1917
Novembre
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Fronte Occidentale
31 luglio-10 novembre,
terza battaglia di Ypres:
6, la conquista del centro di Passendale, a una decina
di chilometri da Ypres, segna la fine della terza battaglia di Ypres
iniziata a luglio;
Il gen. E.
Ludendorff ordina un piano di azioni offensive che vuole
denominare Kaiserschlacht (la battaglia del Kaiser);
dal canto suo il mar.llo P.
von Hindenburg si lascia andare a promettere che l'imperatore
entrerà a Parigi per il primo di aprile.
21, il gen. E.
Ludendorff sferra unil primo attacco nella vallata della
Somme avendo come obiettivo Amiens, che costituisce la sola via
di comunicazione tra i francesi e gli inglesi; dopo un terribile
cannoneggiamento con tutti i "cannoni Krupp" disponibili,
i tedeschi balzano all'attacco tra fumo e nebbia, con forze cinque
volte superiori a quelle impiegate a Verdun;
prima di notte la linea del fronte viene spezzata in più
punti;
22, gli inglesi, dissanguati
a Passchendaele, arretrano di dieci miglia;
[Al sesto giorno dell'offensiva una delle strade ferrate tra Amiens
e la capitale viene interrotta, ma tutto finisce lì. Le truppe
tedesche affamate si sbandano per saccheggiare, i tommies
invece tengono duro a denti stretti, e il gen. E.
Ludendorff si deve preparare a un nuovo colpo per il
mese di aprile, nelle Fiandre.]
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Fronte orientale
[Non c'è soluzione di continuità fra le operazioni
iniziate sull'Isonzo il 24 ottobre e le azioni nemiche tendenti
a sfondare la nuova linea di difesa italiana.
Si tratta dunque di un'unica e sola battaglia,
combattuta nello spazio di due mesi, dal 24 ottobre e la
fine di dicembre e su questa interpretazione saranno d'accordo
tutti gli storici tedeschi e austriaci.]
24
ottobre-9, dodicesima battaglia
dell'Isonzo (o battaglia di Caporetto)
[segue]:
1°, i tentativi
di pattuglie nemiche per raggiungere il passaggio del Tagliamento
sulla sponda destra falliscono.
2, anche in questa
giornata falliscono i tentativi nemici di passare il Tagliamento.
[Il gen. L.
Cadorna sarà in seguito rimproverato per la sua
probabile speranza di arrestare il nemico al Tagliamento e sarà
criticato per non aver ordinato senz'altro la continuazione della
ritirata fino al Piave.]
[Il gen. L.
Cadorna emana alle armate 2ª e 3ª un ordine
[n. 5238] nel quale, premesso che la «pressione
nemica sembra aver subito un arresto, che non è inverosimile
si protragga per le difficoltà di far sollecitamente avanzare
le armate austro-ungariche dell'Isonzo» avverte che
la sosta al Tagliamento deve essere prolungata «il
più possibile… salvo a trasformarla in arresto definitivo
se le circostanze lo consentiranno».
Con lo stesso ordine, dà direttive per riordinare lo schieramento
difensivo «togliendogli il presente
carattere di tumultuario schieramento a cordone» e
dandogli «la massima scioltezza ed efficienza»
sgomberando oltre Piave i comandi esuberanti, gli impedimenti, gli
elementi privi di efficienza bellica.
[La ragione di una sosta al Tagliamento è chiara e plausibile.
È da escludere quindi che il gen. L.
Cadorna intenda resistere a qualunque costo sul Tagliamento.]
Lo stesso giorno il gen. F.
Foch incomincia il suo viaggio a Padova, Roma e Rapallo
e non ha più contatti con il gen. L.
Cadorna.
Dal colloquio avuto con il gen L.
Cadorna il gen. F.
Foch si rende certamente conto che, con un uomo di quella
tempra, la subodinazione dell'Esercito Italiano a un comandante
francese sarebbe impossibile; si adopera quindi, a Roma – e poi
durante il Convegno di Rapallo – per la sua sostituzione (che però
è già stata decisa fin dal giorno 28 ottobre).
2/3, nella notte il
gen. L.
Cadorna – non sa ancora che il nemico ha sfondato a Cornino
– ordina alla 3ª armata di inviare subito almeno tre brigate
sulla destra del Piave, per imbastire la difesa del fiume.
Nella notte la 55ª Div.ne austro-ungarica riesce a forzare
il passaggio a Pinzano, sul ponte di Cornino, solo parzialmente
distrutto, e la scarsa resistenza di alcuni reparti gli consente
di dilagare sulla destra del fiume al piede delle Prealpi Carniche,
sbarrando le due strade, lungo le valli dell'Arzino e del Meduna,
per le quali dovrebbero ritirarsi le Div.ni 36ª e 63ª
che sono all'estrema sinistra, a nord delle Prealpi.
[Malgrado gli sforzi compiuti per aprirsi nei giorni seguenti, il
passo verso la pianura, andranno perdute.
Il gen. Caviglia imputerà la
loro perdita alla deciiosne del gen. L.
Cadorna di aver voluto sostare al Tagliamento; la causa
della loro perdita è stata invece lo sfondamento di Cornino
non contenuto con sufficiente impegno: terzo episodio, dopo quelli
di Beivars e di Codroipo, che ha influito negativamente sullo sviluppo
della ritirata.]
3, oltre allo sfondamento del
Cornino, gli altri tentativi del nemico di passare il Tagliamento
sono falliti – il che comprova che la sosta al Tagliamento decisa
dal gen. L.
Cadorna non è stata avventata.
Lo stesso giorno il gen. L.
Cadorna viene a sapere dal col. Vigevano
che la 4ª armata è ancora molto più a nord di
quanto ritenga.
Il gen. L.
Cadorna constata che i suoi ordini non sono stati eseguiti,
di conseguenza la saldatura sulla linea Grappa-Piave fra 4ª
e 3ª armata diventa aleatoria.
Investe quindi il col. Vigevano: «Come…,
dopo tutte le raccomandazioni che ho fatto per accelerare la ritirata,
siamo ancora così indietro? Mentre la casa brucia alla 4ª
armata si dorme! Colonnello parta subito voli dal gen, di Robilant
e gli dica che se la 4ª armata non si salva, la colpa è
sua…».
Subito dopo con un fonogramma [n. 11558] ordina che l'armata si
ritiri al piano, senza sostare sulla linea "gialla".
[La ritirata dell'armata si svolge alquanto ordinata; però
il ritardo porterà a due conseguenze:
- il 9 novembre;]
4, ore
10:00, dinanzi alla pressione nemica il gen. L.
Cadorna è costretto a ordinare il ripiegamento generale
e immediato al Piave;
[Si conclude così la seconda fase della gigantesca
battaglia di Caporetto.]
[Sarà portato a compimento dalle truppe italiane nei giorni
seguenti in relativo ordine trattenendo il nemico con combattimenti
di retroguardie;
ne consegue anche la ritirata della 4ª armata (gen. gen.
M. Nicolis di Robilant) dal Cadore.]
5, già i pontoni
armati, recuperati, sono in posizione alla foce del Piave e pronti
all'azione;
6-7,
"Convegno di Rapallo" si tiene un incontro tra
i più alti responsabili politici e militari dell'Intesa:
- Italia, V.E.
Orlando,
- Francia, P.
Painlevé,
- Gran Bretagna, D.
Lloyd George,
al fine di concordare una serie di misure atte a fronteggiare la
pericolosa situazione venutasi a creare sul fronte italiano dopo
la sconfitta di Caporetto; si discute la possibilità di resistenza
sulla linea del Piave e si delibera la costituzione di un consiglio
supremo politico di guerra composto dai rappresentanti di tutte
le potenze dell'Intesa e affiancato a un comitato militare interalleato,
con sede a Versailles;
il gen. L.
Cadorna, sostituito come capo di S.M. dal gen.
A.
Diaz, viene designato a rappresentare l'Italia
in seno al comitato militare interalleato.
Lo stesso giorno compagnie costituite con marinai recuperati da
Monfalcone a Grado, ritiratisi in perfetto ordine, resistono tenacemene
ad un attacco nemico sul Lemene.
7, mentre percorrono
in autovettura la strada Treviso-Padova, il gen. L.
Cadorna e il gen. G.
Giardino incontrano colonne di sbandati che fanno il
saluto regolamentare del militare fuori rango e disarmato…
Nessuno – secondo quanto dichiarerà in seguito il gen. G.
Giardino, manca loro di rispetto.
La ritirata dal Tagliamento al Piave delle armate 2ª e 3ª
si svolge abbastanza ordinatamente, schierando successivamente le
retroguardie sulla Livenza e poi sul Monticano.
Lo stesso giorno i grossi passano il Piave.
Ancora nei primi giorni di novembre si ignora che lo sfondamento
è avvenuto anche nel settore del XXVII C.d'a. del gen. P.
Badoglio.
8, al mattino il gen. L.
Cadorna riceve comunicazione dal re Vittorio
Emanuele III che sarà sostituito nella carica di capo
S.M. dell'Esercito dal gen. A.
Diaz con sottocapi di S.M. il gen. G.
Giardino e il gen. P.
Badoglio.
Peschiera, re Vittorio Emanuele III,
dopo aver fatto una serena esposizione degli avvenimenti e manifestato
la sua ferma fiducia nella resistenza, lancia un proclama:
«Italiani, cittadini e soldati, siate
un esercito solo!».
Parlando quindi con i rappresentanti alleati, gen. F.
Foch, gen. Robertson e Wilson,
rappresentante dell'esercito inglese, nel Consiglio interalleato,
comunica loro che dovranno prendere contatto cn il gen. A.
Diaz per «muovere le sei
divisioni alleate disponibili verso i punti più pericolsoi
del fronte italiano senza attendere ulteriori istruzioni dei loro
governi».
Lo stesso giorno viene messo a disposizione della 3ª armata
il 1° battaglione di marina Monfalcone di 800 uomini
con 12 mitragliatrici, al comando del cap. di corvetta Starita,
che presidia la riva del Piave verso le foci.
[È il primo di quei battaglioni del Reggimento Marina che
in seguito si prodigheranno nella difesa tra Piave e Sile, fianco
a fianco con i reparti dell'Esercito.]
La notizia della nomina del gen. A.
Diaz, conosciuto soltanto nella ristretta cerchia del
C.d'a. da lui comandato, suscita meraviglia e anche po' di sgomento.
La cessazione dalla carica del gen. L.
Cadorna viene invece accolta con molta soddisfazione
dai nemici.
[Il mar.llo F.
Conrad von Hötzendorf scrive alla moglie: «Siamo
riusciti a rovesciare Cadorna, e questo è forse il maggior
vantaggio conseguito da tutta l'operazione».
Il gen. A.
Krauß, in una lettera al prof. Luciano
Magrini, così si esprimerà: «…noi
giudichiamo sempre l'allontanamento di Cadorna dal Comando Supremo
dopo Caporetto come uno dei non minori benefici conseguiti dalla
nostra offensiva, cioè con un consolidamento della nostra
vittoria e come una graranzia per l'avvenire. L'uomo che ci aveva
martellato con undici battaglie offensive e che, metodico com'era,
avrebbe continuato a martellarci dopo Caporetto, era eliminato.
E ciò costituiva per noi un notevole vantaggio».]
Negli ambienti politici l'avversione al gen. L.
Cadorna è profonda e diffusa.
Il nuovo Comando Supremo non ha comunque vita facile.
Il gen. G.
Giardino si dedica in particolare alla ricostruzione
delle Div.ni e dei C.d'a. sfasciati durante la ritirata e il gen.
P.
Badoglio all'impiego delle truppe.
[Ambedue si dimostreranno all'altezza della situazione e bisogna
riconoscere che è un bene che non si sappia ancora delle
responsabilità del gen. P.
Badoglio il che ostacolerebbe se non impedirebbe la sua
nomina a sottocapo di S.M.; nomina che, a rigor di cronaca, per
la testimonianza del col. Oreste Cantatore,
ha sorpreso lo stesso gen. P.
Badoglio, mentre si trovava nella sede del comando del
C.d'a.]
8/9, nella notte
passano il Piave anche le retroguardie delle armate 2ª e 3ª;
9, il gen. L.
Cadorna completa la ritirata sulla riva destra
del Piave, ammassando le sue truppe su un fronte che va dalla foce
di questo fiume al lago di Garda, passando per il monte Grappa,
l'Altopiano di Asiago e il Pasubio;
a ritirata ultimata l'esercito si schiera quindi sulla linea Grappa-Montello-Piave.
al mattino, sono fatti saltare i ponti sul Piave;
lo stesso giorno entra in funzione il nuovo Comando Supremo
quando è già stato diffuso l'ultimo proclama
del gen. L.
Cadorna alle truppe:
«Noi siamo inflessibilmente decisi:
sulle nuove posizioni raggiunte, dal Piave allo Stelvio, si difende
l'onore e la vita d'Italia. Sappia ogni combattente qual è
il grido e il comando che viene dalla coscienza di tutto il popolo
italiano: morire, non ripiegare».
1ª battaglia del Piave:
[La denominazione non rispecchia la realtà poiché
è stata combattuta prevalentemete sul Grappa e sugli Altipiani.]
Forze in campo:
- italiani: 3ª armata (duca d'Aosta),
C.d'a. VIII (gen. E.
Caviglia), XI (Pennella),
XIII (Sani), XXIII (Petitti
di Roreto);
cte in capo: capo di S.M. Diaz;
- austro-ungarici: "Gruppo Borojevic" con le armate
1ª I.S.A. (Wurm) e 2ª I.S.A.
(Henriquez);
cte in capo: capo di S.M. Arz;
Le armate del gen. S.
Borojevic von Bojna giungono al Piave, di fronte alla
3ª armata schierata dal Montello al mare.
Lo stesso giorno truppe tedesche, forzato il passo di Sant'Orsola,
scendono per la valle del Vajont e sbarrano la val Piave subito
a sud di Longarone, tagliando la ritirata a un forte gruppo di truppe
in ritirata.
Malgrado tentativi di aprirsi il passo e il ripiegamento di molti
reparti per la montagna, sono catturati dal nemico 10.000 prigionieri
e 94 cannoni.
Completato lo stesso giorno il ripiegamento della 3ª armata
e dei resti della 2ª armata sulla destra del Piave, la 4ª
armata è ancora in marcia e il settore fra lo sbocco in piano
e il ponte della Priula rimarrebbe sguarnito se non venissero impiegati
i C.d'a. II (Albricci) e XXIV C.da.
(Caviglia) della 2ª armata.
10, al mattino il mar.llo F.
Conrad von Hötzendorf, comandante del Gruppo Eserciti
del Tirolo, muove all'offensiva sull'Altopiano di Asiago con 5 Div.ni
al comando del gen. Krautwald.
La 4ª armata è ancora in ritirata dal Cadore (si concluderà
solo il gorno 13); sul Grappa affluiscono le prime, scarse truppe;
lungo il Piave stanno assestandosi alla meglio brigate che si sono
ritirate dall'Isonzo.
Il gen. F.
Foch e Wilson hanno scarsa
fiducia di poter resistere sul Piave e si preoccupano assai perché
sia predisposta la ritirata al Mincio.
Non per niente lo stesso giorno Wilson
scrive al gen. A.
Diaz per sollecitarlo a preparare le «le
linee di ripiegamento».
Il gen. A.
Diaz promette di farlo, evidentemente per tacitarlo.
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In 17 giorni (dal 24 ottobre) l'Esercito operante sul teatro di
guerra italiano ha perduto:
- oltre 600.000 uomini fra morti, feriti, prigionieri e sbandati,
- 3100 cannoni,
- 3000 mitragliatrici,
- ingenti quantità di munizioni e di materiali di ogni genere.
Rimangono intatte solo le Div.ni del III C.d'a., a ovest del Lago
di Garda, e della 1ª armata, fra il Lago di Garda e valle del
Brenta, è cioè 14 Div.ni (su 64), con 16 brigate di
fanteria (su 112).
Le altre 50 Div.ni con 96 brigate sono state coinvolte nella ritirata
e parecchie sono state annientate; di queste 50 Div.ni soltanto
17 possono essere schierate in primo tempo sul Grappa e sulla sponda
destra del Piave.
In totale, alla data del 10 novembre, di tutto
l'Esercito Italiano soltanto 31 Div.ni sono in grado di combattere,
ma lo stato di efficienza delle 17 Div.ni che hanno partecipato
alla ritirata è alquanto scadente, né potrebbe non
esserlo, dopo una ritirata del genere.
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10-21
dicembre, 1ª battaglia del Grappa -
monte fra le valli del Brenta e del Piave.
[o "battaglia di arresto" (10 nov-31
dic).
Forze in campo:
- italiani: 4ª armata (gen.
M. Nicolis di Robilant);
- austro-ungarici: 14ª armata (O.
von Below).
Divisioni italiane in ritirata dal Cadore e dalla Valsugana difendono
il Grappa attaccato dal C.d'a. del gen. A.
Krauß con 9 divisioni austriache e tedesche: 6
Div.ni austriache (3ª Edelweiss, 22ª Shutzen,
55ª austro-ungarica, 94ª, 4ª e 50ª) + 3 Div.ni
tedesche (12ª slesiana, 200ª, Alpenkorps).
in Val Piave il gen. A.
Krauß è costrettto a combattere contro la
brigata Como della 17ª Div.ne che ha il compito di
ritardare l'avanzata nemica e poi contro le truppe che vanno schierandosi
sulla dorsale Tomba-Monfenera; perciò l'azione offensiva
si sviluppa tosto nella zona più elevata, risalendo i contrafforti
che discendono dal Grappa verso settentrione (Monte Roncone - Monte
Tomatico) difesi da alcuni battaglioni alpini, bersaglieri, fanteria,
con due batterie da montagna agli ordini del col. Piva,
che costituiscono la difesa avanzata.
Sono battaglioni stanchi per la ritirata, di poche centinaia di
uomini, con scarse munizioni e meno viveri.
11, in serata, in
mezzo a una violenta bufera di neve appena scatenatasi – come scriverà
il gen. Assum – ha inizio la prima
difesa del Grappa…; la nebbia tiene invasa la montagna quasi in
permanenza…; le truppe non hanno ricovero di sorta; rimangono sempre
all'addiaccio sulla neve con riparo la coperta da campo…;
Lo stesso giorno, nel colloquio avuto con il gen. F.
Foch e con Wilson – come
dichiarerà quest'ultimo nelle sue Memorie – il gen.
A.
Diaz chiede che le Div.ni alleate siano portate in linea
sul Montello ma il gen. F.
Foch rifiuta.
[Proprio in queste circostanze il gen. A.
Diaz viene a sapere che per un accordo concluso a sua
insaputa, fra i governi italiano, francese e inglese, le Div.ni
alleate non possono essere impiegate senza esplicita autorizzazione
dei rispettivi governi.
Avendo chiesto conferma a Roma, V.E.
Orlando risponde che l'accordo effettivamente è
stato concluso perché le truppe alleate entreranno in linea
soltanto quando le truppe italiane creeranno una situazione che
garantisca la loro sicurezza.
[Le parti si sono invertite – come scriverà
il gen. G.
Giardino – non sono gli Alleati che giungono
per dare agli italiani la possibilità di riprendersi, ma
sono gli italiani che devono garantire la sicurezza delle truppe
alleate!.]
Dopo il coloquio con on il gen. F.
Foch il il gen. A.
Diaz si astiene dignitosamente, di chiedere che le truppe
alleate entrino in linea.
[Riceverà poi dal gen. F.
Foch, ritornato a Parigi, una lettera nella quale, bontà
sua, riconoscerà che «l'esercito
italiano ha eseguito un a bella manovra di ristabilimento sulla
linea Piave-Monte Grappa…».]
13-17, attaccati da
forze sempre crecenti si difendono, manovrano in ritirata, si difendono
ancora dando tempo a meglio organizzare la difesa del Grappa con
le poche truppe disponibili reduci dal Cadore.
15, dopo tenaci resistenze
gli italiani perdono le posizioni avanzate di M. Roncone e M. Tomatico
ma resistono sulla linea Col della Berretta, M. Pertica, Col dell'Orso,
Solarolo, Valderoa, Spinoncia, Monte Tomba, Monfenera, sulla quale
si combatte accanitamente; [segue]
[È una gran fortuna che sul Grappa sia possibile salire per
la strada fatta costruire dal gen. L.
Cadorna e che un'altra strada, costruita essa pure per
ordine suo, accogliendo la proposta del maggiore di artiglieria
Angelica, salga da Cavaso al Tomba.
Senza queste due strade la difesa del Grappa e del Tomba sarebbe
irrealizzabile, poiché sull'alto manca tutto, a cominciare
dall'acqua. Naturalmente non vi sono trincee né reticolati.
16, alla sera la situazione
è disperata; le truppe che hanno combattuto sono esauste;
l'arrivo del solo btg Monterosa sembra già valido
ausilio per la difesa;
18, al mattino, il
1° ten. Rommel, partito col suo
reparto da Quero, col compito di "attraversare" il Grappa
e scendere a Bassano, giunge sotto alla vetta dello Spinoncia e
non fa più un passo avanti.
«Siamo inchiodati… – scriverà
in seguito – Evidentemente qui non sono più
le allegre passeggiate degli scorsi giorni… che si possa giungere
a Bassano attraverso il Grappa è assolutamente da escludersi.
Il fronte nemico è ormai chiuso ed è molto forte…».
Lo stesso giorno la Div.ne Jaeger tedesca, rinforzata da
reparti di due Div.ni austro-ungariche attacca il Monfenera; respinta,
rinnova l'azione, raggiunge la cresta, la perde per un contrattacco,
ma i bersaglieri che hanno riconquistato la posizione non possono
mantenervisi per il fuoco dell'artiglieria;
18-19, fra il Tomba
e il Monfenera si alternano attacchi e contrattacchi, ma il nemico
non progredisce;
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12-dicembre, battaglia
di Asiago [03] (o battaglia d'arresto):
Forze in campo:
- italiani: Comando Truppe Altipiani (Ricci
Armani), II C.d'a. (Ferrari),
XXII C.d'a. (Gatti), XXVI C.d'a. (Fabbri);
- austriaci: III C.d'a. (Krautwald),
Gruppo Kletter dell'11ª armata (Scheuschenstuel).
I C.d'a. italiani sull'Altopiano devono ripiegare per allinearsi
al nuovo schieramento, risultante dopo la ritirata al Grappa e al
Piave.
Contemporaneamente gli austriaci muovono all'offensiva ma occupano
soltanto le posizioni sgomberate, poiché vengono arrestati
sulle Melette. [segue]
12, cominciano a
sparare i pezzi da 102 e 203;;
la 44ª Div.ne austro-ungarica passa il Piave nell'ansa di Zenson;
il XIII C.d'a. impedisce ulteriori progressi.
Sul basso Piave il XXIII C.d'a. austro-ungarico (Csicserics)
attacca il XXIII C.d'a. italiano e avanza, sebbene duramente contrastato
fino al Piave Vecchio (fiume Sile) dove la linea si stabilizza.
13, gli austriaci del gen. S.
Borojevic riescono a passare il fiume a Zenson e Fagaré;
il primo urto delle forze austro-tedesche (8 Div.ni al comando del
gen. A.
Krauß) viene respinto dappertutto dalla difesa
italiana (4 Div.ni della IV armata del gen. gen.
M. Nicolis di Robilant).
cominciano a sparare i pezzi da 305;
il II C.d'a. austro-ungarico (gen. Kaiser)
attacca l'XI C.d'a. italiano alle Grave di Papadopoli ed è
respinto.
16, il XXIV C.d'a.
austro-ungarico (gen. Lukas) attacca
gli italiani del XIII C.d'a. e riesce a passare il fiume a Fagarè;
qui, nelle giornate 16 e 17 energici contrattacchi cosringono gli
austriaci a ripassere il fiume, avendo sbito gravi perdite, oltre
a 800 prigioneiri;
17, il XXIV C.d'a.
austro-ungarico viene ricacciato al di là del Piave; la linea
italiana si stabilizza lungo il corso del Piave Vecchio;
[Da questo momento non si hanno più tentativi di
passaggio del Piave.]
22, 6 Div.ni austro-ungariche,
dopo una potente e lunga preparazione di artiglieria, muovono all'attacco
con 33 battaglioni contro 11, alla presenza dell'imperatore Karl
I;
sono nettamente respinte.
Lo stesso giorno l'intenso lavoro di riorganizzazione delle Div.ni
scompaginate dall ritirata, permette di far entrare in linea sul
Grappa il XXVII C.d'a. su tre Div.ni, mentre il VI C.d'a. è
collocato dietro la fronte, in riserva.
24, [segue
battaglia di Asiago-03]: gli austriaci sospendono
gli attacchi causa le forti perdite subite (23.000 uomini).
L'armata francese di 6 Div.ni con due comandi di C.d'a. è
comandata dal gen. Duchêne;
L'armata inglese, di 5 Div.ni con due comandi di C.d'a. è
comandata dal gen. Plumer.
I francesi inviano in Italia pure il gen. Fayolle,
con proprio S.M., per avere sul posto il generale che dovrebbe assumere
il comando interalleato. Si pensa di farne il capo di S.M. del re
Vittorio Emanuele III evidentemente
mal conoscendo il carattere e la personalità del re.
Per giungere a questo risultato, si spera addirittura di approfittare
di una "crisi" – come un alto ufficiale dello S.M. del
gen. Fayolle scrive il 24 novembre
al col. Herbillon, ufficiale di collegamento
fra il Presdete della Repubblica ed il Gran Quartier generale francese–:
«Attualemente non si può mettere
la mano sul comando italiano, ma alla prima crisi, ed essa si prepara,
sarà possibile. Bisgna dunque prepararsi a questa eventualità…»
Nessuna crisi invece si verifica.
[Due giorni dopo che questa lettera è stata scritta si concluderà
la prima fase della vittoriosa battaglia difensiva, sostenuta interamente
dai soli italiani e le ambizioni francesi andranno deluse.]
Lo stesso gorno il gen. Plumer chiede
al Comando Supremo di inviare delle Div.ni inglesi sul Montello,
ma il gen. A.
Diaz lascia senza risposta anche questa richiesta perché
non è chiaro se l'armata britannica sarebbe messa agli ordini
del Comando Supremo.
25, fallisce un altro attacco
al Monfenera;
forti di nuove divisioni gli austro-tedeschi riprendono nuovi attacchi
conseguendo pure alcuni successi, ma non riescono a superare la
resistenza italiana che riesce a tenere in mano le posizioni strategiche;
26, finora si è
lottato sui Monti Asolone, Pertica, Solaroli, Fontanasecca, Spinoncia;
Lo stesso giorno il gen. Plumer si
piega a «pregare di dare ordini»
e allora il gen. A.
Diaz "ordina" che un C.d'a inglese prenda in
consegna le trincee del Montello.
I francesi devono adeguarsi e un C.d'a. francese, con la 47ª
Div.ne "chasseurs" viene destinato ad occupare
le posizioni del Monte Tomba e del Monfenera.
La Div.ne Edelweiss fa ora un estremo tentativo per sfondare
fra Col della Berretta e l'Asolone ma la brigata Aosta,
con elementi del btg alpini Val Brenta e un battaglione
del 49° fanteria l'arresta, la contrattacca e mantiene immutate
le posizioni.
Lo stesso giorno il Comando Supremo austro-ungarico ordina
la sospensione della lotta (peraltro già richiesta
dai comandanti il giorno 23).
[È come confessare la sconfitta, perché ogni giorno
che trascorre, permette di consolidare la difesa.]
29, entro questa
data è possibile effettuare un vasto cambio di truppe in
linea e sul Grappa si schierano i C.d'a. XXVII, VI e XVIII.
Alla ricostruzione delle unità contribuiscono 108 battaglioni
di marcia costituiti con parte della classe 1899, battaglioni affluiti
in zona di guerra a novembre.
30-31, la brigata
Pinerolo (gen. Perris) costringe
gli austro-ungarici a sgomberare l'ansa di Zenson.
Alla fine dell'anno gli austro-ungarici sono dovunque al
di là del Piave.
Alla fine del mese i veneziani terrorizzati nascondono i cavalli
bronzei di S. Marco e si preparano a fuggire.
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In Russia i bolscevichi si impadroniscono del potere e chiedono
la pace separata.
[Dalla sera al mattino l'aspetto della guerra cambia.
L'armistizio con il nuovo governo russo ha reso disponibili tremila
"cannoni Krupp" e un milione di uomini in assetto di guerra.]
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