Papa
Clemente VI
(Avignone 1342-52)
1347
Maggio
19/20, dopo un'attenta preparazione e una oculata scelta
del momento più opportuno, scoppia la rivoluzione; Cola
di Rienzo fa emanare un bando al popolo di Roma, invitandolo
a riunirsi in parlamento il giorno seguente, allo scopo di promulgare
una nuova costituzione;
Cola
di Rienzo trascorre
la notte nella chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, in preghiera, assistendo
ad una messa dopo l'altra in onore dello Spirito Santo: è convinto
di essere uno strumento scelto dallo Spirito Santo per fare eseguire
nel mondo la sua volontà;
20, Cola
di Rienzo si reca in processione da Sant'Angelo al Campidoglio
dove rivolge la parola ad una grande folla che comprende, in effetti,
tutto il popolo di Roma e attacca violentemente le famiglie nobili,
accusandole di essere responsabili delle sventure della città;
un suo assistente legge quindi la nuova costituzione, che pone il governo
della città e del territorio circostante nelle mani del popolo
di Roma e mette in atto tutta una serie di ottime riforme legali;
viene quindi chiesto al popolo se approvi la costituzione e la risposta
è affermativa; si chiede al popolo allora a chi intenda affidare
il governo della città, a norma della nuova costituzione: la
scelta cade naturalmente su di lui ed è fatta per acclamazione.
In tutto questo non c'è nulla che sia apertamente antipapale:
anzi, il vicario del papa, Raimondo di Orvieto,
si trova al fianco di Cola
di Rienzo in Campidoglio e quest'ultimo lo sceglie a ricoprire
insieme a lui la carica di "rettore della città": e
il papa, più tardi, riconosce questa nomina.
Alcuni giorni dopo, mentre è suo costume iniziare la sua giornata,
all'alba, accostandosi alla confessione e alla comunione, nel corso
di una seconda assemblea popolare, Cola
di Rienzo viene nominato tribuno e assume i poteri dittatoriali.
Giugno
Cola
di Rienzo manda
una lettera a tutte le grandi città d'Italia invitandole a spedire
dei legati a una assemblea che si terrà a Roma per discutere
dei modi di assicurare alla "universa sacra Italia"
pace e sicurezza.
Impone ai nobili di comparirgli davanti e di promettere solennemente
che non attaccheranno né la sua persona né la sua costituzione;
quasi tutti i nobili obbediscono a tale ingiunzione e gli altri sono
costretti a sottomettersi con una serie di operazioni militari.
L'eliminazione dei nobili prepotenti non è incompatibile con
la politica papale e l'unico membro del sacro collegio i cui interessi
di famiglia siano stati lesi dall'azione del nuovo tribuno di Roma è
il cardinale Giovanni Colonna;
Luglio
22, Cola
di Rienzo propone a un'assemblea del popolo romano l'adozione
di un decreto dalle conseguenze molto importanti: in base ad esso il
popolo romano avoca a sé i suoi antichi diritti di sovranità
e annulla tutte le concessioni, donazioni e onoranze, elargite nel corso
dei secoli, che siano in conflitto con il principio della sovranità
popolare. La proposta viene accolta immediatamente.
Le manifestazoni di ostentazione personale da parte di Cola
di Rienzo continuano.
28, scrive a F.
Petrarca una lettera in cui, tra l'altro, afferma il principio
del valore permanente della rivoluzione «cuius totius populi
anima est ipsa libertas» (La libertà è ora
l'anima di tutto il popolo di Roma).
31, si reca in processione,
con il vicario papale al suo fianco, fino a S. Giovanni in Laterano
dove offre un banchetto e parla alla folla dalla loggia che si trova
sulla facciata della chiesa. Assiste quindi alla messa nel battistero
e si bagna nel grande fonte in cui, secondo la credenza generale, l'imperatore
Costantino ricevette il battesimo mille
anni prima guarendo dalla lebbra.
Passa la notte coricato su un letto posto a fianco del fonte battesimale.
Agosto
1°, mentre il vicario papale celebra la messa nella
chiesa, Cola
di Rienzo
viene creato cavaliere da alcuni autorevoli personaggi romani. Subito
dopo fa leggere pubblicamente, dalla loggia, il decreto secondo cui
il popolo romano si riprende i suoi antichi diritti.
Il documento precisa che:
- Roma è "caput orbis",
- tutte le città e i popoli d'Italia sono liberi e partecipano
della cittadinanza romana,
- il diritto di eleggere l'imperatore spetta soltanto al popolo di Roma.
Vengono quindi invitati tutti gli imperatori, elettori, re, duchi, principi,
conti, marchesi, tutte le cittadinanze e università e le singole
persone (tra i nomi fatti c'è quello di Carlo
di Boemia) a comparire, se vogliono che i loro titoli siano riconosciuti,
davanti al popolo di Roma il giorno della Pentecoste dell'anno seguente,
e a presentare le loro istanze.
Nel documento è definito "candidatus Spiritus Sancti
miles, Nicolaus severus et clemens, liberator Urbis, zelator Italiae,
amator orbis et tribunus Augustus".
Lo stesso giorno, quando il vicario papale sente leggere il decreto
(o quando gliene viene riferito il contenuto) si affretta a protestare
vigorosamente, facendo presente che esso viola il principio della libertà
d'azione della Chiesa. Ne chiede quindi il ritiro ma le sue proteste
non ottengono alcun esito.
Intanto, nelle prime due settimane di agosto, arrivano a Roma oltre
duecento delegati inviati da altre città in risposta all'invito
del tribuno.
15, durante la cerimonia
dell'incoronazione che si tiene in Campidoglio, cinque prelati pongono,
uno dopo l'altro, sul capo di Cola
di Rienzo una corona di foglie di quercia, una di edera,
una di mirto, una di alloro e una di olivo. Un assistente toglie di
volta in volta la corona impostagli sul capo, per lasciar posto a quella
seguente. Un sesto prelato gli offre poi una corona d'argento e uno
scettro e infine il sindaco di Roma gli dona un globo terrestre.
2, il vicario del papa
e (da maggio) corettore di Roma, Raimondo di Orvieto,
viene ora licenziato dallo stesso Cola
di Rienzo.
Ad Avignone, quando giunge notizia delle ultime "operazioni romane",
l'atteggiamento della corte papale verso il tribuno subisce un brusco
capovolgimento.
Settembre
mentre si sta avvicinando ad Avignone, un giovane corriere che sta recapitando
delle lettere di Cola
di Rienzo
viene assalito e duramente percosso; il bastone d'argento che porta
come simbolo della sua immunità di ambasciatore gli viene rotto
sul capo; gli viene strappata la borsa delle lettere, che viene distrutta,
e le lettere contenute sono fatte a pezzi; gli si proibisce di entrare
in città e gli si dice che un trattamento analogo sarà
riservato a tutti gli altri messaggeri di Cola
di Rienzo.
Intanto i cardinali riuniti in concistoro pongono in discussione il
problema se sia conveniente per la Chiesa che Roma e l'Italia siano
unificate. La conclusione raggiunta è negativa.
Nel tribuno di Roma cominciano a nascere i sospetti sulla lealtà
dei nobili, anche se hanno giurato di sostenerlo. Per saggiare la loro
lealtà li invita quindi ad un banchetto.
14, al banchetto sono
presenti, tra gli altri:
. Stefano Colonna [il
Vecchio],
. Giovanni Colonna (nipote del precedente),
. alcui Orsini,
. ecc.;
un commento poco favorevole sull'abbigliamento (forse troppo costoso)
di Cola
di Rienzo,
espresso da Stefano Colonna [il
Vecchio], offende il tribuno che, sentendo un'aria di cospirazione,
decide di fare arrestare seduta stante tutti i nobili presenti nella
sala e rinchiudere nelle carceri del Campidoglio;
15, per ottenere ulteriori
notizie sulla ventilata cospirazione, manda dei frati nelle carceri
per dire ai prigionieri che sono stati condannati a morte e invitarli
a confessarsi e a comunicarsi.
Poiché nulla trapela nonostante questo stratagemma, Cola
di Rienzo, convintosi che la notizia della
ventilata cospirazone era falsa, davanti alla folla che intanto si è
radunata al suono della campana davanti al Campidoglio, loda i nobili
per la loro lealtà e chiede al popolo di perdonarli. Il perdono
viene accordato e in segno di riconciliazione, egli dà a ciascuno
dei suoi ospiti un titolo onorifico, un anello d'oro e altri doni.
Appena liberi, i Colonna e gli Orsini
lasciano subito la città rifugiandosi nei loro castelli e preparandosi
alla difesa armata.
Ottobre
all'inizio del mese, con un considerevole numero di armati, Cola
di Rienzo pone l'assedio ad uno dei castelli degli Orsini,
che sorge a Marino, su uno sperone dei Colli Albani;
15 ca, arriva a Roma il
cardinale de Déaulx, forte dei pieni
poteri conferitigli dal papa; riferisce a Cola
di Rienzo che potrà conservare la sua carica di rettore
solo a tre condizioni:
- giurare di non compiere atti che siano contrari ai diritti della Chiesa;
- non uscire dai limiti impostigli dalla carica che ricopre;
- revocare tutte le leggi illegali che ha promulgato;
dovrà inoltre giurare fedeltà a papa Clemente
VI e ai suoi successori.
In caso contrario, il legato pontificio potrebbe scomunicarlo e ordinare
al popolo di Roma di togliergli il suo appoggio sotto la minaccia dell'interdizione.
Il legato chiede inoltre che venga levato l'assedio al castello degli
Orsini.
All'inizio Cola
di Rienzo
toglie l'assedio al castello ma si rifiuta di accettare le tre condizioni
impostegli dal papa.
20, i Colonna
e gli altri nobili, preso coraggio dall'arrivo del legato pontificio,
riuniscono le loro forze con l'intenzione di rovesciare il tribuno;
nel tentativo di far rientro a Roma, i nobili falliscono disastrosamente
e nel corso della battaglia Stefano Colonna
[il Giovane] e suo figlio Giovanni
rimangono uccisi.
Approfittando di questa vittoria, organizza una festa trionfale ma ormai
sta perdendo l'appoggio di molti che finora l'hanno sostenuto e pure
la fiducia in se stesso lo sta abbandonando. Ripresi i contatti con
il legato papale, dopo lunghi negoziati finisce con l'accettare completamente
le richieste del papa;
Dicembre
rinuncia ai titoli che si è attribuito e annulla il decreto fatto
da lui promulgare in agosto;
15, abdica e si reca in
processione dal Campidoglio a Castel Sant'Angelo dove gli viene offerta
l'immunità personale; vi rimane sino a tutto il gennaio prossimo.
«segue 1350»
[Ernest Hatch Wilkins, Vita del Petrarca,
Feltrinelli 1964]
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ANNO 1347
La
Peste
(1347-50)
(Fino
al 1537 le epidemie avranno ricorrenza ciclica)
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1347,
scoppia in Italia la prima epidemia di peste che contagerà, nel
giro di qualche anno, tutta l'Europa. La peste abbandonerà il
continente europeo soltanto verso la metà del Settecento.
La
"morte nera" che trova in Boccaccio
(Decameron) un testimone oculare d'eccezione, è un autentico
flagello sociale.
Dopo la presa, da parte dei tatari, di Caffa in Crimea (dove si
è già sviluppato un focolaio di "peste murina") il virus,
trasportato dalle navi genovesi, fa questo tour:
Messina, Tunisi, isole del Mediterraneo occidentale, penisola
iberica, città costiere dell'interno, Alpi e a macchia d'olio
nel resto d'Europa (tranne Milano, forse per l'isolamento politico-commerciale
in cui si trova sotto i Visconti).
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– Benincasa, Caterina o
Caterina da Siena (Siena 1347-Roma 1380) figlia di Jacopo
Benincasa, scrittrice mistica, religiosa nell'ordine delle mantellate
di San Domenico.
[Discendente,
per parte di padre, dagli antenati della famiglia Borghese,
sarà canonizzata da Pio II nel 1461]
Dialogo della Divina Provvidenza (1378, o Libro della Divina
dottrina)
Lettere.
–
Sercambi, Giovanni (Lucca 1347-1424) scrittore;
Monito o programma di governo (1400, dedicato a Lazzaro
Guinigi)
Croniche della città di Lucca (dal 1164 al 1424)
Novelle (una raccolta di 100 ed una di 155).
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