©

Il Viandante

in rete dal 1996


Se ti siamo stati utili effettua una
Nuova Ricerca

ANNO 1917
STORIA e POLITICA
RELIGIONE e FILOSOFIA
ARTE
Bancarella Libri usati
Cosa Nostra
SCIENZE ECONOMIA LETTERE e TEATRO CINEMA
Papa
Benedetto XV

(1914-22)

 


I Guerra Mondiale

1917

Fronte Occidentale

Ottobre
quantunque gli Alleati abbiano affondato 50 sommergibili, G. Krupp mantiene la flotta subacquea del Reich sulle 134 unità, mentre la distruzione delle navi alleate supera le aspettative germaniche;
l'ammiraglio britannico Jellicoe dice all'ammiraglio americano Sims che l'offensiva degli U-boat ha messo in ginocchio il suo paese; una nave su quattro si inabissa; il paese ha una riserva di grano che sarà sufficiente solo per sei settimane e l'amm. Jellicoe prevede la resa per il prossimo novembre; infine l'ammiragliato accetta la soluzione suggerita da D. Lloyd George: far marciare in convoglio le navi mercantili;
all'inizio il successo è brillante;
frattanto l'aumentata produzione di cacciatorpediniere e il perfezionamento delle bombe di profondità riescono a controbilanciare la minaccia degli U-boat;
un sufficiente numero di navi britanniche può costituire quella specie di ponte attraverso l'Atlantico per quel corpo di spedizione americano così necessario, l'American Expeditionary Force;
è una corsa in gara contro il tempo, perché i successivi eventi danno modo alla Germania di eliminare i fronti a est e per la prima volta le permettono di avere una stragrande superiorità numerica sul fronte occidentale;

Il Corpo d'Armata canadese paga un altissimo tributo di sangue a Passchendaele.

Fronte Orientale

Fino a questo momento le prime notizie di una probabile offensiva nemica sono pervenute a metà settembre e sono precisate ai primi di ottobre circa l'affluenza di Div.ni tedesche e i propositi del nemico; si ritiene che l'offensiva sarà effettuata sulla Bainsizza.
2, per la prima volta viene ora accennato ad un attacco da Tolmino.
4-18, il gen. L. Capello, gravemente ammalato di nefrite, è costretto a letto;
5-19, il gen. L. Cadorna si assenta da Udine per recarsi ad ispezionare la fronte del Trentino;
[Egli ritiene che un'offensiva nemica sulla sola fronte dell'Isonzo sia soltanto relativamente pericolosa; se invece venisse combinata con un'offensiva dal Trentino ne potrebbe derivare una catastrofe. Pensa che il nemico non ripeterà, dopo l'esperienza fatta nel maggio-giugno 1916, l'errore di attaccare su un fronte solo e il fatto che il mar.llo F. Conrad von Hötzendorf, fanatico assertore dell'opportunità di attaccare nel Trentino, sostituito nella carica di capo di S.M. dell'Esecito austro-ungarico, abbia assunto il comando del Gruppo di Eserciti nel Trentino gli fa temere il duplice attacco, sull'Isonzo e sul Trentino.
Vuole quindi assicurarsi che il fronte montano sia in grado di resistere.
Fiducioso nell'azione di comando del gen. L. Capello, alieno dall'intervenire sul suo campo d'azione, finisce per disinteressarsi dei preparativi della batatglia difensiva, la cui organizzazione ha affidato alla 2ª Armata.]
8, il gen. L. Capello, dirama un ordine [n. 5757] nel quale scrive:
«spesso un'offensiva nemica arginata e paralizzata può dare favorevole occasione per una più grande azione controffensiva»;
9, viene ora segnalata l'affluenza di numerose unità germaniche;
10, il concetto espresso dal gen. L. Capello, accettabilissimo, viene approvato dal gen. L. Cadorna con una lettera [n. 4741] che, nella stessa, precisa:
«Durante il bombardamento nemico, oltre ai tiri sulle località di affluenza e di raccolta delle truppe, sulle sedi dei comandi e degli osservatori, ecc. si svolga una violentissima contropreparazione nostra. Si concentri il fuoco dei grossi e medi calibri sulle zone di probabile irruzione delle fanterie le quali, essendo esposte in linee improvvisate, prive o quasi di ricoveri ad un tormento dei più micidiali, dovranno essere schiacciate sulle linee di partenza. Occorre, in una parola, disorganizzare e annientare l'attacco nemico prima ancora che si sferri; disorganizzazione e annientamento che il nostro poderoso schieramento di artiglierie sicuramente consente».
Lo stesso giorno, nella conferenza tenuta dal gen. P. Badoglio agli ufficiali presso il Comando del XXVII C.d'A. – tra cui il magg. di S.M. Oreste Cantatore che ne conserverà copia:
- impartisce ordini assai precisi e opportuni per l'impiego in difensiva della fanteria;
- dice che l'artiglieria da campagna ha il compito di effettuare il tiro di sbarramento contro le fanterie attaccanti, ma non indica modalità per l'apertura del fuoco;
- vieta il tiro di controbatteria, per evitare spreco di munizioni che, precisa, vuole riservare alla fanteria del nemico attaccante;
- ordina di intensificare i tiri di disturbo contro le posizioni del nemico ma prescrive che siano i cannoni da campagna e da montagna a «disturbare ininterrottamente l'avversario».
Non dice parola dell'impiego di quelle 426 bocche da fuoco di medio e grosso calibro che, secondo l'ordine del gen. L. Cadorna e anche quello del Comando del 2ª C.d'A., dovrebbe "schiacciare" le fanterie nemiche prima che muovano all'attacco.
Il gen. L. Cadorna – come attesterà il col. Odoardo Marchetti, capo del Servizio Informazioni del Comando Supremo – giudica che l'offensiva sia una cosa seria. Ha però fiducia – che si dimostrerà eccessiva – nella solidità delle difese e nell'azione del gen. L. Capello.
Pur avendo ammonito con il proprio ordine che occorre essere preparati «ai più inverosimili eventi» non immagina che la fronte possa rapidamente crollare; pensa che la resistenza delle varie linee concederebbe il tempo necessario per far intervenire le riserve.
[Le esperienze durissime delle offensive sul Carso lo inducono peraltro ad escludere che un attacco, per quanto potente, riesca a sfondare tre linee di difesa in 12 ore.]
11, il comando della 2ª Armata, [ordine n. 5485] così parafrasa quanto ha scritto il gen. L. Cadorna:
«Le più probabili zone di partenza delle truppe nemiche… debbono essere già note, almeno approssimativamentte, ai comandi di corpo d'Armata.
Essi dovranno disporre che tali zone siano battute violentemente fin dall'inizio del bombardamento nemico per soffocare fin dalla sua preparazione lo scatto delle fanterie avversarie, schiacciandole nelle loro stesse trincee di partenza prima ancora che il loro attacco riesca a essere sferrato.
I comandi di corpo d'Armata di prima linea vorranno cominicare a questo comando, entro il 13 corrente, quali sono le probabili zone di irruzione nemica, affinché si possa disporre che anche altre batterie ed altresì di grosso calibro concorrano a questi tiri di contropreparazione allo scatto delle fanterie
».
Il messaggio del comando della 2ª Armata è sufficientemente esplicito e, soprattutto, si conclude persino con una richiesta di assicurazione circa la sua esecuzione.
Lo stesso giorno il Comando della 2ª Armata assegna quindi al XXVII C.d'A. il 5° gruppo alpini che è sulla Bainsizza.

Il Comando del IV C.d'A. (gen. A. Cavaciocchi), dirama l'ordine [n. 5901] col quale prescrive di battere con le artiglierie, fin dall'inizio del bombardamento nemico, le zone di più probabile irruzione allo scopo di soffocare già nela fase di preparazione lo scatto delle fanterie.

Il Comando del XXVII C.d'A. (gen. P. Badoglio) non esegue l'ordine per niente.
[È significativo il fatto che, per occultare questa gravissima responsabilità del gen. P. Badoglio, la Commissione d'Inchiesta ignori l'ordine n. 5485 e giunga al punto di affermare nella sua Relazione il falso e cioè che l'ordine n. 4741 del Comando Supremo non è stato seguito da alcun provvedimento da parte del comando della 2ª Armata.
[Basterebbe questo particolare per infirmare tutto l'operato della famosa Commissione d'Inchiesta.]

14
, in una conferenza il gen. A. Cavaciocchi ribadisce l'ordine [n. 5901] impartito tre giorni prima;
15, ventisei giorni dopo aver ricevuto l'ordine di organizzare la «difesa ad oltranza», il gen. L. Capello richiede, tramite il col. U. Cavallero, le artiglierie che ritiene necessarie per la controffensiva;
ed il gen. L. Cadorna gli dà in due giorni tutto ciò che gli ha chiesto:
- il 2° gruppo di alpini (col. Pugnani) di quattro battaglioni, per rinforzare la 50ª Div.ne (gen. Arrighi) in conca di Plezzo;
- un reggimento di artiglier ia da campagna,
- due gruppi di artiglieria da montagna,
- il comando del VII C.d'A. (gen. L. Bongiovanni),
- due Div.ni (3ª e 34ª).
Gli nega soltanto le artiglierie che il gen. L. Capello gli ha chiesto (ventisei giorni dopo l'ordine del 18 ottobre) per la controffensiva e gli scrive che per la difensiva sono sufficienti i 2500 pezzi di artiglieria e le 1100 bombarde di cui l'Armata dispone.
[Il gen. L. Cadorna dispone anche di riserve:
- 3 C.d'A. (9 Div.ni con 20 brigate) nel territorio della 2ª Armata;
- 2 C.d'A. (6 Div.ni con 12 brigate) nel territorio della 3ª Armata, anche se è difettosa la loro dislocazione.
Le riserve sono infatti addensate a sud della linea Udine-Cividale e mancano più a nord dove gli austro-tedeschi avanzano.]
Lo stesso giorno il Comando della 2ª Armata, preoccupato di un attacco più a nord, chiede al Comando Supremo un gruppo alpino per la oonca di Plezzo e due Div.n per formare il VII C.d'A. dietro alla zona di Caporetto-Tolmino ed ha subito queste forze.
16, il Comando della 2ª Armata ordina che il 5° gruppo alpini passi dal XXVII C.d'A. al IV C.d'A. e cioè si sposti verso nord.
[Al Comando Supremo il col. Calcagno, capo dell'Ufficio Situazione, che ha il compito di prospettare la situazione stessa al gen. L. Cadorna, rimane invece fino all'ultimo inspiegabilmente scettico sulla probabilità e sull'ampiezza dell'offensiva nemica e commenta sempre con errori di fatto le notizie più copiose che gli pervengono dall'Ufficio Informazioni.]
17, giungono ora notizie di concentramenti di truppe e artiglierie fra Plezzo e Tolmino;
19, il gen. L. Capello si reca a Udine a conferire con il gen. L. Cadorna il quale gli impone di rinunziare ai propositi di controffensiva;
ritornato a Cormons, il gen. L. Capello non dà ordine alcuno;
20, il gen. L. Capello entra in clinica a Padova;
lo stesso giorno un ufficiale czeco precisa che un forte contingente germanico sta per sfondare la fronte italiana a Tolmino; l'Ufficio Situazione del Comando Supremo formula ancora riserve sull'attendibilità della notizia.
21, due ufficiali romeni disertano dalle linee sul Monte Vodhil e consegnano copia dell'ordine di operazione dal quale risultano le modalità dell'attacco fra Tolmino e il Monte Nero; dicono che si tratta di azione su tutta la fronte da Plezzo al mare, con urto risolutivo dalla testa di ponte di Tolmino.
22, il Comando della 2ª Armata e il Comando Supremo cercano di correre ai ripari, rinforzando l'ala sinistra:
a) il Comando della 2ª Armata :
- commette l'errore – come già detto – di modificare i limiti di settore fra IV C.d'A. e XXVII C.d'A. e assegna la brigata Napoli,
- trasferisce dalla sinistra alla destra Isonzo il 10° gruppo alpini (col. Danioni) con quattro battaglioni e lo schiera sul Krad Vhr (dove giungerà alla vigilia dell'offensiva),
- sposta le batterie di artiglieria;
b) il Comando Supremo:
- mette a disposizione del IV C.d'A. la 34ª Div.ne che sta giungendo ora al VII C.d'A. (questa Div.ne raggiungerà Caporetto in parte la sera del 23 e in parte al mattino del 24, quando la battaglia sarà già iniziata);
- la sostituisce al VII C.d'A. con la 62ª Div.ne che proviene dalla 1ª Armata (che giungerà soltanto il 24 ottobre, a battaglia iniziata);
- assegna al IV C.d'A. numerose batterie, (poche delle quali giungeranno a destinazione non potendo svolgere un'azione efficace e saranno catturate).

Lo stesso giorno il gen. A. Cavaciocchi precisa che le artiglierie dovranno sparare «quando incomincerà il tiro di distruzione».

Il gen. P. Badoglio dà disposizioni per l'impiego delle artiglierie di medio e grosso calibro – ordine [n. 3267] che il Papafava pubblicherà in stralcio; nell'ordine si legge:
«All'inizio del tiro di distruzione le nostre batterie di grosso e medio calibro dovranno intervenire battendo le trincee e i luoghi di raccolta del nemico».
[Da ciò si dovrebbe arguire che il gen. P. Badoglio abbia obbedito, anche se con 11 giorni di ritardo, all'ordine n. 5485 del Comando della 2ª Armata in data 11 ottobre… ma l'ordine [n. 3267] citato da Novello Papafava è certamente apocrifo.
Il numero di protocollo [n. 3267] corrisponde a quello di uno dei documenti, una decina, che mancheranno fra gli allegati al Diario Storico del XXVII C.d'A. perché sottratti, si ignorerà come e da chi, prima del 1923.
Corre inoltre l'obbligo di notare che:
- questo documento, che lo scagionerebbe da ogni accusa, non sarà presentato dal gen. P. Badoglio alla Commissione d'Inchiesta;
- la Commissione d'Inchiesta, molto sollecita a suo favore, non ne farà cenno;
- nel suo Memoriale inviato al gen. L. Cadorna nella primavera del 1923, trattando della non effettuata contropreparazione, non farà alcun cenno dell'ordine;
- negli "schiarimenti" – in risposta alle "osservazioni" che lo stesso gen. L. Cadorna muoverà al suo Memoriale – che invierà al gen. L. Cadorna con lettera autografa del 14 giugno 1923, non ne accennerà;
- il gen. Dallolio non ne farà alcun cenno nella "Relazione" circa l'impiego dell'artiglieria che compilerà per incarico della Commissione d'Inchiesta;
- il col. Cannoniere, comandante dell'artiglieria del XXVII C.d'A., non accennerà a quest'ordine nella sua relazione.
A tutte le domande che impongono queste precisazioni risponderà implicitamente il futuro col. d'artiglieria Oreste Cantatore, compilatore, personalmente, del Diario Storico, il quale dichiarerà di non aver mai visto questo ordine n. 3267 del 22 ottobre.
Resta quindi confermato che trattasi di documento apocrifo.]

Lo stesso giorno – il gen. L. Montuori sostituisce il gen. L. Capello che è in clinca a Padova – il Comando della 2ª Armata mette a disposizione del gen. P. Badoglio la brg Napoli con un ordine [n. 6155] così concepito:

ordine [n. 6155]

«Speciale stop. Brigata Napoli passa a disposizione del XXVII corpo d'Armata stop XXVII corpo prende lavori e presidio della linea Plezia-Foni-Isonzo stop.
Resta con ciò stabilito che la fronte del XXVII corpo d'Armata in quel tratto giunge fino sull'Isonzo stop.
La difesa del fiume è affidata al IV corpo stop.
I pezzi da 70 someggiati che sono sulla fronte Plezia-Isonzo passano a disposizione del XXVII corpo stop.
Accusare ricevuta stop generale Montuori

 

 

Fino ad oggi quindi la difesa di tutto il fondo valle Isonzo è stata affidata al IV C.d'A. che vi ha destinato prima due e poi un reggimento di bersaglieri.
[L'errore commesso dal Comando della 2ª Armata di modificare alla vigilia di un'offensiva, attesa come imminente, i limiti di settore fra due corpi d'Armata, proprio in un punto delicatissimo è enorme.
Ne deriverà una tremenda conseguenza: la strada del fondo valle non sarà difesa, e, marciando su di essa, la 12ª Div.ne slesiana potrà avanzare senza colpo ferire e giungere a Caporetto alle 15 del 24 ottobre.
Questo accadrà perché il Comnado del XXVII C.d'A. sommando errore ad errore, non ha provveduto a sbarrare la valle e soprattutto la strada di fondo valle.
Il XXVII C.d'A. dovrebbe quindi provvedere con il brg Napoli a sbarrare il fondo valle Isonzo fra Monte Plezia e la riva destra dell'Isonzo. Invece destina a tale compito un solo battaglione, che conta poco più di 400 uomini, il quale si diluisce su un fronte di 2,5 km di sviluppo su un dislivello di 700 m., svolgentesi in terreno boscoso ed insidioso.
Non esiste l'ordine inviato dal Comando di C.d'A. alla 19ª Div.ne per l'impiego della brg Napoli perché è fra quelli che mancano nel Diario Storico, ma si sa per la relazione della 19ª Div.ne, che l'assegnazione di un solo battaglione a quel compito è stata voluta personalmente dal gen. P. Badoglio, al quale invano il gen. Giovanni Villani ha prospettato per telefono obiezioni.
Anche il capo di S.M. della 19ª Div.ne, col. Giulio De Medici, ha dubbi circa la dislocazione della brg Napoli e li espone per telefono al ten.col. Pellegrini, capo di S.M. del C.d'A., il quale conferma che fra Monte Plezia e l'Isonzo basta un battaglione.
L'ordine di tenere gli altri cinque battaglioni della brigata sull'alto, a Monte Piatto, al Podklabuc e sul rovescio ad una distanza dal fondo valle Isonzo che richiede almeno tre o quattro ore di marcia, peggiora la situazione.
[Siamo quindi di frte ad un altro gravissimo errore che in concomitanza con l'altro, commesso sulla fronte della 46ª Div.ne, renderà possibile lo sfondamento di tre successive linee di difesa in fondo alla valle dell'Isonzo nello spazio di sei ore.]




23, ore 02:30, dalla clinica di Padova il gen. L. Capello ritorna al comando della 2ª Armata;
[Perché – come diranno gli storici – non viene sostituito?]
Lo stesso giorno dichiara ai comandi di C.d'A.: «Loro sanno che nel concetto del comando d'Armata vi è la controffensiva strategica… Considerazioni di varia indole hanno consigliato di escludere il concetto di tale azione in grande stile».
[Da queste sue parole risulta chiaro che la controffensiva è esclusivamente «nel concetto», cioè «nel pensiero» del gen. L. Capello ma non è stato fatto niente per realizzarla.
Lo intuirà, nel dicembre 1917, anche il gen. Vittorio Alfieri, ministro della guerra, quando, nella seduta della Camera dei Deputati riunita in comitato segreto dirà: «Ho motivo di ritenere che (l'infuenza del dissidio) sia stata in proporzione assai minore di quanto è stato detto».]
In realtà il gen. L. Capello ha trascurato di organizzare la «difesa ad oltranza» per inseguire un'idea personale, contrastante con quella del gen. L. Cadorna ma non ha organizzato neppure la controffensiva il che è ancora più grave.
Giocando sull'equivoco, egli farà del "dissidio Cadorna-Capello" argomento di difesa e lo svilupperà dinanzi alla Commissione d'Inchiesta – che non dispone dei documenti che si avranno anni dopo – trovando credito.
Svilupperà poi questo argomento, con abilità dialettica non comune, nel suo Per la verità (1918) per giustificarsi di aver disobbedito all'ordine del 18 settembre del Comando Supremo che era stato esplicto e preciso: «Concentrare ogni attività nelle predisposizioni per la difesa ad oltranza».]

Anche la mancata organizzazione della "contropreparazione di artiglieria" è una disobbedienza grave agli ordini del gen. L. Cadorna, ma di essa il comandante della 2ª Armata è solo parzialmente responsabile: la colpa è del gen. P. Badoglio.
[Il mancato intervento dell'artiglieria del XXVII C.d'A. sarà uno di "misteri" che stimoleranno le fantasie con risultati talvolta grotteschi.
Es: alla televisione qualcuno dirà di aver chiarito questo mistero: l'artiglieria del C.d'A. del gen. P. Badoglio non ha sparato perché pezzi da 210 non possono essere puntati "in direzione", cioè non hanno possibilità di spostamenti orizzontali e quindi non possono colpire bersagli mobili.
La spegazione è inaccettabile e puerile.
La contropreparazione consiste in concetramenti di fuoco contro bersagli fissi e cioè trincee, camminamenti, ecc.; quindi la possibilità di effettuare o meno spostamenti in direxione non ha importanza.
Ciò premesso va precisato che il XXVII C.d.'a, ha soltanto 10 batterie di mortai da 210 su 108 batterie di medio e grosso calibro e che anche il pezzo da 210 – come si potrà constatarlo al Museo di Artiglieria – può spostarsi in direzione di … 360 gradi.]
In realtà l'artiglieria del gen. P. Badoglio non ha svolto l'azione di fuoco per ben altra ragione!

Gli ordini [n. 2076 e n. 4741] del Comando Supremo sono stati eseguiti sulla fronte della 19ª Div.ne del XXVII C.d'A., dove sulla linea avanzata sono state lasciate soltanto due compagnie di fanteria.
Nel settore della 46ª Div.ne (gen. Amadei) del IV C.d'A. (gen. A. Cavaciocchi) l'alleggerimento della linea avanzata si è imposto, poiché non è assolutamente difendibile, mentre è per natura fortissima la linea di «difesa ad oltranza» che dal Monte Nero, per il monte Pleca scende a Selisce e all'Isonzo.
La linea "avanzata" corre sotto la cresta dello Sleme e del Monte Mrzli, fino al fondo valle Isonzo (Molini di Gabrie) in condizioni tali che non possono essere efficacemente descritte.
[Bisogna esserci stati per rendersi conto di come sia impossibile resistere, su questa linea, ad un attacco di notevoli forze. È dominata dalle trincee austro-ungariche, al punto che ogni movimento provoca raffiche di mitragliatrice e salve di batteria.
Dalle trincee nemiche rotolano su quelle italiane sassi e talvolta scatole piene di escrementi, a scherno degli infelici che si logorano a tenere una linea assurda che non offre riparo alcuno.
La trincea italiana attraversa un pendio ripidissimo, scoperto; per la pioggia il terreno è scivoloso, viscido; trincee e camminamenti si disfanno in fossi pantanosi ricoperti a tratti da tettucci di assi e di teli da tenda.]
Su questa line assurda e indifendibile e sul terreno interposto fra essa e la linea di «difesa ad oltranza» sono lasciati ben tredici battaglioni e nove batterie di medio calibro (obici da 149) oltre a numerose batterie da campagna e someggiate.
Sulla linea di «difesa ad oltranza» rimangono, fino al 22 ottobre, due soli battaglioni; all'ultimo momento ne sono inviati altri quattro (tre del 2° bersaglieri e uno alpno).

Sulla destra Isonzo sono 27 battaglioni (comprese le riserve del C.d'A.) e sulla sinistra Isonzo sono 22 battaglioni.
[Quindi quanto prescritto [n. 4741] dal gen. L. Cadorna che il «XXVII corpo d'Armata gravitasse con la maggior parte delle forze sulla destra Isonzo» è stato eseguito.]
Bisogna però considerare che i 27 battaglioni dovranno agire su un settore ampio 13 km e i 22 battaglioni su 8 km.
Su questi 8 km hanno giurisdizione tre comandi di Div.ne (22ª, 64ª e 65ª) e sui 13 km uno solo (19ª Div.ne - gen. Giovanni Villani).
[Sarebbe più logico trasferire uno dei tre comandi che sono sulla sinistra Isonzo, affiancarlo a quello della 19ª Div.ne e ripartire fra loro la fronte.
Il gen. P. Badoglio – come scriverà nelle sue "osservazioni" presentate alla Commissione d'Inchiesta – ha intenzione di trasferire in secondo tempo il coamdno della 22ª Div.ne dalla sinistra alla destra Isonzo, ma non attua il progetto perché l'offensiva nemica è imminente.
La giustificazione non convince.
[L'ordine del gen. L. Cadorna – come si deve ancora osservare – è stato eseguito più apparentemente che nella realtà con enorme ritardo, poiché fino al 22 ottobre i battaglioni sulla sinistra Isonzo sono stati 26 e quelli sulla destra Isonzo appena 23.
È indiscutibile che per ben 11 giorni il Comando della 2ª Armata non si è peoccupato di eseguire il preciso ordine del 10 ottobre del gen. L. Cadorna e nemmeno se ne è preoccupata il 19, il 20 e il 21 dopo il colloquio chiarificatore tra il gen. L. Cadorna e il gen. L. Capello.]
[Ecco un'altra prova che il famoso "dissidio Cadorna-Capello" non ha avuto influenza sull'azione del Comando della 2ª Armata.]

Lo stesso giorno il gen. L. Capello ordina alla brigata Potenza, che si trova a Faedis, di raggiungere la conca di Bergogna.
[Causa la lunga marcia attraverso i monti, la brigata giungerà a destinazione stanchissima, nel pomeriggio del giorno 24.]
Sempre su sua richiesta, il Comando Supremo ordina che il 7° gruppo alpini (tre battaglioni) parta il 24 ottobre dai dintorni di Vicenza per Cividale.
[Vi giungerà, con successivi treni, il 25 ottobre.]

Per i molti ordini emanati che comportano spostamenti di truppe, risulta che lo stesso giorno 23 nella notte e nella giornata del 24 sulle strade immediatamente dietro alla fronte si svolge un movimento caotico di truppe a piedi e in autocarro, di artiglierie trainate da cavalli e da trattori, di convogli di carri e di automezzi, con gli inevitabili disguidi e intasamenti.

23/24, nella notte il movimento di truppe e carriaggi è intensissimo anche dalla parte austriaca. Nessun proiettile cade su di loro; il silenzio delle artiglierie italiane è stupefacente.
"Miracolosamente – come scriverà il gen. K. Krafft von Dellmensingenil tiro di contropreparazione sulle posizioni di partenza non ha luogo".

la stessa notte gli austro-tedeschi
, favoriti da:
- un'erronea valutazione italiana dell'entità e della direzione della minaccia nemica,
- l'errata dislocazione delle truppe in linea e delle riserve,
- una deficiente organizzazione del fuoco dell'artiglieria (specialmente nel XXVII C.d'A.),
iniziano l'offensiva.
Il Comando del XXVII C.d'A. è a Cosi, un gruppo di case in fondo alla valle del Judrio. Il posto di comando è all'Ostri Kras, un monte sulla seconda linea, dal quale è possibile avere una visione abbastanza completa del terreno, ma lassù è rimasto soltanto il comando dell'artiglieria (col. Cannoniere).
Non lontano da Cosi, a Cambresco, è la brigata Puglie, riserva di C.d'A..
Nella stessa notte il gen. P. Badoglio risponde negativamente alla richiesta del gen. Cannoniere di far aprire il fuoco e trascorrere la notte al telefono, chiedendo e ricevendo notizie.
Piove e la nebbia stagna nella valle.

24-9 novembre, dodicesima battaglia dell'Isonzo (o battaglia di Caporetto):
Forze in campo:
- italiani: 2ª Armata (gen. L. Capello - e dal 25 ottobre gen. L. Montuori) con i C.d'A.:
- IV (gen. A. Cavaciocchi),
- XXVII (gen. P. Badoglio),
- VII (gen. L. Bongiovanni);
- austro-tedeschi: 14ª Armata germanica (O. von Below) con i C.d'A.:
- I austro-ungarico (gen. A. Krauß), con 4 Div.ni (3ª Edelweiss, 22ª Shutzen, 55ª austro-ungarica e Jager (tedesca));
- III bavarese (gen. von Stein);
- Alpenkorps - (gen. Tutschek), fortissima grande unità di montagna, che ha mietuto allori nella campagna di Romania;
- LI germanico (gen. von Berrer e dal 28 ottobre gen. Hofacker);
- XV austro-ungarico (gen. K. Scotti).

_______________________

Al mattino il Comando del VII C.d'A. (gen. L. Bongiovanni) che ha il compito di schierarsi sulla dorsale Matajur - Luico - Monte Kuk - Zagradan - Monte Xum, dietro cioè alle ali interne dei C.d'A. IV e XXVII, si trova a Carraria, presso Cividale.
[Vi rimarrà fino alle ore 12, ignaro che la battaglia abbia avuto inizio.]
La 3ª Div.ne (Negri di Lamporo) è con due brigate (Arno a sinistra ed Elba a destra) già ammassata dietro alla linea Monte Kuk-Zagradan-Monte Xum.
Dietro, in fondo valle, è la brigata Firenze, riserva del C.d'A.;
[Soltanto alle 12 riceverà l'ordine di avanzare fino a Casoni Solarie, dietro allo Zagradan.
Lo stesso gen. L. Bongiovanni lamenta che questa brigata non sia già in posizione al mattino, ma la responsabilità del ritardo è escusivamente sua.]
La 62ª Div.ne, senza artiglierie, è appena giunta per ferrrovia dal Trentino.
[La brigata Salerno, scaricata a Cividale il 22 sera, ha proseguito a piedi per il Matajur, sul quale alcuni reparti sono giunti la sera del 23 e il resto nella giornata del 24.
La IV brigata bersaglieri è stata scaricata a Cividale tra il pomeriggio e la sera del 23 e si è avviata verso Luico, su una strada intasata da truppe, carreggi e artiglierie.
Il 20° bersaglieri è giunto a Luico con due battaglioni il mattino del 24 e il resto della brigata nel pomeriggio.]

Nella conca di Plezzo e nel settore più a sud, fino al Monte Nero, attacca il I C.d'A. austro-ungarico (gen. A. Krauß) contro la Div.ne 50ª (gen. Arrighi) in conca di Plezzo e la Div.ne 43ª (gen. Farisoglio) sulla dorsale Za Kraiu-Vrsic-Monte Nero, ambedue del IV C.d'A. (gen. A. Cavaciocchi).

La 3ª Div.ne Edelweiss, sceltissima Div.ne da montagna austriaca, attacca sul Monte Rombon le Truppe del Rombon (tre battaglioni alpini e uno dell'88ª fanteria al comando del col. Cantoni) ed è respinta, con notevoli perdite.
A mezzogiorno, ritornata la calma, gli alpini, lassù, sono convinti che la battaglia sia già vinta.

La 22ª Div.ne Schutzen, austriaca, avanza nel fondo valle, dove sono stati annientati con i gas i fanti dell'87° fanteria, ma procede poi lentamente: dalle 11 alle 12 deve combattere a Pluzne contro la 4ª cia del btg alpini Ceva e riesce a superarne la resistenza quando ne rimane un pugno di superstiti.
Soltanto al cader della sera, fra le 17 e le 18, i "Schutzen" giungono dinanzi allo sbarramento di Pod Celom, difesa avanzata della Stretta di Saga, e là si arrestano.
Nella giornata hanno avanzato per soli 6 km e la linea di difesa ad oltranza non è stata nemmeno attaccata.
[Per attaccarla il gen. A. Krauß avrebbe dovuto far avanzare l'artiglieria, il che avrebbe richiesto alquanto tempo, almeno tutta l la mattina del 25.]

Sulla destra Isonzo due btg dell'88° fanteria che sono schierati sulla linea "avanzata" respingono per tutta la giornata, fino alle 18,30 gli attacchi del 2 rgt Kaiserschutzen.

La 55ª Div.ne austro-ungarica (I C.d'A.) attacca la linea "avanzata" della 43ª Div.ne italiana (gen. Farisoglio), che dal Vrsic al Monte Nero è anche la linea di «difesa ad oltranza».
Il 7° rgt carinziano riesce a soverchiare un battaglione del 97° fanteria (brigata Genova) che è sulla linea "avanzata" in fondo al vallone dello Slatenik, ma tutti gli attacchi contro la linea di «difesa ad oltranza», effettuati dal 7° carinziano e dal 4° bosniaco sono respinti.

 

___________________________

ore 02:00, il col. Cannoniere chiede al gen. P. Badoglio l'autorizzazione di aprire il fuoco; autorizzazione negata;
quando il generale vuole [forse] che l'artiglieria intervenga, i telefoni non funzionano più e così i cannoni tacciono, perché non è stato prescritto alle batterie di medio e grosso calibro di sparare d'iniziativa, se i collegamenti venissero a mancare;
tutto ciò è risibile eppure si verifica.

Nella conca di Plezzo – come riconosceranno gli stessi nemici – le artiglierie italiane aprono il fuoco che risulta però poco efficace perché le batterie di medio calibro sono soltanto venti fra la conca di Plezzo e il Monte Nero, e saranno presto costrette a tacere.

ore 04:30, da Plezzo a Tolmino, dopo un tuono tambureggiante durato due ore e mezza, le artiglierie austro-ungariche tacciono;
ore 06:00, sulle prime linee italiane cadono grossi proiettili di bombarde;
ore 06:30, le artiglierie riprendono il fuoco e lo concentrano sulla prima linea e il terreno immediatamente retrostante;
ore 07:30, un boato soverchia il fragore del bombardamento: la posizione del Monte Rosso, prossima al Monte Nero, è stata sconvolta da una mina; poi fino alle ore 8 bombarde e artiglierie intensificano il fuoco; può sopravvivere solo chi è nelle caverne o in sicuri ripari;
[Dalle ore 6 alle ore 8 l'intensissimo fuoco di artiglierie e bombarde sulla prima linea italiana impedisce ai difensori di scorgere i movimenti di pattuglie e poi di compagnie che si avvicinano, fino a portarsi a distanza di assalto. Gli osservatori delle artiglierie, più in alto, sono avvolti dalla nebbia. I reticolati sono distrutti; nessun ostacolo si oppone ormai fra gli assalitori e le trincee; soltanto più le artiglierie, scatenando il fuoco di sbarramento, potrebbero arrestarli o diminuirne l'aggressività, ma anche ora tacciono.
"Manca – come scriverà il gen. K. Krafft von Dellmensingencompletamente lo sbarramento; l'artiglieria italiana sembra paralizzata".
ore 08:00, il gen. P. Badoglio invia:
- il magg. Freguglia a cercare di riattivare le linee telefoniche,
- il magg. Oreste Cantatore a cercare informazioni presso il comando artiglieria all'Ostri Kras;
[Sale per la strada Cambresco – Pusino - Ostri Kras fra granate che scoppiano; giungerà all'Ostri Kras a mezzogiorno trascorso…]
Dalle ore 8 alle ore 9 su questi uomini si avventano gli austro-ungarici sorgendo all'improvviso al di qua dei reticolati che non esistono più e senza essere arrestati dal fuoco di sbarramento dell'artiglieria.

Il fronte italiano è rotto:
- nella conca di Piezzo (dove i difensori sono annientati dai gas),
[a.f.: le granate a gas lanciate contro le artiglierie hanno avuto scarsi effetti perché l'umidità ha neutralizzato l'azione dei gas.]
- sulle pendici del Mrzli e del Vodhil (dove la linea italiana, difettosa, è pressoché indifendibile),
- sulla sponda destra dell'Isonzo dove il comando del XXVII C.d'A. ha trascurato di organizzare la difesa.
Qui una colonna tedesca avanza senza colpo ferire fino a Caporetto.
La 19ª Div.ne italiana del XXVII C.d'A. contende fino al pomeriggio il terreno al nemico sulle pendici del Jeza e del Krad Vkr.

Le truppe del Rombon (col. Cantoni), btg alpini Borgo San Dalmazzo, Dronero, Saluzzo) attaccate dalla Div.ne austro-ungarica Edelweiss respingono tutti gli attacchi.
Nelle prime ore del pomeriggio ricevono l'ordine di ripiegare.

Il I C.d'a austro-ungarico (gen. A. Krauß) con tre Div.ni attacca la 50ª Div.ne (gen. Arrighi); con l'impiego di gas che annientano i reparti della brigata Friuli, gli austro-ungarici avanzano in fondo valle verso Saga.

Durante la mattina del 24 ottobre gli sbandati possono essere soltanto uomini addetti ai servizi, cucinieri, conducenti, lavoratori apaprtenenti alla massa imponente di uomini che, rimanendo nelle retrovie, non è assuefatta ai pericoli. Le granate che durante la notte sono piovute su questa gente, l'hanno scossa fortemente e le prime voci corse sull'attacco, come sempre accade, allarmistiche, l'hanno indotta alla fuga.
Purtroppo ne seguono l'esempio gli artiglieri di molte batterie di medio e grosso calibro che, sulle posizioni arretrate, non sono assuefatti al pericolo.
Accade che circa 40 batterie di medio e grosso calibro in posizione fra il Jeza, l'Ostri Kras, Srednie, il Globocak, sono abbandonate non appena i primi elementi nemici vengono avvistati sull'antistante costone Jeza-Varda Krad Vhr, proprio quando potrebbero svolgere un'azione efficacissima e non corrono pericolo immediato di essere raggiunte dal nemico avanzante.

_____________________

Udine, fino a questo momento, al Comando Supremo, il gen. L. Cadorna ha saputo delle varie fasi del bombardamento ed ha ricevuto una comunicazione del gen. L. Capello: il bombardametno è cessato, i gas non hanno avuto effetto e il morale delle truppe è elevatissimo.
Malgrado tali notizie ottimistiche, il gen. L. Cadorna ha già ordinato alla 2ª Armata di presidiare con forze adeguate la linea di difesa dietro al XXVII C.d'A. e il gen. L. Capello ha provveduto con il VII C.d'A. (gen. L. Bongiovanni).
[Dal canto suo, fin dalle prime ore del mattino, il gen. L. Capello ha ordinato che la 53ª Div.ne (gen. Gonzaga) sbarri con le brigate Vicenza e Massa Carrara la valle del Natisone alla stretta di Stupizza.]

Al Comando Supremo c'è il ten.col. medico Casali che al mattino – come si potrà leggere nel suo diario inedito – si è recato in autovettura a Caporetto e poi oltre verso Plezzo…
ore 11:00, il ten.col. medico Casali ritorna a Udine e riferisce al gen. L. Cadorna che il nemico ha sfondato in conca di Plezzo e che in val Natisone folti gruppi di sbandati rifluiscono in disordine.
Subito dopo un fonogramma del Comando 2ª Armata conferma la notizia dello sfondamento a Plezzo.
Alla stessa ora intanto, a Cosi, il gen. P. Badoglio parla al telefono con:
. gen. E. Caviglia, comandante del XXIV C.d'A., sulla Bainsizza,
. gen. L. Bongiovanni, comandante del VII C.d'A., che telefona da Carraria, presso Cividale, alla presenza del re;
ambedue gli chiedono notizie ma egli non è in grado di darne perché – dice il gen. P. Badoglio – i telefoni sono interrotti.
[Effettivamente, a quest'ora, al comando del XXVII C.d'A. si sa dei bombardamenti ma nulla dell'azione delle fanterie.]
Il gen. P. Badoglio parte quindi da Cosi (fra le 11 e le 12) deciso a recarsi all'Ostri Kras…

ore 12:00, fino a questo momento il gen. L. Capello sa soltanto che il nemico sta avanzando in conca di Plezzo;
informato (dalle 12 alle 13) che il nemico avanza pure sulla sinistra dell'Isonzo (settore della 46ª Div.ne), comunica la notizia al Comando Supremo.

A mezzogiorno trascorso, intanto, il magg. Oreste Cantatore, giunto all'Ostri Kras dov'è il comando artiglieria (col. Cannoniere), essendosi diradata la nebbia vede soldati austriaci che hanno già oltrepassato la cresta presso il Monte Varda e avanzano, sparando. Sono i reparti della VII brigata montagna.
Il magg. Oreste Cantatore riprende immediatamente la strada del ritorno procedendo fra le granate dell'artiglieria nemica che cadono fitte, e incontra il gen. Papini, comandante della brigata Puglie, che gli appare come un fantasma tra il fumo e la nebbia. Il magg. Oreste Cantatore gli dice ciò che ha visto e insieme concordano che è urgente schierare la brigata Puglie sulla linea "d'Armata" che passa per Pusno, Srednie e il Globocak. Ferito, con emorragia, il magg. Oreste Cantatore si fa medicare in un posto di medicamento e riprende la discesa.

ore 13:00, il gen. Giovanni Villani – anche se effettivamente in ritardo – non rimane inerte; ordina al 75° fanteria (brigata Napoli) che è in riserva, di portarsi ad occupare il Bukova Jeza e al btg alpini Val d'Adige di raggiungere il Monte Jeza.
Il 75° fanteria e il btg alpini avanzano sotto il fuoco di artiglierie nemiche, che ne rallentano il movimento e causano perdite; ad ogni modo il 75° fanteria pur dovendo percorrere soltanto un paio di km con 250 m. di dislivello, non raggiunge il Bukova Jeza perché lo trova già occupato.
[Solo verso le 16 – come risulterà da documenti tedeschi – potranno essere giunti colà pochi elementi della 7ª cia del II btg del reggimento bavarese dell'Alpenkorps, e percio bisogna dedurre che il 75° ha marciato molto lentamente e che non ha fatto un serio sforzo per ributtare dalla cresta quei pochi tedeschi che vi sono giunti.]
Il btg Val D'Adige, pur subendo perdite, giunge al Jeza, contrattacca e sostiene attacchi del 3° reggimento Jaeger.
[Sarà respinto dalla vetta soltanto alle 21 dopo una durissima lotta. Alcuni reparti rimarranno però presso la vetta fino all'indomani mattina, quando saranno in parte catturati e in parte riusciranno a raggiungere ciò che è rimasto del loro battaglione.]

ore 14:00, il magg. Oreste Cantatore incontra il gen. P. Badoglio che sta salendo diretto all'Ostri Kras, accompagnato dal ten.col. Pellegrini, dal cap. Sforza e dal cap. Mondelli.
[Il cap. Sforza ved scendere la colonna di sbandati. Così li descriverà in seguito da generale: «Erano di artiglieria, delle batterie di Monte Kali e di Srednie».
Trattasi di batterie di medio e grosso calibro sulle quali i grandi elementi nemici giungeranno soltanto a tarda sera.]
Il gen. P. Badoglio dice al magg. Oreste Cantatore di andare a farsi curare, ma di recarsi prima al comando della 2ª Armata, a Carraria, per informare il gen. L. Capello della situazione e chiedergli una brigata bersaglieri di rinforzo.
Ripresa la salita, il gen. P. Badoglio incontra frotte di artiglieri che hanno abbandonato le batterie perché hanno visto i nemici sulla dorsale del Varda. Dopo aver tentato di farli tornare indietro, minacciandoli anche con la pistola, il gen. P. Badoglio col seguito ritorna a Cosi, poi va a Cambresco, dove ha un colloquio con il gen. Papini.
[Verso le 23 giungerà a Liga, dove è la V brigata bersaglieri (gen. Boriani).]

Fino a questo momento il gen. P. Badoglio – e ciò risulterà strano – non ha pensato di impiegare la brigata Puglie, la quale è giunta sulle posizioni di Pusno-Srednie quando già sono state raggiunte da reparti della VII brigata da montagna austro-ungarica.
I reparti più avanzati della brigata Puglie si scontrano con il nemico nell'oscurità incipiente e, sorpresi, fanno scarsa resistenza.
[Pur avendo saputo verso la stessa ora – altro fatto che desterà meraviglia – dal magg. Oreste Cantatore che nemici stanno già avanzando in val Doblar, il gen. P. Badoglio attenderà ancora dodici ore per impiegare la V brigata bersaglieri.
Ad ogni modo la I e V brigata bersaglieri si schiereranno, nel corso della notte, con la brigata Puglie, attraverso la valle Judrio e sul Globocak dove rimarrano fino al pomeriggio del 25 e di dove si ritireranno in seguito ad un ordine, e non perché costrette dal nemico.]


ore 15:00, l'arrivo di sorpresa della colonna tedesca a Caporetto, e prematuri gli ordini di ritirata impartiti alle Div.ni 50ª e 43ª, che pur avevano ancora intatta la linea di resistenza, portano al crollo del fronte italiano.
Il cap. Kellner si adopera per improvvisare una parvenza di difesa di Caporetto. Gli sbandati provenienti dal settore della 46ª Div.ne – come dichiarerà lo stesso ex capitatno e futuro gen. Kellner – appartengono ai servizi e sono artiglieri delle batterie arretrate.
La stessa ora il gen. L. Capello riceve dal IV C.d'A. notizia che quattro reggimenti nemici hanno sfondato nel settore della 43ª Div.ne alla sella di Za Kraiu che nel settore della 46ª Div.ne il nemico avanza su Kamno.
[La seconda notizia è vera; la prima no – come già sappiamo.]
ore 15:15, il gen. L. Capello telefona al col. Gabba, del Comando Supremo, chiedendo di conferire col gen. L. Cadorna, il quale immediatamente parte per Cividale.
Durante il colloquio i due generali ignorano del tutto gli avvenimenti che si stanno svolgendo nel settore del XXVII C.d'A. (gen. P. Badoglio) e l'avanzata della colonna tedesca verso Caporetto.
Si preoccupano essenzialmente dello sfondamento in conca di Plezzo;

ore 16:00, il gen. L. Capello ordina al IV C.d'A. (gen. A. Cavaciocchi):
«Provveda che le truppe che si ritirano dalla conca di Saga guarniscano Montemaggiore e il costone dello Stol…».
A quest'ora il nemico è ancora assai lontano dalla stretta di Saga, che è frortemente presidiata!

Verso la tessa ora, il gen. P. Badoglio, diretto a Liga dove è la V brigata bersaglieri (gen. Boriani), comunica al Comando 2ª Armata quanto gli ha riferito il magg. Oreste Cantatore, soggiungendo che non ha notizie della 19ª Div.ne e che non può comunicare con nessuno.
Durante queste peregrinazioni quindi il gen. P. Badoglio non ha avuto la possibilità di conoscere la situazione effettiva.]

Nel tardo pomeriggio il 20° bersaglieri, giunto a Luico con due battaglioni il mattino del 24 e il resto della brigata nel pomeriggio, è ben sorpreso quando si trova improvvisamente di fronte il I battaglione del 23° reggimento slesiano, che, salendo dal fondo valle verso Luico, ha catturato una colonna di salmerie della brigata Foggia e le batterie da 105 che erano intorno al villaggio di Golobi.

ore 17:30-18:00, soltatno poco dopo la partenza del gen. L. Cadorna da Cividale, il gen. L. Capello viene a sapere della colonna tedesca marciante su Caporetto, e cioè due ore e mezza dopo che Caporetto è stata occupata dal nemico.]

ore 18:30, il gen. P. Badoglio comunica al Comando 2ª Armata che il gen. Giovanni Villani conserva il possesso di Jeza;
dal canto suo il gen. L. Cadorna, ritornato a Udine alla stessa ora, ordina al XII C.d'A. (gen. Lequio) che si trova in Carnia di occupare il Montemaggiore, informandolo che i resti della 50ª Div.ne si ritirano per valle Uccea.
[Evidentemente sono giunte notizie infondate perché a quest'ora la 50ª Div.ne ha perduto due soli battaglioni, e sta bensì sfasciandosi, ma per l'ordine di ritirata impartito dal gen. Arrighi.]

ore 19:00, soltanto verso quest'ora il gen. L. Capello viene a sapere dal magg. Oreste Cantatore che la fronte del XXVII C.d'A. è stata sfondata.
[Fino a questo momento sono tutti convinti che abbia ceduto soltanto il IV C.d'A. e, per di più, ceduto malamente, senza resistenza, per cui il gen. A. Cavaciocchi è senz'altro ritenuto responsabile della sconfitta, unico fra i comandanti di C.d'A..]

ore 19:25, il gen. L. Cadorna mette a disposizione della 2ª Armata una Div.ne su due brigate, da mandare nella conca di Bergogna, dispone che:
- il XXX C.d'A., con due Div.ni, si trasferisca a Nimis e Tarcento, all'ala sinistra della 2ª Armata;
- la 1ª Armata invii una Div.ne da scaricare fra Udine e Tarcento.
Il gen. L. Cadorna vede subito che occorre parare alla minaccia che il nemico penetri alla sinistra della 2ª Armata, puntando allo sbocco in piano del Tagliamento.
ore 23:00, il gen. L. Cadorna ordina alla 1ª Armata di inviare nella stessa zona un'altra Div.ne ancora.
Ben cinque Div.ni sono inviate nella zona più pericolosa: i provvedimenti non potrebbero quindi essere stati più tempestivi né più ampi.
[Secondo il "diario" Caporetto del [ora] col. Angelo Gatti – libro magnificato come inoppugnabile documento storico – alle 19 del giorno 24 al Comando Supremo non si sa nulla di quanto stia accadendo; egli stesso, ignaro di tutto, si è recato a pranzo e poi al cinematografo e soltanto alle ore 22 ha saputo dello sfondamento.
Da quanto è stato finora esposto, si deduce invece come quanto dichiarato da Angelo Gatti sia in realtà uno zibaldone di errori, falsità, maldicenze e giudizi avventati.]

A sera la linea di «difesa ad oltranza» non è attaccata in nessun punto.

_________________________

La 46ª Div.ne (gen. Amadei) del IV C.d'A. difende la linea del Monte Nero al fondo valle Isonzo.
Il III C.d'A. bavarese (gen. von Stein) ha il compito di sfondare a cavallo dell'Isonzo con:
- a destra la 50ª Div.ne austro-ungarica fra il Monte Nero e il Mrzli,
- al centro, sulle due rive del fiume, la 12ª Div.ne Slesiana,
- a sinistra l'Alpenkorps.
Reparti da montagna della 50ª Div.ne possono impadronirsi, mediante il brillamento di una mina, della posizione "avanzata" del Monte Rosso, ma sono arrestati fino a sera alla colletta Sonza, da fanti del 223° fanteria e dal btg alpini Belluno, inviato da Drezenca.
La 3ª brigata da montagna respinge dalla linea avanzata il 224° fanteria della brigata Etna, che oppone successiva resistenza nel vallone di Krn, per cui la brigata austriaca deve arrestarsi a sera dinnanzi la linea di «difesa ad oltranza» rimasta intatta.
La 15ª brigata da montagna attacca dal Mrzli e dalle pendici del Vodhil quattro battaglioni delle brigate Caltanissetta e Alessandria, che sono in quelle trincee infelicissime già descritte. Riescono a penetrare in alcuni punti, in altri devono eliminare accanite resistenze; reparti italiani rimasti isolati, sperano ancora nelle prime ore del pomeriggio. Quei battaglioni hanno fatto tuttociò che è possibile chiedere loro in quella situazione tantopiù essendo mancato del tutto lo sbarramento di artiglieria, sul quale si contava per la difesa di posizioni, di per se stesse indifendibili.
Le resistenze superstiti sono ormai inutili; la maggior parte della 15ª brigata austriaca è già discesa in fondo valle, superando la reazione di quattro battaglioni di rincalzo, e specialmente quella tenace dei tre del 148° fanteria, alcuni reparti dei quali resistono ancora alle 15.

Contemporaneamente, sul fondo valle, a cavallo della strada Tolmino - Gabrie - Selisce, una colonna di quattro battaglioni della 12ª Div.ne Slesiana ha superato la linea "avanzata" occupata da due battaglioni del 156° fanteria (brigata Alessandria) ed è giunta dinnanzi a Selisce, dove si è schierato il II/156°, proveniente da San Lorenzo, che resiste fino alle 11,30.
Ormai sono stati messi fuori combattimento undici battaglioni delle brigate Caltanissetta e Alessandria, nove batterie da 149 e circa altrettante da campagna e montagna.
A Selisce si congiungono la colonna della 12ª slesiana e parte della 15ª brigata da montagna austro-ungarica.
Devono ancora superare la linea di «difesa ad oltranza» sulla quale sono schierati, in alto, fra M. Spika e Vrsno tre battaglioni del 2° bersaglieri, che sono giunti sul posto la sera prima.
Nel fondo valle vi è soltanto più il II/147°, comandato dal valoroso ten.col. di cavalleria Piscicelli, che si è schierato dinnanzi al villaggio di Kamno.
Malgrado la tenacissima resistenza, durante la quale cade il ten.col. Piscicelli, il I/63° slesiano, seguito dagli altri battaglioni, procede senza più incontrare ostacoli fino al ponte di Caporetto sulla strada per Drezenca, che viene fatto saltare alle 15, al primo sopraggiungere delle pattuglie d'avanguardia.
Nel settore della 46ª Div.ne è dunque stata sfondata la linea di «difesa ad oltranza» fra l'Isonzo e Vrsno; essa rimane però intatta da Vrsno fino al Monte Nero e su di essa sono schierati sette battaglioni intatti, mentre dinnanzi ad essa ancora combattono resti del III/223° fanteria, il btg alpini Belluno, tre battaglioni del 224° fanteria.
ore 15:00, la linea di «difesa ad oltranza» nel settore del IV C.d'A. è stata sfondata soltanto sulla sinistra Isonzo, tra il fiume e Vrsno. Su tutto il rimanente del settore è intatta, presidiata da truppe che non hanno ancora combattuto – tranne la brigata Genova, fra il Krasi e il Vrsic, la quale ha però respinto tutti gli attacchi.

____________________

Vediamo ora cosa avviene sulla fronte della 19ª Div.ne (gen. Giovanni Villani) e del 10° gruppo alpini (col. Salvioni) che, alle dipendenze del XXVII C.d'A. (gen. P. Badoglio), sono schierati dall'Isonzo al Krad Vhr.
Una colonna di due battaglioni del 23° reggimento della 12ª Div.ne Slesiana, muovendo dal ponte di Tolmino, avanza lungo la strada di fondo valle verso Idersko e Caporetto.
Marcia senza incontrare resistenza, catturando alcune batterie, sorprese dall'improvviso sopraggiungere di nemici che sorgono dalla nebbia, supera lo sbarramento che dovrebbe essere difeso dalla brigata Napoli e, avanzando senza necessità di impiegare le armi, prosegue inavvertita.
Il 23° slesiano raggiunge Idersko, travolgendo una compagnia che è appena giunta sul luogo e alle 15,30 è dinanzi a Caporetto.
Lo sfondamento effettuato lungo la strada di destra Isonzo completa ed amplia quello conseguito a cavallo della strada di sinistra Isonazo. Dopo breve resistenza di reparti raccolti affettatamente, i tedeschi occupano Caporetto e continuano ad avanzare fino a Staroselo e Robic, dove si arrestano, esausti, alle 22,30.
All'Alpenkorps è stato aggregato il "battaglione del Wurttemberg", un grosso battaglione da montagna, costituito con personale scelto, potentemente armato, diviso in tre reparti.
Il battaglione avanza, sotto la pioggia, nella nebbia, sulle pendici di Costa Raunza:
- il reparto comandato dal 1° ten. Erwin Rommel giunge alle 12 su Monte Plezia;
- il reparto comandato dal ten. Wahrenberg si dirige verso Foni ed è arrestato fino a sera dal III battaglione del 76° fanteria.
Nel pomeriggio il ten. Erwin Rommel avanza fin sotto Monte Piatto e qui sosta.
L'Alpenkorps attacca con due reggimenti:
- quello di destra (rgt bavarese), supera resistenze opposte su Costa Raunza dal 207° fanteria (brigata Taro), un solo battaglione (III bavarese) si collega col "reparto Rommel" a Monte Plezia e avanza verso il Passo Zagradan, circa alle ore 15.
Al cader della sera quello stesso battaglione conquista la quota 1114 (Monte Podklabuc) sull'alto della dorsale, che è difesa da un intero battaglione del 76° fanteria ed è organizzata con trincee e reticolati.
[Come abbia potuto conquistarla, in quelle condizioni, è davvero inspiegabile.]
Ad ogni modo è qui intaccata non soltanto la linea di «difesa ad oltranza» ma anche la linea retrostante detta d' "Armata". I tedeschi non procedono oltre.
- quello di sinistra (rgt 1° Jaeger) avanzando su Costa Duole, è arrestato da reparti del 207° e 208° fanteria (brigata Taro) quando ancora è sulle bassi pendici;
[Fino all'indomani, 25 ottobre, non potrà riprendere l'avanzata.]

Il LI C.d'A. germanico (gen. von Berrer) ha il compito di impadronirsi del Monte Jeza, attaccando con la 220ª Div.ne:
- il reggimento di destra, 4° Jaeger, ha la stessa sorte del 1° Jaeger: viene arrestato da un battaglione del 126° fanteria (brigata Spezia) sulle basse pendici del M. Jeza.
[Potrà riprendere l'avanzata soltanto l'indomani mattina.]
- il reggimento di sinistra della stessa 200ª Div.ne, 3° Jaeger, riesce a superare la resistenza di due battaglioni della brigata Spezia e a raggiungere fra le 12 e le 13 la dorsale fra M. Varda, Marlauz e q. 760, nonché alle 14, la posizione dell "Albero bello" antistante alla vetta di M. Jeza, che non può conquistare, per la resistenza che incontra, diretta dal gen. Giovanni Villani, che ha il suo posto di comando appunto sulla vetta di M. Jeza.
[Vi riuscirà più tardi, al cader della notte, dopo una dura lotta.]

Il XV C.d'A. austro-ungarico (gen. K. Scotti) ha il compito di conquistare la dorsale Monte Varda-Krad Vhr-Monte Cukli e attacca con la 1ª Div.ne austriaca.
Il Monte Varda-Krad e il Vhr-Monte Cukli sono difesi da due battaglioni (btg Morbegno e btg Monte Berico) del 10° gruppo alpini (col. Salvioni) che ha il btg Vicenza in rincalzo.
[Questi battaglioni sono giunti sul posto nella notte dal 22 al 23 e vi hanno trovato sistemazioni difensive appena abbozzate ed assolutamente inefficienti.]
Gli austriaci della 1ª Div.ne sono sul posto dall'inizio della guerra e conoscono bene il terreno.
Durante il fuoco di preparazione si portano innanzi, fino a contatto con gli elementi italiani più avanzati, che attaccano di sorpresa.
La VII brigata da montagna, superando la resistenza di un battaglione della brigata Spezia, che – lo scriveranno gli avversari – si è difesa coraggiosamente, raggiunge alle 13 la dorsale fra Monte Varda Jazne, si affaccia al vallone di Doblar e continua ad avanzare verso l'Ostri Kras, e cioè a tergo della linea di «difesa ad oltranza».
La XXII brigata d montagna attacca direttamente il Monte Cukli dove è schierato il btg Monte Berico (che non ha più di 600 uomini), su una fronte di circa 1 km, senza trincee né reticolati efficienti. Dopo di aver respinto diversi attacchi, il btg Monte Berico viene sopraffatto verso mezzogiorno.
ore 16:00, solo ora due battaglioni del 37° reggimento austro-ungarico riescono a conquistare il Krad Vhr, difeso dal btg Morbegno e dal btg Vicenza.
I resti del 10° gruppo si riuniscono, più indietro, sbarrando la val Doblar.
La 1ª Div.ne austro-ungarica perde nella giornata il 14% della forza impegnata, sia nei combattimenti, sia per effetto del fuoco di sbarramento dell'artiglieria che, sebbene scatenato in ritardo, si è abbattuto efficacemente sui reparti di seconda schiera che attraversavano il fondo valle; tali perdite comprovano che la resistenza italiana è stata tenace.

_________________________

Riassumendo, nella mattinata, dopo un bombardamento violento, combattendo nella nebbia, senza appoggio delle artiglierie, le quali hanno aperto in ritardo un fuoco di sbarramento disordinato, saltuario, niente affatto intenso, i battaglioni italiani in prima linea hanno resistito quanto era possibile resistere nelle condizioni nelle quali si trovavano.
Si sono verificati sfondamenti:
- in fondo alla conca di Plezzo (50ª Div.ne - gen. Arrighi), limitatamente alla linea "avanzata";
- a cavallo dell'Isonzo (46ª Div.ne del IV C.d'A. e sinistra della 19ª Div.ne del XXVII C.d'A.), dove è sfondata anche la linea di «difesa ad oltranza»;
- su un breve tratto della dorsale di Monte Varda (centro della 19ª Div.ne).
ore 15:30: i tedeschi della 12ª Div.ne Slesiana sono a Caporetto.
La situazione non è però disperata…

Nei settori delle Div.ni 50ª e 43ª del IV C.d'A. la linea di «difesa ad oltranza» non è stata intaccata in alcun punto.
Le due Div.ni hanno perso soltanto due battaglioni della brigata Friuli a Plezzo, uno della brigata Genova sulla linea avanzata nel vallone dello Slatenik e uno della brigata Etna a Monte Rosso.
Nella stretta di Saga, punto di obbligato passaggio attraverso la linea di «difesa ad oltranza», la 50ª Div.ne (gen. Arrighi) ha, intatti, quattro battaglioni (tre del 280° fanteria e uno alpini) e parecchie compagnie mitragliatrici; altre tre battaglioni alpini sono schierati ai lati della stretta.
La 43ª Div.ne (gen. Farisoglio) ha:
sulla linea di «difesa ad oltranza»:
- cinque battaglioni della brigata Genova,
- due battaglioni della brigata Etna,
- un battaglione bersaglieri,
- un battaglione alpini;
in riserva, nella concoa di Drezenca:
- due battaglioni bersaglieri,
- un battaglione alpini;
tre battaglioni del 281° fanteria stanno giungendo sul Monte Volnik.
Sulla dorsale Monte Matajur-sella di Luico-Monte Kuk-Zagradan, dietro alle ali interne dei C.d'A. IV e XXVII, stanno schierandosi la Div.ne 3ª (tre brigate di fanteria) e Div.ne 62ª (una brigata di fanteria e una bersaglieri) del VII C.d'A. (gen. L. Bongiovanni), su posizioni dominanti dall'alto la valle dell'Isonzo, forti per natura, coronate da trincee antiquate, ma protette da reticolati.

L'elemento più grave della situazione è rappresentato dalla colonna tedesca che ha raggiunto Caporetto, la quale, però, non può, da sola, costituire una minaccia grave, se affrontata con decisione, essendo incapsulata fra posizioni italiane presidiate.
È vero che il comando del IV C.d'A. non ha più riserve da opporle, ma, proseguendo nella marcia, i tedeschi hanno di fronte:
- tre reggimenti della brigata Potenza, che stanno giungendo nella conca di Bergogna,
- tre reggimenti della brigata Vicenza che nel pomeriggio sta schierandosi a sbarramento della valle del Natisone, all'altezza di Stupizza.
[Infatti nella successiva giornata del 25 ottobre quella colonna tedesca non riuscirà ad avanzare oltre.]

La situazione non è però disperata purché tutte le truppe continuino a resistere!
Purtroppo, tra le 15 e le 16, la difesa crolla… e non per opera del nemico.

Il gen. Arrighi (50ª Div.ne) e il gen. Farisoglio (43ª Div.ne), senza intesa fra loro, per iniziativa personale, ad insaputa del Comando del IV C.d'A., danno alle rispettive Div.ni l'ordine di ritirata che ha come immediata conseguenza l'abbandono di quella linea di «difesa ad oltranza» che non è stata intaccata e in grandissima parte nemmeno attaccata.
Particolari:
ore 15:30, il col. Pugnani, comandante del 2° gruppo alpini, che è sul Polounik, riceve, per telefono, personalmente dal gen. Arrighi, l'ordine che tutte le truppe che sono sulla sinistra Isonzo si ritirino, passino il fiume e ascendano sul Monte Stol.
Si tratta di due battaglioni dell'88° fanteria (col. Grange) e dei battaglioni alpini Mondovì e Argentera; i primi due hanno respinto in fondo valle gli attacchi nemici; il btg Mondovì ha respinto l'attacco a Jama Planina e il btg Argentera non è stato attaccato;
ore 15:40, il col. Pugnani trascrive l'ordine verbale e lo trasmette per iscritto al col. Grange e ai battaglioni Mondovì e Argentera.
ore 18:00, il gen. Arrighi ordina il ripiegamento anche ai quattro battaglioni che sono in fondo valle, alla Stretta di Saga, aprendo al nemico quel passaggio che la stessa natura del terreno renderebbe difficile se la difesa rimanesse in posto.
«…mi riesce molto difficile – scriverà il gen. A. Kraußcredere che dopo la rotta della prima linea presso Plezzo (1), non si trovasse nemmeno un capo e una modesta riserva per sbarrare la stretta di Saga (Pod Celom), formata da una gola rocciosa larga quanto una strada. A ciò sarebbe bastato un pugno di uomini e una sola mitragliatrice. Vi sarebbe stato per ciò tempo sufficiente, poiché dovevano essere conquistate tre posizioni una dopo l'altra; tenacemente difese. Sebbene l'attacco fosse cominciato alle nove di mattina, non prima delle cinque e trenta pomeridiane fu conquistata la terza di queste posizioni (linea di Poljanica)(2). Soltanto alle otto di sera pattuglie di Kaiserjaeger giunsero a ovest di questa stretta sopra una gola rocciosa del torrente».
[(1) Da notare, sia ben chiaro, che la rottura si è verificata perché i difensori sono statii annientati dai gas. Dove i gas non sono stati impiegati, gli austriaci non sono passati, né al Rombon, né sulla sinistra Isonzo (linea tenuta da due battaglioni dell'88° fanteria Friuli.
(2) Questa tenace difesa è stata effettuata dalla sola IV cia del btg Ceva. Onore ai valorosi!]
[Appare in tutta la sua gravità sommamente censurabile la decisione del gen. Arrighi che la Commissione d'Inchiesta invece scagionerà da ogni accusa.
Nell'ordinare la ritirata, il gen. Arrighi ne dirà la ragione – come risulterà dall'originale firmato dal col. Pugnani:
«Sembra caduto il Krasi. Caporetto minacciata se non già in mano al nemico».
[Invece, fino alle prime ore del mattino del 25, non solo il Krasi, ma anche la sella di Za Kraiu, sono rimaste in saldo possesso di truppe italiane essendo stati respinti tutti gli attacchi!]

_______________

ore 15:00, il gen. Farisoglio, comandante della 43ª Div.ne con il comando a Drezenca, riceve dal comando del IV C.d'A. l'ordine di contrattaccare dall'alto il nemico che avanza nel fondo valle Isonzo verso Caporetto.
Invece di impiegare nel contrattacco i battaglioni di riserva a disposizione ordina che tutta la Div.ne si ritiri dalle posizioni occupate e si raccolga nella conca di Drezenca. Si avvia poi personalmente a Caporetto, di dove vuole mettersi in comunicazione per telefono col comando di C.d'A. per avere "chiarimenti".
Il gen. Farisoglio giunge a Caporetto ed è catturato dai tedeschi, primo dei generali e primo della sua Div.ne.

L'ordine di ritirata giunge al comando della brigata Etna; il 223° reggimento si ritira dal Monte Nero e dal Kozliak e il battaglione alpini Belluno lo segue; il 224° che sta ancora combattendo nella conca di Krn dinnanzi alla linea di «difesa ad oltranza» si ritira nella notte.
Il btg XXX bersaglieri e il btg alpini Monte Albergian, che sono schierati sul Monte Pleca, pur vedendo gli altri reparti ritirarsi, rimangono sul posto, non avendo ricevuto l'ordine.
[L'indomani 25 ottobre, combatteranno valorosamente contro la 3ª brigata da montanga austro-ungarica e ne arresteranno l'avanzata fino alle 16.]

La brigata Genova e il btg alpini Val Chisone non ricevono l'ordine di ritirata.
[Rimarranno sulla linea di «difesa ad oltranza» fino alle prime ore del mattino del 25, allorché il col. brigadiere Torre, comandante della brigata Genova, venuto a conoscenza dell'ordine, ordinerà la ritirata verso il fondo valle e il Monte Stol.]

Ne risulta lo sfasciamento totale di tutte le truppe sulla sinistra Isonzo, compreso il 2° bersaglieri, che è sulla linea di «difesa ad oltranza» rimasta in possesso italiano nel settore della 46ª Div.ne.
Parte di queste unità si avvia verso il ponte di Caporetto che trova distrutto e non può passare il fiume, che è in questo tratto inguadabile, perché profondamente incassato; parte si avvia al ponte in legno di Ternova e riesce a passare alla meglio prima che il ponte sia dato alle fiamme.
In complesso passano al di là dell'Isonzo pochi reparti scompaginati e ben sei reggimenti (4 di fanteria e 2 bersaglieri) e tre battaglioni alpini cadono in gran parte prigionieri.

ore 16:00, poco prima è giunto al Creda, al comando del VI C.d'A., il gen. L. Montuori, al quale è stato affidato il comando dell'ala sinistra della 2ª Armata;
impressionato dalla notizia che la 43ª Div.ne sta ritirandosi e da quella falsa che il nemico ha conquistato la sella di Za Kraiu e dilaga nella conca di Drezenca, decide di ordinare la ritirata della 50ª Div.ne, contro il parere del gen. A. Cavaciocchi, che, giustamente, intende che quella Div.ne difenda fino all'estremo la Stretta di Saga.
L'ordine del gen. L. Montuori non giunge mai al gen. Arrighi, il quale ammette di aver dato di sua iniziativa l'ordine di ritirata.
Quest'ordine, incomprensibile e non giustificabile, apre al nemico la via di penetrazione che risulta la più pericolosa, per valle Uccea e val Resia, poiché consente di aggirare la sinistra della 2ª Armata e quindi di tutte le forze schierate sull'Isonzo.

___________________

ore 14:00, dopo quest'ora il comandante della brigata Spezia, gen. Gianinazzi, decide di ritirarsi verso l'Ostri Kras.
Non trovando alcuno su questa posizione attraversa la valle Judrio e si porta a Lombai.
[La ritirata del comando di brigata è ingiusificabile, poiché il comando del 126° fanteria (col. Corso) rimarrà fino alle 2 della notte del 25 ottobre fra il costone del Jeza e la val Dole e poi per Cappella Slieme ripiegherà a Clabuzzaro dove i resti del 126° giungeranno alle 7 del 25 ottobre.]
[Se i resti delle brigate Taro e Spezia rimanessero, con i comandi di brigata e di reggimento, sulle posizioni sulle quali si trovano ancora alle 15 del 24 ottobre, l'indomani mattina i tedeschi, per occuparle, dovrebbero combattere e perdere tempo. In questa situazione anche un breve ritardo imposto all'avanzata del nemico avrebbe favorevole influenza, perché consentirebbe una migliore organizzazione della difesa della linea retrostante.]

ore 15:00, nel settore della 19ª Div.ne (gen. Giovanni Villani) del XXVII C.d'A.), la situazione è grave.
[Sappiamo che alla sinistra della Div.ne la colonna della 12ª Div.ne slesiana ha marciato industurbata, sulla strada di fondo valle, fino a Caporetto, e che sulle pendici di Monte Varda la VII brigata da montagna austro-ungarica ha superato con gli elementi avanzati la dorsale ed è penetata in valle Judrio. Ai due lati, lungo tutta la dorsale, si resiste ancora.]
A quest'ora il gen. Giovanni Villani è ancora sul suo posto di comando sul Monte Jeza, ormai in primissima linea e vi rimane fino alle 16,30.
[Anche qui la situazione, sebbene grave, non è disperata, benché le batterie di artiglieria schierate subito dietro alla Div.ne sull'Ostri Kras, sulle falde del Globocak, sul Cicer, siano già state abbandonate, sebbene non ancora minacciate dal nemico.]
Anche se è evidente che la dorsale Jeza-Krad Vhr andrà perduta la situazione, ripetiamo, non è disperata. Infatti, la difesa della retrostante linea Monte Xum - Podklabuc - Monte Piatto - Kolowrat è assicurata dalla 3ª Div.ne (due brigate in linea e una che sta giungendo) e da due battaglioni del 76° fanteria (brigata Napoli) che occupano le posizioni ben trincerate del Podklabuc (q. 1114) e di Monte Piatto.
Se è ormai inevitabile che il nemico penetri alla testata del Judrio, sono qui disponibili la brigata Puglie, riserva del XXVII C.d'A. e le brigate bersaglieri I e V che, se impiegate con energia e prontezza, ben potrebbero sbarrare il fondo valle e difendere il Monte Globocak, chiave della difesa.

ore 15:30, il gen. Danioni, comandante della brigata Taro, che è a Costa Duole con il II/207° fanteria, il quale ha subito perdite per il fuoco d'artiglieria, si ritira per Cappella Slieme con l'intenzione di portarsi sul Bucova Jeza: constatato che la posizione è occupata dal nemico si ritira a Clabuzzaro dove il II/207° fanteria giunge con 70 uomini.
[Piuttosto che disciogliersi durante la ritirata senza aver combattuto, sarebbe stato ben più opportuno che il battaglione fosse rimasto su Costa Duole, tantopiù che sulle basse pendici il nemico è stato fermato e potrà risalire la Costa Duole soltanto il mattino del 25, giungendo a Cappella Slieme alle 11,30.]

ore 16:30, dopo che il btg Val d'Adige si è impegnato nel combattimento, il gen. Giovanni Villani è ancora sul Jeza con la sua 19ª Div.ne; poi per il Natpricciar e Cappella Slieme va verso il Bucova Jeza;
[Constatato che è occupato dal nemico corre il rischio di esser catturato e ripiegherà a Clabuzzaro quando è già notte.]

Al cader della notte, alla testata della Val Judrio la situazione diviene gravissima.
Il III battaglione del reggimento bavarese conquista il Podklabuc (q. 1114) che non è efficacemente stato difeso dal battaglione del 76° fanteria che lo occupava, in trincee protette da reticolati.
In tutta la giornata è inspiegabile il contegno del gen. Maggia, comandante della brigata Napoli e del col. Duranti, comandante del 76° fanteria, che non si sono avveduti dell'avanzata dei tedeschi su Costa Raunza, Monte Plezia e pendici del Podklabuc, avanzata che si è svolta sul terreno dominato dalle posizioni di q. 1114 e di Monte Piatto e che è proceduta alquanto lentamente, poichè è durata ben sei ore, dalle 12 alle 18.
La nebbia e la pioggia non giustificano l'assoluta mancanza di reazione; sarebbe pur stato doveroso proteggersi con reparti avanzati, che segnalassero in tempo il nemico.]

Lo stesso giorno sono a Cambresco gli artiglieri delle batterie in posizione a San Paul, dove il nemico giungerà soltanto nel pomeriggio dell'indomani, e il gen. P. Badoglio intima al loro comandante di ritornare dove erano i pezzi.

Nel pomeriggio la brigata Firenze, che marcia verso la linea del Kolowrat, incontra – come scriverà il gen. L. Bongiovanni – «orde di fuggiaschi, in gran parte di artiglieria e del genio e pressoché tutti disarmati».
[Anche la Commissione d'Inchiesta riconoscerà: «Mentre ancora perdura la lotta sulle prime linee, nuclei di fuggiaschi giungono nelle retrovie…, lavoratori borghesi… artiglieri, spesso con i propri ufficiali alla testa».

Nel tardo pomeriggio le colonne di sbandati che rifluisocno verso le retrovie propagano il panico, influendo dannosamente sul morale delle truppe di riserva che avanzano, già stanche, disorientate, e che non hanno conoscenza dei lavori di difesa esistenti sulle posizioni che dovranno difendere e non li possono facilmente individuare, perché coperti di erba.
Così avviene che lo sbandamento va assumendo progressivamente dimensioni sempre maggiori, aggravato dalle colonne di civili che ingombrano le strade con carri, carretti, quadrupedi.
_____________

siluramenti: è naturale che alla prova della guerra si dimostrino insufficienti comandanti che in tempo di pace vanno per la maggiore; talune esonerazioni dal comando sono certamente inflitte in base a opinioni errate o ad impressioni infondate, poiché è umano errare. Forse non errano anche i magistrati, che pur giudicano gli imputati in un ambiente che nulla ha a vedere con quello tumultuoso della guerra e possono indagare a fondo sui fatti?
Ad ogni modo:
- durante i 29 mesi del comando del gen. L. Cadorna sono esonerati 807 ufficiali;
- durante i dodici mesi del comando del gen. Diaz, in un corpo di ufficali già precedentemente selezionato, ne saranno esonerati 176 e nessuno troverà da ridire.
È doveroso riconoscere che gli esoneri consentono di portare a gradi elevati gli eccellenti comandanti del 1918, ai quali i giovani ufficiali – come Emilio Faldella – guardano con ammirazione e fiducia.
[Emilio Faldella, Caporetto - Le vere cause di una tragedia, Universale Cappelli 1967.]

In questo 24 ottobre l'Esercito operante sul teatro di guerra italiano è costituito da 64 Div.ni, con 112 brigate e una forza complessiva di 1.800.000 uomini e 6500 cannoni.

___________________

24/25, nella notte, nelle immediate retrovie, regna la confusione:
a nord:
- i tre battaglioni alpini (Borgo San Salmazzo, Dronero, Saluzzo) dipendenti dal Comando Truppe Rombon (col. Cantoni) e una parte del btg Ceva ripiegano in mezzo alla tormenta su Sella Prevala.
- le rimanenti truppe dell 50ª Div.ne ripiegano in valle Uccea e sullo Stol, dove si sistemano alla meglio su un terreno sul quale non esistono trincee né reticolati;
- i resti della 43ª Div.ne che riescono a passare nelle prime ore del mattino al ponte di Ternova, salgono anch'essi sullo Stol, dove è inviato da Bergogna anche il 271° fanteria della brigata Potenza.
Si tratta di reparti stanchi per la marcia sotto la pioggia, nell'oscurità, e naturalmente già di forza ridottissima.
Gli altri due reggimenti della brigata Potenza (hanno i battaglioni di 300 fucili!) stanno schierandosi a sbarrare la val Natisone.

Nelle retrovie nemiche la confusione non è minore, ed i comandi tedeschi e austriaci non sono meglio informati degli avvenimenti di quanto lo siano i comandi italiani.
L'avanzata ora effettuata è dovuta allo slancio, all'iniziativa dei comandi di minori reparti, fino al battaglione; pochi comandanti di reggimento possono influire sullo sviluppo dell'azione, e nessun comando di Div.ne.
I comandi superiori – come ammetterà il gen. K. Krafft von Dellmensingen – si limitano a spingere innanzi i reggimenti di seconda linea e le Div.ni di riserva.
Del I C.d'A. (gen. A. Krauß) una brigata della Div.ne Edelweiss insegue durante la notte gli alpini che si ritirano dal Rombon; il resto di quella Div.ne e la 22ª Shutzen rimangono ferme per tutta la notte e soltanto nelle prime ore del mattino avanzano attraverso la Stretta di Saga sgombra, penetrando in valle Uccea e salendo sullo Stol. In valle Uccea superano una "tenace resistenza" – come scriverà il gen. K. Krafft von Dellmensingen – a Monte Guarda (metà del btg Ceva) e possono poi avanzare celermente, perché in fondo valle un battaglione del 280° fanteria cede non appena attaccato.
Tenacissma è la resistenza che i Kaisershutzen incontrano sulle pendici settentrionali dello Stol (Prvi Hum) ad opera del btg alpini Argentera (cap. Gasca) che resiste finché, caduto ferito il comandante, è minacciato di accerchiamento.
Sull'alto dello Stol i battaglioni Mondovì e Monviso del 2° gruppo alpini (col. Pugnani), resti del btg Belluno, reparti della brigata Genova con il col. brigadiere Torre, resti del 2° e 9° bersaglieri, sono attaccati da reparti della 22ª Div.ne Schutzen, che respingono.
ore 18:00, giunge dal gen. Arrighi l'ordine di ritirarsi dallo Stol; poi viene dato il contrordine, con la conseguente confusione.
[Ad ogni modo la resistenza sullo Stol durerà fino a poco prima di mezzanotte.]
La 55ª Div.ne austro-ungarica del I C.d'A. può penetrare senza combattere nella conca di Drezenca.
[Nella giornata del 25 si limiterà a rastrellare i reparti italiani rimasti bloccati sull sinistra Isonzo.]

Come già accennato, la III brigata da montagna della 50ª Div.ne austro-ungarica deve lottare fino al pomeriggio sulla linea Kozliak-Pleca contro il XXX btg bersaglieri e il btg alpini Monte Albergian, che resistono tenacemente, contrattaccano, catturano anche dei prigionieri, ma sono poi sopraffatti verso le 16 dalle forze superiori del nemico.

Due reggimenti della brigata Potenza (gen. Amantea) con due compagnie mitraglieri di cavalleria (cap. Achille Maffei e cap. Piero Ricci) resistono attraverso la valle del Natisone contro la colonna della 12ª slesiana che la sera del 24 è giunta a Robic.
Cade il ten.col. Anchisi, comandante del 272° reggimento.
I due reggimenti si ritirano a cominciare dalle 13, per ordine ricevuto, ma i tedeschi non avanzano per tutta la giornata, se non con un'avanguardia, che non raggiunge nemmeno la stretta di Stupizza dinanzi alla quale si ha nel pomeriggio l'eroico episodio della carica di un grosso plotone di cavalleggeri di Alessandria, sterminato dal fuoco delle mitragliatrici, durante il quale episodio viene ferito il gen. Gonzaga, comandante della 3ª Div.ne.

Durante la notte il battaglione della 12ª Div.ne Slesiana che nel tardo pemeriggio del 24 è giunto a Golobi, prendendo contatto col 20° bersaglieri (IV brigata), è rinforzato da altri due battaglioni della stessa Div.ne.

Già in serata il gen. L. Cadorna ordina alla 2ª Armata di ripiegare il centro e la destra dalla Bainsizza alla destra Isonzo.

a.f.:
il nemico scatena un'offensiva dodicesima battaglia dell'Isonzo e raggiunge Caporetto (Kobarid in sloveno) stroncando il fronte italiano (comandato dal gen. L. Capello) e progredendo rapidamente verso la pianura veneta dove prepara una nuova offensiva diretta a sfondare la linea del Piave tra il monte Grappa (cerniera vitale tra il fronte alpino e quello della pianura) e il Montello; in pochi giorni vengono annullati gli sforzi e i sacrifici di due anni di guerra;

Già in serata il gen. P. Badoglio dice al magg. Campello, del comando della 2ª Armata, che la brigata Puglie ha abbandonato le posizioni senza combattere.

25, nelle prime ore del mattino gli austriaci oltrepassano la stretta di Saga, senza sparare un colpo.
Il I C.d'A. austro-ungarico (gen. A. Krauß) che, combattendo, nella giornata del 24, non è riuscito ad intaccare nemmeno in un punto la linea di «difesa ad oltranza», si trova ora dinnanzi a sé il terreno sgombro di nemici, in conseguenza degli ordini impartiti dai due comandanti di Div.ne italiani.
Sempre al mattino vengono catturati artiglieri della 4ª batteria del 55° da campagna, al comando del ten. Di Ferrante, che sono rimasti con due pezzi in una caverna.

Il mattino il gen. L. Cadorna ordina al duca d'Aosta di sgombrare le artiglierie pesanti della 3ª Armata "dietro il Piave" e di predisporre per l'eventuale ripiegamento di tutta la 3ª Armata dietro al Tagliamento.

Al mattino il 20° bersaglieri rioccupa Golobi e recupera tre batterie da 105. I tedeschi attaccano a loro volta, ma soltanto alle 17 riescono a occupare Golobi e alle 18 a giungere a Luico.

Dalle prime ore del mattino alla testata del Judrio, il 75° tenta invano di conquistare il Bukova Jeza e qui cade il comandante del reggimento, col. Rubino.
Reparti del 76°, del 128° (brigata Firenze) e del 261° (brigata Elba) contrattaccano per riprendere la q. 1114 (Podklabuc) perduta la sera prima.
"rabbiosi contrattacchi – come scriverà il gen. K. Krafft von Dellmensingencondotti con grande valore da truppe scelte… tratte dalle riserve, rinnovati malgrado il micidiale fuoco dei tedeschi, fino alle 10".
Purtroppo la situazione sta precipitando ad opera del ten. Rommel, il quale, col suo reparto, si è insinuato inavvertito nello schieramento italiano sull'alto del Kolowrat, e poi è proceduto a tergo della brigata Arno; rinforzato da tutto il btg del Wurttemberg, provoca il cedimento della intera linea sull'alto del Kolowrat.
Scende quindi in fondo valle, alle spalle dei bersaglieri che combattono dinnanzi a Luico e costringe alla resa il comando di un battaglione del 20° bersaglieri.
I reggimenti bersaglieri 14° e 20° riescono in gran parte a sfuggire all'accerchiamento, ma la brigata Arno rimane in gran parte prigioniera.
Sulla dorsale che dal Kolowrat si spinge al Monte Xum e a Monte Glava sulla destra del torrente Judrio si sono schierate le brigate Elba e Firenze della 3ª Div.ne.
Contro di esse avanzano l'Alpenkorps e le Div.ni 200ª e 5ª prussiana, dopo di aver scavalcato la dorsale del Jeza.
Il 1° rgt Jaeger dell'Alpenkorps e il 4° rgt Jaeger della 200ª Div.ne, che sono stati arrestati per tutta la giornata del 24 sulle basse pendici del Jeza, riprendono l'ascesa nelle prime ore del 25 ottobre.
Il 1° rgt Jaeger finisce per aver ragione della resistenza italiana solo alle 8,15 e giungerà a Cappella Slieme solo alla 11,35.
[Non si può fare a meno di deplorare che il comandante della brigata Taro abbia abbandonato queste posizioni, con il battaglione di riserva, fin dal pomeriggio del giorno innanzi, almeno diciotto ore prima che vi giungesse il nemico!]

L'Alpenkorps e la 200ª Div.ne avanzano tanto lentamente attraverso la testata della valle Judrio, che soltanto alle 18 riescono a conquistare il caposaldo di La Cima e a respingere la brigata Firenze.
La brigata Elba rimane invece fino all'indomani mattina sulle posizioni di Monte Xum e Monte Glava, perché la 5ª Div.ne prussiana, che ha il compito di attaccarle è attardata dalla resistenza dei bersaglieri del 12° reggimento, rinforzato da un battaglione del 4°, e da reparti della brigata Elba.
Soltanto al cader della notte un reggimento prussiano, l'8°, riesce a raggiungere il fondo valle Judrio e ad iniziare l'ascesa verso Monte Xum e Monte Glava che conquisterà al mattino del 26.

La 1ª Div.ne astro-ungarica dovrebbe conquistare il Globocak; inizia l'attacco soltanto nel pomeriggio; la XXIIª brigata da montagna sulle pendici verso l'Isonzo respinge la brigata Treviso, e la VII brigata avanza direttamente contro il Globocak, che occupa soltanto nel tardo pomeriggio dopo che le brigate bersaglieri e i resti della brigata Puglie ha ricevuto ordine di ritirarsi.
[La 1ª Div.ne austro-ungarica non si spinge in questo giorno oltre la linea Cambresco-Globocak e la oltrepasserà soltanto nel pomeriggio del 26.]


gli austriaci e i tedeschi conquistano il Kolowrat (contro il VII C.d'A. italiano), il Globocak (nel settore del XXVII) e, superata una tenacissima resistenza, lo Stol, nel settore del IV C.d.'a italiano.
Intanto il gen. L. Capello è costretto a cedere il comando per seri motivi di salute.
Al mattino la 22ª Div.ne Schutzen raggiunge Saga.

ore 02:30, il gen. P. Badoglio comunica al Comando 2ª Armata che il Globocak è stato occupato dal nemico e che ha ordinato al gen. Boriani di recarsi a Cambresco per vedere se è possibile tentare subito coi bersaglieri la riconquista del Globocak;
[Il disorientamento è evidente: il Globocak sarà occupato dal nemico soltanto nel pomeriggio del 25 ottobre, più di dodici ore dopo.]



ore 11:00-11:30, Cividale, il gen. L. Cadorna ha un colloquio con il gen. L. Capello;

ore 13:30-14:00, Udine, il gen. L. Cadorna ha un colloquio con il gen. L. Capello durante il quale quest'ultimo gli propone di ordinare senz'altro la ritirata dietro al Tagliamento, ma il gen. L. Cadorna prima di prendere una decisione di tale gravità vuole esaminare più a fondo la situazione;
tornato a Cividale, il gen. L. Capello compila una relazione per il Comando Supremo nella quale indica i motivi che lo inducono a formulare quella proposta e subito dopo cede il comando dell'Armata al gen. L. Montuori e parte per Verona, dove entra in ospedale.
Frattanto il gen. L. Cadorna ha confermato l'ordine che i C.d'A. che sono sulla Bainsizza ripiegassero sulla destra Isonzo e ha ordinato alla Zona Carnia di predisporre il ripiegamento sul Tagliamento.

Da questo stesso giorno squadriglie da bombardamento e da caccia dell'aeronautica italiana agli ordini del col. Moizo, sfidando l'inclemenza del tempo, si impegnano nella lotta: una sola squadriglia da caccia sostiene nella stessa giornata 23 combattimenti, abbattendo 5 aerei nemici.
[Nei giorni successivi, malgrado il maltempo, effettueranno bombardamento e mitragliamenti, sosteranno combattimenti in cielo, mentre gli impianti a terra devono essere spostati all'indietro, causando una notevole crisi, che non impedisce ai piloti di prodigarsi con abnegaziopne.
Sono bombardati – come risulterà in seguito – obiettivi sull'Isonzo, il 25 e il 26 ottobre, truppe fra Cividale e Udine il 28, il 29 e il 30, tutte le strade provenienti dall'Isonzo dal 31 ottobre al 3 novembre, il ponte di Pinzano il 4, 5, 7 novembre, il ponte di Madrisio il 6.
Quattro dirigibili effettuano bombardamenti sui ponti del Tagliamento; le sezioni aerostatiche innalzano i loro palloni anche durante la sosta sul Tagliamento, malgrado le difficoltà causate dagli spostamenti.
Ottanta aerei perduti comproveranno lo spirito di sacrificio degli aviatori nelle tragiche giornate.
Anche la Commissione d'Inchiesta riconoscerà , nella sua relazione, che nei giorni di ripiegamento si è riaffermato il loro eroismo.]

Purtroppo, avanzando in valle Uccea, la Div.ne Edelweiss sta separando la sinistra della 2ª Armata dalle truppe della Zona Carnia.

Lo stesso giorno il gen. E. Caviglia comunica che la brigata Roma si è arresa.
[E il Comando Supremo non può sapere che non è vero, come ammetterà invece in seguito il gen. E. Caviglia in un suo libro.]

_________________________

In conclusione:
- nel settore del IV C.d'A. (gen. A. Cavaciocchi) il nemico ha dovuto combattere per tutta la giornata del 25 ottobre per conquistare lo Stol e sboccare in val Natisone;
in pratica il nemico viene arrestato su una linea improvvisata, da truppe sfinite per la ritirata effettuata nella notte precedente, gravemente ridotte di forza.
[In ben migliori condizioni avrebbero combattuto se fossero rimaste sulle posizioni della linea di «difesa ad oltranza» che hanno dovuto abbandonare per l'inconsulto ordine di ritirata!]
- nel settore del VII C.d'A. (gen. L. Bongiovanni) è andata perduta la dorsale del Kolowrat, che è un bastione imponente, e rimangono, a sinistra, la brigata Salerno sul Matajur, ormai isolata, e all'estrema destra la brigata Elba fra Monte Xum e M. Glava;
- il XXVII C.d'A. (gen. P. Badoglio) si è ritirato dal Globocak e alla sua destra la situazione, in fondo alla valle Isonzo, è assai grave perché forze austro-ungariche premono per attaccare sul fianco le forze che già sono in ritirata dalla Bainsizza.
Lo sfondamento ha ormai raggiunto proporzioni gravissime; ha già avuto come conseguenza la ritirata delle forze che erano sulla Bainsizza e inpone altresì l'arretramento della 3ª Armata.
Dietro alle linee sfondate esiste soltanto più una linea di difesa, quella detta "degli sbocchi" delle vallate, che dal Montemaggiore scende a oriente di Cividale e di qui si raccorda con la linea di destra Isonzo dal Sabotino al mare.

Il gen. L. Cadorna deve prendere una decisione di eccezionale gravità: tentare la resistenza sulla linea "degli sbocchi" o ordinare senz'altro la ritirata al Tagliamento?

Ordinare la ritirata generale al Tagliamento è un fatto grave.

In serata il il col. Cavallero viene inviato al Comando 2ª Armata che si è nel frattemp trasferito a Udine, per conoscere il parere del gen. L. Montuori, il quale, dopo sentito per telefono il parere dei comandanti di C.d'A., risponde di ritenere possibile il prolungamento della resistenza sulla linea "degli sbocchi".
Allora il gen. L. Cadorna ordina d resistere ad oltranza sulla linea Montemaggiore - Monte Mladessena - Korada- Monte Santo.
Il gen. L. Capello critica aspramente questa decisione, contraria all'opinione da lui formulata.
[Alcuni storici accetteranno le sue argomentazioni, asserendo che la decisione di ritirarsi al Tagliamento presa nella giornata del 25 avrebbe evitato lo spreco di truppe di riserva sulla linea "degli sbocchi".]
Ma il gen. L. Capello deve preoccuparsi della sua 2ª Armata mentre il gen. L. Cadorna deve preoccuparsi anche della 3ª Armata e della Zona Carnia.
Ormai i C.d'A. di sinistra della 2ª Armata hanno perduto tutta la l'artiglieria e quelli del centro e della destra stanno perdendone una parte per la ritirata in corso dalla Bainsizza.
È indispensabile, per poter sperare in una ripresa, che almeno la 3ª Armata si ritiri nelle migliori condizioni.
La 3ª Armata, però, è più lontana dal Tagliamento di quanto lo siano i resti della 2ª Armata.
Se si vuole impedire che le colonne austro-tedesche, sboccando in piano, taglino le vie di ritirata alla 3ª Armata, è indispensabile che la 2ª Armata rallenti al massimo il proprio movimento retrogrado.
Insomma: l'Armata che deve ripiegare più rapidamente è la 3ª, non la 2ª.
Appunto per questa esigenza, il gen. L. Cadorna, mentre ordina alla 2ª Armata di resistere sulla linea "degli sbocchi", ordina alla 3ª Armata di accelerare lo sgombero delle artiglierie.
[L'indomani mattina, poi, ordinerà che si ritiri al Vallone, prima tappa per una ritirata ulteriore.]

In serata sul Montemaggiore giungono il btg Bicocca e btg Val Leogra del 2° gruppo alpini, insieme al comandante del II Raggruppamento alpini (col.brigadiere Sapienza).

Il gen. L. Cadorna si propone di ordinare la ritirata al Tagliamento quando cadrà il Montemaggiore sul quale è stato avviato in giornata il 7° gruppo alpini.

Lo stesso giorno il gen. A. Cavaciocchi viene esonerato dal comando, per la convizione che lo sfondamento si sia verificato nel settore del IV C.d'A. e soltanto in quello.
[La convizione durerà ancora ai primi di novembre…]

____________________

26, al mattino il gen. L. Cadorna:
- ordina la costituzione di un C.d'A. "speciale" (Di Giorgio) di due Div.ni da riunire sul Tagliamento, per la difesa dei ponti di Pinzano e Trasaghis;
- dirama direttive per la ritirata dietro al Tagliamento alle armate 2ª e 3ª e alla Zona Carnia;
- ordina alla 4ª Armata, che è in Cadore, di sgomberare le artiglierie meno mobili sulla destra del Piave fra Pederobba, Asolo e Montebelluna.
È quindi evidente che, mentre tenta di imporre al nemico un arresto, per lo meno temporaneo, agli sbocchi in piano, il gen. L. Cadorna prevede il peggio ed ha già lo sguardo rivolto al Piave.

Le armate austro-ungariche 2ª I.S.A. sulla Bainsizza e 1ª I.S.A. sul Carso, inseguono le armate italiane.
La disfatta causa un notevole cedimento morale: ingente è il numero dei prigionieri e degli sbandati italiani che rifluiscono in disordine.
Al mattino, amareggiato per la sorte subita dalla sua 19ª Div.ne, il gen. Giovanni Villani si toglie la vita.

A nord intanto una compagnia del 3° reggimento Kaiserjaeger ha occupato nelle prime ore del mattino il passo di Tanamea.
Il btg alpini Bicocca e il btg alpini Val Leogra sono quindi isolati sul Montemaggiore, sul quale non esiste alcuna difesa.

Intanto gli austriaci avanzano in val Natisone, valle Judrio e valle Uccea e occupano Cividale.
Accerchiata la brigata Salerno sul Matajur, respinti i resti delle brigate Arno e Firenze, superata dopo aspro combattimento la resistenza della brigata Elba sul Monte Xum e Monte Glava, le colonne nemiche avanzano su Cividale e intaccano in più punti la linea di difesa "degli sbocchi".
Più lenta è l'avanzata in valle Judrio, iniziata soltanto dopo mezzogiorno dalla linea Cambresco-Globocak.
A nord, contro i resti del IV C.d'A., schieratisi da Monte Cavallo a Monte Carnizza, sull'antico confine, avanzano soltanto piccole unità delle Div.ni austro-ungariche 22ª Shutzen e 50ª.

Nel pomeriggio il I btg del 3° Kaiserjaeger avanza verso il Montemaggiore lungo la cresta che vi adduce dallo Stol.
Il col. brigadiere Sapienza ha l'impressione di correre pericolo di essere accerchiato ed ordina la ritirata, dopo breve scambio di fucilate.
[L'abbandono della cima di Montemaggiore, senza che si siano verificati quei combattimenti dei quali si favoleggia[erà?] è un episodio di per sé deplorevole ma dobbiamo riconoscere che è stato provvidenziale, per il momento nel quale si è verificato. Esso infatti induce il il gen. L. Cadorna a ordinare alle 2,30 del 27 ottobre la ritirata al Tagliaemnato che effettivamente non sarebbe più procrastinabile senza gravissime conseguenze.]
Si conclude così la prima fase della battaglia.

Il Comitato di Guerra francese decide l'invio di truppe alleate in Italia, prima che giunga una richiesta di aiuti dal Comando Supremo.
[La decisione non è altro che l'applicazione degli accordi conclusi i primavera e in estate, in base ai quali grandi unità alleate sarebbero state inviate in Italia qualora le forze germaniche e austriache avessero effettuato un'offensiva sulla fronte italiana.]
Poiché a questa eventualità capi militari francesi e inglesi non hanno voluto credere, l'inizio della battaglia sull'Isonzo causa sorpresa e dispetto.
Lo stesso giorno il Comitato di Guerra compila una "nota" nella quale afferma che la Germania sta facendo uno sforzo per «ottenere mediante l'offensiva, combinata con un lavoro intenso di disorganizzazione sociale all'interno dell'Italia, la defezione di questa potenza».
In tal modo la Germania si metterebbe in grado di imporre la pace prima dell'intervento dell'esercito americano e diventerebbe quanto mai probabile un attacco alla Francia attraverso la Svizzera.
È perciò assolutamente necessario fare tutto il possibile per bloccare l'offensiva in corso, preludio probabile ad un attacco decisivo contro la fronte in Francia, inviando forze in Italia per combattere là, se necessario, una battaglia generale.
Senza voler diminuire il valore morale dell'intervento degli Alleati in Italia, è giusto tener presente che essi stessi ritengono questo intervento necessario nel'interesse generale della coalizione e lo considerano anzi, come una diversione idonea a stornare la minaccia di un'offensiva contro la fronte in Francia, diversione che potrebbe avere come conseguenza una battaglia generale da combattersi in Italia Settentrionale.
Si prevede infatti l'invio di 30 Div.ni.
Il Comitato di Guerra conclude la "nota" affermando che è necessario realizzare in Italia un comando "unico" e che perciò deve essere subito inviato un generale francese di tal fama da far accettare a italiani e inglesi la subordinazione.
Naturalmente questo generale deve essere francese e, infatti, il gen. F. Foch parte per l'Italia mentre 6 Div.ni francesi ricevono l'odine di movimento.
Il gen. Haig, comandante dell'esercito inglese, è riluttante a seguire l'esempio; poi cede e dà 5 Div.ni.
Secondo l'opinione del Comitato di Guerra, queste 11 Div.ni costituiscono soltanto un primo scaglione; molte altre dovranno seguire.
[Non saranno invece inviate perché non ce ne sarà bisogno.]



27,
ore 02:30
, ritirata generale: il gen. L. Cadorna ordina alle armate 2ª e 3ª di ritirarsi al Tagliamento, e alla Zona Carnia (XII C.d'A. - gen. Lequio) di ripiegare sulle Prealpi Carniche.
La 2ª Armata deve sostare sul torrente Torre e su una linea, fronte a nord, fra il Torre e l'Isonzo, per dare protezione alla 3ª Armata, che sta ancora sull'Iisonzo e che, altrimenti, sarebbe esposta ad essere attaccata sul fianco sinistro e anche nelle retrovie, dalle Div.ni nemiche provenienti da Cividale.
ore 05:45, il gen. L. Cadorna ordina al gen. M. Nicolis di Robilant di far ripiegare nella giornata stessa la 4ª Armata sulla linea di «difesa ad oltranza» (linea "gialla") tenendosi pronta a continuare il ripiegamento.
Belluno, il gen. M. Nicolis di Robilant, ricevuto l'ordine di far ripiegare l'Armata «oggi stesso» sulla linea "gialla", tiene rapporto ai comandanti ma non dà ordini esecutivi.

In giornata viene eseguita la ritirata della 2ª Armata sul Torre, in un ordine molto relativo, sotto la protezione delle retroguardie che tentano di rallentare la marcia del nemico a monte di Cividale, che è occupata dalla 26ª Div.ne germanica.
In questi combattimenti cade il col. Casini, comandante del 208° reggimento della brigata Taro e si distignue la brigata Milano. Il reggimento cavalleggeri di Saluzzo protegge con valoroso contegno e una brillante carica la ritirata al Torre.
Alla sera la 2ª Armata è sulla linea del Torre, articolata in tre gruppi:
- a sinistra (gen. Etna) XII C.d'A. in ritirata dalla Carnia, resti del IV C.d'A. e Div.ni 16ª e 21ª della riserva del Comando Supremo;
- al centro (gen. Petitti di Roreto) C.d'A. XXVIII, VII e XXVII;
- a destra (gen. Ferrero) C.d'A. XXIV, II e VI.
Il gen. Ferrero deve proteggere da nord la ritirata della 3ª Armata. Per fortuna il nemico non preme in quella direzione. I suoi sforzi sono concentrati contro la sinistra e il centro della 2ª Armata.
[Da notare che questi C.d'A. non sono grandi unità costituite da Div.ni organiche ed efficienti, bensì sono composte da resti delle brigate che hanno ripiegato dall'Isonzo, appoggiati dalle brigate della riserva che, spinte innanzi, poi fatte indietreggiare, hanno perduto molti uomini caduti prigionieri o sbandatisi, e quindi hanno ormai scarsa capacità d'azione. Tutte le truppe sono stanche, disorientate e gli effettivi dei reparti sono ridottissimi; scarsissime sono le artiglierie.]

Nel tardo pomeriggio il gen. L. Cadorna da Udine si è spostato a Treviso.
Il nemico è già a Cividale, a meno di 24 ore prima di giungere a Udine.

"battaglia del Tagliamento":
vista l'impossibilità di arrestare l'avanzata austro-tedesca sull'Isonzo, il comandante in capo L. Cadorna ordina il ripiegamento della II e III Armata (precedentemente schierate oltre l'Isonzo, sulla Bainsizza e sul Carso) verso il fiume Tagliamento, in piena;
la protezione dei ponti del fiume, affidata a Pinzano al piccolo e improvvisato corpo d'Armata speciale del gen. A. Di Giorgio e più a sud a truppe ormai provate e prive di collegamenti, regge solo pochi giorni;


27/28, nella notte la 200ª Div.ne germanica riesce a passare il Torre sul ponte del Salt, non ancora distrutto, e all'alba sfonda a Beivars la linea del VII C.d'A. procedendo rapidamente su Udine, che raggiunge al pomeriggio.
La sinistra e il centro della 2ª Armata sono costretti a ripiegare in direzione nord-ovest, per cui viene a determinarsi un vuoto in corrispondenza della direttrice Udine-Cpdroipo.
La 14ª Armata tedesca, per giungere al Tagliamento, ha ormai da percorrere metà della distanza che separa dal fiume la destra della 2ª Armata e la 3ª Armata.
Il pericolo incombente su queste grandi unità è gravissimo.
Lo sfondamento di Beivars è il primo degli avvenimenti che rendono critica la ritirata.
La 3ª Armata sta intanto ripiegando abbastanza in ordine, non premuta dalle armate del Gruppo Boroevic (1ª e 2ª armate dell'Isonzo), ma la sua situazione è assai precaria e preoccpante, per la distanza che deve percorrere per giungere al Tagliamento e la minaccia di avere le vie di ritirata tagliate.
Le truppe che affluiscono al Tagliamento trovano il fiume in piena; i ponti sono pochi…
Il gen. L. Cadorna considera lo schieramento sul Tagliamento utile soltanto per imporre un tempo di arresto al nemico, riordinare le truppe, sgomberare le retrovie; è già convinto che soltanto la linea Grappa-Piave consentirà l'arresto definitivo e la successiva ripresa.
Udine, lo stesso giorno il gen. L. Cadorna ha un colloquio con il col. Tullio Marchetti e il col. Vigevano, capi degli Uffici informazioni della 1ª e della 4ª Armata.
Li incarica di esporre la situazione ai comandnati delle due armate e al gen. V. Camerana, comandante del III C.d'A., schierato fra lo Stelvio e il Garda.
Dice che la 4ª Armata deve abbandonare subito l'Alto Cadore, l'Agordino e la conca di Primiero e ripiegare con ordine e celerità sulla linea "gialla" (linea di «difesa ad oltranza») e che la 1ª Armata deve arretrare la destra sull'Altopiano di Asiago per saldarsi con la sinistra della 4ª Armata.
Raccomanda al col. Vigevano che la 4ª Armata inizi al più presto il movimento per occupare tempestivamente Grappa, caposaldo e cerniera della nuova fronte.
Rivolto poi al col. Tullio Marchetti soggiunge: «Dica ai generali Pecori Giraldi e Camerana che il Tagliamento è una sosta, perché mi ritirerò e mi fermerò al Piave. Speriamo che la 4ª Armata faccia in tempo a ritirarsi sul Grappa, altrimenti saranno guai seri».
[In effetti, sulla linea Grappa-Piave il gen. L. Cadorna ha da tempo rivolto l'attenzione ordinando lavori stradali sul Grappa e la costruzione del campo trincerato di Treviso. La linea del Tagliamento che dovrà raccordarsi con il Cadore per le Prealpi Carniche, è troppo ampia e troppo vulnerabile.
Però la sosta al Tagliaemnto, da prolungare quanto possibile, è necessaria per mettere ordine nelle retrovie e consentire alla 4ª Armata di assumere la difesa della fronte Montello - Grappa - Val Brenta.]

Nello stesso giorno il gen. O. von Below propone al Comando Supremo austro-ungarico di inviare Div.ni nel Trentino, per sferrare l'attacco anche in quel settore; il mar.llo F. Conrad von Hötzendorf, comandante del Gruppo armate del Trentino, formula analoga proposta e si affretta a ordinare spostamenti d truppe già ai suoi ordini per attaccare sull'Altopiano di Asiago.
Il Comando Supremo austro-ungarico accetta parzialmente le proposte pervenutegli e ordina che le Div.ni 21ª e 106ª della 1ª "Isonzo Armee" partano per il Trentino.



nella notte lo schieramento italiano sul torrente Torre è sfondato a Beivars per cui è necessario arretrare al Tagliamento.
Anche la zona Carnia (XII C.d'A. - Tassoni) riceve l'ordine di ritirarsi.
Seguono combattimenti di retroguardia nei quali si coprono di gloria reggimenti di cavalleria.


28, dopo essere avanzati per 150 km, i nemici entrano a Udine;
il gen. L. Cadorna ordina la ritirata.


Bollettino del Comando Supremo

«La mancata resistenza di reparti della II Armata, vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze armate austro-ungariche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte* Giulia… »

*ufficialmente, per un curioso amore del purismo della lingua, si usa "la fronte" e non "il fronte".

Questa condanna, incauta e passionale, che il gen. L. Capello ha il torto di firmare e di lasciare quindi divulgare fra l'esercito e all'estero, suscita naturalmente una tremenda impressione.
Negli scontri di accuse che seguono, sempre più violente e decise, il gen. L. Cadorna ha modo di precisare il suo pensiero aggiungendo alla colpa dei soldati da lui dipendenti, la responsabilità – decisiva – del governo, che non ha saputo provvedere – nonostante i ripetuti avvertimenti, che egli aveva mandato dal Comando supremo – a disciplinare con energiche misure il paese avvelenato dalla propaganda pacifista dei suoi nemici interni: socialisti, giolittiani, disfattisti.
L'altra campana pone sul banco degli accusati lo stesso gen. L. Cadorna, anzitutto, e con lui, tra i generali più direttamente responsabili:
. gen. L. Capello, comandante la 2ª Armata (la prima a sfasciarsi),
. gen. P. Badoglio, comandante del XXVII C.d'A., alle dipendenze del gen. L. Capello, che non avrebbe, inesplicabilmente, ordinato agli artiglieri di sparare nella tragica giornata del 24 ottobre, quando si scatenò l'attacco austro-tedesco, destinato a travolgere rapidamente il fronte.

Il "ministero Boselli" cade e subentra V.E. Orlando il quale, divenuto presidente del Consiglio, propone subito la sostituzione del gen. L. Cadorna ottenendo il consenso del re anche per la scelta del successore: gen. A. Diaz.

29, sul Tagliamento, dei pochi ponti usufruibili, rimangono soltanto quelli permanenti di Cornino, Pinzano, Codroipo, Madrisio e Latisana, poiché quelli di barche sono stati travolti.
Verso i primi tre si sono diretti le truppe della 2ª Armata, verso gli altri due quelle della 3ª Armata.
Fortunatamente il nemico non preme troppo sulle retroguardie.
Però la 5ª Div.ne germanica procedendo sulla direttrice Udine-Codroipo, urta contro la 1ª brigata di cavalleria (gen. Gatti) della 1ª Div.ne (gen. Filippini) che tenta di arrestarla con tenaci resistenze e una brillante carica di due squadroni di cavalleggeri di Monferrato.
Soltanto punte avanzate della 200ª Div.ne, avanzando ad ovest di Udine, possono giungere al Tagliamento a Rivis.

Dal canto suo il gen. L. Cadorna ordina alla 3ª Armata di cedere alla 1ª Armata due C.d'A. con cinque Div.ni complessivamente, da dislocare rispettivamente intorno a Brescia e fra Cittadella e Bassano.
[Purtroppo quest'ordine non potrà essere eseguito per l'atteggiamento assunto del gen. F. Foch.]

Treviso, il gen. L. Cadorna convoca il gen. Pecori Giraldi e il gen. M. Nicolis di Robilant per dare disposizioni per il collegamento fra le ali contigue delle due armate 1ª e 4ª che devono ripiegare simultaneamente (XX C.d'A. della 1ª e XVIII C.d'A. della 4ª).
Lo stesso giorno il gen. L. Cadorna reitera l'ordine al gen. M. Nicolis di Robilant di far ritirare la 4ª Armata.

30, la crisi si accentua ed è gravissima; il C.d'A. "speciale" (gen. Di Giorgio) con due Div.,ni si è schierato sulla destra del Tagliamento, allo sbocco in piano del fiume;
la sinistra e il centro della 2ª Armata sono ormai sulla destra del Tagliamento.
Sulla sinistra del fiume, a protezione del ponte di Pinzano, la brigata Bologna e reparti del 137° fanteria (brigata Barletta) sono schierati sulle alture di Ragogna, al comando del gen. Carlo Rocca, e respingono nella giornata attacchi della 26ª Div.ne germanica.
Contro questo settore settentrionale, dallo sbocco in piano del Tagliamento fino a Dignano, avanzano il I C.d'A. austro-ungarico (gen. A. Krauß) e il II C.d'a bavarese (Stein).
La 3ª Armata è ancora assai lontana dal Tagliamento ed è protetta fronte a nord, dall'ala destra della 2ª Armata, schierata presso a poco lungo la strada Udine-Codroipo.
La 2ª brigata di cavalleria (gen. Emo Capodilista) è a Pozzuolo del Friuli.
Contro queste truppe avanzano le Div.ni del LI C.d'A. germanico (gen. Hofacker), che ha sostituito il gen. von Berrer, ucciso a Udine da una pattuglia italiana) e del XV C.d'A. austro-ungarico (gen. K. Scotti).
L'urto di queste Div.ni contro le forze italiane, che sono nella massima parte del XXIV C.d'A. (gen. E. Caviglia) dà luogo a violenti combattimenti, valorosamente sosstnuti.
La 2ª brigata di cavalleria si copre d gloria a Pozzuolo del Friuli. In conseguenza di questi combattimenti e anche di una certa confusione verificatasi in campo nemico per ordini, contrordini e incrociarsi di colonne, la 3ª Armata può passare in parte il Tagliamento.
[Completerà il passaggio nella giornata del 31 ottobre.]
Codroipo, purtroppo la giornata è funestata da un grave episodio.
Verso i tre ponti ivi esistenti, quello rotabile in muratura, un altro in legno e il ponte ferroviario, affluiscono masse di sbandati, reparti ancora abbastanza efficienti, grandi quantità di artiglierie; che sono state portate faticosamente fin là, e carriaggi.
Pattuglie tedesche della 200ª Div.ne, procedendo nella mattinata lungo la sponda sinistra del fiiume, pervengono verso le 12 presso i ponti, spargendo il panico. Intempestivamente sono fatte brillare le mine predisposte e i ponti sono interrotti.
Le artiglierie e i carriaggi vanno perduti; colonne di profughi e di sbandati rimangono sulla sinistra del fiume e reparti che hanno ancora conservato una certa coesione sono in parte tagliati fuori e in parte dispersi.
Le unità della destra della 2ª Armata che hanno combattuto nella giornata, devono cercare scampo più a sud al ponte di Madrisio.

Treviso, al mattino arriva il gen. F. Foch che si presenta come se dovesse salvare lui l'Italia.
[In seguito i francesi creeranno su questo intervento una leggenda, facendo apparire il loro generale salvatore dell'Esercito Italiano, colui che avrebbe scelto e fatto organizzare la linea del Piave. La leggenda correrà per il mondo. Naturalmente nascerà una polemica e il gen. F. Foch non avrà la lealtà di ristabilire la verità, che è pur suffragata da documenti ineccepibili a suo tempo pubblicati.]
Il gen. L. Cadorna chiede al gen. F. Foch che l'Armata francese in arrivo (10ª) al comando del gen. Duchêne entri in linea sul Montello, fra Vidor e il ponte della Priula e che sia scaricata dai treni nella zona Vicenza-Camposampiero-Padova.
Il gen. F. Foch accetta la zona di scarico, ma rifiuta di impiegare sul Piave le Div.ni francesi
Il gen. L. Cadorna deve allora estendere la fronte della 4ª Armata fino al ponte della Priula e rinunziare a far mettere i due C.d'A. della 3ª Armata a disposizione della 1ª Armata.
Nel pomeriggio il gen. L. Cadorna ha un secondo colloquio con il gen. F. Foch.
Siccome il pericolo di un'offesniva austriaca dal Trentino sussiste, egli chiede al generale francese di far scaricare intorno a Brescia una Div.ne; il gen. F. Foch rifiuta di scindere la massa delle Div.ni francesi e allora il gen. L. Cadorna deve adattarsi a che tutta l'Armata francese sia scaricata a cavallo del Mincio mentre quella inglese si concentrerà intorno a Mantova.

vengono fatti saltare i ponti di Codroipo, cosicché rimangono sulla riva sinistra del fiume decina di migliaia di sbandati; nei giorni seguenti vengono interrotti anche gli altri ponti a Pinzano e Latisana;
il gen. L. Cadorna dà disposizioni per la difesa rinforzando le divisioni attestate sull'alto Isonzo, ma esclude una controffensiva Armata in caso di attacco. Il fronte italiano crolla a Caporetto accerchiato dalle armate austro-tedesche.
[In questo momento il gen. Giulio Cesare Tassoni (ex governatore della Libia) comanda la zona Carnia. Ritrattesi la 2ª e la 3ª Armata, la zona Carnia, benché intatta, deve essere sgomberata e lo sgombero avviene tra gravissime difficoltà a cui il gen.

Giulio Cesare Tassoni tiene testa con l'usata energia, senza però poter evitare perdite gravi. La ritirata attraverso la regione montana dell'alto Piave è quanto di peggio possa capitare a un condottiero. Ha poi il comando della settima Armata sulla fronte occidentale del saliente trentino, settore inadatto a guerra manovrata. Là lo troveranno le ultime vicende della guerra e di là concorrerà nelle giornate di Vittorio Veneto alla fuminea occupazione del Trentino e dell'Alto Adige. Generale di Armata, sarà poi senatore e membro del consiglio dell'Esercito!]

 

Dopo strenua resistenza all’Albero Bello – località sul Krad Vrh che prende il nome da un unico nero albero salvatosi dall’artiglieria – il gen. Giovanni Villani della 19° Div.ne scrive un biglietto al suo primo sottoposto («Lascio a Lei di proseguire il terribile compito. Io non ne posso più»), entra in una piccola baracca ospedaliera e si spara alla testa. Viene sepolto alla bell’e meglio, sotto il tiro delle artiglierie tedesche.
Prima di spararsi, scrive anche un dispaccio al Comando Supremo: «I comandanti e le truppe hanno fatto fino all’ultimo il loro dovere».
Due giorni dopo, un generale del Comando Supremo scrive che la 19ª Div.ne di Giovanni Villani, ha opposto «qualche resistenza». [Le spoglie del gen. Giovanni Villani saranno ritrovate solo nel 1934, da un contadino al lavoro.]

Lo stesso giorno il gen. Pecori Giraldi pensa addirittura di rimanere in Cadore e resistere con la sua 1ª Armata isolata: idea assurda, che tuttavia manda il suo capo di S.M., col. Businelli, a esporre al gen. L. Cadorna, chiedendogli un C.d'A. di rinforzo.

Lo stesso giorno il gen. L. Cadorna dà a tutte le armate direttive [ordine 5141] per lo schieramento sul Piave:
- dalla val Brenta fino al Vidor, sul Piave, dovrà schierarsi la 4ª Armata con tre C.d'A.;
- da Vidor al Ponte della Priula entreranno in linea sei Div.ni franco-inglesi;
- dalla Priula al mare il fiume sarà difeso dalla 3ª Armata.
Conferma altresì alla 3ª Armata l'ordine di cedere due C.d'A. alla 1ª Armata.
[L'indomani 31 dovrà rinunziare a questa cessione perché, il gen. F. Foch rifiuterà di lasciar impiegare le forze alleate.]

30/31, nella notte il gen. L. Cadorna ordina con telegramma [n. 5184] al gen. M. Nicolis di Robilant di «accelerare il movimento di ripiegamento sulla destra del Piave» della 4ª Armata, a costo di abbandonare ogni impedimento e limitare il movimento stesso alle sole truppe e artiglierie.
[Da non dimenticare quindi che un altro plausibilissimo motivo del gen. L. Cadorna di sostare al Tagliamento è di dare tempo alla 4ª Armata di ritirarsi e di schierarsi sul Grappa.]

31, Codroipo, la 3ª Armata completa il passaggio del Tagliamento, lasciando sulla sinistra del fiume soltanto una retroguardia, a protezione del ponte di Latisana, che ripiegherà l'indomani.
Belluno, il gen. Pecori Giraldi giunge in città ma trova ancora il gen. M. Nicolis di Robilant restio a prendere accordi.
Il gen. Pecori Giraldi riceve l'ordine di «accelare» il ripiegamento sulla destra del Piave e invece si limita a far ritirare le artiglierie pesanti e a riunire le grandi unità in fondo valle lasciando tuttavia reparti sulle prime linee.

La 50ª Div.ne austro-ungarica attacca sulle alture di Ragogna la brigata Bologna che si difende valorosamente fino all'indomani.
Purtroppo il ponte di Pinzano viene fatto saltare prima che i resti della eroica brigata passi il fiume.
Frattanto la piena del Tagliamento scema e il fiume diventa guadabile, favorendo il nemico che serra sotto, sulla sponda sinistra, preparando il passaggio sulla sponda destra.

ore 11:00, Treviso, arriva il gen. Robertson, capo di S.M. imperiale britannico, e si svolge un colloquio a tre: gen. L. Cadorna, gen. F. Foch e gen. Robertson.
A conclusione dello scambio di idee, i due generali alleati compilano un appunto a matita che consegnano al gen. L. Cadorna contenente le loro conclusioni:
- «Rallentare il nemico sul Tagliamento»;
- «resistere sul Piave Trentino con l'aiuto degli alleati in corso di trasporto e concentrati all'indietro»;
- «la difesa dell'Italia può essere realizzata a condizione che il comando italiano definisca un piano di difesa…».
[Dopo questi banali consigli di cui il gen. L. Cadorna non ha assolutamente bisogno, avendo già dato disposizioni al riguardo in base a un concetto chiarissimo, su un solo punto il gen. L. Cadorna deve modificare il piano già predisposto: rinunziare all'impiego delle Div.ni alleate!]

 

Lo stesso giorno mentre l'on. V.E. Orlando – come scriverà nelle sue Memorie – percorre in autovettura, col re Vittorio Emanuele III, il gen. Brusati e Mattioli, ministro della Real Casa, la strada da Treviso al Piave, naturalmente senza scorta, «la via era tutta una processione dei cosiddetti sbandati; potei io stesso personalmente constatare che la massa indubbiamente prevalente degli sbandati non era di combattenti; erano tutti gli addetti ai servizi nelle retrovie che tornavano senza ordine… Era una folla. […]».





Torna su

Nuova Ricerca