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Il Viandante |
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169-160 a.C.
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– Gracco, Tiberio Sempronio
(n. 162-m. 133 a.C.) uomo politico romano, fratello di Gaio
Sempronio;
Torna su[Figli di Tiberio Sempronio Gracco († 154 a.C.), esponente assai in vista dell'aristocrazia senatoria, che aveva sposato Cornelia figlia di Scipione l'Africano.] 146, va in Africa con il cognato Scipione l'Emiliano; 137, in Spagna, come questore del console Ostilio Mancino, deve sottoscrivere un accordo disonorevole con la città di Numanzia, poi ripudiato dal senato; [Secondo Plutarco, suo biografo, sarà questo il motivo a provocare la sua rottura con la nobiltà cui egli apparteneva per nascita.] 133, eletto tribuno, affronta il problema della scomparsa della piccola proprietà contadina sostituita dal latifondo a prevalente conduzione servile. [Le continue guerre nel III e II secolo hanno richiesto l'impiego prolungato dei piccoli proprietari (il nerbo dell'esercito) provocandone la rovina; parallelamente le conquiste hanno procurato un grande afflusso di schiavi e di ricchezza nelle mani della nobiltà senatoria che può così acquistare le proprietà abbandonate dai contadini impoveriti. Ciò comporta da un lato carenza di uomini liberi nelle campagne (la "oligantropia" da lui notata durante un viaggio in Toscana), dall'altro l'afflusso di masse depauperate a Roma: in sostanza lo scardinamento dell'assetto politico sociale romano. Tentando di modificare questo processo egli propone, sulla base di antichi precedenti (legge Licinia-Sestia), una legge agraria (legge Sempronia) che prevede la limitazione del diritto di possesso di terre pubbliche a un massimo di 500 iugeri, aumentabili di 250 per ogni figlio maschio, fino a 1000 in totale (250 ettari ca). Le terre in eccedenza espropriate agli occupanti devono essere distribuite ai nullatenenti in lotti di 30 iugeri (7 ettari ca) da un'apposita commissione agraria. Il suo progetto di riforma, che avrebbe come obiettivo la ricostruzione della piccola proprietà e la rigenerazione della vecchia struttura sociale in crisi, incontra però l'opposizione dei settori più retrivi del senato che inducono il tribuno Ottavio a porre il veto. Egli fa allora deporre illegalmente il collega con un voto dei comizi. Il fatto, senza precedenti, viene da lui giustificato con la teoria, derivata da concezioni greche, che un rappresentante del popolo possa essere da questo deposto se non agisce nel suo interesse. Per finanziare la legge egli propone che si ricorra all'eredità di Attalo III di Pergamo che era appena morto (133) lasciando il regno in eredità ai romani.] Ormai in scontro aperto con il senato, egli pone la candidatura a un secondo tribunato; [Fatto, anche questo senza precedenti recenti, che d'altro canto si rende necessario per garantire un proseguimento all'attuazione della legge.] 133, il giorno delle elezioni, profittando di alcuni disordini, il pontefice massimo Scipione Nasica (peraltro suo cugino) uccide il tribuno insieme con altri suoi fautori; 132, il senato legalizza il fatto con una dura repressione. [Il suo programma, che ha avuto il sostegno del fratello Gaio Sempronio e del suocero Appio Claudio sarà continuato dalla commissione agraria, mentre le forze messe da lui in movimento, anche oltre i suoi intendimenti iniziali, opereranno in Roma fino alla fine della repubblica.] – Scipione Nasica Serapione, Publio Cornelio (sec. II a.C.) uomo politico romano, legato alla parte più conservatrice dell'oligarchia senatoria; [Figlio di Publio Cornelio Scipione Nasica Corculum.] 138, console, è un deciso oppositore di Tiberio Gracco (di cui è cugino); 133, pontefice massimo (anno in cui il cugino è tribuno) di fronte al Senato e al console Scevola che esitano a ricorrere alla forza in occasione dei tumulti durante le nuove elezioni tribunizie, per le quali Tiberio Gracco si è ricandidato, lascia la seduta guidando l'assalto contro il tribuno e i suoi seguaci uccidendolo, pare, personalmente, protetto dalla sua carica religiosa. Per sottrarsi all'inevitabile impopolarità, va come ambasciatore in Asia Minore e poco dopo muore a Pergamo. |
ROMA e Atene 171-168, terza guerra macedonica; |
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