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ANNO 1917
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Benedetto XV

(1914-22)

1917, agosto, chiede di iniziare trattative di pace.


I Guerra Mondiale
1917
Marzo
8
, Russia, la tensione e i sacrifici della guerra portano intanto al crollo del regime zarista("rivoluzione di febbraio", perché il calendario russo è in ritardo rispetto a quello occidentale) e alla costituzione del governo di A.F. Kerenskij;

l'Austria offre una pace separata alla Francia che si mostra interessata e ne informa gli alleati inglesi senza alcun accenno all'Italia.

Aprile
6
, Gli Stati Uniti entrano in guerra contro la Germania in risposta alla guerra sottomarina scatenata dai tedeschi;
aprile-maggio, seconda battaglia di Aisne;

il Governo francese propone un incontro con gli alleati per discutere la pace separata e la spartizione della Turchia. Nell'incontro il nostro ministro G.S. Sonnino ottiene una dichiarazione segreta contro ogni pace separata e la concessione delle province di Konia e Smirne in Turchia.
La Libia, di fatto, non è più una colonia italiana; in Cirenaica gli italiani stipulano con la Senussia il patto di Acroma che lascia la costa a loro e l'interno alla confraternita composta da "ribelli" e senussiti che, aiutati dai turchi e dai tedeschi, tengono il gebel tripolino e l'altopiano cirenaico e controllano le carovaniere.

Maggio
12
maggio-8 giugno
, decima battaglia dell'Isonzo, 38 divisioni italiane con 2000 pezzi d'artiglieria contro 17 divisioni austriache appoggiate da 1250 cannoni;
la II armata, ora al comando del gen. L. Capello, investe il settore della Bainsizza e riesce a conquistare l'importante roccaforte del monte Kuk-monteVodice, la III armata avanza per una profondità di 4 km nel Carso ma una potente controffensiva austriaca la rimanda indietro; enormi le perdite italiane:
- 36.000 morti, 96.000 feriti, 25.000 prigionieri; le donne assumono un ruolo di primo piano nei tumulti cittadini che avvengono in molte parti d'Italia contro il carovita e la mancanza di alimenti.
A Londra G.S. Sonnino ribadisce la posizione dell'Italia contraria a paci separate.

Giugno
7
giugno-6 novembre
, offensiva inglese nelle Fiandre;
10, cinque corpi della VI armata del gen. E. Mambretti vanno all'attacco tra la Valsugana e il monte Zebio, ma non riescono ad aprire un varco nei reticolati nemici; solo la 52ª divisione (18 battaglioni delle migliori truppe alpine), riesce a conseguire alcuni successi sul monte Ortigara, senza però riuscire a conquistare la vetta;
11, già gli alti comandi giudicano fallita l'offensiva, ma invece di ridurre il saliente dell'Ortigara, ormai inutile, ordinando il ripiegamento su posizioni meglio difese, si accaniscono nell'atteggiamento offensivo;
19, gli alpini occupano la vetta dell'Ortigara, ma al prezzo di perdite altissime,
25, scatta il contrattacco austriaco diretto dal gen. L. Goiginger contro cui i resti degli alpini della 52ª divisione e deifanti della brigata Regina si trovano in condizioni di assoluta inferiorità; i comandi italiani ordinano la ritirata solo quattro giorni dopo;
29, gli italiani perdono 23.000 uomini, gli austriaci 10.000.
L. Cadorna decide di recuperare il territorio italiano rimasto in mano austriaca dopo la "strafexpedition" ma la battaglia di Monte Ortigara causa solo gravi perdite.
Gravi episodi di ammutinamento e diserzione si susseguono nelle armate dell'esercito italiano.
Gli alleati chiedono all'Italia un nuovo impegno sull'Isonzo per alleggerire il fronte russo.

Luglio
19
, controffensiva austro tedesca sul fronte russo;

31, terza battaglia di Ypres:
l'esercito inglese comandato dal gen. W.D. Haig dopo essere passato all'attacco in giugno nel settore di Ypres, con un brillante successo tattico a Messines, lancia un offensiva a fondo che si protrarrà per tutto l'autunnoin condizioni ambientali spaventose (260.000 perdite tra gli inglesi) e con guadagni territoriali di scarsa importanza;

Agosto-Settembre
F. Turati e C. Treves chiedono in Parlamento di iniziare trattative di pace.
18 agosto-12 settembre, undicesima battaglia dell'Isonzo, sul fronte dell'Isonzo il comandante supremo L. Cadorna concentra i tre quarti delle truppe a sua disposizione, pari a 51 divisioni con 5200 pezzi di artiglieria; l'attacco si sviluppa da Tolmino al mare e l'Isonzo viene attraversato in più punti su ponti mobili ma lo sforzo principale si concentra sull'altopiano della Bainsizza la cui conquista deve aprire la strada verso l'altopiano di Tarnova in modo da spezzare in due il dispositivo austriaco e isolare i baluardi del monte San Gabriele e dell'Hermada; dopo un'iniziale avanzata dove vengono conquistati la Bainsizza e il monte Santo, la spinta offensiva si esaurisce contro San Gabriele e l'Hermada che si dimostrano inespugnabili; gli italiani falliscono ancora il loro obiettivo strategico pagando un prezzo esorbitante: 40.000 morti, 108.000 feriti e 18.000 prigionieri;
il comando austro-ungarico, dopo aver contenuto l'offensiva italiana della Bainsizza, costituisce la XIV armata al comando di O. von Below
L. Cadorna attesta le truppe su posizioni difensive bloccando ogni azione offensiva.

Torino, per 5 giorni la città è teatro di violenti scontri tra il popolo oppresso dalla fame e l'esercito che spesso solidarizza con gli operai: centinaia i manifestanti caduti.

Ottobre
24
, il nemico scatena un'offensiva dodicesima battaglia dell'Isonzo e raggiunge Caporetto (Kobarid in sloveno) stroncando il fronte italiano (comandato dal gen. L. Capello) e progredendo rapidamente verso la pianura veneta dove prepara una nuova offensiva diretta a sfondare la linea del Piave tra il monte Grappa (cerniera vitale tra il fronte alpino e quello della pianura) e il Montello; in pochi giorni vengono annullati gli sforzi e i sacrifici di due anni di guerra;
27, "battaglia del Tagliamento":
vista l'impossibilità di arrestare l'avanzata austro-tedesca sull'Isonzo, il comandante in capo L. Cadorna ordina il ripiegamento della II e III armata (precedentemente schierate oltre l'Isonzo, sulla Bainsizza e sul Carso) verso il fiume Tagliamento, in piena;
la protezione dei ponti del fiume, affidata a Pinzano al piccolo e improvvisato corpo d'armata speciale del gen. A. Di Giorgio e più a sud a truppe ormai provate e prive di collegamenti, regge solo pochi giorni;
28, dopo essere avanzati per 150 km, i nemici entrano a Udine.
L. Cadorna ordina la ritirata.
Bollettino del Comando Supremo

«La mancata resistenza di reparti della II armata, vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze armate austro-ungariche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte* Giulia… »

*ufficialmente, per un curioso amore del purismo della lingua, si usa "la fronte" e non "il fronte".

Questa condanna, incauta e passionale, che il gen. L. Capello ha il torto di firmare e di lasciare quindi divulgare fra l'esercito e all'estero, suscita naturalmente una tremenda impressione.
Negli scontri di accuse che seguono, sempre più violente e decise, L. Cadorna ha modo di precisare il suo pensiero aggiungendo alla colpa dei soldati da lui dipendenti, la responsabilità – decisiva – del governo, che non ha saputo provvedere – nonostante i ripetuti avvertimenti, che egli aveva mandato dal Comando supremo – a disciplinare con energiche misure il paese avvelenato dalla propaganda pacifista dei suoi nemici interni: socialisti, giolittiani, disfattisti.
L'altra campana pone sul banco degli accusati lo stesso L. Cadorna, anzitutto, e con lui, tra i generali più direttamente responsabili, gen. L. Capello, comandante la II Armata (la prima a sfasciarsi) e gen. P. Badoglio, del XXVII Corpo d'Armata, alle dipendenze del gen. L. Capello, che non avrebbe, inesplicabilmente, ordinato agli artiglieri di sparare nella tragica giornata del 24 ottobre, quando si scatenò l'attacco austro-tedesco, destinato a travolgere rapidamente il fronte.

Il ministero Boselli cade e subentra V.E. Orlando.
Gli alleati si impegnano a inviare 9 divisioni di rinforzo sulla linea del Mincio e del Trentino.
30, vengono fatti saltare i ponti di Codroipo, cosicché rimangono sulla riva sinistra del fiume decina di migliaia di sbandati; nei giorni seguenti vengono interrotti anche gli altri ponti a Pinzano e Latisana;
L. Cadorna dà disposizioni per la difesa rinforzando le divisioni attestate sull'alto Isonzo, ma esclude una controffensiva armata in caso di attacco. Il fronte italiano crolla a Caporetto accerchiato dalle armate austro-tedesche.
[In questo momento il gen.

Giulio Cesare Tassoni (ex governatore della Libia) comanda la zona Carnia. Ritrattesi la 2ª e la 3ª Armata, la zona Carnia, benché intatta, deve essere sgomberata e lo sgombero avviene tra gravissime difficoltà a cui il gen.

Giulio Cesare Tassoni tiene testa con l'usata energia, senza però poter evitare perdite gravi. La ritirata attraverso la regione montana dell'alto Piave è quanto di peggio possa capitare a un condottiero. Ha poi il comando della settima armata sulla fronte occidentale del saliente trentino, settore inadatto a guerra manovrata. Là lo troveranno le ultime vicende della guerra e di là concorrerà nelle giornate di Vittorio Veneto alla fuminea occupazione del Trentino e dell'Alto Adige. Generale di Armata, sarà poi senatore e membro del consiglio dell'Esercito!]

Novembre
3
, gli austro-tedeschi passano il Tagliamento sul ponte di Cornino, solo parzialmente distrutto, mettendo in pericolo l'intero schieramento italiano;
4, dinanzi alla pressione nemica L. Cadorna è costretto a ordinare il ripiegamento immediato al Piave, portato a compimento dalle truppe italiane nei giorni seguenti in relativo ordine;
6, la conquista del centro di Passendale, a una decina di chilometri da Ypres, segna la fine della terza battaglia di Ypres iniziata a luglio;
gli austriaci avanzano oltre il Tagliamento; gli italiani si ritirano fino al Piave.
Gli alleati chiedono la sostituzione di L. Cadorna al comando supremo: viene nominato A. Diaz.

6-7, "convegno di Rapallo" si tiene un incontro tra i più alti responsabili politici e militari dell'Intesa:
- Italia, V.E. Orlando,
- Francia, P. Painlevé,
- Gran Bretagna, D. Lloyd George,
al fine di concordare una serie di misure atte a fronteggiare la pericolosa situazione venutasi a creare sul fronte italiano dopo la sconfitta di Caporetto; si discute la possibilità di resistenza sulla linea del Piave e si delibera la costituzione di un consiglio supremo politico di guerra composto dai rappresentanti di tutte le potenze dell'intesa e affiancato a un comitato militare interalleato, con sede a Versailles; L. Cadorna, sostituito come capo di stato maggiore da A. Diaz, viene designato a rappresentare l'Italia in seno al comitato militare interalleato;
8, a Peschiera in un incontro tra Vittorio Emanuele III e i delegati delle tre potenze la decisione viene riconfermata;
9, L. Cadorna completa la ritirata sulla riva destra del Piave, ammassando le sue truppe su un fronte che va dalla foce di questo fiume al lago di Garda, passando per il monte Grappa, l'altopiano di Asiago e il Pasubio;
13, gli austriaci del gen. S. Borojevic riescono a passare il fiume a Zenson e Fagaré;
il primo urto delle forze austro-tedesche (otto divisioni al comando del gen. gen. A. Krauß) viene respinto dappertutto dalla difesa italiana (quattro divisioni della IV armata del gen. gen. M. Nicolis di Robilant)
25, forti di nuove divisioni gli austro-tedeschi riprendono nuovi attacchi conseguendo pure alcuni successi, ma non riescono a superare la resistenza italiana che riesce a tenere in mano le posizioni strategiche;

Dicembre
11-19
, anche la terza fase dell'attacco non ha esito felice: alla conquista tedesca della cima dell'Asolone, risponde la vigorosa difesa degli alpini;
il mas del comandante L. Rizzo affonda nel porto di Trieste la corazzata austriaca Wien;
15, armistizio fra Russia e Germania;
30, un attacco condotto di sorpresa dai cacciatori francesi fa perdere agli austro-tedeschi le posizioni precedentemente acquisite: S. Borojevic e i suoi uomini sono costretti a ripassare sulla riva sinistra;



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