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Il Viandante |
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Papa Gesuati 1360 ca, viene creata a Siena una comunità di penitenti laici da Giovanni
Colombini, che segue all'inizio la regola benedettina. |
ANNO 1360
– Bicci, Giovanni di (1360-1429), banchiere fiorentino dei Medici; [Figlio di Averardo, del ramo di Cafaggiolo.] 1382, viene avviato alla finanza dal parente Vieri di Cambio; 1393, mantiene in attività la Giovanni de' Medici e compagni in Roma , una delle tre nate dal banco di Vieri, alla quale si associa Benedetto di Lippaccio dei Bardi; 1397, 2 marzo, a Firenze costituisce una nuova compagnia, quella che si trasformerà nel grande Banco Medici; vi investe 6.000 fiorini, Benedetto 2.000, altri 2.000 promette di investirne il pisano Gentile Boni che tuttavia si ritira; 1° ottobre, affida a Benedetto la direzione degli affari romani e si concentra sull'impresa fiorentina; nei primi 18 mesi di attività l'azienda offre un utile netto di 1.200 "fiorini di suggello"; [così sono denominate le monete d'oro rinchiuse in un sacchetto di cuoio sigillato dalla zecca di Stato per evitare la "tosatura" da parte dei furbi che intascano la preziosa limatura] 1398, avendo deciso di crearsi uno sbocco anche a Venezia, manda in avanscoperta Neri di Cipriano Tornaquinci, un "fattore" della filiale romana, che ora opera come agente; 1400, la filiale romana apre agenzie a Napoli e Gaeta; 1402, 25 marzo, Neri diventa direttore della nuova filiale del Banco inaugurata a Venezia con una partecipazione di 1.000 fiorini sui 9.000 di capitale; mentre Benedetto de' Bardi si trasferisce a Firenze, lasciando la direzione dell'impresa romana al fratello Ilarione, Giovanni entra nel settore produttivo; 1° aprile, investe tremila fiorini nella costituzione di una società per la produzione di panni di lana che intesta al figlio maggiore, ora tredicenne, Cosimo (1389-1464); prudentemente egli evita di assumere la direzione dell'impresa che affida al socio minore Michele di Baldo di ser Michele; è nominato Priore; [Personale del Banco nel 1402] 1403, ambasciatore a Bologna; solo ora si iscrive nell'Arte della Lana; 1406, intanto Neri, ignorando le precise istruzioni ricevute, ha concesso crediti a mercanti tedeschi i quali non li restituiscono; quando se ne accorge ricorre al mercato finanziario e alla contabilità truccata; 25 aprile, una volta scoperto, viene richiamato in sede e sostituito con Giovanni di Francesco da Gagliano; l'anno in cui Firenze riesce a conquistare Pisa è ambasciatore a Napoli; 1408, investe ancora 4.000 fiorini per costituire un'altra manifatturiera che intesta al secondogenito Lorenzo (1395-1440), e ne affida la direzione a Taddeo di Filippo; impiega gli utili delle sue attività nell'acquisto di poderi e terreni nei dintorni di Firenze e nel Mugello; ormai è un cittadino ricco e come tale deve partecipare, benché personalmente restio, agli affari pubblici; la direzione del Banco, affidata a Benedetto, del resto gli consente di accettare incarichi che lo tengono lontano da Firenze; 1408, ancora Priore; 1409, ambasciatore a Roma; 1411, ancora Priore; 1414, ambasciatore a Roma; 1420, la morte di Benedetto de' Bardi provoca lo scioglimento della società; Giovanni decide di lasciare la conduzione diretta degli affari e intesta la nuova società ai figli Cosimo e Lorenzo ai quali si affianca, come socio e direttore generale, Ilarione de' Bardi richiamato da Roma; al capitale sociale di 24.000 fiorini i fratelli Medici partecipano con i due terzi; Ilarione procede ad una riorganizzazione generale; liquida la bottega della lana aperta nel 1402 con Michele di Baldo i cui profitti sono scarsi; licenzia tutti i dipendenti della sede centrale, cambia i direttori delle due filiali; a Roma viene nominato Bartolomeo d'Andrea de' Bardi, a Firenze Folco di Adovardo Portinari, fratello di Giovanni che rimane direttore a Venezia; [I Portinari, pronipoti del fratello di quella Beatrice che ammaliò Dante, svolgeranno un ruolo determinante nel dissesto delle finanze dei Medici.] 1421, raggiunge la suprema carica di "gonfaloniere di giustizia"; 1422, rifiuta il titolo di Conte di Onteverde che papa Martino V, del quale è cassiere, gli concede; 1423, è uno dei Dieci della guerra che tentano, invano, di contrastare la potenza di Filippo Maria Visconti, duca di Milano; 1427, accetta la riforma fiscale che a Firenze istituisce il Catasto al posto della tassazione indiretta, chiamata Estimo, ma si oppone alla sua applicazione retroattiva, come richiesto dal "popolo minuto"; 1429, 20 febbraio, muore lasciando un capitale di 178.211 fiorini, oltre al valore degli immobili e ai crediti, però si rifiuta di fare testamento: sia perché avendo due figli l'eredità va divisa equamente, sia per evitare di sottoscrivere la consueta disposizione di restituire il denaro malamente guadagnato che lo esporrebbe al pubblico ludibrio. – Serdini, Simone o il Saviozzo (Siena 1360ca-Toscanella, od. Tuscania, Viterbo 1419/20, suicida in carcere) poeta italiano Rime (pubblicate nel XIX sec.) cortigiana |
guerra dei cent'anni «segue da 1359» |
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