– Nicola
MANCINO
(Montefalcione, Avellino 15 ottobre 1931)
uomo politico italiano, esponente della Democrazia
cristiana;
avvocato, pubblicista;
segretario provinciale della Dc, consigliere comunale e capogruppo
del partito ad Avellino per 17 anni, consigliere regionale e presidente
della giunta regionale della Campania per due volte, è tra i fondatori
del Ppi;
vicino alla "corrente demitiana" della Dc
(Democrazia Cristiana), di cui diviene segretario dapprima della provincia
di Avellino e poi della regione Campania (di cui è due volte
presidente della giunta regionale);
1971
21 aprile, presidente (1971 21 apr-12 mag 1972)
della Regione Campania;
1976
12 febbraio-30 aprile (V "governo
Moro");
5 luglio, eletto per la prima volta senatore (VII Legislatura);
luglio-gennaio 1978 (III "governo
Andreotti");
1978
marzo-gennaio 1979 (IV "governo
Andreotti");
1979
20-31 marzo (V "governo
Andreotti");
20 giugno, rieletto senatore (VIII Legislatura);
agosto-marzo 1980 (I "governo
Cossiga");
1980
4 aprile-27 settembre (II "governo
Cossiga");
ottobre-maggio 1981 ("governo
Forlani");
1981
giugno-agosto 1982 (I "governo
Spadolini");
1982
23 agosto-13 novembre (II "governo
Spadolini");
dicembre-aprile 1983 (V "governo
Fanfani);
1983
12 luglio, rieletto senatore (IX Legislatura);
19 luglio, membro (1983 19 lug-14 ott 1983) del Gruppo Democratico
Cristiano al Senato;
agosto-giugno 1986 (I "governo
Craxi");
26 ottobre, vicepresidente vicario (1983 26 ott-4 luglio 1984)
del Gruppo Democratico Cristiano al Senato;
1984
4 luglio, presidente (1984 4 lug-20 dic 1985) del Gruppo Democratico
Cristiano al Senato;
1986
agosto-marzo 1987 (II "governo
Craxi");
1987
17 aprile-luglio (VI "governo
Fanfani);
2 luglio, rieletto senatore (X Legislatura);
9 luglio, presidente (1987 9 lug-27 lug 1989) del Gruppo Democratico
Cristiano al Senato;
luglio-marzo 1988 ("governo
Goria");
1988
aprile-luglio 1989 ("governo
De Mita");
1989
luglio-marzo 1991 (VI "governo
Andreotti");
1991
aprile-aprile 1992 (VII "governo
Andreotti");
1992
23 aprile, rieletto senatore (XI Legislatura) (fino al 29 luglio
1992, dimissioni);
giugno-aprile 1993, ministro dell'Interno (I
"governo
Amato");
[In questa veste firma il Decreto per il Riordino della
finanza degli enti territoriali DM 504 /1992,
decreto che introduce l'ICI (Imposta Comunale sugli Immobili).
Firma anche il decreto che istituisce il reato per istigazione razziale,
che ha come conseguenza la chiusura di numerose associazioni neofasciste
come "Meridiano Zero".
Durante il suo mandato viene modificato l'articolo
41 bis, che stabilisce condizioni di carcere duro per i
boss mafiosi, vengono sciolte decine di consigli comunali per infiltrazioni
mafiose e le forze dell'ordine assicurano alla giustizia alcuni tra
i più pericolosi capi di Cosa nostra, tra cui Totò
Riina e Nitto Santapaola.]
[Secondo testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia
dopo la strage
di Capaci si è avviata una trattativa tra pezzi
dello Stato Italiano e Cosa Nostra di cui il giudice P.
Borsellino sarebbe verosimilmente stato al corrente poco
prima di venire ucciso il 19 luglio 1992.
In quest'ottica diventa importante sapere se e quando P.
Borsellino abbia appreso dell'esistenza della trattativa
in quanto una sua mancata adesione avrebbe potuto essere un movente
per l'omicidio.
Secondo Massimo Ciancimino la trattativa
era gestita dal padre Vito Ciancimino che
avrebbe chiesto – sempre secondo la testimonianza del figlio – ed ottenuto
di informare Nicola Mancino.
Nicola Mancino
dal canto suo nega di aver avuto questa informazione.
Il 1º luglio 1992 alle ore 19:30 P.
Borsellino aveva un appuntamento al Viminale con Nicola
Mancino che in quel giorno assumeva la carica di ministro: così
è segnato nell'agenda del magistrato e così è confermato
dalla ricostruzione della giornata di Rita Borsellino
secondo la quale vi si sarebbe recato in seguito ad una telefonata del
ministro.
Il collaboratore di giustizia Mutolo al
riguardo racconta che P.
Borsellino gli disse «mi ha telefonato
il ministro, manco due ore e poi torno» e poi racconta
però «[Borsellino] molto preoccupato
e serio, mi fa che viceversa del ministro, si è incontrato con
il dottor Parisi [l'allora capo della Polizia]
e il dottor Contrada». Tuttavia l'avvocato generale di
Palermo Vittorio Aliquò racconta
che quel giorno accompagnò P.
Borsellino sulla soglia della stanza del neo-ministro, lo
vide entrare, lo vide uscire poco dopo e quindi entrò a sua volta,
ma da solo, non ricorda di aver incontrato Bruno
Contrada ed esclude che P.
Borsellino gliene abbia parlato. Nicola
Mancino interpellato sulla vicenda ha sostenuto «Non
ho precisa memoria di tale circostanza, anche se non posso escluderla,
era il giorno del mio insediamento, mi vennero presentati numerosi funzionari
e direttori generali. Non escludo che tra le persone che possono essermi
state presentate ci fosse anche il dottor Borsellino. Con lui però
non ho avuto alcuno specifico colloquio e perciò non posso ricordare
in modo sicuro la circostanza» e inoltre nega di averlo
convocato.
In seguito a tali dichiarazioni Salvatore Borsellino,
fratello di P.
Borsellino, ha accusato Nicola Mancino
di non essere credibile quando afferma di non ricordare di un eventuale
incontro con P.
Borsellino considerata la visibilità mediatica che
stava avendo il magistrato dopo la strage di Capaci.
Nicola Mancino ha replicato con una lettera
al «Corriere.it» del 17 luglio 2009 dove fa presente che
stando a quanto racconta Mutolo il giudice
P.
Borsellino non avrebbe incontrato lui ma altre persone, Nicola
Mancino sostiene anche che non avrebbe comunque nessun motivo
di negare quell'incontro nel caso ci fosse stato e fa notare che il
giorno del presunto incontro era per lui il primo giorno di insediamento
al Viminale.
29 luglio, dà le dimissioni (accettate) da senatore (sostituito
da Antonio Guerritore);
1993
aprile-aprile 1994, ministro dell'Interno ("governo
Ciampi");
29 aprile-19 aprile 1994, ministro senza portafoglio
per il coordinamento della Protezione civile nello stesso governo;
1994
15 aprile, rieletto senatore (XII Legislatura);
10 maggio-17 gennaio 1995 (I "governo
Berlusconi");
dopo lo scioglimento della Dc, aderisce al PPI
(Partito Popolare Italiano) ed è tra i più stretti collaboratori
di Mino Martinazzoli;
luglio, partecipa al congresso del PPI ed è
tra i principali esponenti contrari ad alleanze col centrodestra di
Silvio Berlusconi e all'elezione di Rocco
Buttiglione alla segreteria del partito;
nell'ultimo giorno del congresso viene scelto dall'ala sinistra del
PPI come candidato alla segreteria da contrapporre
a Rocco Buttiglione, ma non riesce a coagulare
attorno a sé la maggioranza del partito;
1995
gennaio-gennaio 1996 ("governo
Dini");
1996
9 maggio, rieletto senatore (XIII Legislatura); Gruppo PPI;
membro (1996 9 mag-29 mag 2001) del Grupppo PPI;
presidente (1996 9 mag-29 mag 2001) del Senato
della Repubblica;
maggio-ottobre 1998 (I "governo
Prodi");
1998
ottobre-dicembre 1999 (I "governo
D'Alema");
2000
gennaio-aprile, (II "governo
D'Alema");
aprile-giugno 2001 (II "governo
Amato");
2001
30 maggio, rieletto senatore (XIV Legislatura) del Gruppo Margherita
;
giugno-aprile 2006 (II "governo
Berlusconi");
12 giugno, il Gruppo assume la denominazione Margherita - DL
- L'Ulivo;
2002
27 marzo, componente (2002 27 mar-27 apr 2006)
del Comitato Direttivo del Gruppo Margherita - DL - L'Ulivo;
2006
28 aprile, rieletto senatore (XV Legislatura) sempre per il Gruppo
Margherita - DL - L'Ulivo;
membro (28 aprile-24 luglio) de L'Ulivo;
maggio-aprile 2008 (II "governo
Prodi");
24 luglio, dopo 30 anni di attività parlamentare, lascia
il Senato perché eletto dal Parlamento in seduta comune con 751
voti come componente del CSM (Consiglio Superiore della
Magistratura) in quota DS;
1° agosto, con elezione unanime viene eletto vicepresidente
(2006 1º ago-1º ago 2010) del CSM;
2010
13 maggio, i giornali pubblicano la notizia secondo la quale
il suo nome sarebbe presente nella "lista di Anemone";
[Ossia l'elenco di 370 persone che avrebbero
fruito di ristrutturazioni edilizie fornite dall'immobiliarista Diego
Anemone.]
2012
9 giugno, viene diffusa la notizia secondo la
quale egli sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati della
Procura di Palermo con l'ipotesi di falsa testimonianza nell'ambito
delle indagini sulla trattativa tra Stato e mafia;
24 luglio, la Procura di Palermo, sotto Antonio
Ingroia e in riferimento all'indagine sulla "Trattativa
Stato-Mafia", chiede il rinvio a giudizio di lui, accusato
appunto di "falsa testimonianza", e di altri 11 indagati con
l'accusa di "concorso esterno in associazione mafiosa" e "violenza
o minaccia a corpo politico dello Stato" (i politici Calogero
Mannino, Marcello Dell'Utri, gli
ufficiali Antonio Subranni, Mario
Mori e Giuseppe De Donno, i boss
Giovanni Brusca, Totò
Riina, Leoluca Bagarella, Antonino
Cinà, Bernardo Provenzano,
il collaboratore Massimo Ciancimino (anche
"calunnia").
Partito politico:
- Democrazia Cristiana (1976-1994)
- Partito Popolare Italiano (1994-2002)
- La Margherita (2002-2007)
- Partito Democratico (2007-attualmente)
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