1974
Gennaio
4, in base al foglio contabile n. […] privo di sottoscrizione
su richiesta di assegni circolari trasferibili, anche'essa anonima,
risultano emessi 10 assegni circolari trasferiili all'ordine di
tale Mario Bianchi (nome di fantasia)
di L. 5 Mni cadauno, tratti sull'Istituto
Bancario Italiano, di cui la Banca
Unione è mandataria all'emissione.
[Detti assegni per complessivi 50 Mni risultano incassati dalla
signora Anna Maria d'Amico eccezion
fatta per quello contraddistinto dal n. […] incassato presso la
Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza e
Belluno, filiale di Vicenza da persona non identificata.
[vedi anche 28 febbraio 1973]
M.
Sindona sfrutta fino in fondo l'occasione offertagli
dall'aumento di capitale della Banca Unione.
Oltre a spremere il "parco buoi" trova il modo di guadagnarci
sopra una specie di tangente con un sistema semplice e familiare:
mantenendo artificialmente alto il prezzo delle azioni della
Banca Unione facendole acquistare dalle sue finanziarie italiane
ed estere e da compiacenti amici i quali utilizzano al pari di
quelle i soldi di banche di M.
Sindona. Così tra gli acquirenti di azioni di
Banca Unione troviamo uno stuolo
di noti palazzinari romani come:
- Giangrasso (8 Mni);
- Giovannelli (61 Mni);
- Baldesi (28 Mni);
- Federici (3 Mni);
- Gaetano Caltagirone e famiglia
(oltre 980 Mni).
[comparare anche con l'operazione BPI Italiana
e Ricucci 2005]
[Da quest'ultimo le azioni vengono acquistate con soldi avuti
a prestito dalle banche di M.
Sindona. Soldi che saranno poi restituiti disseminando
buchi presso le altre banche, tra cui in primo luogo l'Italcasse.
In pratica Gaetano Caltagirone, più
che comprare azioni, presta il proprio nome per l'operazione al
rialzo di M.
Sindona. Per il codice penale trattasi di "aggiotaggio"
cioè di «artifizi atti a cagionare
un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei
valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico
mercato».]
Oltre ai palazzinari, tra i clienti di M.
Sindona ci sono anche:
- Andrea Viglione (capo di stato
maggiore),
- Gino Birindelli (ammiraglio),
[questi due hanno acquistato azioni della Banca
Unione alla fine del 1973 e le venderanno entrambi, in
perfetta sincronia, il 28 febbraio 1974 ricavando circa 23 Mni
il primo e poco più di 2,5 Mni il secondo]
- Aldo Remondino (generale)
[decisosi in ritardo, non ha guadagnato molto];
- Geremia Giusto (on. Dc, vicedirettore
dell'Inps)
[1000 azioni per L. 26.992.500, poi rivendute il 18 febbraio a
41.870.000].
Molti altri vendono le azioni acquistate alcuni mesi o addirittura
alcuni giorni prima della scadenza dei termini per la sottoscrizione
del capitale, realizzando utili anche del 100%;
- Vincenzo Marotta (on. Dc, presidente
dell'Enasarco è implicato fino al collo nel noto
scandalo; compra azioni Banca Unione per 54 Mni
e le rivende due mesi dopo per circa 84);
- Tom Carini (repubblicano, direttore
generale dell'ICIPU, consigliere economico di U.
La Malfa, il ministro del Tesoro che autorizza l'aumento;
compra per 27 milioni e rotti e vende per 51 Mni);
- Gilberto Bernabei,
- Ernesto Cingolani,
- Pietro Campilli (che tiene strette
le azioni e ci rimette)
- "banda Pacelli" (al completo);
nonché alcuni cognomi sospetti come Miceli,
Giuseppe Petrilli e una presenza
inevitabile, quasi patetica, Mauro Leone
ed infine la rampolla di una nobile famiglia romana Benedetta
Altieri dirimpettaia di G.
Carli e dello studio legale Lefèbvre
coniugata al notaio di fiducia del clan siculo di Vito
Guarrasi.
È inutile precisare che le preferenze per i titoli in borsa
non costituiscono reato ma non è una bella cosa che un
consulente del ministro che deve autorizzare l'aumento di capitale
di una società corra a speculare sulle azioni della società
stessa.
Febbraio
25, come a fine 1973 vengono estinte perdite della
Romitex per 5.862.500 franchi svizzeri.
Ciò dimostra che le operazioni di Carlo
Bordoni hanno provocato gravi perdite alle banche sindoniane,
a cui si è posto rimedio con i "depositi fiduciari".
[Non sono soltanto queste operazioni tuttavia che hanno provocato
il grande crack: infatti i restanti depositi fiduciari costituiti
per espandere l'impero di M.
Sindona sono più che sufficienti per mettere
a terra l'intero sistema del banchiere siciliano].
Marzo
la Securmarck,
istituto di vigilanza (o polizia privata), costituita nel 1972
da M.
Sindona e Mark Antonucci,
viene abilitata a custodire e a trasportare valori, divenendo
così un canale di traffici valutari e di finanziamento
alla Dc;
presso lo sportello di Via Veneto della Banca
Privata Finanziaria [già sede del Credicomin,
l'azienda di credito in liquidazione coatta di cui era presidente
il principe nero J.V.
Borghese] molti enti pubblici depositano soldi:
- Inps,
- Ina,
- Inail,
- Inpdai
- Federconsorzi,
- Istituto romano dei Beni Stabili,
- Otomellara,
- Istituto Nazionale di Previdenza dei giornalisti,
- Sofid,
- Insud Spa
- ecc..
Il principale artefice di questo convogliamento di fondi presso
le banche di M.
Sindona è Macchiarella,
già della Banca
Nazionale dell'Agricoltura, uomo di G. Andreotti.
[da «Lotta Continua» sett. 1979]
22, l'avv. V.
Veronese, anziano presidente del Banco
di Roma viene convocato da A.
Fanfani che senza mezzi termini gli dice che alla carica
di amministratore delegato del Banco
di Roma dovrà essere eletto Mario
Barone, responsabile del settore estero della banca e molto
legato a M.
Sindona. Non è proprio un ordine ma ormai si
è impegnato con G. Andreotti…
La sera stessa V.
Veronese e l'amministratore delegato dell'istituto,
il banchiere napoletano Ferdinando Ventriglia,
fedele collaboratore del ministro del Tesoro Emilio
Colombo, si recano da G. Andreotti per argomentare contro la nomina di Mario
Barone, ma inutilmente.
23, V.
Veronese e Ferdinando Ventriglia
denunciano invano a G.
Carli questa indebita intromissione ma il pupillo di
G. Andreotti viene regolarmente nominato.
29, il consiglio di amministrazione
del
Banco di Roma viene convocato per decidere le nuove
cariche, in seguito all'invito a dimettersi ricevuto dall'alto
dal vicepresidente M.
Spada e dall'amministratore delegato Danilo
Ciulli. I successori designati sono Ferdinando
Ventriglia, che alla carica di amministratore delegato
aggiunge ora anche quella di vicepresidente, e Giovanni
Guidi, molto introdotto nella Dc, eletto
amministratore delegato come il suo concorrente Mario
Barone. Vengono in pratica aumentati i posti di comando
invece di selezionare i candidati.
In vista della battaglia sul divorzio, la Dc ha
bisogno di soldi e ormai da un mese [inchiesta giudiziaria di
Genova] si è estinto il tradizionale canale di foraggio
delle tangenti petrolifere… e non è stata ancora varata
la legge sul finanziamento pubblico dei partiti.
A portare i soldi (2 Mdi di lire) alla Dc sarà
Silvano Pontello…
nello stesso mese di marzo arriva una scadenza contratti a termine
di acquisto e vendita di dollari contro franchi svizzeri per un
totale di 2,3 Mni di dollari. Chi dà tutti questi
soldi a M.
Sindona? Ovviamente:
- le collegate estere:
. Amincor,
. Finabank.
- le banche dell'Est:
. Magjar Nemzeti Bank di Budapest,
. Moscow Narodny Bank (sovietica),
. Bank for Foreign Trade of Urss
(sovietica),
. International Bank (sovietica).
Non sono tuttavia così ingenue e a fronte dei dollari che
versano sii fanno dare da M.
Sindona dei marchi. Ingenue sembrano invece tutte le
banche di matrice cattolica tutte con depositi oltre i 10 Mni
di dollari:
. IOR,
. Banco di Roma
di Bruxelles,
. Banco di Roma di Nassau,
. Cisalpine Overseas di Nassau (di
R. Calvi
e mons. P.
Marcinkus),
. Banca Provinciale Lombarda (del
grande nemico C.
Pesenti).
C'è inoltre la Tradinvest di Nassau,
la banca dell'ENI [affare delle bustarelle saudite]. I
dollari che questa versa presso le banche di M.
Sindona, queste ultime li riversano alla Tradinvest
di Cayman Islands.
Tra i corrispondenti italiani troviamo di nuovo:
. Banca Provinciale Lombarda di C.
Pesenti,
. Banco di Santo Spirito,
. Banca Mutua Popolare di Lodi [pur
piccola, riesce a trovare 3,5 Mni di dollari, 10 Mni di franchi
e 1 Mne di marchi da prestare tutti contemporaneamente alle banche
di M.
Sindona]
[Dal momento che per una banca depositare fondi presso un'altra
è cosa del tutto consueta e che ognuno è libero
di scegliere le banche che vuole, la banca centrale tedesca non
ha restituito ai corrispondenti esteri i depositi che essi tenevano
presso la liquidata Herstatt. In
Italia invece si è scelto la via contraria. Soprattutto
per difendere la credibilità all'estero del nostro paese.
Abbiamo così salvato il prestigio dell'Italia di fronte
ai creditori esteri delle banche di M.
Sindona: IOR,
C. Pesenti,
Banco
di Roma di Bruxelles e di Nassau, l'Eni,
R. Calvi
e mons. P.
Marcinkus.
Le grosse banche italiane tuttavia non compaiono direttamente,
neppure il Banco
di Roma. Infatti quest'ultimo farà prestare
i soldi dalle sue collegate estere lontane dall'Italia e dalle
leggi italiane.
Aprile
2, M.
Sindona ringrazia il segretario politico della Democrazia
cristiana A.
Fanfani per il suo intervento decisivo nella "promozione"
dell'avv. Mario Barone ad amministratore
delegato del Banco
di Roma (uomo gradito sia a A.
Fanfani che a G. Andreotti).
Per tutto il periodo caldo sindoniano le lobbies democristiane
controllano pertanto le strutture del Banco con ben 3 amministratori
delegati:
- il prof. Ferdinando Ventriglia,
uomo del ministro Emilio Colombo
e candidato "naturale" alla successione di G.
Carli alla Banca d'Italia,
- l'avvocato Giovanni Guidi,
- l'avv. Mario Barone.
Gestore di fatto della banche sindoniane è il genero Pier
Sandro Magnoni.
Dal libretto di risparmio al portatore n. 4165 intestato a "Semeria",
viene prelevata la somma di 1 Mdo di lire utilizzata per la creazione
del libretto "Rumenia",
nato e morto nel giro di 24 ore.
A consegnare il primo dei due miliardi previsti (il secondo dopo
pochi giorni la nomina di Mario Barone)
alla Dc è Silvano
Pontello, collaboratore di M.
Sindona; a ricevere i soldi è il procuratore
legale Raffaello Scarpitti che li
consegna all'on. Filippo Micheli,
segretario amministrativo della Dc.
[Ovviamente avverrà la smentita categorica del presidente
del Senato A.
Fanfani, circa il suo coinvolgimento nell'affaire,
replicando (29 novembre 1977) su «Il Popolo» all'accusa
de «L'Espresso» sul suo coinvolgimento assieme a G. Andreotti nella nomina di Mario
Barone ad amministratore delegato del Banco
di Roma e sulla sua dimestichezza con gli avv. M.
Sindona e Giacchi [a suo
tempo collega di A.
Fanfani all'Università Cattolica].
Alla smentita di A.
Fanfani farà eco
dopo pochi giorni la dichiarazione di B.
Zaccagnini che non c'è stata nessuna interferenza
della Dc nelle nomine del Banco
di Roma e, per quanto riguarda i finanziamenti… trattasi
di oblazioni volontarie].
In effetti M.
Sindona in un'intervista rilasciata alcuni giorni prima
da New York nega di aver dato soldi alla Dc.
Avrebbe dato soltanto dei consigli finanziari… in pratica non
glieli ha dati questi soldi ma glieli ha fatti guadagnare, lecitamente,
con le sue consulenze finanziarie.
D'altra parte sia A.
Fanfani che B.
Zaccagnini non negano (né lo possono fare) di
aver ricevuto questi soldi.
[Lo dichiarerà, dinanzi alla 8ª sezione penale di
Roma (Processo Verbale di dibattimento del 2 aprile 1976), Raffaello
Scarpitti, collaboratore di Micheli,
trait d'union tra la segreteria amministrativa della Dc
e M.
Sindona, titolare di ben tre conti correnti presso
l'agenzia di via Veneto della Banca Privata
Finanziaria, sottoscrittore di azioni Finambro per
alcune decine di milioni e uno dei primi ad essere rimborsato.
Lo stesso escluderà di aver avuto incarichi o compensi
di sorta da M.
Sindona e ammetterà di avergli fatto soltanto
il piacere di fargli accreditare sul proprio conto presso la Banca
Privata Finanziaria la somma mensile di 15 Mni per soli
cinque o sei mesi con l'incarico di riversarla alla segreteria
della Dc, consegnandoli in assegni o in contanti
all'on. Micheli.
In base a quanto finora dichiarato dagli accusati, si tratterebbe
di un prestito alla Dc e questo non solo non è reato
ma bensì un diritto ed una facoltà a riceverlo.
Ma quando viene restituito?
Eppure c'è stata una liquidazione coatta e se dopo cinque
anni questi 2 Mdi di lire non sono ancora stati restituiti significa
che sono stati sottratti alla liquidazione e quindi entriamo nel
reato di bancarotta fraudolenta.
[Sembra inoltre che la Banca Privata Finanziaria
abbia concesso dei fidi particolari ["fidi fantasma"
nella relazione dell'avv. Giorgio Ambrosoli]
e per ingenti importi a società del gruppo o legate ad
amministratori della banca (senza alcuna registrazione). Chi parla
di tali fidi è il direttore generale della
Banca Privata Finanziaria che il 3.8.72 invia una lettera
di fidejussione relativa alla "operazione Trocadero"
al vice presidente della banca, resa firmata dallo stesso; nella
lettera diretta alla Banca Privata Finanziaria
si precisa che la Trocadero Italiana di
R. Grossi e C. sas ha una esposizione di ben 379.702.782
di lire e la garanzia fideiussoria viene elevata a 400 Mni. Si
precisa inoltre che l' "operazione Trocadero" è
iniziata il 1.3.1967 e a quella data risale una prima fideiussione
del dr. M.
Spada.
[si scoprirà poi che dal 1967 al 1974 la Trocadero
Italiana di R. Grossi e C. sas non è mai stata affidata
da Banca Privata Finanziaria].
Non solo la Dc ha però bisogno di soldi,
ne ha bisogno soprattutto M.
Sindona. Le autorità americane hanno messo infatti
gli occhi addosso alla Franklin
National Bank. Quelle tedesche sono ormai ostili alla
Woolff e alla Herstatt.
Le speculazioni dell'Edilnassau vanno
a rotoli mentre gli utili vanno altrove.
[Tra l'11.4 e l'8.6 1974 l'Edilnassau
assorbe da sola più di 16 Mni di dollari]
M.
Sindon acquista la Talcott,
una finanziaria con filiali in tutti gli stati americani, indispensabile
spalla per la sua Franklin
National Bank [acquistata nel febbraio 1972]
Questo secondo investimento americano M.
Sindon lo effettua alleggerendo le due banche milanesi
e le finanze italiane di altri 27 Mni di dollari. Somma
versata dalle banche milanesi alla Privat
Kredit Bank e alla Amincor,
continuando a figurare sulla contabilità di Banca
Unione e di Banca Privata Finanziaria
come deposito presso corrispondenti esteri. In realtà girata
dalle due banche svizzere alla Fasco
e da questa utilizzate per acquistare il secondo suo gioiello
americano.
In totale M.
Sindona ha finora depredato le due banche milanesi
di ben 350 Mni di dollari: punto più alto dello
sforzo di espansione.
[I depositi fiduciari cresceranno oltre questo livello ma avranno
un carattere difensivo, necessari cioè non ad acquistare
nuove imprese ma a puntellare situazoni pericolanti, a tappare
buchi:
- le perdite in cambi della Romitex,
- le disastrose speculazoni della Edilnassau,
- le sottoscrizioni dell'aumento di capitale della Finambro
SpA dal quale M.
Sindona si propone di tirar fuori i 200 Mni di dollari
oramai indispensabili, anche se non sufficienti, per sopravvivere.
E poi c'è in ballo la speculazione in cambi in atto].
Maggio
inizio, arrivano a M.
Sindona le prime avvisaglie della tempesta; la Fed,
banca centrale americana, boccia il progetto di fusione tra Franklin
National Bank e Talcott. Svanisce
quindi il sogno di estendere le attività della banca newyorkese
a tutto il territorio degli Stati Uniti. Pochi giorni dopo arriva
la notizia che la Franklin National Bank
ha subito gravi perdite in cambi per operazioni non contabilizzate.
Le azioni della banca di M.
Sindona crollano all'istante.
James E. Smith, Controller of
Currency [importante autorità di controllo che agli
inizi del 1976 metterà in guardia le banche USA contro
il rischio Italia] su sollecitazione dell'amico David
Kennedy a sua volta amico di M.
Sindona, dichiara che il "rischio M.
Sindona" non esiste: la Franklin
National Bank è solvente.
24/27, sempre dal conto "Semeria"
proviene il miliardo per creare i due libretti "Lavaredo"
e "Primavera", di 500 Mni
cadauno, anche questi come il primo nati e morti nel giro di 24
ore, con lo scopo esclusivo quindi di allungare il numero dei
passaggi.
I 2 Mdi elargiti alla Dc seguono il solito percorso
Silvano Pontello, Raffaello
Scarpitti e Micheli.
31, il governatore della Banca
d'Italia G.
Carli nella sua relazione, una delle più dure
requisitorie in tutta la storia della Banca
d'Italia, accusa gli amministratori dell'economia italiana
di avere imposto al paese un onere finanziario senza precedenti:
essi hanno ora l'obbligo di creare le condizioni affinché
questo onere possa essere sostenuto.
In effetti da alcuni mesi su tutta l'economia mondiale si era
abbattuta una mazzata ben più grave: il rincaro del petrolio.
Nel 1° trimestre dell'anno l'Italia ha appena registrato un
passivo di oltre 3 Mdi di dollari e le riserve valutarie liquide
sono ormai al livello di guardia.
I provvedimenti valutari emanati da G.
Carli sono già in atto:
- sovrattassa del 50% sugli acquisti di valuta;
- divieto alle banche di accrescere gli impieghi oltre un livello
predeterminato;
- vincolo al portafoglio.
L'ultimo governo di centro-sinistra deve così accantonare
programmi di spesa e progetti speciali per mettersi al lavoro
occupando gli ultimi mesi per estrarre dalle tasche dei contribuenti
3.000 Mdi di lire.
Giugno
20, Roma, nella riunione presso la sede centrale della
banca [assente Ferdinando Ventriglia]
il Banco
di Roma accorda un finanziamento di 100 Mni di dollari
alla General Banking delle isole
Cayman [una finanziaria della Società
Generale Immobiliare non regolarmente costituita, in
quanto il capitale sociale non risulta essere stato sottoscritto]
nel tentativo di salvare, più che l'impero di M.
Sindona, i 25 Mni di dollari già elargiti
in precedenza a società del gruppo M.
Sindona.
Il contratto con cui il Banco di Roma Nassau
presta questi 100 Mni di dollari lo firmano Mario
Barone, amministratore delegato del Banco
di Roma, e Puddu responsabile
del settore estero dell'istituto. Ovviamente i due non si spostano
da Roma per l'operazione, cambiano soltanto foglio di intestazione.
Il Banco
di Roma riceve in garanzia 100 Mni di azioni della
Società Generale
Immobiliare e il 51% delle azioni della Banca
Unione.
25/2 luglio, M.
Sindona riceve una prima boccata di ossigeno da 50
Mni di dollari.
27, Puddu
lascia un appunto con cui si chiede che i 100 Mni di azioni della
società Società
Generale Immobiliare di proprietà della Finambro
SpA, per essere costituite regolarmente in pegno a favore del
Banco di Roma-Finance, avrebbero
dovuto essere segnalate al Cambital [Uffico Italiano Cambi] onde
da questo ricevere autorizzazione valutaria, in quanto la costituzione
in pegno di azioni di società italiana a favore di un nominativo
dell'estero è sottoposto a norme del genere. Per ovviare
a tale inconveniente, la Finambro
Spa ha regolarmente costituito in pegno a favore del Banco
di Roma-Roma, il citato pacchetto azionario istruendo l'istituto
romano a rilasciare garanzia fidejussoria al Banco
di Roma-Finance. Va infine ricordato che anche per il rilascio
di una garanzia fidejussoria a favore dell'estero sarebbe necessaria
l'autorizzazione del Cambital.
La Banca d'Italia, allarmata dai
ritiri di depositi dalle banche di M.
Sindona dispone l'ispezione delle due banche milanesi.
Comincia il fuggi fuggi.
Da Ferdinando Ventriglia, a Macchiarella,
a M.
Sindona: tutti vanno in processione da G.
Carli.
Dal momento che il Banco
di Roma ha effettuato un'operazione non autorizzata
dalle autorità monetarie, si richiede ai competenti organi
del Banco
di Roma (praticamente
Ferdinando Ventriglia, Mario
Barone e Giovanni Guidi) "l'autorizzazione
relativa allo scopo di permettere al Banco
di Roma Finance di firmare i contratti e convenzioni di
credito".
28, nel momento in cui Ferdinando
Ventriglia appone in calce all'appunto di Puddu
la propria sigla con la nota «Richiedere
autorizzazione a Cambital», 40 Mni di dollari,
quasi metà del prestito, sono già nelle tasche di
M. Sindona.
Tasche che questa volta hanno il nome insolito di General
Banking nome mai apparso finora.
[Trattasi di società costituita da poco, anzi mai costituita
almeno sotto il profilo delle norme societarie: il relativo capitale
non è mai stato sottoscritto.]
Come primo atto di questa sua opera di intermediazione la General
Banking si trattiene sui soldi che arrivano dal Banco
di Roma una provvigione di 4 Mni di dollari.
L'autorizzazione dell'Ufficio Italiano dei Cambi ("Cambital"
nell'appunto di Puddu) arriva tardivamente
nei primi giorni di luglio, sollecitata dal governatore G.
Carli "casualmente"
incontrato da Ferdinando Ventriglia
il giorno 2 luglio.
Luglio
2, Ferdinando Ventriglia
comunica a G.
Carli, incontrato casualmente, che intende sospendere
l'erogazione del prestito a M.
Sindona. Poi è la volta di Macchiarella
che si precipita a denunciare a G.
Carli le gravi perdite in valuta delle banche di M.
Sindona. Arriva infine M.
Sindona che dà la colpa di tutto al dimissionario
Carlo Bordoni.
Allora dopo il pagamento della seconda tranche dei 100 Mni di
dollari, ecco un altro prestito di 62,5 Mdi di lire in
cambio di altre azioni Generale Immobiliare e azioni
Finabank date in garanzia. Contemporaneamente uomini del Banco
di Roma si installano alla guida di Banca
Unione e Società
Generale Immobiliare per seguire da vicino l'attività
di queste due partecipazioni in pegno.
4, G.
Carli afferma: essendosi
constatato che le azioni Generale Immobiliare circolano
all'interno e non possono essere costituite in pegno di persona
giuridica domiciliata al'estero, sono costituite in pegno del
Banco
di Roma; questo, a sua volta, concede una fidejussione
al Banco di Roma Nassau. Viene allora
richiesta l'autorizzazione all'Ufficio dei Cambi che viene concessa.
Anche se, documenti alla mano, la necessità di far autorizzare
l'operazione è emersa prima del 4 luglio, ciò che
è importante sottolinerare è che al Banco
di Roma i dollari per la seconda tranche del
prestito glieli procura la Banca d'Italia
che incoraggia e autorizza un ulteriore prestito all'azienda di
credito di M.
Sindona di 62,5 Mdi di lire.
L'avv. Giorgio Ambrosoli si dichiara
sorpreso che 100 Mni di dollari siano stati spesi da un'azienda
pubblica, quale il Banco
di Roma che ha operato tramite la sua consociata a
Nassau, quasi per nulla.
[Sulla Lettera Finanziaria dell'«Espresso»
del 22 luglio 1974 Ferdinando Ventriglia,
ex vicepresidente del Banco
di Roma, ex direttore generale del Tesoro e poi presidente
dell'Isveimer non dice le cose esattamente
come sono andate. Infatti nella testimonianza resa al magistrato
in data 29 febbraio 1976 a proposito dell'incontro con il governatore
G. Carli
del 4 luglio 1974 dichiarerà che il governatore aveva prospettato
loro una soluzione tecnica per reperire i 50 Mni di dollari.
Inoltre Ferdinando Ventriglia sbandiera,
come al solito in questi casi, la necessità di difendere
la lira, di difendere le grandi imprese italiane dall'assalto
della proprietà straniera, tutto insomma viene fatto per
il bene del Tricolore. Ma che senso ha tutto questo zelo nazionalistico
[si ripeterà con A.
Fazio nel 2005]
se Banca Unione e Banca
Privata Finanziaria sono già in mano straniera,
la prima al 75% e la seconda al 100%?]
10, le due banche milanesi
di M.
Sindona cambiano di fatto padrone. Il Banco
di Roma ha ricevuto in pegno, a garanzia dei prestiti
effettuati a M.
Sindona, il pacchetto di maggioranza della Banca
Unione che, come è noto, a sua volta possiede la
Privata Finanziaria. Per tutelare
gli interessi dell'istituto romano creditore, suoi funzionari
si insediano ufficialmente in Banca Unione.
A Via Verdi, presso l'altra banca di M.
Sindona, sono presenti solo ufficiosamente: assistono
cioè a tutto ciò che accade senza che alcuno possa
attribuire loro una diretta responsabilità delle operazioni.
[Tale situazione durerà fino al primo di agosto
quando le due banche attueranno la fusione.]
Si apre quindi un altro capitolo travagliato e oscuro.
Tra "fughe", aggiustamenti, restauri di facciata
in abbondanza, fa spicco la restituzione di un deposito di titoli
alle società di Raffaele Ursini,
il noto drago della chimica, proprio nelle ultime convulse ore
che precedono la messa in liquidazione della Banca
Privata Italiana e l'avvento del liquidatore.
Ma anche in fase di liquidazione:
[vedi Il crack di Panerai e De Luca:
Infine guardando con cura nell'amministrazione della banca, si
scopre un conto di 20 Mdi di lire che conferma clamorosamente
i legami del Vaticano con il finanziere di Patti. In un
conto intestato ad un nome di comodo, dietro il quale si nasconde
la Santa Sede, vi sono depositati miliardi utilizzati di volta
in volta per le speculazioni in cambi del Vaticano. Inutilmente
in seguito i banchieri di San Pietro chiederanno di riavere indietro
i 20 miliardi: il mascheramento della proprietà è
stato talmente abile dal punto di vista giuridico da rendere assolutamente
non certo il diritto della Santa Sede a reclamarne la proprietà.
Così i 20 Mdi di lire si trasformano in un obolo fatto
dalla Chiesa allo Stato italiano impegnato a pagare i debiti di
M. Sindona.
Ma sappiamo che la Chiesa non ha pagato alcun obolo.
I miliardi li ha regolarmente ricevuti dal liquidatore e sono
andati ad ingrossare il passivo di M.
Sindona finito sul groppone della collettività.]
Volatilizzatasi la Banca
Generale di Credito, alla Banca
Unione non resta che la proprietà dell'INFI,
pagata 44 Mni di franchi svizzeri, ma ormai senza più attività,
né scopo, né cespiti patrimoniali. La scatola vuota
INFI, esaurita la sua funzione di
puro e semplice contenitore, viene posta in liquidazione. Alla
banca milanese di M.
Sindona rimane come ricordo dell'operazione e del deposito
fiduciario che l'ha iniziata, la falsa scrittura contabile indicante
un credito fasullo di 44 Mni di franchi svizzeri nei riguardi
dell'Amincor di Zurigo.
I tecnici del Banco
di Roma prendono per autentico questo credito e ne
reclamano la restituzione dalla banca di Zurigo la quale subito
risponde affermativamente precisando che la somma sarà
accreditata a mezzo della consorella milanese, la Banca
Privata Finanziaria.
Il "debito" dell'Amincor
viene estinto e contemporaneamente la Banca
Privata Finanziaria accende un nuovo deposito fiduciario
a favore della banca svizzera che riceve così indietro
dalla Banca Privata Finanziaria quello
che ha pagato alla Banca Unione.
Per meglio confondere le acque il nuovo deposito fiduciario viene
acceso in dollari. In questo modo ai funzionari del Banco
di Roma "a responsabilità limitata",
presenti nella Banca Privata Finanziaria,
viene preclusa, se mai ne avessero intenzione, ogni possibilità
di capirci alcunché.
Va da sé e senza ombra di dubbio, che la Banca
Generale di Credito comprata con i soldi delle due banche
milanesi dovrebbe essere inghiottita dalla massa fallimentare.
Ma gli eredi di M.
Sindona sono già in agguato!!
22, Antonino
Occhiuto vicedirettore generale della Banca
d'Italia, da molti anni membro del direttorio dell'istituto,
opponendosi a tutti i suoi colleghi, ha sempre detto no alle operazioni
a favore di M.
Sindona richiedendo in continuazione la richiesta di
liquidazione delle sue banche. Richieste a G.
Carli perché procedesse alla liquidazione delle
banche di M.
Sindona sono giunte anche dagli ispettori della Banca
d'Italia.
Agosto
inizio, viene perfezionata la fusione di Banca
Unione e Banca Privata Finanziaria
in un unico organismo la Banca Privata
Italiana.
Nel frattempo trova sempre più credito l'ipotesi che la
nuova banca venga assorbita dal Banco
di Roma. Vengono addirittura avviate trattative per
definire bonariamente con M.
Sindona il passaggio della sua banca al Banco
di Roma ma le sue resistenze ritardano l'operazione.
Prima che questa si concretizzi arriva l'opposizione del presidente
dell'IRI, Giuseppe
Petrilli, a che il Banco
di Roma rilevi le banche
di M.
Sindona da solo e senza passare per un provvedimento
di liquidazione coatta e di gestione straordinaria.
Anche il tentativo di far subentrare nella Banca
Privata Italiana un consorzio di banche formato dai tre
grandi istituti dell'IRI (Banco
di Roma, Credito Italiano
e Banca Commerciale) fallisce.
28, compare per la prima
volta la "lista dei 500";
dal verbale della riunione avvenuta in una sala della Banca
d'Italia dove sono riuniti esponenti della Banca
d'Italia e del Banco
di Roma.
"Il prof. Ferdinando Ventriglia
mette in particolare evidenza che nella sezione "depositi
ricevuti" figurano alla voce 3° "Gruppo Sindona"
crediti dell'Amincor per $ 50.176.000
e della Finabank per $ 43.640.000
e, ad illustrazione di dette voci, informa che il credito della
Finabank, detratti $ 7.000.000 ca
e quindi per residui $ 37.000.000 ca, rappresenta depositi di
somme avute fiduciariamente da nominativi diversi (oltre n. 500)
con scadenze varie già in corso di maturazione, alcune
addirittura scadute nel corrente mese. […]
Il prof. Ferdinando Ventriglia, dopo
precisazioni varie, anche da parte di altri intervenuti alla riunione,
propone e G.
Carli approva che soprattutto allo scopo di sostenere
la credibilità del ns sistema all'estero, la Banca
Privata Italiana faccia fronte agli impegni con la Finabank
alle singole scadenze previa verifica di regolarità […].
A favore dell'opportunità di far fronte agli impegni in
valuta della Banca Privata Italiana
con la Finabank concorre anche la
considerazione che tale linea di condotta varrebbe ad evitare
richieste integrali di rimborsi prevedibili dal gruppo clienti
($ 11.012.000) e dal gruppo banche ($ 78.624.999)".
Per la prima volta Ferdinando Ventriglia
cita la famosa lista dei 500 per chiedere l'autorizzazione al
governatore a rimborsare l'ammontare complessivo di questi depositi,
pari a 37 Mni di dollari. I soliti motivi d'ordine generale
e di credibilità inducono G.
Carli ad autorizzare i
rimborsi a questa banca ginevrina, a mezzadria tra M.
Sindona e l'IOR
«previa verifica di regolarità».
Mai si saprà chi sono questi italianissimi esportatori
di capitali mentre loro sapranno benissimo chi ringraziare per
aver recuperato in pieno i loro capitali.
Alla fine di tutte le manovre (iniziate il 3 agosto) risulta
che alle due banche milanesi per la sola operazione Finambro-Capisec
M. Sindona
ha sottratto 110 Mni di dollari tanti quanti sono stati
i depositi fiduciari a favore Capisec
ancora in essere al momento della liquidazione. E ciò nonostante
che nel primo semestre del 1974 siano stati estinti 83 Mni di
dollari di depostiti fiduciari precedentemente accesi allo stesso
scopo. Questi soldi vengono utilizzati dalla Finambro
per l'acquisto del pacchetto di azioni Generale Immobiliare
precedetemente posseduto dal gruppo. Lo stesso pacchetto che ora
viene dato in garanzia al Banco
di Roma per consentire a M.
Sindona l'ultimo colpo, il prestito di 100 Mni di
dollari ottenuto dal Banco
di Roma.
Altro episodio dell'estate calda:
Banca Generale di Credito, sede Milano,
unico sportello: Trezzano sul Naviglio.
[piccola azienda con un patrimonio valutato in 6,5 Mdi e con 50
Mdi di depositi].
Capitale sociale della banca nell'agosto 1974:
- 825.000 azioni (30% ca) della Finambro;
- ? azioni (70% ca), della Idera Business
AG, finanziaria estera di M.
Sindona, azioni che circolano all'estero.
Genghini (costruttore romano che
opera attraverso una miriade di società: Genghini
SpA, Residence Cicerone, Immobiliare
GM2, Gracchi, Edilgen
ecc..) riceve dal Banco
di Roma un finanziamento di 14 Mdi di lire che
utilizza integralmente per comprare il pacchetto di azioni della
Banca Generale
di Credito circolanti in Italia e posseduto dalla Finambro.
Il prezzo pagato è incredibile: per meno di un terzo del
valore della Banca Centrale di Credito
viene corrisposta una somma equivalente all'intero suo valore.
Contemporaneamente le restanti azioni della banca passano gratuitamente
[o franco valuta, espressione usata dall'avv. Giorgio
Ambrosoli] dall'Idera Business
AG alla DOG AG, una finanziaria svizzera
non estranea agli interessi di Genghini,
se è vero che possiede la Genghini
SpA e le altre società del gruppo del costruttore romano.
Il 30% della Banca Generale
di Credito viene pagato 14 Mdi; il 70% zero lire. C'è
qualcosa di strano.
M. Sindona
vende, o è costretto a vendere, il suo gioiello di Trezzano
sul Naviglio per consentire che la Finambro
Spa rimborsi i sottoscrittori del
famoso aumento di capitale non autorizzato.
Genghini, che non ha né la
vocazione per fare il banchiere, né i soldi necessari (che
infatti gli vengono prestati dal Banco
di Roma) a Trezzano ci rimane pochi mesi, giusto il
tempo della durata del finanziamento. Alla scadenza lo rimborsa
vendendo la Banca Generale
di Credito al Banco
di Roma per una cifra perfettamente uguale al prestito
più gli interessi.
[rivendute al loro prezzo normale e con una perdita di 10 Mdi]
Per vendere al Banco
di Roma Genghini deve
far entrare in Italia le azioni che circolano all'estero. Per
questo motivo egli acquista per 10 mdi di lire il pacchetto
che la DOG AG ha ricevuto gratuitamente
dalla Idera Business AG. Questa discutibile
operazione di acquisto titoli viene autorizzata regolarmente dalle
autorità valutarie, che autorizzano di conseguenza anche
l'esportazione (dilazionata) dei 10 Mdi di lire pattuiti come
prezzo del pacchetto.
Ci si chiede: pagando alla Finambro
14 Mdi, cioè l'intero prezzo della Banca
Generale di Credito, Genghini
ha comprato l'intera banca o solo le azioni consegnategli dalla
Finambro Spa? Solo in questa seconda
ipotesi, la compravendita tra Genghini e
la DOG AG non sarebbe fasulla. In
questo caso però con il trasferimento gratuito delle azioni
dalla Idera Business AG alla DOG
AG si sarebbe realizzata una distrazione di attività da
un gruppo come quello di M.
Sindona, in stato di dissesto: la DOG
AG e Genghini ne porterebbero la
corrresponsabilità.
Ma per quale motivo Genghini ha pagato
alla Finambro Spa un prezzo triplo
di quello effettivo per le azioni della Banca
Generale di Credito, rivendute pochi mesi dopo al Banco
di Roma al loro prezzo normale e con una perdita di
10 Mdi? Più realistica quindi la prima ipotesi. Genghini
con i 14 Mdi ha pagato le azioni della Finambro
Spa e quelle che l'Idera Business
AG ha passato alla DOG AG.
Ma allora il contratto tra Genghini
e la finanziaria svizzera è poco più di una finzione.
Una finzione però che permette a Genghini
di esportare con il beneplacito delle autorità valutarie
10 Mdi di lire, cosa che dovrebbe interessare l'Ufficio Italiano
Cambi.
Genghini inoltre può denunciare una perdita di 10
Mdi potendo dimostrare di aver sostenuto per l'acquisto di Banca
Generale di Credito una spesa di ca 25,5 Mdi di lire (14
Mdi il prezzo pagato alla Finambro
Spa, più 1,5 Mdi di interessi per il relativo finanziamento
ricevuto dal Banco
di Roma, più ancora i 10 Mdi alla DOG
AG) e di averla rivenduta al Banco
di Roma ricavandoci sopra 15,5 Mdi, l'ammontare del
prestito al lordo degli interessi. Ha denunciato Genghini
questa perdita al fisco?
In realtà la sorte della Finambro
Spa sta a cuore a Ferdinando
Ventriglia, Giovanni Guidi
e Mario Barone. A depositare le azioni
Generale Immobiliare a garanzia del prestito di 100 Mni di
dollari è infatti la Finambro
Spa. Ma questi soldi non sono finiti nelle sue casse bensì
nelle lontane isole Cayman e di lì messi in circolo tra
le finanziarie del gruppo Sindona. Un fallimento della Finambro
Spa finirebbe col dissolvere la garanzia a favore del Banco
di Roma e coinvolgerebbe tutto il gruppo M.
Sindona, Società
Generale Immobiliare compresa.
Calamità che la banca dell'IRI
deve scongiurare riuscendoci grazie anche all'interposizione di
Genghini.
Il Banco
di Roma ci ha certamente guadagnato, molto probabilmente
ci ha però rimesso l'attivo fallimentare della Banca
Privata Italiana, con danno per tutta la collettività.
Dal 1969 al 1974 la Banca Privata Finanziaria
e la Banca Unione vengono
rapinate da M.
Sindona dell'intero loro patrimonio: 400 milioni
di dollari [250 Mdi di lire].
La quasi totalità delle perdite è costituita da
denaro volatilizzatosi con la tecnica dei "depositi fiduciari"
che nel caso specifico di M.
Sindona sono stati dei veri e propri furti.
Le società estere sono servite da sacco dove venivano stipati
i dollari trafugati, utilizzati poi per acquistare partecipazioni
un po' ovunque e di ogni tipo, tra cui ovviamente partecipazioni
riguardanti banche americane, tedesche, svizzere, cui toccherà
la stessa sorte delle due banche milanesi.
Alla fine si scopre che il 51% delle azioni della Banca
Unione appartiene alla Comarsec,
il cui pacchetto di maggioranza è posseduto dalla Fasco
Europe, controllata a sua volta dalla Fasco
AG. Ovviamente M.
Sindona controllando la banca più grande ha
controllato tutte le altre.
Settembre
18, nel conto Semeria
(creato il 21 dicembre 1973) vi sono affluiti in nove mesi di
vita più di 7 Mdi di lire che poi sono usciti in
modi analoghi a quelli destinati al finanziamento alla Dc.
Oltre al versamento iniziale per la creazione del conto (L. 1.282.639.000),
altri 350 Mni sono stati versati a mezzo assegni circolari dell'Istituto
Bancario San Paolo di Torino, intestati a nomi di fantasia.
E gli altri versamenti?
Finora nessuno si è mai premurato di accertare da chi,
a quali persone e perché sia stato consentito di prelevare
le somme che residuavano nel libretto.
Non si è mai indagato a fondo quindi né sulla natura
di questo libretto né sulle operazioni che vi sono transitate.
Lo stesso avv. Giorgio Ambrosoli
ne ignora l'esistenza e riesce soltanto, alla fine della sua relazione,
a formulare la domanda: «Ma
la Trocadero ha restituito i 400 Mni? L'avallante ha pagato? E
quante erano le Trocadero?». Sicuramente
due. Perché accanto alla Trocadero
c'è un altro importante "affidato fantasma" che
risponde al nome di Dc.
27, La Banca
Privata Italiana viene messa in Liquidazione.
Ottobre
negli Stati Uniti la Banca
Franklin, dopo vari tentativi esperiti per mantenerla
in attività, entra in liquidazione
coatta amministrativa.
[Differenza con l'Italia: mentre nel maggio 1974, alle avvisaglie
della crisi, gli Stati Uniti si sono fatti offrire la garanzia
di 50 Mni di dollari da M.
Sindona, le autorità monetarie italiane gliene
hanno dati in prestito il quadruplo!!!]
15, il Tribunale di Milano
emette la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza
della Banca Privata Italiana
(nata dalla fusione tra Banca Unione
e Banca Privata Finanziaria).
Dopo il mandato di cattura emesso a carico di M.
Sindona e Carlo Bordoni,
la perdita economica definitiva accertata per le sole banche italiane
è di 257 Mdi.
Gli Enti pubblici hanno depositato nelle banche sindoniane enormi
fondi, con tassi di interesse di favore consentendo ai due di
dilatare enormemente la loro potenzialità di manovra e
a i loro complici di beneficiare di fondi occulti, presso conti
riservati e personali, in Italia e all'estero.
[vedi:
- Ente minerario siciliano: on. Verzotto
(già condannato e latitante);
- Gescal: per la quale si giunge a negare l'autorizzazione
a procedere nei confronti di Onorio Cengarle
(Dc) della Finmeccanica, società
dell'IRI, diretta da Crociani;
- lista dei 500.]
Novembre
7, la relazione sul caso M.
Sindona presentata dal ministro del Tesoro Emilio
Colombo dinanzi alla V e VI commissione della Camera per
illustrare il comportamento delle autorità monetarie, cioè
del ministro del Tesoro e della Banca d'Italia
nella vicenda del crack, è un esempio insuperabile di manipolazione
dell'opinione pubblica. Ogni loro intervento doveroso per evitare
il crak infatti a loro avviso avrebbe avuto un "effetto turbativa"
del sistema. Il fatto è che questa relazione riceve il
plauso anche del nuovo ministro del Tesoro Pandolfi,
questo a dimostrare che, pur cambiando la carica, la figura del
ministro del Tesoro resta immutabile.
1974, vita e morte dei "depositi fiduciari" di M.
Sindona costituiti a copertura di "perdite in
cambi":
- in dollari: 1,850 Mni;
- in marchi: 1,9 Mni..
[19 giugno, viene restituita una buona metà dei depositi
del 1971 e 1972. Gli altri rimangono sul groppone delle banche
milanesi.]
Anche gli amministratori delle banche sindoniane sono responsabili
di illeciti:
- Clerici ha sottoscritto 96 depositi
fiduciari, equivalenti ad altrettante illecite esportazioni valutarie,
- Pavesi 52, Carlo
Bordoni 49, Giampietro 44,
Olivieri 34, Bonacosa
18, Bissoni 17, Vagina
12 ecc.
per non parlare delle banche estere come Privat
Kredit Bank, Gutzwiller, Banque
Vernes, Bankinvest ecc..
[da notare che le norme valutarie in vigore prevedono pene più
miti di quelle che verranno in seguito e precisamente sanzioni
pecuniarie per un ammontare fino a cinque volte l'ammontare dell'operazione.]
In seguito alla denuncia del commissario liquidatore avv. Giorgio
Ambrosoli il governatore della Banca
d'Italia
G. Carli dà ordine alla liquidazione di pagare
tutti i debiti verso l'estero della banca di M.
Sindona.
Omicidi collegati alle vicende di M.
Sindona:
- avv. Giorgio Ambrosoli, commissario
liquidatore della Banca Privata Italiana,
ucciso 11.7.1979; ricevuto l'incarico nel 1974 dalla Banca
d'Italia, nel 1975 consegna due rapporti informativi ai
giudici Guido Viola e Ovilio
Urbisci;
- Boris Giuliano, commissario di
pubblica Sicurezza di Palermo, ucciso il 21.7.1979;
- Cesare Terranova, giudice istruttore
di Palermo.
Italcementi:
[da Autobiografia, «Panorama» 1979] M.
Sindona accusa G.
Carli non solo di indebita interferenza, ma anche di
aver consentito a C.
Pesenti di utilizzare, in aperta violazione dell'art.
38 della legge bancaria, i soldi delle sue banche
per il riacquisto delle azioni dell'Italcementi.
G. Carli
non solo si è prestato, con un atto inqualificabile per
un governatore della Banca d'Italia, a proferire minacce e a "bluffare"
grossolanamente per appoggiare le richieste certamente infondate
sotto ogni aspetto di C.
Pesenti, ma lo ha autorizzato (incredibile, ma vero!)
ad utilizzare i soldi delle tre banche di credito ordinario da
lui controllate per difendere la sua posizione azionaria. Operazione
giudicata inconsueta e pericolosa anche da parte di persone responsabili
dello stesso gruppo Italcementi.
L'amministratore delegato dell'Istituto
Bancario Italiano Giovanni Monti
si rifuta infatti di partecipare pro-quota all'operazione dichiarando
che sarebbe disposto tutt'al più, a versare alla Banca
Provinciale Lombarda la somma richiesta di 20 Mdi di
lire in un normale conto interbancario. E agì in questo
senso preciso. Ma poi, dopo poco tempo, dovette annunciare le
sue dimissioni…!
In seguito all'intervento del governatore la Banca
Provinciale Lombarda concede un fido di 40 Mdi di lire
ed il Credito Commerciale di 20
Mdi di lire a C.
Pesenti direttamente o tramite interposto ente con
garanzia di azioni Italcementi considerate ad un valore
superiore a quello di mercato.
E tutto questo non solo con la benedizione, ma anche con l'autorizzazione
del governatore della Banca d'Italia.
Infine, sempre per quanto riguarda il governatore della Banca
d'Italia G.
Carli, è certo:
- che è stato dalla parte di C.
Pesenti contro M.
Sindona nel tentativo di quest'ultimo di scalata dell'Italcementi;
- che è stato dalla parte di E.
Cefis contro M.
Sindona in occasione dell'OPA Bastogi;
è invece dubbio che egli abbia ostacolato M.
Sindona nella "operazione Finambro".
Gli si rimprovera pertanto di:
- non aver adottato gli opportuni provvedimenti contro M.
Sindona sin dal 1973;
- di aver taciuto delle ispezioni dell'estate del 1973 a magistrati
e parlamento;
- di aver consentito con la farsa oscena e illegale il commercio
a mezzo banche delle azioni fantasma della Finambro;
- di non aver dato peso alle richieste degli ispettori, che già
nel luglio 1974 chiedevano l'immediata liquidazione delle due
banche di M.
Sindona.
Al ministro del Tesoro U.
La Malfa [lug 1973-gen 1974], viene lanciata l'accusa:
- di non essersi battuto,
- di non essersi dimesso contro questo scandalo,
- di essere ricorso a questo atto estremo alcuni mesi dopo per
sostenere l'applicazione di una politica economica più
dura nei riguardi della gente comune e non per l'applicazione
della legge contro personaggi allora potenti.
Ci si chiede come mai il ministro del Tesoro Filippo
Maria Pandolfi e i suoi predecessori Gaetano
Stammati ed E.
Colombo non abbiano applicato le sanzioni previste
dalle leggi valutarie nei riguardi degli amministratori delle
banche di M.
Sindona colpevoli, in concorso con le banche di illecita
esportazione di capitali; perché non lo abbiano fatto per
i 5 Mdi esportati dai fratelli Caltagirone;
perché non abbiano proceduto nei riguardi della Banca
Generale di Credito o di Genghini
o di R.
Calvi.
Ci si chiede perché la Società
Generale Immobiliare debba
essere esclusa, come finora è avvenuto, da ogni indagine.
[segue]
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