1917
Marzo
8, Russia, la tensione e i sacrifici della guerra
portano intanto al crollo del regime zarista("rivoluzione di
febbraio", perché il calendario russo è in ritardo rispetto
a quello occidentale) e alla costituzione del governo di A.F.
Kerenskij;
l'Austria offre una
pace separata alla Francia che si mostra interessata e ne informa
gli alleati inglesi senza alcun accenno all'Italia.
Aprile
6, Gli Stati Uniti entrano in guerra contro
la Germania in risposta alla guerra sottomarina scatenata dai tedeschi;
aprile-maggio, seconda battaglia
di Aisne;
il Governo francese propone un incontro con gli alleati per discutere
la pace separata e la spartizione della Turchia. Nell'incontro il
nostro ministro G.S.
Sonnino ottiene una dichiarazione segreta contro ogni
pace separata e la concessione delle province di Konia e Smirne
in Turchia.
La Libia, di fatto, non è più una colonia italiana; in Cirenaica
gli italiani stipulano con la Senussia il patto di Acroma
che lascia la costa a loro e l'interno alla confraternita composta
da "ribelli" e senussiti che, aiutati dai turchi e dai
tedeschi, tengono il gebel tripolino e l'altopiano cirenaico
e controllano le carovaniere.
Maggio
12 maggio-8 giugno, decima battaglia dell'Isonzo,
38 divisioni italiane con 2000 pezzi d'artiglieria contro 17 divisioni
austriache appoggiate da 1250 cannoni;
la II armata, ora al comando del gen. L.
Capello, investe il settore della Bainsizza e riesce
a conquistare l'importante roccaforte del monte Kuk-monteVodice,
la III armata avanza per una profondità di 4 km nel Carso ma una
potente controffensiva austriaca la rimanda indietro; enormi le
perdite italiane:
- 36.000 morti, 96.000 feriti, 25.000 prigionieri; le donne assumono
un ruolo di primo piano nei tumulti cittadini che avvengono in molte
parti d'Italia contro il carovita e la mancanza di alimenti.
A Londra G.S.
Sonnino ribadisce la posizione dell'Italia contraria
a paci separate.
Giugno
7 giugno-6 novembre, offensiva inglese nelle Fiandre;
10, cinque corpi della VI armata
del gen. E. Mambretti vanno all'attacco
tra la Valsugana e il monte Zebio, ma non riescono ad aprire un
varco nei reticolati nemici; solo la 52ª divisione (18 battaglioni
delle migliori truppe alpine), riesce a conseguire alcuni successi
sul monte Ortigara, senza però riuscire a conquistare la
vetta;
11, già gli alti comandi giudicano
fallita l'offensiva, ma invece di ridurre il saliente dell'Ortigara,
ormai inutile, ordinando il ripiegamento su posizioni meglio difese,
si accaniscono nell'atteggiamento offensivo;
19, gli alpini occupano la vetta
dell'Ortigara, ma al prezzo di perdite altissime,
25, scatta il contrattacco austriaco
diretto dal gen. L. Goiginger contro
cui i resti degli alpini della 52ª divisione e deifanti della brigata
Regina si trovano in condizioni di assoluta inferiorità; i comandi
italiani ordinano la ritirata solo quattro giorni dopo;
29, gli italiani perdono 23.000
uomini, gli austriaci 10.000.
L.
Cadorna decide di recuperare il territorio italiano rimasto
in mano austriaca dopo la "strafexpedition" ma la battaglia
di Monte Ortigara causa solo gravi perdite.
Gravi episodi di ammutinamento e diserzione si susseguono nelle
armate dell'esercito italiano.
Gli alleati chiedono all'Italia un nuovo impegno sull'Isonzo per
alleggerire il fronte russo.
Luglio
19, controffensiva austro tedesca sul fronte russo;
31, terza battaglia di Ypres:
l'esercito inglese comandato dal gen. W.D.
Haig dopo essere passato all'attacco in giugno nel settore
di Ypres, con un brillante successo tattico a Messines, lancia un
offensiva a fondo che si protrarrà per tutto l'autunnoin condizioni
ambientali spaventose (260.000 perdite tra gli inglesi) e con guadagni
territoriali di scarsa importanza;
Agosto-Settembre
F.
Turati e C.
Treves chiedono in Parlamento di iniziare trattative
di pace.
18 agosto-12 settembre, undicesima
battaglia dell'Isonzo, sul fronte dell'Isonzo il comandante
supremo L.
Cadorna concentra i tre quarti delle truppe a
sua disposizione, pari a 51 divisioni con 5200 pezzi di artiglieria;
l'attacco si sviluppa da Tolmino al mare e l'Isonzo viene attraversato
in più punti su ponti mobili ma lo sforzo principale si concentra
sull'altopiano della Bainsizza la cui conquista deve aprire
la strada verso l'altopiano di Tarnova in modo da spezzare in due
il dispositivo austriaco e isolare i baluardi del monte San Gabriele
e dell'Hermada; dopo un'iniziale avanzata dove vengono conquistati
la Bainsizza e il monte Santo, la spinta offensiva si esaurisce
contro San Gabriele e l'Hermada che si dimostrano inespugnabili;
gli italiani falliscono ancora il loro obiettivo strategico pagando
un prezzo esorbitante: 40.000 morti, 108.000 feriti e 18.000 prigionieri;
il comando austro-ungarico, dopo aver contenuto l'offensiva italiana
della Bainsizza, costituisce la XIV armata al comando di O.
von Below
L. Cadorna
attesta le truppe su posizioni difensive bloccando ogni azione offensiva.
Torino, per 5 giorni la città è teatro di violenti scontri tra il
popolo oppresso dalla fame e l'esercito che spesso solidarizza con
gli operai: centinaia i manifestanti caduti.
Ottobre
24, il nemico scatena un'offensiva dodicesima battaglia
dell'Isonzo e raggiunge Caporetto (Kobarid in sloveno)
stroncando il fronte italiano (comandato dal gen. L.
Capello) e progredendo rapidamente verso la pianura veneta
dove prepara una nuova offensiva diretta a sfondare la linea del
Piave tra il monte Grappa (cerniera vitale tra il fronte alpino
e quello della pianura) e il Montello; in
pochi giorni vengono annullati gli sforzi e i sacrifici di due anni
di guerra;
27, "battaglia del Tagliamento":
vista l'impossibilità di arrestare l'avanzata austro-tedesca sull'Isonzo,
il comandante in capo L.
Cadorna ordina il ripiegamento della II e III
armata (precedentemente schierate oltre l'Isonzo, sulla Bainsizza
e sul Carso) verso il fiume Tagliamento, in piena;
la protezione dei ponti del fiume, affidata a Pinzano al piccolo
e improvvisato corpo d'armata speciale del gen. A.
Di Giorgio e più a sud a truppe ormai provate e prive di
collegamenti, regge solo pochi giorni;
28, dopo essere avanzati per
150 km, i nemici entrano a Udine.
L.
Cadorna ordina la ritirata.
Bollettino del Comando Supremo |
«La mancata resistenza
di reparti della II armata, vilmente ritiratisi senza combattere
e ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze
armate austro-ungariche di rompere la nostra ala sinistra
sulla fronte* Giulia… »
|
*ufficialmente, per un curioso
amore del purismo della lingua, si usa "la fronte"
e non "il fronte". |
Questa condanna, incauta e passionale, che il gen. L.
Capello ha il torto di firmare e di lasciare quindi divulgare
fra l'esercito e all'estero, suscita naturalmente una tremenda impressione.
Negli scontri di accuse che seguono, sempre più violente
e decise, L.
Cadorna ha modo di precisare il suo pensiero aggiungendo
alla colpa dei soldati da lui dipendenti, la responsabilità
– decisiva – del governo, che non ha saputo provvedere – nonostante
i ripetuti avvertimenti, che egli aveva mandato dal Comando supremo
– a disciplinare con energiche misure il paese avvelenato dalla
propaganda pacifista dei suoi nemici interni: socialisti, giolittiani,
disfattisti.
L'altra campana pone sul banco degli accusati lo stesso L.
Cadorna, anzitutto, e con lui, tra i generali più
direttamente responsabili, gen. L.
Capello, comandante la II Armata (la prima a sfasciarsi)
e gen. P.
Badoglio, del XXVII Corpo d'Armata, alle dipendenze del
gen. L.
Capello, che non avrebbe, inesplicabilmente, ordinato
agli artiglieri di sparare nella tragica giornata del 24 ottobre,
quando si scatenò l'attacco austro-tedesco, destinato a travolgere
rapidamente il fronte.
Il ministero Boselli
cade e subentra V.E.
Orlando.
Gli alleati si impegnano a inviare 9 divisioni di rinforzo sulla
linea del Mincio e del Trentino.
30, vengono fatti saltare i
ponti di Codroipo, cosicché rimangono sulla riva sinistra del fiume
decina di migliaia di sbandati; nei giorni seguenti vengono interrotti
anche gli altri ponti a Pinzano e Latisana;
L.
Cadorna dà disposizioni per la difesa rinforzando
le divisioni attestate sull'alto Isonzo, ma esclude una controffensiva
armata in caso di attacco. Il fronte italiano crolla a Caporetto
accerchiato dalle armate austro-tedesche.
[In questo momento il gen.
Giulio Cesare Tassoni (ex governatore
della Libia) comanda la zona Carnia. Ritrattesi la 2ª e la
3ª Armata, la zona Carnia, benché intatta, deve essere
sgomberata e lo sgombero avviene tra gravissime difficoltà
a cui il gen.
Giulio Cesare Tassoni
tiene testa con l'usata energia, senza però poter evitare
perdite gravi. La ritirata attraverso la regione montana dell'alto
Piave è quanto di peggio possa capitare a un condottiero.
Ha poi il comando della settima armata sulla fronte occidentale
del saliente trentino, settore inadatto a guerra manovrata. Là
lo troveranno le ultime vicende della guerra e di là concorrerà
nelle giornate di Vittorio Veneto alla fuminea occupazione del Trentino
e dell'Alto Adige. Generale di Armata, sarà poi senatore
e membro del consiglio dell'Esercito!]
Novembre
3, gli austro-tedeschi passano il Tagliamento sul ponte
di Cornino, solo parzialmente distrutto, mettendo in pericolo l'intero
schieramento italiano;
4, dinanzi alla pressione nemica
L.
Cadorna è costretto a ordinare il ripiegamento
immediato al Piave, portato a compimento dalle truppe italiane nei
giorni seguenti in relativo ordine;
6, la conquista del centro di
Passendale, a una decina di chilometri da Ypres, segna la fine della
terza battaglia di Ypres iniziata a luglio;
gli austriaci avanzano oltre il Tagliamento; gli italiani si ritirano
fino al Piave.
Gli alleati chiedono la sostituzione di L.
Cadorna al comando supremo: viene nominato
A. Diaz.
6-7, "convegno di Rapallo"
si tiene un incontro tra i più alti responsabili politici e militari
dell'Intesa:
- Italia, V.E.
Orlando,
- Francia, P.
Painlevé,
- Gran Bretagna, D.
Lloyd George,
al fine di concordare una serie di misure atte a fronteggiare la
pericolosa situazione venutasi a creare sul fronte italiano dopo
la sconfitta di Caporetto; si discute la possibilità di resistenza
sulla linea del Piave e si delibera la costituzione di un consiglio
supremo politico di guerra composto dai rappresentanti di tutte
le potenze dell'intesa e affiancato a un comitato militare interalleato,
con sede a Versailles; L.
Cadorna, sostituito come capo di stato maggiore
da A.
Diaz, viene designato a rappresentare l'Italia in seno
al comitato militare interalleato;
8, a Peschiera in un incontro
tra Vittorio Emanuele III e i delegati
delle tre potenze la decisione viene riconfermata;
9, L.
Cadorna completa la ritirata sulla riva destra del Piave,
ammassando le sue truppe su un fronte che va dalla foce di questo
fiume al lago di Garda, passando per il monte Grappa, l'altopiano
di Asiago e il Pasubio;
13, gli austriaci del gen. S.
Borojevic riescono a passare il fiume a Zenson e Fagaré;
il primo urto delle forze austro-tedesche (otto divisioni al comando
del gen. gen. A.
Krauß) viene respinto dappertutto dalla difesa
italiana (quattro divisioni della IV armata del gen. gen.
M. Nicolis di Robilant)
25, forti di nuove divisioni
gli austro-tedeschi riprendono nuovi attacchi conseguendo pure alcuni
successi, ma non riescono a superare la resistenza italiana che
riesce a tenere in mano le posizioni strategiche;
Dicembre
11-19, anche la terza fase dell'attacco non ha esito
felice: alla conquista tedesca della cima dell'Asolone, risponde
la vigorosa difesa degli alpini;
il mas del comandante L.
Rizzo affonda nel porto di Trieste la corazzata austriaca
Wien;
15, armistizio fra Russia e
Germania;
30, un attacco condotto di
sorpresa dai cacciatori francesi fa perdere agli austro-tedeschi
le posizioni precedentemente acquisite: S.
Borojevic e i suoi uomini sono costretti a ripassare sulla
riva sinistra;
|