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Papa
Clemente VIII

(1592-1605)

Cesare Barone [Baronio]
(1538-1607) cardinale.

Francescani

«segue da 1588»
1596, finalmente sei frati possono fermarsi a lavorare in California;
«segue 1597»

Gesuiti

«segue da 1595»
[col generale C. Acquaviva (1581-1615) si potenzia la compagnia]
1596, alla fine del 1594 sono stati espulsi dalla Francia dove viene ora introdotto il libro Histoire notable de père Henry, jésuite sodomite che divulga un resoconto (caso di omosessualità) del processo per sodomia istruito ad Anversa contro il gesuita Henry Mangot, [concluso con il rogo il 12 aprile 1601].
Germania, Francoforte sul Meno, esce il libro Gründlicher Bericht welcher Gestalt die Jesuiten mit der Päpsten, Prälaten, Fürsten, auch mit sich selbst untereinander pflegen… Anfänglichs von einer Katholischen Person verfertiget [Frankfurt am Main, Spiess], dove George Heckel traccia il primo disegno delle presunte regole di condotta politiche e ipocrite, finalizzate al conseguimento di obbiettivi di potenza, seguite dai padri della Compagnia di Gesù.
(vedi risposta di J. Gretser quattro anni dopo).
La penetrazione in Giappone (1549) viene compromessa dalle continue persecuzioni (martiri giapponesi);
[vedi Domicilia]
«segue 1597»

ANNO 1596

 
«segue da 1594»

1596
Italia

Marzo
primavera, il papa pubblica l'Indice clementino.

Esso si presenta come un supplemento a quello tridentino e oscilla a fatica tra inflessibilità e moderazione.
Riprende in pieno le condanne tridentine, tranne alcuni casi in cui al bando assoluto si sostituisce l'espurgazione.
Vi figurano vari titoli pubblicati dopo il 1564, ma non le appendici riservate alle letterature volgari.
Alle regole tridentine per la censura si aggiunge un Instructio in diciotto paragrafi che sotto le rubriche Proibizione, Espurgazione, Stampa, articola e chiarisce quanto prescritto dalle precedenti regulae.

Si sofferma ampiamente sulle modalità dell'espurgazione dei libri, come promesso dal tridentino, e per autori, librai e pubblico una versine espurgata è probabilmente meglio che niente. L'espurgazione si svolgerà inoltre localmente, sotto il controllo dll'iordinario e dell'inquisitore (rubrica Epurgatizione, paragrafo 1).
[Qualche anno prima della pubblicazione di questo indice, i tipografi veneziani hanno cominciato a pubblicare versioni espurgate soprattutto di testi in lingua volgare di argomento profano che, seppur non banditi, sono stati trascurati per anni. Un esempio: i Dialoghi piacevoli di Nicolò Franco stampati un'ultima volta nel 1559 e ricomparsi in versione espurgata (da fra Girolamo Gioannini da Capugnano) in ben sette ristampe (sei veneziane e una veronese) tra il 1590 e il 1609.]
L'Instructio rende meno opprimente la censura ammettendo l'espurgazione individuale. I tribunali dell'Inquisizione non possono ritirare e correggere tutte le copie di un libro, ogni possessore quindi dovrà emendare la propria conforme la versione corretta ufficiale a stampa (Espurgazione, par. 5). In che modo questa prescrizione debba essere imposta l'Instructio non specifica.
[Tra qualche anno il papa autorizzerà il lettore ad espurgare i suoi libri secondo la propria interpretazione delle direttive pontifice. La concessione farà seguito all'abbandono del progetto di un Index Expurgatorius completo, del quale apparirà un'unico volume nel 1607 contenente istruzioni per la correzione di soli cinquanta titoli.]
Il par. 2 delle rubrica Espurgazione ordina che siano soppressi da ogni testo tutti i brani ereticali ed erronei, scandalosi, blasfemi, incitanti alla sedizione ed offensivi per i pii. Da eliminare sono inoltre passi ambigui che possano ingenerare cattive opinioni, elogi d'eretici, menzioni di superstizioni, profezie, divinazioni o in genere espressioni limitative del libero arbitrio, tracce di paganesimo, diffamazioni del buon nome altrui, di un chierico o di un principe, negazione della libertà, dell'immunità e della giurisdizione ecclesiastiche, esaltazioni della ragion di Stato e della tirannide, facetiae, volgarità e rappresentazioni oscene.
Il par. 5 della rubrica Proibizione dà autorità ad ordinari ed inquisitori di esaminare i vari indici «nazionali», soprattutto spagnoli e portoghesi, e di bandire altre opere in essi elencate. La Congregazione sopprime le appendici riservate alla letteratura volgare.
Il par. 5 della rubrica Stampa dell'Instructio, ripetendo una delle regole tridentine mai applicate a Venezia, richiede che ogni volume a stampa contenga copia dell'approvazione delle autorità ecclesiastiche locali.
Il testamur stampato sulla prima pagina di ogni volume deve impedire, negli auspici della Congregazione, le contraffazioni dei tipografi protestanti e le infrazioni dei librai veneziani alle norme sulla censura, facilitando li compito degli ispettori doganali. Questi ultimi dovranno rendersi conto con un semplice sguardo se un libro va accettato o se necessita di un più attento esame.
Secondo il par. 4 della rubrica Stampa, lo stampatore che abbia completato una tiratura dovrà depositare presso il tribunale del Sant'Uffizio una copia del manoscritto pubblicato, affinché il lettore dell'Inquisizione possa verificare la fedeltà della riproduzione del testo approvato.
L'Instructio clementina contiene un elemento completamente nuovo: l'obbligo per i librai di giurare avanti il vescovo o l'inquisitore che si uniformeranno alle prescrizioni dell'Indice e che non ammetteranno all'arte chiunque sia stato sospettato d'eresia (Stampa, par. 6).
Il giuramento dei librai, prefigurato nell'Indice di Sisto V, ma non previsto dall' Indice tridentino, s'ispira alla professione di fede imposta da Pio V nel 1564 a docenti universitari e studenti e costituisce un tentativo di tornare all'intransigenza degli anni Sessanta del Cinquecento.
Quando librai e stampatori obiettano che il giuramento sovverte i principi della giurisdizione secolare, trasformandoli in sudditi del pontefice, la Congregazione dell'Indice risponde che chi non vuole prestar giuramento intrattiene evidentemente traffici clandestini con eretici.

Nell'edizione dell'Indice clementino, approntata da Nicolò Moretti, il testo del concordato viene subito dopo il frontespizio e prima della lettera di promulgazione del pontefice, delle regole tridentine e dell'Instructio.
Eppure non tutte le copie superstiti di questa edizione e nessuna delle successive stampe dell'Indice clementino (1596, 1597, 1600, 1604 [due volte], 1608, 1611, 1613 e 1616) recano il testo del concordato.
[Nel 1613 Paolo Sarpi affemerà che ne sono state stampate solo 60 copie. Quale che sia la cifra esatta, insomma, la Sede Apostolica ha raggiunto il suo intento.]



[Paul F. Grendler, L'Inquisizione Romana e l'Editoria a Venezia 1540-1605, Il Veltro Editrice, Roma 1983]

 

 



1596
Unione Elvetica
Confederazione dei tredici cantoni elvetici:

CATTOLICI
- Uri (1291),
- Schwyz (1291),
- Unterwalden (1291),
- Lucerna (1332),
- Zug (1353),
- Glarus (1353) [in parte],
- Friburgo (1481),
- Soletta (1481).

PROTESTANTI
- Zurigo (1351),
- Berna (1353),
- Glarus (1353) [in parte],
- Basilea (1501),
- Sciaffusa (1501),
- Appenzell (1513).

1596
-

 



 
1596
Sacro Romano Impero
Rodolfo II
Albero genealogico

(Vienna 1552 - Praga 1612)
primogenito di Massimiliano II e di Maria d'Absburgo figlia di Carlo V;
1572-1608, re d'Ungheria;
1575-1611, re dei romani e di Boemia;
1576-1608, arciduca di Alta e Bassa Austria, Carinzia, Stiria e Carniola
1576-1612, imperatore del Sacro Romano Impero;



1596
-




1596
ducato di Stiria e di Tirolo
Ferdinando II
Albero genealogico

(Graz 1578 - Vienna 1637)
figlio di Carlo d'Absburgo duca di Stiria e di Maria Anna di Baviera;
assorbe all'università di Ingolstadt, dominata dai gesuiti, quei principi della controriforma di cui sarà strenuo assertore per tutta la vita;
1596-1637, duca di Stiria e di Tirolo;



1617-37, re di Boemia;
1618-37, re d'Ungheria;
1619-37, imperatore del Sacro Romano Impero;


1596
-



1596
ducato di Sassonia
Cristiano II
Albero genealogico

(† 1611)
figlio di Cristiano I e di Sofia di Brandeburgo;
1591-1611, principe elettore di Sassonia;





1596
ducato di Prussia
Alberto II
Albero genealogico

(† 1618)
figlio di Alberto I e di ?;
1568-1618, duca di Prussia;
caduto in demenza, i suoi stati sono governati dal parente, l’elettore di Brandeburgo


1596
ducato di Württemberg




1596
ducato di Baviera
Guglielmo V
Albero genealogico

(† 1626)
figlio di Albrecht V [il Magnanimo] e di Anna d'Austria;
1579-97, duca di Baviera;


1596
Palatinato
Federico IV [il Giusto]
Albero genealogico
(Amberg 1574 - Heidelberg 1610)
figlio di Ludovico VI e di Elisabetta di Assia-Kassel;
1583-1610, elettore del Palatinato;
alla morte dello zio Giovanni Casimiro assume personalmente il governo e continua la sua politica di ostilità verso la chiesa cattolica e gli Absburgo (cui rifiuta aiuto nelle guerre turche) e di cooperazione con i protestanti stranieri;
dal 1593 è sposato con Luisa d'Orange, figlia di Guglielmo [il Taciturno];



1596
Mainz [Magonza]








1596
REGNO di POLONIA e REGNO di SVEZIA
Sigismondo III Vasa
Albero genealogico

(Stoccolma 156 6- Varsavia 1632)
figlio di Giovanni III di Svezia e di Caterina Jagellona, sorella di Sigismondo II Augusto;
1587-1632, re di Polonia;
1592-1604, re di Svezia;





POLONIA

1596
-

«segue da 1569»
COSACCHI
in seguito all'unione religiosa di Brest-Litovsk (adesione a Roma dei ruteni) i "cosacchi del Dnepr", in quanto ortodossi, subiscono persecuzioni religiose: il malcontento cresce.
«segue 1649»


SVEZIA

1596
-




 






1596
IMPERO OTTOMANO
Mehmet III
Albero genealogico

(1566 - 1603)
figlio di Murad III e di Safiye (una della famiglia veneziana Baffo); capostipite della famiglia Osmani.
1595-1603, sultano;




Gran Visir
Sokollu Mehmet Pascià
(1566 - ?)
1596
nonostante il successo sugli imperiali, il sultano vede via via ridursi il controllo sulla Moldavia, la Valacchia e la Transilvania anche a causa della rivolta dell'aristocrazia anatolica e della guarnigione di Tabriz;.








1596
RUSSIA
Fëdor I [Teodoro I] Ivanovic Rjurik
Albero genealogico

(1557 - 1598)
figlio di Ivan IV [il Terribile] e di Anastasia Romanova;
1580, sposa Irene, sorella del boiaro Boris Godunov;
1584-98, zar di Russia;
debole di mente, affida il governo dapprima allo zio materno Nikita Romanov, poi al boiaro Boris Godunov;
dal 1589 la chiesa ortodossa russa non dipende più da Costantinopoli avendo ottenuto l'elevazione di Mosca a patriarcato;

 
-
1596
-


1596
Valacchia
Michele [il Valoroso]

(n. 1557 - m. 1601)
1593-1601, voivoda di Valacchia;

 
-
1596
-





1596
REGNO di FRANCIA e REGNO di NAVARRA
Enrico di Navarra
Albero genealogico
(Pau 1553 - Parigi 1610)
figlio di Antonio di Borbone re di Navarra e di Giovanna d'Albret regina di Navarra, fu da quest'ultima educato alla fede calvinista;
1572-1610, re di Navarra;
1585-94, "guerra dei tre Enrichi";
1589-1610, re di Francia (Enrico IV);






Primo ministro
[Sovrintendente delle Finanze]
Consiglio di 9 membri (1594-97):
1. Pomponne de Bellièvre,
2. Henri I de Montmorency,
3. Albert de Gondi,
4. Gaspard de Schomberg,
5. Jacques de la Grange-le-Roy,
6. Pierre Forget de Fresnes,
7. Philippe Hurault de Cheverny,
8. Nicolas de Harlay, signore di Sancy, e
9. M. de Béthune [futuro duca di Sully] (1597-1611)
Cancelliere-Guardasigilli
-
Segretario di stato agli Affari Esteri
Nicolas de Neufville
signore di Villeroy
(1594 30 dic - 9 ago 1616)
 
- ambasciatore di Venezia: Pietro Duodo (1594-97)
1596
nel 1595 ha dichiarato guerra alla Spagna trasformando la guerra civile in guerra nazionale contro lo straniero;


1596
ducato di Lorena e di Bar
Carlo III (o II) [il Grande]
Albero genealogico

(1542 - 1608)
figlio di François I e di Christine di Danimarca;
1545-1608, duca di Lorena e di Bar;
sotto la tutela della madre e dello zio;
1548-50, il breve scontro con l'Inghilterra si conclude con l'acquisto di Boulogne da parte della Francia;
nel 1557 è entrato nella maggiore età;

1596
-



1596
Repubblica delle Province Unite
[sette province settentrionali]
Maurizio
Albero genealogico

(Dillenburg, Nassau 1567 - L'Aia 1625)
secondogenito di Guglielmo I [il Taciturno] e di Anna di Sassonia;
1584-1625, statolder di Olanda, Zelanda e Utrecht;
[presidente del Consiglio di Stato.]
1590-95, riorganizzati gli eserciti delle Province Unite, si impadronisce di Breda, Nimega e Groningen;




1618-25, conte di Nassau;
1618-25, principe di Orange;


1596
-



1596
Paesi Bassi
[dieci province meridionali]

-

governatore
[inviato da Filippo II]
Alessandro Farnese
duca di Parma
(1578 - 1595)
conte di Fuentes
(1595 - 1596)

1596
Unione di Arras: le province meridionali (Belgio) sono sottomesse a Filippo II.








1596
REGNO d'INGHILTERRA e d'IRLANDA
Elisabetta I
Albero genealogico
(Greenwich 1533 - Richmond, Surrey 1603)
figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena;
1558-1603, regina d'Inghilterra;
dal 1559 è in vigore l' Uniformity Act;
nell'estate del 1579 il duca d'Alençon, erede al trono di Francia, si reca di persona in Inghilterra per corteggiarla;
1577-80, Francis Drake rinnova l'impresa compiuta da Magellano circumnavigando il globo (e saccheggiando al suo passaggio le coste occidentali dell'America spagnola);
[Medico personale: dottor Rodrigo López, un portoghese di origine ebrea convertito al cristianesimo, a Londra dal 1558, a cui, per i servizi prestati alla regina, è stato concesso il monopolio dell'importazione di semi di anice, grazie al quale è diventato ricco. Perle sue rigini portoghesi, il medico fa parte della cerchia di amici di don Antonio, il pretendente alla corona del Portogallo; in realtà egli lavora come spia per il papa, per il re di Spagna e per lord Burghley, il capo dello spionaggio inglese.]



1596
-



IRLANDA
-
-
-
-
1596
dal 1560 è in vigore l' Uniformity Act;
continua la rivolta scoppiata nel 1595 nel nord, guidata da due capi leggendari, Hugh O' Neill e Hugh O' Connell;




a

1596
REGNO di SCOZIA
Giacomo VI
Albero genealogico

(Edimburgo 1566 - Londra 1625)
figlio di lord Henry Stuart Darnley e di Maria [Stuarda];
1567-1625, re di Scozia;
incoronato a un anno, dopo la deposizione della madre, ha come reggenti vari nobili scozzesi protestanti e come precettore G. Buchanan;
nel 1587 non si è opposto all'esecuzione della madre;





1603-25, re d'Inghilterra (Giacomo I);



1596
-


a

1596
REGNO di DANIMARCA e di NORVEGIA
Cristiano IV
Albero genealogico
(Frederiksborg 1577 - Copenaghen 1648)
figlio di Federico II e di Sofia di Mecklenburg;
1588-1648, re di Danimarca e di Norvegia;
[incoronato solo nel 1595 al raggiungimento della maggiore età]

1596
-
NORVEGIA
1596
-
ISLANDA
1596
-




1596
REGNO di SPAGNA e REGNO di PORTOGALLO
Filippo II [il re prudente]
Albero genealogico
(Valladolid 1527 - Escorial, Madrid 1598)
primogenito di Carlo V e di Isabella di Portogallo;
1539, muore la madre;
1540-98, duca di Milano;
1554-98, re di Napoli e di Sicilia (Filippo I);
1556-98, re di Spagna;
1580-98, re di Portogallo;
nel 1587 la decapitazione di Maria [Stuarda] gli offre il pretesto per rompere con l'Inghilterra che ha sostenuto i ribelli fiamminghi e le cui navi minacciano con la loro pirateria le rotte atlantiche e le colonie spagnole;
nel 1589, alla morte di Enrico III re di Francia, rivendica il trono francese per la figlia Isabella Clara avuta da Elisabetta di Valois;
nel 1594 abbandona ufficialmente tutti gli affari di Stato; da questo momento riceve soltanto il frate Diego de la Yepes, suo confessore;
1595, guerra con la Francia;


SPAGNA
1596
una nuova bancarotta delle finanze regie vanifica i pochi successi ottenuti sui francesi;
PORTOGALLO
1596
-






1596
ducato di SAVOIA
Carlo Emanuele I
Albero genealogico
(Rivoli 1562 - Savigliano 1630)
figlio di Emanuele Filiberto [Testa di Ferro] e di Margherita di Angoulême;
1580-1630, principe di Piemonte;
conte di Aosta, Maurienne e Nizza
;
duca di Savoia
;
1580-1630, re di Cipro e Gerusalemme (titolare);
1585 sposa Caterina (Catalina Michaella) d'Absburgo-Spagna († 1597), figlia di Filippo II;
1588-1630, marchese di Saluzzo;


 
1596
-



1596
REPUBBLICA DI GENOVA
[Denominazione ufficializzata nel 1528 per iniziativa di Andrea Doria]
Matteo Senarega
Albero genealogico

(? - ?)
figlio di
1595 5 dic - 4 dic 1597, doge di Genova;


1596
-


1596
ducato di Milano

dal 1535 il ducato,
come previsto dal congresso di Bologna,
è stato devoluto all'impero [in pratica agli Absburgo].



Filippo II [il re prudente]
Albero genealogico

(Valladolid 1527 - Escorial, Madrid 1598)
primogenito di Carlo V e di Isabella di Portogallo;
1539, muore la madre;
1540-98, duca di Milano;
1554-98, re di Napoli e di Sicilia (Filippo I);
1556-98, re di Spagna;
1580-98, re di Portogallo;



– vedi Spagna –

 

1596
-



1596
ducato di Mantova e di Monferrato
Vincenzo I
Albero genealogico
(1562 - 1612)
figlio di Guglielmo I e di Eleonora von Habsburg;
1581, sposa Margherita Farnese († 1643) [annullato 1583];
1584, sposa Eleonora de' Medici († 1611).
1587-1612, duca di Mantova e del Monferrato;



1596
-
a

1596
REPUBBLICA DI VENEZIA
"La Serenissima"
Marino Grimani
Albero genealogico
(Venezia 1º lug 1532 – Venezia 25 dic 1605)
figlio di Girolamo e di Donata Pisani;
1595-1605, doge di Venezia; [89°]

- nunzio pontificio:
. Luigi Taverna (1593 26 feb - 23 feb 1596)
. Antonio Maria Graziani (1596 23 feb - 8 ott 1598)
- ambasciatore di Spagna: ? (? - ?)

1596
Gennaio
25
, gli Esecutori contro la bestemmia arrestano a Venezia due uomini per bestemmie ereticali e, riconosciutili colpevoli, li consegnano, per l'esame dell'eresia, all'Inquisizione.
Questa non trova indizi di eresia, ma prima ancora di concludere l'indagine si vede riprendere dagli Esecutori e mettere a morte i due imputati. I loro atti hanno impressionato l'opinione pubblica, che ne richiede la condanna capitale.
Il nunzio, anche in questa occasione, leva una protesta simbolica.
Ogni volta il governo della Repubblica lo assicura che i tribunali secolari sono più severi e rigorosi del Sant'Uffizio.
In effetti sembra che lo Stato tratti più duramente della Chiesa i bestemmiatori e i colpevoli di reati scandalosi o lesivi del nome veneziano, li punisca senza pietà, anche se appartengono alla classe dirigente!

Febbraio
Enrico IV si mostra profondamente offeso del rifiuto della Repubblica di aderire alla sua richiesta di un aiuto finanziario e l'ambasciatore veneziano ha dovuto adoperarsi per placarlo.
[Ovvio che il Consiglio dei Dieci voglia eliminare da un'edizione veneziana dell'opera di gran lunga più nota di Giovanni Botero (Della ragion di stato) ogni traccia di sentimenti antifrancesi, in un momento in cui buoni rapporti con la Francia sono condizione irrinunciabile per quel fronte antispagnolo che la Serenissima si adopera per costituire.

Marzo
-

Aprile
Venezia, appena trasmesso da Roma il nuovo Indice clementino, i i librai portano le loro proteste al Collegio, il quale le fa pervenire a Roma;

Maggio
3
, i membri dell'arte dei librai si rivolgono al doge e al Collegio chiedendo l'abolizione di tutti i privilegi pontifici per i testi canonici, che stanno distruggendo la stampa veneziana.
I 125 torchi della città, lamentano i supplicanti, si sono ridotti a 40.
[Cfr. 1588. Questi dati vanno accolti con estrema cautela, aoprattutto quello dei 40 torchi addotto dai librai in cerca dell'appoggio del governo per un'akltra battaglia sui libri di culto. Le cifre, da sole, non sono in grado di darci un'immagine fedele dello stato del settore, dato che 40 o 70 torchi attivi possono produrre quanto 120 impegnati a metà tempo.
Indice più attendibile, seppur non infallibile, è il numero degli imprimatur concessi dal governo e, quindi, dei nuovi titoli pubblicati, ed esso evidenzia che la stampa è effettivamente in declino dal punto di vista quantitativo dopo il massimo raggiunto nel periodo 1560-74, ma non quanto pare suggerire il crollo del numero dei torchi.]

Media degli imprimatur concessi ogni anno dal governo veneziano dal 1550 al 1604
[per quinquennio]
1550-54
55,2
1555-59
78
1560-64
87
1565-69
92,4
1570-74
88,6
1575-79
45,2*
1580-84
45,25
1585-89
81,4
1590-94
63,6**
1595-99
73,7
1600-04
79,2

* Grande peste del 1575-77;
** Carestia del 1590-91.

Fonte: Archivio di Stato Venezia, Capi del CX, Notatorio, regg. 14-33 e ff. 1-14.
Mancano i dati relativi al 1584, al 1595 e al 1596.
Da: Paul F. Grendler, L'Inquisizione Romana e l'Editoria a Venezia 1540-1605, Il Veltro Editrice, Roma 1983.]

Giugno
alle lamentele giunte da Venezia, la Congregazione dell'Indice risponde che l'Indice clementino è più facile da applicare rispetto a quelli del 1559 e del 1564 e le regole meno gravose per i membri dell'arte della stampa. Qualche ulteriore alleggerimento della censura non è comunque da escludersi, dato che in Italia circolano ormai meno libri pericolosi.
14, il Senato pronuncia formalmente il suo no all'Indice clementino, contestando soprattutto:
- l'obbligo del giuramento,
- la facoltà accordata ad ordinari ed inquisitori di emanare proibizioni aggiuntive,
- la consegna dei manoscritti al Sant'Uffizio.
L'ambasciatore a Roma Giovanni Dolfin ha l'incarico di trattare col pontefice e col cardinale Valier, a capo della Congregazione dell'Indice, la soppressione di questi punti, senza la quale l'indice non sarà pubblicato a Venezia.
La Repubblica e la Sede Apostolica intraprendono così una trattativa a vari livelli.
A Roma Giovanni Dolfin si reca settimanalmente in udienza dal pontefice ed ha frequenti incontri coi cardinali nipoti Pietro e Cinzio (Passeri) Aldobrandini, nonché col Valier e il Baronio.
A Venezia discutono – o meglio battagliano – sull'Indice il nunzio Anton Maria Graziani e i membri del Collegio, i quali riferiscono al Senato, che a sua volta invia istruzioni all'ambasciatore.
Una commissione composta da:
. Matteo Zane,
. da uno dei Riformatori dello Studio di Padova che fa da portavoce del Collegio,
. dal nunzio,
- dal patriarca cardinal Lorenzo Priuli,
e, in sott'ordine, dall'inquisitore e dal vicario del patriarca,
vaglia attentamente ogni termine dell'Indice clementino.
La Congregazione romana si mostra pronta ad aderire alle richieste veneziane. Sotto la guida del Valier, che mette a frutto l'affezione alla sua patria, e del Baronio, come al solito cauto in materia di libri e di proibizioni, i cardinali decidono che una pronta pubblicazione dell'indice valga senz'altro qualche concessione sulle regole e l'Instructio. Ribadiscono perciò l'interpretazione restrittiva delle facoltà di vescovi ed inquisitori di moltiplicare le condanne, consentendo alla revoa del giuramento dei librai su cui il Colelgio e il Senato si mostrano intransigenti.
Il papa tuttavia non si pronuncia.
Seccato per la mancata deferenza dovutagli, a suo parere, dal patriziato veneziano, acconsente esclusivamente alla revoca del giuramento dei librai, in attesa che il patriarca di Venezia si rechi a Roma per ulteriori trattative.

Lo stesso giorno (14 giugno) il Senato toglie ogni valore a qualsiasi privilegio già concesso o da concedersi: chiunque cercherà di valersene nello Stato veneziano è passibile d una multa di 12 ducati e della confisca dei volumi illegalmente stampati.
Ciò suona come un autentico pronunciamento, inaugurante una politica di netta opposizione ai privilegi pontifici.
L'ambasciatore a Roma Giovanni Dolfin, sostenuto dai cardinali Cesare Baronio e Agostino Valier e da tutta la Congregazione dell'Indice, si adopera per convincere il papa a revocare i privilegi, ma viene a sapere che «persone grandi» finanziariamente interessate all'esito della disputa, premono su Clemente VIII perché non si arrenda.
Il papa non cede, infatti, ma il Senato lascia cadere la questione non appena riesce ad ottenere le sperate concessioni sul nuovo Indice clementino.
Negli ultimi anni del Cinquecento, comunque, i tipografi veneziani non stampano il Pontificale Romanum.

27, la «Risposta alli avvertimenti di Venetia sopra il novo indice» della Congregazione, che chiarisce il senso dell'Instructio, è unita alla lettera dell'ambasciatore Giovanni Dolfin;

Luglio
12
, col pieno appoggio del Collegio, Leonardo Donà sostiene in prima persona l'urto con Roma e, in un lungo discorso, articola ora gli argomenti contro l'Indice clementino.
Riconosciuto il diritto del pontefice di proibire i libri che ritenga ereticali ed espressa la volontà della Repubblica di uniformarsi all'indice, pur molto mutato nei cinque mesi precedenti, passa alla fondamentale questione del giuramento, che insidia intollerabilmente la giurisdizione della Repubblica e trasforma quattro-cinquecento veneziani in sudditi della Chiesa.
È evidente che la Sede Apostolica aspira al controllo di un 'arte laica!
[Degli stessi argomenti ha fatto uso nel 1590 Alberto Badoer, quando ha messo in guardia la Repubblcia contro le pretese ecclesiastiche sugli artefici, richiamandola ad una sollecita difesa della sua autorità.]
Il doge Marino Grimani, Giacomo Foscarini ed altri membri del Collegio si esprimono in termini analoghi, seppur con minor vigore.

Agosto
ai primi del mese la commissione all'opera a Venezia è riuscita ad appianare tutte le divergenze sull'Instructio per lo più grazie a concessioni pontifice ad eccezione di quella sul giuramento.
Momentaneamente il papa ne ha sospeso l'obbligo ma la Repubblica pretende una revoca formale.
Da entrambe le parti si parla di un prossimo viaggio a Roma del patriarca monsignor Lorenzo Priuli per continuare il negoziato.
9, il nunzio Antonio Maria Graziani chiede al Collegio di promulgare l'Indice clementino, dato che si è ormai raggiunto un accordo su tutto e che la questione del giuramento sarà presto appianata dal patriarca cardinal Lorenzo Priuli.
Ma il doge, a nome del Senato, rifiuta recisamente, l'incontro col rappresentante pontifico degenera e questi decide di forzare i tempi.
10, il nunzio Antonio Maria Graziani scrive infatti al cardinal segretario di Stato per gli affari italiani Cinzio Aldobrandini (1551-1610) che il giovedì successivo (13 agosto) promulgherà l'Indice clementino assieme al patriarca monsignor Lorenzo Priuli.
13, senza avvertire il Sant'Uffizio e i deputati, Antonio Maria Graziani e monsignor Lorenzo Priuli comunicano ad un'accolita di chierici, parroci ed abati che un nuovo Indice entra in vigore e raccomandano ai confessori di indagare presso i loro penitenti se possiedono libri proibiti e di negare l'assoluzione a chi si rifiuterà di distruggerli.
[Il nunzio Antonio Maria Graziani e il patriarca monsignor Lorenzo Priuli non si sono mossi su istruzioni del papa ma del segretario di Stato Cinzio Aldobrandini.
In una lettera (del 17), scritta prima ancora di apprendere cosa è accaduto a Venezia il giorno 13, l'ambasciatore a Roma Giovanni Dolfin riferisce al Senato una curiosa uscita del pontefcie, il quale, a conclusione di una discussione, gli ha manifestato la sua buona disposizione verso la Repubblica raccomandandogli per ben due volte di rendere noti i suoi sentimenti ed aggiungendo che Cinzio Aldobrandini è parso invece d'altro avviso.
Giovanni Dolfin
ha subito cercato un incontro con Cinzio Aldobrandini che, irritato ed ostile, ha dichiarato che il papa non deve cedere sull'Indice.
Cinzio Aldobrandini, insomma, potrebbe aver ordinato al nunzio di rompere gli indugi, od approvato il suo proposito senza consultarsi col pontefice, il quale s'è poi dissociato.
A far luce sulla vicenda ci sarebbe anche il fatto del carattere di Cinzio Aldobrandini e della sua rivalità col cugino Pietro Aldobrandini.]
Colpito sul vivo il Collegio ordina ai librai, sotto pena di morte, di non osservare l'Indice e convoca il patriarca, il suo vicario ed altri ecclesiastici a rendere ragione del loro gesto.
16, Leonardo Donà tempesta contro l'arrogante affermazione della potestà ecclesiastica e ad un certo punto chiede al vicario se è quello il rispetto che ha per il suo principe.
Il vicario risponde che rispetta grandemente l'autorità del principe, ma che, in quanto chierico, ha obbligo d'obbedienza nei confronti della Chiesa. Insiste Leonardo Donà:
«Voi ditte di riconoscer il Principe qui per molto? Io dico che egli è il tutto, et che per il tutto bisogna ricconoscerlo et obedirlo et che gli altri tutti sono accessori».
30, nell'udienza con l'ambasciatore Giovanni Dolfin, Clemente VIII, tra altre accuse, rinfaccia esplicitamente ai veneziani:
- il loro disprezzo della dignità pontificia,
- la loro voglia di urlare al mondo che sostengono gli eretici,
- le minacce rivolte al patriarca e al nunzio.
La replica della Repubblica arriverà a Roma una settimana dopo…

Settembre
in risposta alle accuse del pontefice, Leonardo Donà, a nome della Repubblica:
- fa l'apologia della giurisdizione dello Stato,
- afferma che Venezia è città più devota e cattolica di Roma,
- accusa la Curia di promuovere difficoltà ai librai veneziani allo scopo di favorire, a suo vantaggio, le tipografie romane.
La prospettiva di una riconciliazione appare quanto mai remota.
14, le due parti sottoscrivono un accordo.
La Dichiarazione delle regole, o concordato, è costituita da nove regole a modifica dell'Instructio.
Alcune rappresentano altrettanti successi dei librai e della Repubblica, altre un semplice chiarimento delle disposizioni dell'Instructio, altre ancora prive di rilievo pratico.
La prima prescrive che libri sospesi fino ad espurgazione possano esser liberamente venduti nella versione originale a chi abbia avuto una dispensa dell'ordinario o dell'inquisitore, allargando i termini della rubrica Proibizione dell'Instructio (par. 2), che limitano la durata delle dispense a tre anni, salvo eventuali rinnovi.
La seconda regola ribadisce esplicitamente che l'espurgazione debba svolgersi localmente, laddove l'Instructio (Espurgazione, par. 1) pur parlando delle facoltà di vescovi ed inquisitori in materia, non abbia chiarito se Roma abbia un qualche ruolo nell'emendazione.
La terza regola, ripetendo un articolo della legge 18 giugno 1569 del Consiglio dei Dieci, ordina agli editori di presentare al segretario dei Riformatori dello Studio di Padova il manoscritto originale di ogni nuova edizione, che sarà depositato quindi in una cassa chiusa e registrato in un inventario.
Viene così corretta la voce Stampa dell'Instructio (par. 4), che prevede la consegna dei manoscritti all'inquisitore e condiziona l'accesso di quest'ultimo ai testi da dare alle stampe al consenso della magistratura dei Riformatori, nonostante i negoziatori convengano verbalmente che l'inquisitore abbia una chiave della cassa.
[Difficile dire se le norme sui manoscritti trovino applicazione nel 1596 o nel 1569.]
Con questa e la successiva regola, la Repubblica riconferma il suo intento di accentuare il carattere secolare della censura.

La quarta regola del concordato – in riferimento all'Instructio clementina (Stampa, par. 5) – ordina che il permesso di stampa rilasciato dal governo (e comprendente anche l'imprimatur del'inquisitore) sia impresso sul verso del primo foglio di ogni volume, e, con gran stupore di Roma, si può pensare, la norma ha un'almeno parziale applicazione ed alcune stampe veneziane degli anni seguenti recano il prescritto imprimatur.
La quinta regola del concordato riconferma il bando delle figure sconce e proibisce l'inserzione di immagini profane ma autorizza l'impiego di incisioni e rappresentazioni di soggetto profano (in opere della stessa natura, è presumibile), purché non ritraggano «atti dishonesti».
La settima regola ridimensiona decisamente la facoltà dell'inquisitore e del patriarca di proibire titoli non figuranti nell'Indice. Essi potranno d'ora in avanti bandire un'opera solo se «contraria alla religione», stampata fuori dello stato veneziano od in violazione delle leggi della Repubblica sulla stampa. Il ricorso a proibizioni aggiuntive dovrà comunque avvenire in casi del tutto eccezionali («rarissime volte» e «per giustissima causa»), previo parere dei deputati laci del Sant'Uffizio.
La previsione della «contrarietà alla religione» è l'unica novità rispetto alla versione offerta nel giugno dalla Congregazione dell'Indice.
Apparentemente il dettato di questa settima regola pone le premesse per nuove proibizioni, in realtà, regolamentando l'intervento ecclesiastico, mira a ridurne una volta per tutte il numero e ad impedire sovrapposizioni alla censura governativa.
[Vedi esempio nel 1599.]
La settima e l'ottava regola del concordato, eliminando il giuramento dei librai, restringono il controllo ecclesiastico e potenziano la censura governativa: più di tutte esprimono la rinnovata volontà dello Satto veneziano di affermare la propria giurisdizione.
La nona regola del concordato prescrive che chiunque riceva libri in eredità presenti al Sant'Uffizio un elenco di tutti quelli proibiti e sospetti, precetto che, ignorato nella precedente versione tridentina, continuerà ad esserlo dopo il 1596.
A questo punto al nunzio non resta altro che tentare di limitare la diffusione del testo concordato.
Dapprima cerca di persuadere il governo veneziano a farlo circolare manoscritto, poi a stamparne solo poche copie, infine a pubblciarlo separatamente dall'Indice clementino.
Ed effettivamente il Senato autorizza la stampa di sole 150 copie, anche se non è chiaro se si tratti di 150 esemplari in tutto o in aggiunta a quelli da inserire nell'Indice clementino.
Nell'edizione di quest'ultimo approntata da Nicolò Moretti il testo del concordato viene subito dopo il frontespizio e prima della lettera di promulgazione del pontefice, delle regole tridentine e dell'Instructio.
Eppure non tutte le copie superstiti di questa edizione e nessuna delle successive stampe dell'Indice clementino (1596, 1597, 1600, 1604 [due volte], 1608, 1611, 1613 e 1616) recano il testo del concordato.
Ad esempio, il concordato non è compreso in alcuna delle copie delle seguenti edizioni veneziane dell'Indice clementino:
- Apud Floravantem Pratum, 1596;
- Apud Marcum de Claseris, 1597;
- Apud Lucium Spinedam, 1600;
- Apud Haeredes Dominici de Farris, 1604;
- Apud Marcum Antonium Zalterium, 1604, 1608, 1611, 1613, 1616.

Il concordato edifica la piattaforma da cui Paolo Sarpi lancerà la sua sfida alla censura ecclesiastica.

Il contrabbando dei libri proibiti intanto continua come sempre
.


[Paul F. Grendler, L'Inquisizione Romana e l'Editoria a Venezia 1540-1605, Il Veltro Editrice, Roma 1983.]





1596
ducato di Ferrara, Modena e Reggio
Alfonso II d'Este
Albero genealogico

(Ferrara 1533 - 1597)
figlio di Ercole II e di Renata di Francia;
1552-54, in contrasto col padre, fugge e combatte nelle Fiandre;
1557-58, combatte contro gli spagnoli in Italia;
1559-97, duca di Ferrara, Modena e Reggio;
nel 1560 ha allontanato da corte la madre, per le sue tendenze protestanti, che fa ritorno in Francia ritirandosi nel proprio feudo di Montargis;
nel 1567 è morta la prima moglie Lucrezia de' Medici;


 
1596
-


1596
Granducato di Toscana
Ferdinando I
Albero genealogico

(Firenze 1549 - 1609)
figlio minore di Cosimo I;
1587-1609, granduca di Toscana;
continua l'indirizzo del padre, favorendo in particolare l'ascesa della città di Livorno sviluppandone gli impianti portuali;
nel 1589 sposa Cristina di Lorena;

1596
-


1596
ducato di Urbino
Francesco Maria II della Rovere
Albero genealogico
(n. 1548 - Casteldurante, oggi Urbania, Urbino 1631)
figlio di Guidobaldo II e di Vittoria Farnese ;
1565-68, compie un soggiorno presso la corte spagnola;
1570, sposa Lucrezia d'Este che non gli darà figli;
1571, combatte eroicamente a Lepanto;
1574-1631, duca di Urbino;
scaccia i ministri del padre e sopprime molte tasse;
geloso della sua autonomia, non vuole nel suo ducato né l'inquisizione, né i gesuiti e protegge gli ebrei;
si separa da Lucrezia d'Este;





 
1596
-




1596
REGNO di NAPOLI e di SICILIA
Filippo II [il re prudente]
Albero genealogico

(Valladolid 1527 - Escorial, Madrid 1598)
primogenito di Carlo V e di Isabella di Portogallo;
1539, muore la madre;
1540-98, duca di Milano;
1554-98, re di Napoli e di Sicilia (Filippo I);
dopo l'incoronazione ricevuta dal padre, ha lasciato la Spagna per sposare la regina d'Inghilterra Maria Tudor;
1556-98, re di Spagna;
1580-98, re di Portogallo;



– vedi sopra –


NAPOLI
Viceré
-
Nunzio apostolico
-

1596
-


SICILIA
Viceré
-
1596
-




Descartes, René o Cartesius o Cartesio (La Haye, Touraine 31 mar 1596 - Stoccolma 11 feb 1650) filosofo, matematico e fisico.

Huygens, Constantijn (l'Aia 1596-1687) poeta e commediografo neerlandese;
[Padre di Christiaan.]
Fiordalisi
Le costose follie (1622)
La Caterinetta di Cornelio (1653, di spirito boccaccesco).

Jenatsch, Georg (Samedan, Grigioni 1596-Coira 1639) politico dei Grigioni
1618, parroco protestante in Valtellina, dove aderisce al partito franco-veneziano contro il partito cattolico filospagnolo capeggiato da Pompeo Planta;
1620, sfuggito al massacro compiuto dalle truppe spagnole intervenute per sostenere la rivolta delle comunità cattoliche locali contro il dominio protestante dei Grigioni, partecipa ai successivi tentativi dei riformati di riconquistare la vallata
1621, nonostante la morte di Pompeo Planta (della quale è responsabile) è ben presto sconfitto dagli spagnoli
1622, con gli "Articoli di Milano" gli spagnoli impongono il loro dominio effettivo nella regione; abbandonato l'abito religioso, da questo momento dedica la sua vita alla causa dell'indipendenza del suo paese
1624, quando Richelieu dà inizio alla sua politica antiasburgica, egli prende parte alla spedizione delle armate francesi in Valtellina;
1626, maggio, allontanatosi definitivamente dalla sua terra, dopo il trattato di Monzone che riapre la vallata al dominio spagnolo, è al servizio del conte di Mansfeld 
1629-30, è al servizio di Venezia; quando nell'ultima fase della guerra dei trent'anni la Francia entra decisamente nel confitto e prepara la riconquista della Valtellina, partecipa alla vittoriosa campagna di Rohan; per evitare che il territorio sia annesso da Richelieu, dopo la conversione al cattolicesimo entra in trattative con spagnoli e austriaci e con il loro aiuto scaccia definitivamente i francesi; subito dopo per liberarsi della tutela spagnola chiede ancora aiuto ai francesi
1639, 24 gennaio, per questo viene assassinato dai Planta;  la Valtellina viene restituita dalla Spagna ai Grigioni che la conserveranno fino al 1797.

Shirley, James (Londra 1596-1666) drammaturgo inglese, ministro anglicano, 
1625, convertitosi al cattolicesimo, si trasferisce a Londra avviando un'intensa attività teatrale
The Traitor (1631, Il traditore)
The Ball (1632, Il ballo)
Hyde Park (1632)
The Triumph of Piece (1634, Il trionfo della pace)
The Gamester (1634, Il giocatore)
The Lady of Pleasure (Donna di piacere)
The Royal Master (1638, Il padrone regale)
The Cardinal (1641, Il cardinale)
1642, le sale di spettacolo vengono chiuse per ordine del parlamento; scoppiata la guerra civile, milita tra i realisti al seguito del suo protettore, il conte di Newcastle
1644, si trova costretto all'esilio in Francia
1666, dopo aver svolto la tranquillla attività di insegnante, muore nella notte dell'incendio di Londra.

Voiture, Vincent (Amiens 1597-Parigi 1648) scrittore francese, il primo a introdurre la libertà di ritmo e di rima in poesia;
membro dell'«Académie Française» di recente costituita
Oeuvres (1649, postume, Opere)
Nouvelles Oeuvres (1658-59, Nuove opere).

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«segue da 1595»
1596,
Germania
Zellerfed, von Löhneysen, direttore delle miniere delle montagne del Harz nel Braunschweig, impianta un torchio suo personale (forse trattasi della prima "stamperia privata", intendendo per tale quelle che lavorano esclusivamente agli ordini di un direttore che di solito ne è anche il proprietario) con il quale stampa un certo numero di grossi volumi di tecnica mineraria e d'equitazione.
«segue 1597»

Congregazione
dell'Indice dei libri proibiti

«segue da 1593»
1596, esce finalmente l'Indice clementino (il culmine dell'attività repressiva della Chiesa di Roma) che non si discosta nella struttura e nella sostanza delle proibizioni da quello del Concilio di Trento;
alla medesima ripartizione in tre classi è aggiunta un'appendice di opere che per lo più sono registrate negli altri indici europei usciti dopo il 1564.
Per altri aspetti però l'indice riflette il vivace scontro che sino alla promulgazione ha visto il Sant'Uffizio contro il pontefice. Vengono eliminate le sezioni nazionali e si rinnova il divieto di lettura della Bibbia volgare, così come era previsto nell'Indice di Paolo IV.
I controversi dibattiti sulla liceità o meno della lettura della Bibbia che si muovono attorno agli Indici della seconda metà del XVI secolo si concludono con la sua eliminazione dal panorama delle letture ammesse. Prerogativa questa essenzialmente italiana e spagnola. Altrove i nunzi ottengono deroghe alla severità delle prescrizioni determinate dalle particolari situazioni locali: così avviene in Boemia, in Polonia, in Dalmazia e ovunque i cattolici convivono fianco a fianco con i protestanti. Gli italiani invece, per i successivi due secoli (fino al 1758 quando sarà riammessa la lettura da parte di Benedetto XIV) perderanno il contatto diretto con il libro fondamentale della loro fede… "con incalcolabili conseguenze sulla religiosità, sulla cultura e sulla mentalità".
Il catalogo contiene circa 2.100 voci.
«segue 1599»

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