bosco
Sottosegretari Luigi Borghi, Filippo Micheli (dal 07/08/69), Michele
Tantalo
Tesoro
Ministro Emilio Colombo
Sottosegretari Fortunato Bianchi, Annibale Fada, Bonaventura Picardi,
Giuseppe Sinesio
Difesa
Ministro Luigi Gui
Sottosegretari Francesco Cossiga, Guglielmo Donati, Giovanni Elkan
Pubblica Istruzione
Ministro Mario Ferrari Aggradi
Sottosegretari Vincenzo Bellisario, Carlo Buzzi, Dino Limoni, Elio Rosati
Lavori Pubblici
Ministro Lorenzo Natali
Sottosegretari Pio Alessandrini, Barbaro Lo Giudice, Vincenzo Russo
Agricoltura e Foreste
Ministro Giacomo Sedati
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Arnaldo Colleselli, Luciano Radi
Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Remo Gaspari
Sottosegretari Onorio Cengarle, Heros Cuzari, Sebastiano Vincelli
Poste e Telecomunicazioni
Ministro Athos Valsecchi
Sottosegretari Bernardo D'Arezzo, Francesco Ferrari, Calogero Volpe
Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Domenico Magrì
Sottosegretari Loris Biagioni, Vito Lattanzio, Emanuela Savio
Sanità
Ministro Camillo Ripamonti
Sottosegretari Maria Pia Dal Canton, Beniamino Gaetano De Maria
Commercio con l'Estero
Ministro Riccardo Misasi
Sottosegretari Paolo Berlanda, Luigi Caiazza
Marina Mercantile
Ministro Vittorino Colombo
Sottosegretari Vittorio Cervone, Salvatore Mannironi
Partecipazioni Statali
Ministro Franco Maria Malfatti
Sottosegretari Vincenzo Scalato
Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Carlo Donat-Cattin
Sottosegretari Leandro Rampa, Mario Toros, Mario Vetrone
Turismo e Spettacolo
Ministro Giovanni Battista Scaglia
Sottosegretari Franco Evangelisti, Gino Zannini
III GOVERNO RUMOR 1970 27 marzo-6 agosto
Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 266
91
9
3
369
Partito Comunista Italiano
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 177
31
24
23
6
261
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Unificato
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Totale Maggioranza 135
46
2
2
185
PCI-PSI di Unità Proletaria
Partito Liberale Italiano
Movimento Sociale Italiano
PDI di Unità Monarchica
Totale Opposizione 101
16
11
2
130
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Presidente del Consiglio dei ministri [III]
1970 27 marzo-6 agosto
Mariano Rumor
Vicepresidente del Consiglio dei ministri
Francesco De Martino
Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Antonio Bisaglia, Aurelio Curti, Giuseppe Di Vagno, Francesco Fossa,
Giovanni Zonca
Ministeri senza portafoglio
Compiti politici particolari e di coordinamento, con speciale
riguardo alla presidenza della delegazione italiana all'Onu
Giacinto Bosco fino al 09/06/70
Carlo Russo dal 09/06/70
Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Paolo Emilio Taviani
Problemi relativi all'attuazione delle regioni
Eugenio Gatto
Rapporti fra Governo e Parlamento
Mario Ferrari Aggradi
Ricerca scientifica
Camillo Ripamonti
Riforma della pubblica amministrazione
Remo Gaspari
MINISTERI
Affari esteri
Ministro Aldo Moro
Sottosegretari Alberto Bemporad, Mario Pedini, Angelo Salizzoni
Interno
Ministro Franco Restivo
Sottosegretari Nello Mariani, Adolfo Sarti, Francesco Tedeschi, Ernesto
Pucci
Grazia e Giustizia
Ministro Oronzo Reale
Sottosegretari Michele Pellicani, Erminio Pennacchini
Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti
Sottosegretari Barbaro Lo Giudice
Finanze
Ministro Luigi Preti
Sottosegretari Gioacchino Attaguile, Luigi Borghi, Giuseppe Machiavelli
Tesoro
Ministro Emilio Colombo
Sottosegretari Venerio Cattani, Bonaventura Picardi, Dante Schietroma,
Giuseppe Sinesio
Difesa
Ministro Mario Tanassi
Sottosegretari Mario Marino Guadalupi, Attilio Iozzelli, Vito Lattanzio
Pubblica Istruzione
Ministro Riccardo Misasi
Sottosegretari Oddo Biasini, Elena Gatti Caporaso, Pier Luigi Romita,
Elio Rosati
Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella
Sottosegretari Luigi Angrisani, Carlo Russo, Vincenzo Scarlato
Agricoltura e Foreste
Ministro Lorenzo Natali
Sottosegretari Dario Antoniozzi, Anselmo Martoni, Giuseppe Tortora,
Giovanni Venturi
Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Italo Viglianesi
Sottosegretari Onorio Cengarle, Sebastiano Vincelli
Poste e Telecomunicazioni
Ministro Franco Maria Malfatti fino al 09/06/70
Giacinto Bosco dal 09/06/70
Sottosegretari Guido Ceccherini, Bernardo D'Arezzo, Aldo Venturini
Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Silvio Gava
Sottosegretari Loris Biagioni, Fernando De Marzi, Oscar Mammì
Sanità
Ministro Luigi Mariotti
Sottosegretari Maria Pia Del Canton, Girolamo La Penna
Commercio con l'Estero
Ministro Mario Zagari
Sottosegretari Corrado Belci, Renzo Forma
Marina Mercantile
Ministro Salvatore Mannironi
Sottosegretari Paolo Cavezzali, Vittorio Cervone
Partecipazioni Statali
Ministro Flaminio Piccoli
Sottosegretari Francesco Principe
Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Carlo Donat-Cattin
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Leandro Rampa, Mario Toros
Turismo e Spettacolo
Ministro Giuseppe Lupis
Sottosegretari Franco Evangelisti, Gianni Usvardi
IV GOVERNO RUMOR 1973 7 luglio-14 marzo 1974
Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 266
61
29
15
3
1
375
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 179
56
20
255
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 135
33
11
8
2
1
190
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
Sinistra Indipendente
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 74
26
11
9
5
125
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Presidente del Consiglio dei ministri [IV]
1973 7 luglio-14 marzo 1974
Mariano Rumor (DC)
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Adolfo Sarti (DC)
Ministeri senza portafoglio
Ambiente
Achille Corona (PSI)
Beni Culturali
Camillo Ripamonti (DC)
Compiti politici particolari e di coordinamento, con speciale
riguardo alla presidenza della delegazione italiana all'Onu
Giuseppe Lupis (PSDI)
Compiti politici, con particolare riguardo agli enti vigilati
dalla Presidenza del Consiglio
Dionigi Coppo (DC)
Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Carlo Donat-Cattin (DC)
Problemi relativi all'attuazione delle regioni
Mario Toros (DC)
Rapporti fra Governo e Parlamento
Giovanni Gioia (DC)
Ricerca scientifica
Pietro Bucalossi (PRI)
Riforma della pubblica amministrazione
Silvio Gava (DC)
MINISTERI
Affari esteri
Ministro Aldo Moro (DC)
Sottosegretari Cesare Bensi, Luigi Granelli, Mario Pedini
Interno
Ministro Paolo Emilio Taviani (DC)
Sottosegretari Bruno Lepre, Ernesto Pucci, Umberto Righetti, Vincenzo
Russo
Grazia e Giustizia
Ministro Mario Zagari (PSI)
Sottosegretari Ermino Pennacchini
Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti (PSI)
Sottosegretari Tommaso Morlino
Finanze
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Giuseppe Amadei, Gianmario Carta, Salvatore Lima, Giuseppe
Macchiavelli
Tesoro
Ministro Ugo La Malfa (PRI)
Sottosegretari Francesco Fabbri, Attilio Ruffini, Bonaventura Picardi,
Renato Colombo, Dante Schietroma
Difesa
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Pietro Buffone, Vito Lattanzio, Michele Pellicani
Pubblica Istruzione
Ministro Franco Maria Malfatti (DC)
Sottosegretari Alberto Bemporad, Renato Dell'Andro, Vito Vittorio Lenoci,
Francesco Smurra
Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella (PSI)
Sottosegretari Gian Aldo Armaud, Salvatore Cottoni, Vincenzo Scarlato
Agricoltura e Foreste
Ministro Mario Ferrari Aggradi (DC)
Sottosegretari Luigi Angrisani, Michele Cifarelli, Elvio Alfonso Attilio
Salvatore
Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Onorio Cengarle, Cornelio Masciadri
Poste e Telecomunicazioni
Ministro Giuseppe Togni (DC)
Sottosegretari Luigi Giglia, Renalo Massari, Mario Vignola
Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Ciriaco De Mita (DC)
Sottosegretari Giuseppe Averardi, Manfredi Bosco, Stefano Servadei
Sanità
Ministro Luigi Gui (DC)
Sottosegretari Giorgio Guerrini, Enrico Spadola, Mario Valiante
Commercio con l'Estero
Ministro Gianmatteo Matteotti (PSDI)
Sottosegretari Attilio Ferrari, Giulio Orlando
Marina Mercantile
Ministro Giovanni Pieraccini (PSI)
Sottosegretari Giovanni Maria Venturi
Partecipazioni Statali
Ministro Antonino Pietro Gullotti (DC)
Sottosegretari Francesco Principe
Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Luigi Bertoldi (PSI)
Sottosegretari Bruno Corti, Danilo De' Cocci, Alberto Del Nero, Franco
Foschi
Turismo e Spettacolo
Ministro Nicola Signorello (DC)
Sottosegretari Paolo Cavezzali, Giuseppe Fracassi
V GOVERNO RUMOR 1974 14 marzo-23 novembre
Composizione
Camera dei Deputati Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 266
61
29
15
3
1
375
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 179
56
20
255
Totale 630
Senato della Repubblica Seggi
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialdemocratico Italiano
Partito Repubblicano Italiano
Südtiroler Volkspartei
Union Valdôtaine
Totale Maggioranza 135
33
11
8
2
1
190
Partito Comunista Italiano
Movimento Sociale Italiano
PSI di Unità Proletaria
Sinistra Indipendente
Partito Liberale Italiano
Totale Opposizione 74
26
11
9
5
125
Totale 315
Composizione del governo:
Democrazia Cristiana
Partito Socialista Italiano
Partito Socialista Democratico Italiano
Presidente del Consiglio dei ministri [V]
1974 14 marzo-23 novembre
Mariano Rumor (DC)
Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri
Adolfo Sarti (DC)
Ministeri senza portafoglio
Beni culturali e ambiente
Giuseppe Lupis (PSDI)
Coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e
tecnologica
Giovanni Pieraccini (PSI)
Organizzazione della pubblica amministrazione
Luigi Gui (DC)
Interventi straordinari nel Mezzogiorno
Giacomo Mancini (PSI)
Problemi relativi alle regioni
Mario Toros (DC)
Rapporti fra Governo e Parlamento
Giovanni Gioia (DC)
MINISTERI
Affari esteri
Ministro Aldo Moro (DC)
Sottosegretari Cesare Bensi, Luigi Granelli, Mario Pedini
Interno
Ministro Paolo Emilio Taviani (DC)
Sottosegretari Bruno Lepre, Umberto Righetti, Vincenzo Russo
Grazia e Giustizia
Ministro Mario Zagari (PSI)
Sottosegretari Ermino Pennacchini
Bilancio e Programmazione Economica
Ministro Antonio Giolitti (PSI)
Sottosegretari Tommaso Morlino
Finanze
Ministro Mario Tanassi (PSDI)
Sottosegretari Giuseppe Amadei, Salvatore Lima, Giuseppe Macchiavelli
Tesoro
Ministro Emilio Colombo (DC)
Sottosegretari Renato Colombo, Francesco Fabbri, Emesto Pucci, Dante
Schietroma
Difesa
Ministro Giulio Andreotti (DC)
Sottosegretari Lucio Mariano Brandi, Vito Lattanzio
Pubblica Istruzione
Ministro Franco Maria Malfatti (DC)
Sottosegretari Alberto Bemporad, Vito Vittorio Lenoci, Francesco Smurra
Lavori Pubblici
Ministro Salvatore Lauricella (PSI)
Sottosegretari Gian Aldo Armaud, Salvatore Cottoni (deceduto il 24/09/74)
Agricoltura e Foreste
Ministro Antonio Bisaglia (DC)
Sottosegretari Arcangelo Lo Bianco, Elvio Alfonso Attilio Salvatore
Trasporti e Aviazione Civile
Ministro Luigi Preti (PSDI)
Sottosegretari Sebastiano Vincelli
Poste e Telecomunicazioni
Ministro Giuseppe Togni (DC)
Sottosegretari Renalo Massari, Mario Vignola
Industria, Commercio e Artigianato
Ministro Ciriaco De Mita (DC)
Sottosegretari Giuseppe Averardi, Giuseppe Di Vagno, Antonio Mario Mazzarrino
Sanità
Ministro Vittorino Colombo (DC)
Sottosegretari Alberto Spigaroli
Commercio con l'Estero
Ministro Gianmatteo Matteotti (PSDI)
Sottosegretari Giulio Orlando, Stefano Servadei
Marina Mercantile
Ministro Dionigi Coppo (DC)
Sottosegretari Antonio Caldoro
Partecipazioni Statali
Ministro Antonino Pietro Gullotti (DC)
Sottosegretari Francesco Principe
Lavoro e Previdenza Sociale
Ministro Luigi Bertoldi (PSI)
Sottosegretari Tina Anselmi, Onorio Cengarle, Bruno Corti
Turismo e Spettacolo
Ministro Camillo Ripamonti (DC)
Sottosegretari Giuseppe Fracassi
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