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Il Viandante |
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Scisma d'Occidente Papa Antipapa avignonese Benedetto
XIII
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ANNO 1403
– Bessarione, Giovanni (Trebisonda 1403- Ravenna 1472), umanista
greco,
Torna sumonaco basiliano e cardinale, continuatore della tradizione classica; 1449, è creato cardinale da Eugenio IV; propone un superamento dell'antitesi quattrocentesca platonismo-aristotelismo; 1468, lascia alla Repubblica di Venezia una cospicua raccolta di codici greci e latini, che formano il primo nucleo della Biblioteca Marciana; In calumniatorem Platonis (1469, contro il calunniatore di Platone; (Trapezunzio) ). – Castriota, Giorgio [Scanderbeg] (n. 1403/5-Alessio 1468) condottiero albanese, eroe nazionale in Albania: nella bandiera l'aquila nera in campo rosso viene detta l' "aquila di Scanderbeg"; [Figlio di Giovanni Castriota] fu portato come ostaggio alla corte ottomana di Adrianopoli, quando il padre fu costretto ad accettare la dominazione turca; si convertì all'islamismo assumendo il nome di Iskander (Alessandro) e condusse valorosamente (con il titolo di beg) le forze del sultano contro serbi, ungheresi, veneziani; 1443, dopo la vittoria cristiana di Niš ad opera di G. Hunyadi diserta dalle armate turche, ripara nella sua antica patria e qui, riabbracciata la religione cristiana, proclama la guerra di liberazione contro i turchi; novembre, suo centro diviene la fortezza di Croia (Kruja) dove si riuniscono i vari capitribù albanesi; si lega con serbi, montenegrini, ungheresi; 1448, 4 ottobre, conclude con Venezia una trattato ad Alessio (Albania Superiore); ormai in tutta Europa egli è riconosciuto come "capitano d'Albania" e salutato come il campione della resistenza antiturca; 1449-51, invano gli stessi Murad II e Mehmet II guidano personalmente incursioni in Albania cercando di piegarlo; primo cristiano ad ottenere durevoli successi contro i turchi, riceve manifestazioni di stima, oltre a somme di denaro, da parte dei due sovrani cattolici che più di ogni altro ostentano sollecitudine per una crociata, il duca di Borgogna e il re di Napoli; 1454, gennaio, viene nominato "capitano generale del re d'Aragona" e tale nomina insospettisce subito Venezia che ha interesse che il basso Adriatico non venga egemonizzato da Ferdinando I d'Aragona; in risposta i veneziani non esitano a sollecitare contro di lui l'ostilità degli altri capi albanesi; 1456-57, l'offensiva turca contro di lui, ben vista da Venezia, fallisce; si rivolge a papa Callisto III per ricevere aiuti, ma ottiene soltanto cariche onorifiche e niente di veramente concreto; 1459, sbarcato in Italia contribuisce validamente alla vittoria di Ferdinando I contro Giovanni d'Angiò pretendente al trono napoletano; 1461, dopo una tregua con Mehmet II, riprende la lotta anche fidando nelle rassicurazioni di papa Pio II che spera di organizzare una grande crociata, che poi non si fa; 1466, inutile il suo viaggio in Italia per implorare aiuti; 1467, estate, il sultano si muove ancora contro di lui per conquistare Croia ma anche stavolta niente da fare; 1468, 17 gennaio, braccato ma imbattuto, egli muore di una rapida febbre. – Rais, Gilles de Montmorency-Laval, de o Gilles de Rais o Gilles de Rays (Champtocé, Angiò 1403/4-Nantes 1440) maresciallo di Francia, fu uno dei più ricchi, ammirati e famosi gentiluomini di Francia nell'ultima fase della guerra dei cent'anni; era padrone di vaste signorie e di castelli situati lungo il basso corso della Loira, in posizione strategica ai confini tra i ducati di Bretagna e d'Angiò e la contea di Poitiers; imparentato con Georges de la Trémoille, consigliere del re Carlo VII, fu uno dei protagonisti della fase della guerra che vide le gesta di Giovanna d'Arco, e ad essa fu vicino nell'assedio di Orléans; 1433, dopo la morte di Giovanna d'Arco e la caduta in disgrazia di Georges de la Trémoille, le sue fortune entrano in crisi giacché il re intende disfarsi dei collaboratori più "scomodi" di Giovanna d'Arco e, nello stesso tempo, il duca di Bretagna Giovanni VI mira a liberarsi dei suoi vassalli più potenti; 1440, il duca di Bretagna lo arresta (è stato appurato il rapimento da parte sua di bambini nelle campagne; ben 140 scheletri vengono ritrovati nei suoi castelli e domini); processato dal tribunale ecclesiastico, presieduto dal vescovo di Nantes, e poi da una corte civile, è convinto di eresia e condannato a morte per assassinio; prima di venire giustiziato egli confessa e fa pubblico atto di pentimento, il che viene esaltato come straordinario esempio di virtù cristiana in limine mortis; ma poiché è stato minacciato di tortura, la sua confessione rimane sospetta; la sua figura entra presto nella tradizione popolare ed è alla base della leggenda di Barbablù, cui Ch. Perrault ha dato forma letteraria; tra gli storici c'è chi ha cercato di dimostrare come la sua fine sia da collegare alle inimicizie e agli interessi delle corti bretone e francese più che alle infamie da lui commesse. |
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