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– Ciro
CIRILLO
(Napoli, 15 febbraio 1921)
politico italiano, esponente della Democrazia
cristiana, appartenente alla corrente
di A. Gava.
1940
17 maggio, data dell'ultima seduta
pubblica del Senato del Regno;
II guerra mondiale
(1940-45)
1941
1942
1943
24/25 luglio, seduta del Gran consiglio del Fascismo: "Ordine
del giorno Grandi";
25 luglio 1943 - 23 maggio 1948, Ordinamento provvisorio;
25 lug-17 apr 1944, (I "governo
Badoglio");
– 1943 23 set - 25 apr 1945 –
RSI (Repubblica Sociale Italiana)
[o Repubblica di Salò]
1944
22 apr-5 giu, (II "governo
Badoglio");
18 giugno-12 dicembre, (II "governo
Bonomi");
12 dicembre-21 giugno 1945, (III " governo
Bonomi");
1945
27 aprile, B.
Mussolini viene "passato per le armi" a Giulino
di Mezzegra (Como);
21 giugno-10 dicembre, ("governo
Parri);
22 set-2 giu 1946, Consulta nazionale;
[Organismo a carattere consultivo istituito dal (III
"governo
Bonomi") con decreto luogotenenziale
n. 146 del 5 aprile 1945 – composta da membri designati dai partiti
del Cln o da altri partiti o scelti, sempre attraverso nomina
governativa, tra personalità del periodo prefascista; egli ricopre
la carica di Presidente fino al termine dei lavori nel giugno 1946.
Presidente della Consulta: conte Carlo
Sforza.]
10 dicembre-13 luglio 1946 (I "governo
De Gasperi");
1946
2 giugno, Proclamazione della Repubblica;
22 giugno, entra in vigore la cosiddetta "amnistia
Togliatti";
25 giugno-31 gennaio 1948, Assemblea costituente;
13 luglio-18 ottobre, (II "governo
De Gasperi");
[I governo della Repubblica.]
1947
2 febbraio-31 maggio, (III "governo
De Gasperi")
31 maggio-23 maggio 1948, (IV "governo
De Gasperi");
muove i primi passi politici verso il 1947-48, all'interno della corrente
"Politica sociale" di Giovanni Gronchi;
1948
18 aprile, (I Legislatura – 1948 8 mag - 24 giu 1953);
23 maggio-27 gennaio 1950 (V "governo
De Gasperi");
1950
27 gennaio-26 luglio 1951, (VI "governo
De Gasperi");
1951
26 luglio-16 luglio 1953 (VII "governo
De Gasperi");
1952
diventa consigliere provinciale;
1953
7 giugno, (II Legislatura – 1953 25 giu - 11 giu 1958);
16 luglio-17 agosto, (VIII "governo
De Gasperi");
17 agosto-18 gennaio 1954, ("governo
Pella);
1954
18 gennaio-10 febbraio, (I "governo
Fanfani);
10 febbraio-6 luglio 1955, ("governo
Scelba);
1955
6 luglio-19 maggio 1957 (I "governo
Segni");
1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo
Zoli");
1958
25 maggio, (III Legislatura – 1958 12 giug - 15 mag 1963);
1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo
Fanfani");
1959
15 febbraio-25 marzo 1960, (II "governo
Segni");
quando la corrente "Politica sociale" di Giovanni
Gronchi si scioglie, passa con A. Gava;
alla Provincia di Napoli accumula diversi incarichi, è più
volte assessore;
1960
25 marzo-26 luglio, ("governo
Tambroni);
26 luglio-21 febbraio 1962, (III "governo
Fanfani);
Impiegato alla Camera di Commercio, è un esponente della corrente
di A. Gava [figlio di Silvio
Gava], della Dc e negli anni Sessanta ricopre
a lungo la carica di segretario provinciale del partito.
1961
diventa il più stretto collaboratore di A. Gava, presidente della Provincia di Napoli (1961-69);
[L'Ente Provincia, prima della nascita delle Regioni
(1970), ha molti poteri e un forte ruolo istituzionale.]
È in questo periodo che si decide l'ultimo grande stabilimento
delle partecipazioni statali al Sud, l'Alfa sud
di Pomigliano.
1962
21 febbraio-21 giugno 1963, (IV "governo
Fanfani);
1963
28 aprile, (IV Legislatura – 1963 16 mag - 4 giu 1968);
21 giugno-4 dicembre, (I "governo
Leone");
4 dic-22 lug 1964, (I "governo
Moro");
1964
22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo
Moro");
1966
23 febbraio-24 giugno 1968 (III "governo
Moro");
segretario provinciale della Dc (1966-69);
1968
19 maggio, (V Legislatura – 1968 5 giu-24 mag 1972);
24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo
Leone");
12 dicembre-5 agosto 1969, (I "governo
Rumor");
1969
5 agosto-27 marzo 1970, (II "governo
Rumor");
A. Gava gli subentra nel ruolo di
segretario provinciale della Dc mentre lui diviene
presidente della Provincia di Napoli (1969-1975) subentrando
al primo.
1970
27 marzo-6 agosto, (III "governo
Rumor");
6 ago-17 feb 1972, ("governo
Colombo");
1972
17 febbraio-26 giugno, (I "governo
Andreotti");
7-8 maggio, (VI Legislatura – 1972 25 mag - 4 lug 1976);
26 giugno-7 luglio 1973 (II "governo
Andreotti");
1973
7 lug-14 mar 1974, (IV "governo
Rumor");
1974
14 marzo-23 novembre, (V "governo
Rumor");
23 novembre-12 febbraio 1976, (IV "governo
Moro");
1975
diviene un protagonista della politica regionale;
più volte assessore, cumula diversi incarichi, tra cui quello
di presidente del consorzio per la costruzione del nuovo aeroporto
di Lago Patria, e di membro nel consorzio di gestione del porto
di Napoli;
1976
12 febbraio-29 luglio, (V "governo
Moro");
5 luglio, (VII Legislatura – 1976 lug-19 giu 1979);
29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo
Andreotti");
1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo
Andreotti");
1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo
Andreotti");
3 giugno, (VIII Legislatura – 1979 20 giu-11 lug 1983);
Presidente della Regione Campania (1979-1980), quando
si chiude la politica delle grandi intese con il Pci.
7-10 giugno, prime elezioni per il Parlamento europeo;
4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo
Cossiga");
1980
4 aprile-18 ottobre, (II "governo
Cossiga");
18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo
Forlani");
23 novembre, un terremoto provoca disastri in Campania
e a Napoli;
1981
assessore regionale all'Urbanistica e all'edilizia economica
e popolare nella regione Campania ma, soprattutto, è
delegato a presiedere il "Comitato tecnico regionale", la
struttura sorta con il compito di coordinare gli interventi pubblici
di ricostruzione dopo i disastri del terremoto del 23 novembre scorso.
[Per le Br
è l'uomo simbolo della ricostruzione post-terremoto,
anzi il «boia della ricostruzione»
come affermano nel loro primo comunicato.]
Flaminio
Piccoli è segretario
nazionale della Dc; capo della sua segreteria politica
è A.
Gava.
- Giugliano (Napoli), il sindaco Giuliano
Granata, segretario particolare di Ciro
Cirillo, ha rapporti stretti con Corrado
Iacolare, considerato il numero 3 della Nco.
I rapporti sono così stretti che Giuliano
Granata lo porta con sé nel carcere di Ascoli Piceno,
dove è rinchiuso il capo della Nco, come segno
di sua "affidabilità" nei confronti di Raffaele
Cutolo.
- Nola (Napoli), su indicazione di un fedelissimo di
A.
Gava, diventa sindaco l'ex vicecomandante dei carabinieri,
gen. Mario De Sena, che sarà accusato
di frequentare la casa del cugino del boss Carmine
Alfieri.
- Acerra (Napoli), i rapporti con la camorra sono intrattenuti
tra gli altri da Bruno Esposito, assessore
comunale e membro del direttivo provinciale della Dc,
parente di un boss della Nco, Carmine
Esposito, e in stretti rapporti con Nicola
Nuzzo [o carusiello], capo
della camorra di questo comune.
- Ottaviano (Napoli), la Dc di A.
Gava (insieme al Psdi) ha rapporti stretti
con gli uomini di Raffaele Cutolo.
- S. Giuseppe Vesuviano (Napoli), la Dc
di A.
Gava (insieme al Psdi) ha rapporti stretti
con Vincenzo Casillo, numero 2 del clan
Nco, e, tramite il suo segretario particolare, con
la camorra di S. Antonio Abate.
Anelli centrali nei legami con la camorra sono:
. sen. Francesco
Patriarca [Ciccio a' prumessa]
(Dc), del collegio di Castellammare di Stabia; sottosegretario
di Stato alla Marina mercantile (1981 28 giu - 4 ago 1983);
[Il collegio che era stato di Silvio Gava
e che nel 1992 sarà ceduto al trentino Flaminio
Piccoli, altro protagonista della trattativa con Raffaele
Cutolo.
Il senatore, uomo centrale nella corrente gavianea, sarà arrestato
per associazione di stampo mafioso e camorristico. Egli ha frequentazioni
con i cutoliani nel suo comune, Gragnano, ma soprattutto, ha rapporti
strettissimi con Alfonso Rosanova, la mente
finanziaria di Raffaele Cutolo, che opera
per conto del clan verso l'agro nocerino-sarnese e verso la penisola
sorrentina, dove è proprietario di alberghi e di residence, al
punto da riceverlo nell'albergo dove risiede, a Roma, in piazza Montecitorio.
Il boss Alfonso Rosanova intrattiene rapporti
così stretti con A.
Gava da poter entrare nel suo ufficio a Palazzo Chigi «esibendo
un tesserino privo di fotografie che gli consentiva libero accesso anche
a Montecitorio e alla sede della Dc all'EUR». Conosce benissimo
Adolfo Greco, che è proprietario
per conto della famiglia di Raffaele Cutolo
del castello mediceo di Ottaviano e di varie società immobiliari,
tanto da andarlo a prelevare durante un matrimonio per convincerlo ad
accompgnare il funzionario dei servizi segreti Giorgio
Criscuolo nel carcere di Ascoli Piceno, come ulteriore lasciapassare
verso Raffaele Cutolo per ottenerne l'interessamento
alla liberazione di Ciro Cirillo. Addirittura
il senatore riceve nel suo ufficio a Roma il numero 2 della Nco,
Vincenzo Casillo, e gli consente di fare
delle telefonate, facendo arrabbiare A.
Gava quando lo viene a sapere.
Ma il senatore ha rapporti anche con l'altro clan, e quando Pasquale
Galasso, in difficoltà con una banca, si rivolge a lui,
immediatamente telefona e raccomanda uno degli uomini più spietati
della camorra, che si è autoaccusato di ben 22 delitti.]
. dep. Raffaele
Russo, segretario provinciale della Dc,
deputato e poi sottosegretario di Stato alle Poste,
[Indicato da F.
Patriarca [Ciccio a' prumessa]
come l'organizzatore della colletta tra gli imprenditori per pagare
il riscatto di C. Cirillo alle Br,
ha rapporti sia con Alfonso Rosanova (Nco)
sia con Carmine Alfieri (NF).
Egli è al centro – secondo le dichiarazioni del figlio di Alfonso
Rosanova – di un grosso affare con il padre che sta per costargli
la vita. Si tratta dell'acquisto del complesso turistico "Il
Giardino romantico" di Massa Lubrense (Napoli), nella penisola
sorrentina, da parte di due cordate, una capeggiate da Alfonso
Rosanova e l'altra dalla società Zambia
(dietro cui si nascondono gli interessi economici di A.
Gava e dello stesso R.
Russo).
Successivamente il boss Alfonso Rosanova
si incontra con R.
Russo a casa di F.
Patriarca [Ciccio a' prumessa]
per trattare l'acquisto delle quote in possesso della società
Zambia. Il parlamentare però «giocava
sempre al rialzo», perciò Alfonso
Rosanova pensa seriamente di ucciderlo. Solo l'intervento di
F.
Patriarca distoglie il boss dal mettere in atto questo proposito.
Di queste vicende parlerà anche Armando
De Rosa, ex assessore regionale della Campania, finito in galera
per tangenti e altro, fedelissimo "pentito" di A.
Gava. Anche Pasquale Galasso
e F.
Patriarca confermeranno l'episodio.
Ci sarà un asta – come ricorderà l'ex sen. F.
Patriarca [Ciccio a' prumessa]
– per la vendita del complesso e sarà vinta al 50% da una società
i cui interessi sono curati da R.
Russo e il restante 50% da Alfonso
Rosanova.
Un rapporto di affari tra R.
Russo, A.
Gava e Carmine Alfieri – come
racconterà Ferdinando Cesarano,
uno dei collaboratori più stretti di Carmine
Alfieri, al futuro pentito Pasquale Galasso
– riguarda l'appalto per il depuratore della foce del Sarno. In pratica
R.
Russo, in nome proprio di A.
Gava gestisce politicamente l'appalto percependo una sostanziale
tangente.
Contro R.
Russo giocheranno anche due lettere rinvenute in casa di
Luigi Limelli, capoclan della camorra di
Torre Annunziata.]
. dep. Alfredo
Vito.
[Il più votato della Dc con la preferenza unica.
È legato a S. Antonio Abate con il sindaco D'Antuono,
più volte chiamato in causa per rapporti con la camorra cutoliana,
e al tempo stesso incontra più volte Pasquale
Galasso e Carmine Alfieri.
Il sindaco D'Antuono, rieletto nelle elezioni
del 6-20 giugno 1993, sarà rimosso tre mesi dopo dal prefetto
di Napoli.]
La peculiarità dei tre è di non limitare i rapporti a
una sola banda, così da diventare bersaglio della vendetta della
banda avversaria, ma di comportarsi in modo "equilibrato"
nel favorire l'una o l'altra a seconda delle circostanze e delle richieste.
Per il sen. Vincenzo Meo, altro luogotenente
di A.
Gava, dominatore della zona nolana, sarà richiesta
in Parlamento l'autorizzazione e procedere per rapporti con la camorra
di Carmine Alfieri.
[2003, sarà assolto in Appello dall’accusa di
concorso in abuso d’ufficio (assieme all'ex sindaco di Nola ed ex vicecomandante
generale dei carabinieri, Mario De Sena,
pure assolto).
Ambedue sono accusati di aver favorito l’organizzazione
mafiosa facente capo al boss Carmine Alfieri,
attualmente collaboratore di giustizia.
La Corte assolverà anche l’ex capo dell’ufficio tecnico comunale
di Nola Giuseppe De Falco e l’imprenditore
Giorgio Tuccillo.]
Insomma i rapporti con la camorra funzionano in questo modo:
- a livello di consiglieri e assessori comunali, il rapporto
è stretto con il clan che domina in quel comune;
- a livello superiore (consiglieri regionali, deputati, sottosegretari,
ministri) il rapporto è equidistante, è «a
disposizione» di tutti i clan.]
27 aprile,
Torre del Greco, ore 21:45, nel proprio garage di casa di via
Cimaglia, viene sequestrato da un commando di cinque appartenenti alle
Brigate rosse capeggiati
da Giovanni Senzani.
[Durante il conflitto a fuoco restano uccisi l'agente
di scorta mar.llo di P.S. Luigi Carbone
e l'autista Mario Cancello, mentre viene
gambizzato il suo segretario Ciro Fiorillo.
Il suo sequestro, durato 89 giorni, sarà al centro di durissime
polemiche: a differenza del "sequestro Moro", infatti, la
Dc opterà per la trattativa con i terroristi.
La vicenda del suo sequestro sarà riportata nel romanzo Il
camorrista di Giuseppe Marrazzo, al
quale sarà ispirato il film omonimo di Giuseppe
Tornatore. Nella pellicola l'episodio sarà in parte modificato
(lo stesso nome dell'assessore sarà storpiato in Mesillo).]
28 aprile,
ore 00:15, la rivendicazione del sequestro arriva a «Il
Secolo XIX» di Genova: sono state le Brigate
rosse;
ad appena 16 ore dal sequestro, si presenta nel carcere di Ascoli Piceno,
per parlare con Raffaele Cutolo, un esponente
del SISDE, Giorgio Criscuolo,
in compagnia di un esponente della Nco (Nuova camorra
organizzata).
[Giorgio Criscuolo:
originario di Castellammare di Stabia, è amico d'infanzia di
F. Patriarca [Ciccio
a' prumessa]. La sua famiglia e quella di A. Gava sono in rapporti strettissimi. È dunque un agente
dei servizi segreti legato ad A. Gava
e alla sua corrente, al punto che si presenta nel carcere con la falsa
identità di Luigi Acanfora, che
è il cognato di A. Gava.]
Il colloquio si svolge nella stanza del direttore del carcere, Cosimo
Giordano, che è in ferie. Prima del colloquio, il dott.
Cotilli, che sostituisce Cosimo
Giordano, telefona a Roma, alla direzione nazionale degli istituti
di pena presso il Ministero di Grazia e Giustizia, per chiedere conferma
dell'autorizzazione del colloquio. Sul registro delle visite vengono
segnati i nomi dei visitatori, ma successivamente saranno cancellati
o ne saranno soprapposti altri meno compromettenti. Il colloquio dura
alcune ore e si chiude con l'impegno di rivedersi. I servizi segreti
chiedono ufficialmente a Raffaele Cutolo
di collaborare per la liberazione del sequestrato. Raffaele
Cutolo prende tempo, non si fida e soprattutto vuole sapere a
nome e per conto di chi gli si chiede di intervenire.
[Agli incontri successivi parteciperanno Giuliano
Granata, segretario particolare del sequestrato e sindaco democristiano
di Giugliano, e il boss Vincenzo Casillo
['o nirone].
Sui partecipanti ai primi colloqui i rappresentanti del SISDE
forniranno per lungo tempo versioni contraddittorie e continueranno
a farlo fino al primo processo che si terrà nel 1989.]
Dalla data del sequestro la trattativa tra Dc, servizi
segreti e camorra si svolge in tre tappe, dove sono protagonisti rispettivamente:
1 - il SISDE (Servizio per le informazioni e la sicurezza
democratica);
2 - il SISMI (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare),
dopo il 10 maggio;
[L'intervento del tutto anomalo del SISMI – come dimostrerà
negli anni successivi la Commissione d'inchiesta sulle deviazioni dei
servizi segreti presieduta dall'on. Gualtieri
– è giustificato dal fatto che lo stesso avrebbe nelle mani una
pista sicura per arrivare al covo e alla liberazione del sequestrato.
In pratica gli agenti del SISMI non hanno invece nessuna pista e continuano
a battere la strada del rapporto con la camorra cutoliana per avviare
una trattativa con i brigatisti. Contattano infatti l'avv. Gangemi,
difensore di Raffaele Cutolo, e lo vanno
a prendere con un aereo a Reggio Calabria per portarlo in carcere ad
Ascoli Piceno. E a contattarlo con una telefonata è Pasquale
Mollica, un funzionario della direzione nazionale della Dc.
Gli agenti del SISMI, in particolare Adalberto
Titta, che tiene le fila delle trattative dopo il il 10 maggio,
continuano a portare nel carcere altri camoristi cutolinai e si fanno
anche loro accompagnare da Giuliano Granata.]
3 - Francesco Pazienza e la sezione speciale
dei servizi segreti su sollecitazione di Flaminio
Piccoli, segretario nazionale della Dc.
Nella trattativa con la Camorra – come si saprà in seguito dalle
rivelazioni del pentito Pasquale Galasso
– vengono attivati due canali che portano:
a) - in carcere a Raffaele Cutolo, capo
della Nco (Nuova camorra organizzata);
b) - nella zona nolana a Carmine Alfieri,
capo della Nuova famiglia.
[La corrente Dc di A. Gava intrattiene quindi rapporti di dimestichezza, di frequentazione
e di affari con l'insieme dei due clan che in questi anni insanguinano
con centinaia di morti all'anno le strade della Campana.
L'esistenza di tali rapporti sarà ampiamente descritta sia nella
sentenza di rinvio a giudizio del giudice Carlo
Alemi sia in numerose inchieste dei carabinieri, della polizia
e della magistratura, nonché della richiesta di autorizzazione
a procedere nei confronti di A. Gava
per rapporti con la camorra.
Intanto il detenuto Luigi Bosso è
trasferito nel carcere di Palmi da dove la "brigata" delle
Br trasmette a Giovanni
Senzani il via libera alla trattativa e avanza le proposte richieste.
Anche la "brigata" di Nuoro, guidata da Franceschini
e Ognibene, contattata dal camorrista Pasquale
D'Amico, appositamente trasferito in quel carcere, dopo qualche
tentennamento fa sapere di non essere contraria a porre condizioni per
il rilascio.
15 maggio, prima di avviare la trattativa la camorra manda un
segnale pubblico ai brigatisti: sulle pagine de «Il Mattino»
di Napoli viene pubblicata una lettera aperta alle Br
di Pasquale D'Amico, il quale invita i
brigatisti a liberare il sequestrato e a lasciare Napoli, altrimenti,
fa capire, ci sarà scontro duro con la camorra.
[Subito dopo Raffaele Cutolo
smentisce pubblicamente le dichiarazioni di Pasquale
D'Amico. Chiocchi, uno dei capi
delle Br napoletane, capisce
che dietro questo avvertimento di Pasquale D'Amico
e quesa smentita di Raffaele Cutolo ci
sono i servizi segreti e la Dc.
(Si scoprirà poi in seguito che Pasquale
D'Amico non ha mai scritto la lettera, ma lo ha fatto lo stesso
Raffaele Cutolo.)
In questi giorni viene fatta anche una pressione insolita su Raffaele
Cutolo per costringerlo a trattare per conto della Dc.
Ingenti forze dell'ordine pattugliano per giorni e giorni le strade
di Napoli come mai si era visto prima. I traffici illegali vengono bloccati.
Raffaele Cutolo capisce l'antifona. Comincia
seriamente a collaborare e la pressione dellle forze dell'ordine viene
allentata.
A luglio riprenderanno gli ammazzamenti per le strade. Se ne conteranno
39 rispetto ai 3 di maggio.]
L'obiettivo del suo rapimento non è affatto il pagamento
di un riscatto.
[Mai le Br
lo hanno finora fatto; questo obiettivo emergerà successivamente
e non su proposta delle Br,
come sarà ampiamente documentato.]
Gli obiettivi principali della "campagna Cirillo" sono altri:
fare un processo alle scelte della Dc sulla ricostruzione
del dopo-terremoto e pretendere contropartite "sociali" per
la liberazione del sequestato.
Le Br decidono di cambiare
l'obiettivo che si erano prefisse, accettando di contrattare un riscatto
solo quando sono certe che dal riscatto possono ottenere un clamoroso
risultato politico, quello di "compromettere" la Dc
nei suoi vertici napoletani e nazionali.
[Dunque Raffaele Cutolo,
le Br e i servizi segreti
deviati sono disposti a intrecciare rapporti e trattative solo perché
convinti dai fatti che a tenere le fila sono i vertici della Dc
napoletana e nazionale.]
maggio, alla fine del mese il Parlamento approva la
legge 219 per la ricostruzione del dopo-terremoto, in cui si
prevede la costruzione di 13.000 case a Napoli e 7000 fuori Napoli.
[Se non ci fosse stato il "sequestro Cirillo",
le richieste delle Br
e le pressioni di settori della Dc, sicuramente la
più grande occasione della ridefinizione urbanistica della città
avrebbe visto decisioni più coraggiose e radicali. Anche questo
aspetto della vicenda va messo nel conto delle decisioni politiche condizionate
dal sequestro.]
28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo
Spadolini");
24 luglio, Napoli, all'alba viene rilasciato, 89 giorni dopo
il sequestro, in un palazzo abbandonato in via Stadera di Poggioreale,
mentre Giovanni Senzani emette il comunicato
delle Br in cui si vanta
di aver «espropriato» 1 miliardo
e mezzo alla Dc (ne aveva chiesti inizialmente 3).
[Il giorno prima le Br
hanno comunicato la liberazione perché era stato pagato un riscatto
di 1,450 Mdi di lire. Il pagamento del riscatto era
avvenuto a Roma il 21 luglio sul tram per Centocelle a Roma ed era stato
portato dal giornalista Zambelli, uomo
di fiducia della famiglia del rapito che ha fatto da tramite con i sequestratori,
nonché un amico della famiglia proprietaria di una Tv privata
napoletana che poi sarà inglobata da Mediaset.
Il pagamento del riscatto sarà per quasi un anno negato sdegnosamente
da Flaminio Piccoli, da A. Gava, dalla Dc e dai familiari del rapito nonostante
tale circostanza sia stata resa pubblica dalle Br
già nel comunicato successivo al rilascio. Quando, nel febbraio
1982, i figli dell'assessore saranno costretti ad ammetteere la circostanza,
giustificheranno il loro silenzio con il fatto che le Br
glielo hanno imposto minacciando rappresaglie qualora
venisse diffusa la notizia. Circostanza del tutto falsa, smentita dai
brigatisti in numerose testimonianze, smentita da Zambelli
(che ha tenuto i contatti con Giovanni Senzani)
ma soprattutto smentita dai fatti.
Chi ha pagato?
A. Gava è l'organizzatore in
prima persona della colletta per la liberazione.
L'on. R. Russo di Piano di Sorrento
è colui che raccoglie i versamenti; la raccolta viene fatta anche
fuori Napoli e se ne occupa Flaminio Piccoli.
Sono coinvolti:
- imprenditori edili (alcuni dei quali saranno i principali beneficiari
degli appalti del dopo-terremoto),
[Di sicuro paga l'ing. Giuseppe Savarese,
titolare di un albergo a Seiano. Pure Carlo Rinaldi, amm.re del. della
metropolitana napoeltana]
- uomini ai vertici di società pubbliche (Michele
Principe, piduista confesso, presidente della STET,
avrebbe pagato tramite la consociata SEAT,
che raccoglie pubblicità per le Pagine Gialle; anche – secondo
il deputato radicale Massimo Teodori –
con soldi provenienti da un contratto pubblicitario sui telefoni, ottenuto
grazie ai buoni uffici di Michele Principe,
da un'emittente televisiva napoletana vicina al gruppo dell'on. A. Gava), di banche (Pasquale Acampora
ex vicepresidente del Banco di Napoli),
di società per la costruzione di infrastrutture pubbliche (Rolandi),
[Hanno pagato: Moccia (300 Mni di lire),
Nando Rocco, Albino
Bacci, Bruno Brancaccio, Italo
Della Morte, ecc. Secondo Pasquale Acampora
la colletta avrebbe fruttato 2 Mdi di lire ma qualche centinaio di milioni
scompare, non finisce alle Br…
molto probabilmente sono i 400 Mni di lire anticipati dai familiari
del rapito e restituiti alla famiglia, su richiesta della stessa, in
un secondo tempo.
Tutti uomini che hanno grande dimestichezza con le tangenti.
Tutto il sistema economico pubblico-privato che ruota attorno ad A. Gava è coinvolto e si mobilita per la colletta.
Si parlerà però di una raccolta di 4-5 Mdi di
lire per il riscatto!
Il capo camorra non avrebbe infatti mai accettato di ricevere una cifra
inferiore a quella data alle Br.
Potrebbero quindi essere stati avviati più canali per la raccolta
di questa cifra, o due distinte collette, una per le Br
e l'altra per Raffaele Cutolo.]
La sua liberazione è avvenuta tramite intrecci
mai del tutto chiariti, che hanno visto probabilmente anche la mediazione
di Francesco Pazienza, faccendiere legato
ai servizi segreti, e Raffaele Cutolo,
capo della Nuova Camorra Organizzata: per questa vicenda l'ordinanza
del giudice Carlo Alemi nel 1988 chiamerà
in causa anche A. Gava.
[Vent'anni dopo il suo sequestro, egli concederà un'intervista
al giornalista Giuseppe D'Avanzo in cui
affermerà d'aver scritto la sua verità sulla sua vicenda
e di averla depositata presso il suo notaio con la volontà di
volerla rendere nota solo dopo la sua morte cosa poi sentita in un intervista
a «Il Mattino» di Napoli; inoltre, dirà che una volta
tornato in libertà il suo partito gli ha chiesto di farsi da
parte e di ritirarsi dalla politica, cosa che egli ha fatto seppur a
malincuore.]
Una volta liberato raggiunge a fatica la strada, dove incontra due autopattuglie
della polizia stradale, comandate dall'appuntato Vincenzo
De Chiara. Questi subito lo riconosce, lo fa salire su una delle
macchine, avverte via radio il proprio comandante il quale gli dice
di portarlo in questura.
[Ma percorsi appena 150 metri vengono accerchiati e bloccati
da quattro pantere della questura. Da una di queste scende il dott.
Biagio Ciliberti, figlio di un consigliere
provinciale della Dc devoto di A. Gava, che invita perentoriamente la pattuglia della polstrada
a consegnargli l'assessore: per ordini superiori deve essere accompagnato
non in questura, ma a casa sua, a Torre del Greco. Il dott. Biagio
Ciliberti è responsabile della squadra antiscippi e non
di quella antisequestri.
La questura ha dato disposizioni precise: «In
caso di rilascio in vita dell'ostaggio, informare tempestivamente il
sostituto procuratore di turno e il magistrato dott. Libero Mancuso».
Dovrebbero essere i magistrati dunque a vederlo per primi proprio per
consentire loro di poterlo interrogare immediatamente.
ore 07:45, i due magistrati si recano alla casa dell'assessore ma vengono
informati che è in preda a uno shock e non è in grado
di rendere dichiarazioni.
Ai magistrati sarà «concesso»
interrogarlo solo 48 ore dopo il rilascio.
Il questore di Napoli è Pasquale Colombo,
fratello dell'ex ministro Emilio Colombo
(Dc). Prima dei magistrati (prima, cioè, delle 07:45) a casa
dell'assessore era già arrivato A. Gava. Più tardi arriva anche Flaminio
Piccoli.]
12 agosto, su «Oggi» (settimanale non sospetto di
antipatia verso la Dc) si legge:
«È stata la camorra
a salvare Ciro Cirillo. Don Raffaele Cutolo, boss della malavita napoletana,
ha fatto da intermediario con i terroristi cui sono stati versati 3
miliardi di lire».
novembre, il Comitato regionale del Pci chiede
la riapertura del caso.
1982
gennaio, viene arrestato Giovanni Senzani
che conferma il pagamento del riscatto;
Antonio Bassolino, segretario regionale
del Pci, chiede alla Dc conto del
riscatto pagato, quando nei mesi precedenti era stato smentito qualsiasi
pagamento;
16 marzo, «l'Unità» pubblica in prima pagina
la notizia che per la sua liberazione sono stati coinvolti i vertici
dei servizi segreti e il capo della camorra Raffaele
Cutolo.
[Nei giorni successivi seguono altri articoli che spiegano
i particolari degli incontri e indicano in V. Scotti e il sen. F. Patriarca
[Ciccio a' prumessa] (Dc), i protagonisti
della trattativa.
Le notizie provocano un terremoto nella vita politica italiana, ma
il documento da cui sono attinte (consegnato da un personaggio
ambiguo legato ai servizi, Luigi Rotondi,
alla giornalista del «l'Unità» Marina
Maresca, sua convinvente) si dimostra falso.
In seguito si dimostrerà che il documento è sì
un falso nella intestazione (Mininter, inesistente come vera sigla del
Ministero degli Interni) e in alcuni particolari (il pagamento in oro
del riscatto, l'indicazione di alcune banche) ma contiene vicende e
circostazne che saranno poi accertate per vere.
Sullo sfondo del "falso documento" pubblicato da «l'Unità»
si inserisce il "caso
del prof. Aldo Semerari",
insigne psichiatra, prelevato dall'Hotel Vesuvio a Napoli e ritrovato
a Ottaviano con la testa mozzata in una macchina nei pressi del castello
mediceo comprato da Raffaele Cutolo. Prima
di essere fatto a pezzi, il criminologo è stato costretto a scrivere
una lettera in cui si attribuisce la paternità del "falso
documento" di cui sopra.]
V. Scotti querela «l'Unità»,
e Giorgio Napolitano, capogruppo del Pci,
il partito di cui «l'Unità» è l'organo ufficiale,
chiede scusa in Parlamento alle persone chiamate in causa e alla Dc.
28 aprile, Napoli, le Br
ammazzano Raffaele Delcogliano, assessore
regionale alla formazione professionale, e il suo autista Aldo
Iermano.
15 luglio, ore 16:30, quattro brigatisti della colonna
napoletana delle Br uccidono
sotto casa sua, in piazza Nicola Amore, Antonio
Ammaturo, capo della squadra mobile di Napoli, e il
suo autista, Pasquale Paola;
[Antonio Ammaturo,
nato a Contrada (Avellino) 11 luglio 1925.
Dopo essersi laureato in legge, vince un concorso per entrare nella
magistratura italiana, ma tuttavia i suoi interessi sono orientati alla
Polizia di Stato.
1955, entra come funzionario alla Polizia di Stato.
Dopo aver frequentato la Scuola superiore di polizia viene assegnato
alla questura di Bolzano ed in seguito ad Avellino dove arresta l'assassino
di un carabiniere, a Benevento, e a Potenza, ove si distingue nelle
operazioni di contrasto al racket della prostituzione.
1973, nello stesso anno viene promosso tre volte raggiungendo
il grado di primo dirigente della squadra mobile, venendo poi promosso
vice questore e vice questore aggiunto e trasferito a Frosinone e poi
a Napoli, in commissariati: Vomero, Fuorigrotta, Torre del Greco, Capri,
Torre Annunziata.
Presta poi servizio presso il commissariato di Giugliano in Campania
(per dieci anni, quindi conosce bene Giuliano
Granata), ma con l'arresto del boss della camorra cittadina Alfredo
Maisto viene trasferito in Calabria.
(Dietro questo trasferimento – egli ne è sicuro – ci sono le
pressioni di C. Cirillo, Giuliano
Granata e addirittura del presidnete della Repubblica Giovanni
Leone. È tempo di elezioni e «la
sua presenza non garantiva la vittoria della Dc». Inoltre
– sempre a suo dire – C. Cirillo e Giuliano
Granata sono intervenuti per impedirgli di inquisire il capocamorra
locale Alfredo Maisto.
A Gioia Tauro arresta 6 latitanti in una sola notte. A Siderno sequestra
un grosso carico di sigarette nascosto in un cimitero. Il suo impegno
e le sue doti vengono premiate.
Ad Ottaviano (Napoli) ha il coraggio di violare la casa e il castello
del boss della camorra Raffaele Cutolo –
primo poliziotto in assoluto a farlo – il quale lo accusa, oltre che
di «mancato rispetto» alla
sua casa e alla sua famiglia, di avere passato informazioni al giornalista
Sergio De Gregorio per un libro sulla camorra,
da cui il capo della Nco (Nuova camorra organizzata)
non è uscito bene.
Arresta quindi Roberto Cutolo, il figlio
del boss, e alla lettera intimidatoria invitagli dal padre, egli risponde
attraverso la stampa: «È un buffone».
Raffaele Cutolo è quindi infuriato
contro di lui e – secondo il pentito Giovanni
Pandico – lo avrebbe fatto uccidere dalla colonna napoletana
delle Br. Ma al giudice
Carlo Alemi il boss dirà infuriato:
«Non ho fatto alle Br il nome di Ammaturo
perché venisse ucciso. Non escludo che mi avrebbe fatto piacere
ammazzarlo, ma lo avrei fatto direttamente io perché era una
vendetta personale.
Mi chiede se il dottor Ammaturo stesse facendo indagini personali sul
sequestro Cirillo. E che ne so? Anche se non escludo che l'operazione
di polizia a casa mia avesse come scopo di acquisire elementi per colpire
più in alto e cioè colpire quelli che avevano trattato
con me per Cirillo».
Le Br, che vogliono colpire
il «cuore» dello Stato, con l'assassinio di Antonio
Ammaturo ritardano di alcuni anni la verità su questo
torbido intreccio di interessi che, nel cuore dello Stato, ha consentito
la trattativa per C. Cirillo.]
[Pochi giorni prima della sua uccisione Antonio
Ammaturo aveva detto per telefono al fratelllo
Grazio Ammaturo: «Ho
concluso, sono cose grosse, tremerà Napoli, ho spedito tutto
al ministero. Stai attento che ti ho spedito una copia per posta. Mi
raccomando, estrema riservatezza su quanto leggerai».
Questa lettera Grazio Ammaturo non la riceverà
mai…
Anche la vedova, Ermelina Lombardi, confermerà
di un'indagine riservata curata dal marito: «Se
fosse riuscito a portarla a compimento sarebbero venuti fuori fatti
così grossi che a Napoli ci sarebbe stata un'eclisse».
La sorella Filomena Ammaturo confermerà
la delicatezza dell'indagine cui si stava dedicando.
Il commissario Salvatore Pera, suo collaboratore,
confermerà: «Quindici giorni dopo
il sequestro, Ammaturo mi disse di aver saputo da persone bene informate
che per il rilascio di Cirillo si erano interessati personalmente Corrado
Iacolare ed il sindaco di Giugliano, Granata. Aggiunse inoltre che della
questione si erano interessati Gava ed altri esponenti della Dc».
Dopo il suo assassinio ci sono grandi feste nelle carceri di Novara,
dove sono rinchiusi diversi capi della Nco e lo stesso
Roberto Cutolo.
Raffaele Cutolo]
Vengono portate a termine due azioni contro caserme dell'esercito,
a S. Maria Capua Vetere e a Salerno, dove perdono la vita un soldato
di leva, Antonio Palumbo, e due agenti
della polizia, Antonio Bandiera e Mario
De Marco.
11 agosto, Napoli, i carabinieri confermano che uno sconosciuto,
per conto dell'unione carcerati, ha avvertito il quotidiano «Nuova
Sqardegna» che sul treno espresso Olbia-Cagliari è stato
collocato un pacco esplosivo;
[Effettivamente viene ritrovata una borsa con 11 candelotti
di dinamite.]
23 agosto-1° dicembre, (II "governo
Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo
Fanfani);
1983
29 gennaio, ore 09:30, Primavalle, a quattro passi da
una sede del SISMI, la Golf
di Vincenzo Casillo salta
in aria: lui trova la morte e Mario Cuomo,
l'altro camorrista che l'accompagnava, perde le gambe;
[A casa dell'ucciso, il camorrista che sa di più
sull' "affare Cirillo", resta la sua convivente…
che sarà ammazzata poche settimane dopo.
Da più parti è avanzato il sospetto che il personaggio
chiave delle trattative sia stato eliminato dai servizi segreti. Ma
il pentito Pasquale Galasso,
strettamente legato al boss Carmine Alfieri,
dichiarerà che:
- durante il sequestro del Cirillo, egli
fu contattato da Raffaele Boccia che, a nome di Antonio Gava, gli chiese
che lui e Carmine Alfieri intervenissero per liberare Cirillo;
- l'Alfieri, cui egli aveva comunicato la richiesta del Gava, preferì
rimanere estraneo alla faccenda, non intendendo farsi strumentalizzare
dai politici;
- dopo il diniego dell'Alfieri, egli era venuto a sapere che della 'questione
Cirillo' si era interessato Raffaele Cutolo;
- la successiva liberazione del Cirillo aveva generato in lui e nell'Alfieri,
ben consapevole che essa era avvenuta per l'intervento del Cutolo, il
timore che quest'ultimo avesse rafforzato il proprio sodalizio con l'on.
Gava, e che da ciò potesse derivare la scarcerazione del Cutolo
per interessamento dei politici;
- i Gava (padre e figlio) erano notoriamente legati al vecchio Alfonso
Rosanova, a sua volta 'padre spirituale' del Cutolo e che era stato
la vera mente della liberazione di Cirillo, sicché il Rosanova
costituiva, nell'ottica di Alfieri e Galasso, il punto di saldatura
tra i Gava e Cutolo;
- dopo la liberazione del Cirillo, Cutolo aveva incominciato a ricattare
i Gava, pretendendo il rispetto dei patti e minacciando di far scoppiare,
con rivelazioni e documenti, uno scandalo che avrebbe travolto gli apparati
istituzionali che con lui avevano tramato per la liberazione dell'ostaggio;
- pertanto, i Gava, sentendosi minacciati dal Cutolo, si erano rivolti
ed avevano stretto alleanza con l'unica persona in grado – avendolo
già dimostrato – di contrastare efficacemente il Cutolo, e cioè
Carmine Alfieri;
- l'Alfireri e lo stesso Galasso – cui nel frattempo i cutolinai avevano
ucciso i fratelli – erano autonomi portatori di un fortissimo movente
di vendetta, ed avevano già deciso di eliminare lo stato maggiore
cutoliano e cioè Casillo, Puca e Di Maio, latitanti e localizzzati
in Roma dal Galasso;
- l'Alfieri, contro le aspirazioni del Galasso (che avrebbe voluto 'sparargli
in bocca' personalmente per vendicare il fratello, dal Casillo personalmente
ucciso), aveva deciso di eliminare il Casillo con un attentato stragista
per far capire al Cutolo che era finito, che non contava più
nulla, e che dunque doveva tacere sul caso Cirillo; e per dimostrare
a tutti di essere diventato il nuovo 'referente' dei Gava e degli altri
politici a lui legati;
- della alleanza tra il Gava e l'Alfieri egli aveva avuto piena conferma
negli anni successivi, verificando personalmente gli strettissimi rapporti
intercorrenti tra gli Alfieri (Carmine e suo cugino Francesco) con i
massimi esponenti gavianei della zona vesuviana e nolana;
- il Cutolo, recepito il messaggio insito nell'omicidio del Casillo,
cercò di trarne profitto facendo circolare, nelle carceri e fuori,
la falsa voce di essere stato l'autore in accordo con i servizi segreti;
- la morte del Casillo e la sconfitta del Cutolo avevano determinato
l'ascesa di Carmine Alfieri che, ormai incontrastato, era diventato
rapidamente il punto di riferimento in Campania sia delle organizzazioni
criminali, che del ceto imprenditoriale e politico locale».
In sintesi, da queste rivelazioni emerge che:
1 - l'uccisione di Vincenzo Casillo è
stato un piacere fatto da Carmine Alfieri
ad A. Gava per sottrarlo ai ricatti
di Raffaele Cutolo e per proporsi come
nuovo referente dei gavianei;
2 - questa azione fu necessitata dal ruolo e dal prestigio fortissimi
ottenuti da Raffaele Cutolo nel favorire
la liberazione dell'assessore. In questa ottica Carmine
Alfieri capisce bene come l' "affare Cirillo" abbia
cambiato i rapporti di forza con il clan avversario;
3 - Raffaele Cutolo capisce il messaggio
insito nell'attentato («Gava è passato
con l'Alfieri») e tenta dunque di accreditare la tesi che
ad ammazzarlo sia stato lui in combutta con i servizi segreti (e dimostrare
così di avere ancora un rapporto privilegiato con corpi dello
Stato alle dipednenze della Dc di A. Gava);
4 - da ora in poi Carmine Alfieri,
diventato il capo camorra più pericoloso e ricco – un
patrimonio accertato di 1500 Mdi di lire –, è stato
latitante per più di dieci anni nel suo paese, e scagionato da
efferati delitti grazie agli stretti rapporti con alcuni magistrati
e poliziotti.
La Dc di A. Gava si mostra
in grado dunque, grazie al suo apporto, di determinare gli equilibri
tra i clan di camorra in lotta.]
26 giugno, (IX Legislatura – 1983 12 lug-1 lug 1987);
4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo
Craxi");
1984
17 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
Intanto il lavoro del giudice istruttore Carlo
Alemi è faticoso e "contrastato"…
Contrastato innanzitutto dai suoi stessi superiori.
Ci sono aspri contrasti – come racconterà il giudice Libero
Mancuso, che come pubblico ministero lavora all'inchiesta assieme
al giudice Carlo Alemi fino al suo trasferimento
a Bologna (dove poi dirigerà le indagini sulla strage alla stazione
di Bologna incontrando di nuovo sulla sua strada i servizi segreti deviati)
– con il capo della procura Francesco Cedrangolo,
il quale fa loro capire che è assurdo ricercare le tracce di
una presenza dei servizi segreti e della camorra nella vicenda.
Francesco Cedrangolo invece è a
conoscenza, perché informato fin dall'inizio – come confermerà
Vincenzo Parisi – dei contatti del SISDE
in carcere con Raffaele Cutolo.
I contrasti continuano anche in seguito con il nuovo pubblico ministero,
Armando Cono Lancuba –
potente capo dell'Ufficio denunce della procura di Napoli, guidata dai
procuratori Francesco Cedrangolo e Alfredo
Sant'Elia – che contesta in tutti i modi il coinvolgimento nell'inchiesta
di alcuni uomini della Dc: "se"
c'era stato un interessamento da parte dei politici, si era "mantenuto
nei limiti del lecito e del possibile";
Armando Cono Lancuba finirà in galera
con l'accusa di aver "aggiustato"
alcuni processi a carico di Carmine Alfieri
e di aver acquistato uno studio professionale assieme all'avv. Bargi,
ex senatore Dc, difensore nel "processo Cirillo" di V.
Scotti.
Anche l'avv. Bargi finirà in galera
con l'accusa di essere legato al capocamorra Carmine
Alfieri.
Armando Cono Lancuba sarà ritenuto
anche l'ispiratore della campagna di stampa del maggiore quotidiano
di Napoli, «Il Mattino», contro il giudice Carlo
Alemi, campagna che assumerà toni da crociata dopo l'emissione
della sentenza di rinvio a giudizio, costringendo il giudice Carlo
Alemi a querelare il direttore Pasquale
Nonno.
1985
7 gennaio, il giudice istruttore Carlo
Alemi scrive alla Presidenza del Consiglio dei ministri chiedendo
copia dle rapporto che il presidente del "Comitato parlamentare
di controllo sui servizi segreti", on. Libero
Gualtieri, aveva redatto e che conteneva anche il giudizio sul
comportamento dei servizi nel "caso Cirillo".
[Dopo otto mesi dalla richiesta, non avendo avuto alcuna
risposta, Carlo Alemi riscriverà
chiedendo anche riscontro sul ricevimento della prima richiesta.
Dalla presidenza risponderanno di non aver ricevuto alcuna richiesta.
Il giudice Carlo Alemi darà quindi
incarico alla Digos di Napoli di fare una verifica.]
10 marzo, Bellizzi Irpino (Avellino), Salvatore
Imperatrice, uno dei guardaspalle di Vincenzo
Casillo, muore impiccato in carcere.
[Qualche mese prima aveva chiesto di essere sentito dal
procuratore della Repubblica di S. Maria Capua Vetere per «rivelare
tutto quanto può servire alle indagini in corso»,
anche perché temeva «di essere ammazzato
per quanto è a sua conoscenza».
Sicuramente egli sapeva dell'incontro che Vincenzo
Casillo ebbe al ristorante "La Conchiglia"
con alcuni capi della Dc.
Che il suicidio sia sospetto lo confermerà Lettieri,
un altro guardaspalle di Vincenzo Casillo,
nella sua testimonianza al giudice Carlo Alemi.]
In questo contesto vanno pure considerate le strane morti di:
. prof. Aldo
Semerari che ha portato con sé il segreto del falso
documento de «l'Unità»;
. gen. Santovito, capo del SISMI e iscritto
alla P2;
. Adalberto Titta, morto di infarto, collaboratore
del gen. Santovito;
. Luigi Bosso, morto di infarto a 42 anni;
[È il delinquente politicizzato che ha fatto da
tramite tra Raffaele Cutolo e le Br.
Muore dopo un anno di faticosissimi trasferimenti da un carcere all'altro.
Cambia ben nove carceri nel giro di poco tempo e viene colpito da infarto
a Volterra, dopo un ultimo improvviso trasferimento. Poco prima di morire,
parlando con il mar.llo Angelo Incandela,
fa capire, dopo aver parlato del ruolo avuto da A.
Gava e da F.
Piccoli nella trattativa, di avere nascosto dei documenti
scottanti.]
. Auriemma, camorrista, viene colpito da
cinque colpi di pistola alla pancia (si salva perché la pistola
del killer si inceppa), dopo che al processo ha confermato di aver detto
al giornalista Silvestro Montanaro degli
accordi con Raffaele Cutolo per la spartizione
degli appalti della ricostruzione post-terremoto;
. avv. Enrico Madonna, viene ammazzato
dopo aver dichiarato ad un giornalista l'intenzione di parlare.
Molte prove scompaiono, molti testimoni muoiono ma non tutti fanno
una brutta fine, anzi.
Poche settimane dopo il rlascio dell'assessore:
. F. Patriarca diventa sottosegretario
di Stato alla Marina mercantile;
. R. Russo, qualche tempo dopo, diventa
sottosegretario di Stato;
. il commissarrio Ciro Del Duca viene candidato
dalla Dc nelle elezioni regionali nel 1990 e diventa
poi responsabile di una USL napoletana;
. Ciliberti riceve un incarico prestigioso
al Ministero degli Interni per poi diventare questore a Potenza prima
e di Trieste in seguito;
. il vicedirettore del SISDE diventa capo della polizia;
. A. Gava addirittura diventa ministro
dell'Interno.
1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo
Craxi");
Durante l'istruttoria, molti documenti spariscono…:
1986, il giudice istruttore Carlo
Alemi chiede copia della vasta corrispondenza che Raffaele
Cutolo aveva intrattenuto dal carcere di Ascoli Piceno con l'esterno
durante il sequestro, ma riceve dalla Sicurpena di Roma – a cui tale
corrispondenza veniva fotocopiata e inviata – solo una ventina di brevi
messaggi relativi al periodo marzo-settembre 1981, di cui solo due collegati
alla trattativa.
Di tutte le altre lettere, telegrammi e cartelline non si trova traccia.
- Spariscono anche quattro cartoline inviate a Raffaele
Cutolo durante il sequestro e custodite nella sua casa di Ottaviano.
La prima porta l'intestazione «Ministero
dei Trasporti, il sottosegretario di Stato». La seconda
l'intestazione «Camera dei Deputati. Segretario
Generale». Le altre due la dicitura «Camera
dei Deputati».
A rilevarlo è il giornalista Sergio De
Gregorio che aveva partecipato al blitz della polizia diretto
dal vicequestore Ciro Del Duca, in un articolo
sul periodico «La Voce». Sergio De
Gregorio riferisce che fu lo stesso Ciro
Del Duca a fargli vedere i biglietti e che poi gli fu intimato
dal questore Walter Locchi Scotti di non
divulgare la notizia.
- Spariscono i nastri sui quali erano registrati i colloqui che Vincenzo
Casillo ebbe con varie persone (tra cui alcuni esponenti di primo
piano della Dc).
- Vengono distrutte dal procuratore della repubblica
di Salerno le telefonate intercettate dalla polizia a Raffaele
Cutolo nel covo ad Albanella durante la sua latitanza dopo l'evasione
dal manicomio giudiziario di Aversa. Le telefonate sono antecedenti
al sequestro, ma possono dare un quadro veritiero dei rapporti di Raffaele
Cutolo con molti esponenti della Dc, che a suo
dire gli telefonavano anche nella latitanza per chiedere voti.
- Scompare dal commissariato di Torre del Greco il fascicolo
relativo alla cosiddetta Lolita, che il
giudice Carlo Alemi aveva chiesto di consultare
per un presunto coinvolgimento di C. Cirillo
in questa vicenda di violenza sessuale.
- Il giudice Carlo Alemi
chiede ai carabinieri di rintracciare il ristorante "La
Conchiglia" di Roma dove, secondo alcuni pentiti, si sarebbe
svolta una parte della trattativa tra Vincenzo
Casillo e i vertici della Dc. Ma i carabinieri
rispondono che è «inesistente».
- Sparisce il rapporto che Antonio
Ammaturo aveva detto di aver mandato al Ministero degli Interni
e la copia destinata al fratello Grazio Ammaturo.
- Spariscono le prove delle numerosissime visite in
carcere a Raffaele Cutolo.
Qui l'imperizia degli agenti del SISDE, del SISMI e delle guardie carcerarie
è tale che comunque si troveranno le prove della contraffazione
del registro delle visite.
- Vengono manomesse le registrazioni delle telefonate
tra il giornalista Zambelli e i terrorisiti
delle Br che contenevano
le indicazioni sui nomi dei partecipanti alla raccolta dei soldi per
il riscatto.
A manometterli sono i figli di C. Cirillo,
che tengono i nastri nascosti per cinque anni.
Infine l'opera di depistaggio e di scomparsa delel prove
ccollabroano anche le Br.
Ciro Cirillo è stato sottoposto a un lungo interrogatorio, registrato
dai suoi sequestatori. Parte di questo "processo" è
stata diffusa per le strade di Napoli con altoparlanti, parte è
stata pubblicata dal settimanale «Napoli Oggi» e dal «Quotidiano
dei Lavoratori».
Ma una parte non sarà mai pubblicata e lo stesso giudice
Carlo Alemi non riuscirà ad appurarne il motivo. Dovrebbe
contenere – almeno secondo quanto riferiranno Chiocchi
e Senzani (il carceriere di C. Cirillo e il capo delle Br
napoletane) – particolari sul ruol della Dc dal dopoguerra
in poi a Napoli.]
Ed ora le persone:
. Planzio, uno dei sequestratori
che si trova nel carcere di Paliano (Frosinonoe), dopo aver collaborato
con il giudice istruttore Carlo Alemi,
improvvisamente cambia atteggiamento; in una lettera a Flaminio
Piccoli afferma – lui che aveva rivelato che a C. Cirillo i capi Br
avevano consigliato un lungo viaggio dopo il rilascio, dati i particolari
compromettenti per la Dc che aveva confessati – che
«la Dc non aveva fatto nessun compromesso»
e che tutto si era svolto in un «contatto
diretto ed esclusivo tra i brigatisti e i familiari di Cirillo».
E Flaminio Piccoli in una intervista sbandiererà
la lettera ricevuta, per dire che erano proprio i rappresentanti delle
Br a scagionare la Dc.
1985, 11 febbraio, a suor Teresa Barillà,
che si reca spesso nel carcere di Paliano, viene recapitta una lettera
firmata da Planzio e Pasquale
Aprea (altro carceriere di C. Cirillo)
nella quale c'è scritto:
«Carissima suor Teresa, ti inviamo uno scritto
indirizzato alle varie articolazioni della Dc, nella quale, come d'accordo,
chiariamo la nostra posizione rispetto agli attacchi subiti dalla Dc
nella vicenda Cirillo.
Come potrai vedere la cosa che più ci preme mettere in risalto
– oltre alla chiarezza sul contenuto delle nostre dichiarazioni – è
l'esigenza di 'riconciliazione' con questo partito che più di
tutti gli altri è stato oggetto dell'attacco terroristico […]
In ogni caso speriamo vivamene che la Dc voglia difendere la nostra
posizione attuale così da non trovarci completamente scoperti
di fronte a tutti. Tu sai a che cosa vogliamo riferirci…».
. Chiocchi, altro carceriere
di C. Cirillo, anche lui partecipa alla
campagna di riduzione del "caso Cirillo" a una volgare azione
estorsiva delle Br, nei
confronti della sua famiglia. A lui non risulterebbero perfino la partecipazione
dei servizi segreti, contro le stesse ammissioni fatte dagli uomini
del SISDE e del SISMI.
Lo stesso anno Nicola Nuzzo,
camorrista, altro protagonista della trattativa tra Acerra ed Ascoli
Piceno, viene ammazzato a colpi di spranga in una clinica di Roma.
1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo
Fanfani);
14 giugno, (X Legislatura – 1987 2 lug-22 apr 1992);
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo
Goria");
1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo
De Mita");
A. Gava
(Dc) è nominato ministro dell'Interno (1988 13 apr -
16 ott 1990)
[È il capo riconosciuto della corrente democristiana
più forte e influente, di quella corrente dorotea che ha avuto
un ruolo determinante nell'ascesa di C.
De Mita alla segreteria nazionale della Dc
e alla presidenza del Consiglio dei ministri.]
Come sia stato possibile che un uomo da tempo
chiacchierato come A.
Gava sia diventato ministro degli Interni è
uno dei misteri della storia politica degli anni Ottanta!
28 luglio, dopo sette anni di faticoso e "contrastato"
lavoro sul "caso Cirillo", il giudice istruttore Carlo
Alemi deposita la sua ordinanza di rinvio a giudizio di A.
Gava.
[Vedi A.
Gava.]
1989
primavera, dopo 8 anni dal "sequestro Cirillo" si svolge il
processo;
[Il Pm Barbarano che deve
sostenere l'accusa sulla base dell'istruttoria del giudice Carlo
Alemi, si comporta platealmente da pubblico difensore dei politici
e degli apparati dello Stato coinvolti. Secondo il Pm tutto si è
svolto normalmente. Una vicenda così normale e regolare che il
Parlamento ha dovuto occuparsene in varie sedute:
1982, 23 marzo, 2 aprile, 5 luglio,
1983, 22 febbraio,
1984, 13 febbraio, con la "relazione Gualtieri" sui servizi
segreti,
1985, 29 gennaio,
1989, attraverso l'istituzione di una nuova commissione d'indagine.
Il Pm che segue nel processo la scia del difensore di V. Scotti, l'avv. Bargi (diventato
poi senatore della Dc) conferma alla fine che non riesce
a spiegarsi tutto questo interesse del Parlamento in quanto «la
vicenda non è torbida né intricata, ed è invece
piana e di facile soluzione, tutto si è svolto nel rispetto delle
leggi e dei regolamenti».
Via via le notizie del processo scompaiono dalle prime pagine, sono
relegate in trafiletti nelle pagine interne. Anche il comportamento
della stampa in questo periodo fa dunque parte del "caso Cirillo".
Il processo viene sapientemente addormentato.
Né A. Gava né Flaminio
Piccoli vegono sentiti come testimoni, nonostante siano chiamati
in causa in numerosi episodi da diversi testimoni e pentiti.
V. Scotti e il sen. F.
Patriarca [Ciccio a' prumessa]
vengono sentiti solo perché parte lesa (hanno sporto denuncia
per diffamazione contro «l'Unità» per il falso documento
pubblicato).
Vengono a testimoniare Vincenzo Parisi
e Giorgio Criscuolo, dicendo cose diverse
e dando degli stessi episodi versioni opposte, ma non vengono neanche
messi a confronto.
Stessa cosa succede con due rappresentanti del SISMI che avevano fornito
versioni opposte.
Arriverà la sentenza e sarà paradossale. In sostanza si
dichiarerà «l'impossibilità
ad accertare la verità» di fronte a silenzi, reticenze,
contraddizioni di funzionari dello Stato, versioni opposte degli stessi
fatti, palesemente inattendibili.
Dopo la chiusura del processo Raffaele Cutolo
riceverà in carcere un biglietto con una foto di A. Gava tagliata dall' «Espresso» con sopra scritto:
«Tu sei intelligente, non accusare Don Antonio,
pensa a tua moglie».]
18 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo
Andreotti");
1991
12 aprile-28 giugno 1992, (VII "governo
Andreotti");
1992
4 aprile, (XI Legislatura – 1992 23 apr-14 apr 1994);
28 giugno-28 aprile 1993, (I "governo
Amato");
1993
28 aprile-10 maggio 1994, ("governo
Ciampi");
23 giugno, "sequestro Cirillo" si apre il processo
d'appello; dopo cinque anni dal processo di 1° grado tante
cose sono cambiate.
[Si è rotta l'omertà che ha circondato
il caso politico-criminale più scottante degli ultimi anni.
Il pentito Pasquale Galasso ha messo sotto
accusa i vertici della Dc napoletana e in particolare
ha descritto i rapporti intercorsi tra A.
Gava e tutti i suoi luogotenenti con la camorra; ha inoltre
dimostrato il peso assunto dall' "affare Cirillo" nel determinare
gli equilibri tra i diversi clan della camorra.
Il sen. F.
Patriarca [Ciccio a' prumessa],
che aveva sempre negato una trattativa e un riscatto per C.
Cirillo, comincia a parlare R.
Russo l'organizzatore della colletta tra gli mprenditori.
Anche Raffaele Cutolo annuncia che vuole
finalmente parlare. Lo fa tramite una lettera inviata a una giornalista
di Belluno, in cui anticipa che al processo rivelerà «inquietanti
retroscena del sequestro». In un'altra lettera, inviata
al suo avvocato di fiducia, Raffaele Cutolo
chiede «un rinnovo completo del dibattmento»
e la testimonianza in aula dell'allora capo del governo, del ministro
dell'Interno, del ministro di Grazia e Giustizia, «giacché
sapevano tutto della trattativa Cirillo».
Insomma, la vigilia del processo d'appello è carica di aspettative
e di clamorose rivelazioni.
Un altro episodio rende il clima ancora più incandescente: si
diffonde la voce che a Raffaele Cutolo,
dopo la notizia della sua intenzione a dire tutto ciò che sa
sul "caso Cirillo", hanno fatto visita in carcere a Belluno
agenti dei servizi segreti. L'on. Antonio Bassolino
del Pds presenta una interrogazione a proposito.
Ma al posto delle clamorose rivelazioni Raffaele
Cutolo continua il gioco fatto negli anni precedenti: annunci
e smentite, mezze verità, allusioni furbesche a fatti che sa
e che non vuole rivelare. Chiama in causa F.
Piccoli e Arnaldo Forlani, ma
scagiona A.
Gava e la sua corrente. Rivela che i servizi segreti gli
avevano fatto leggere in carcere gli interrogatori di C.
Cirillo da parte Br
sulla tangentopoli napoletana degli anni Sessanta-Settanta, ma aggiunge
che la copia l'ha bruciata.
Il processo d'appello sembra dunque incamminarsi sulla strada
di quello precedente.
Ma alla fine si chiude con una novità sorprendente.
Il Pm Giandomenico Lepore, nella sua arringa
finale, smonta il ragionamento del Pm del processo di primo grado e
afferma che è stata la Dc a trattare per la
liberazione di C. Cirillo. Una verità
acclarata ma che non aveva mai trovato una sanzione giudiziaria.]
1994
27 marzo, (XII Legislatura – 1994 15 aprile-8 mag 1996);
marzo, il pm Armando Cono Lancuba,
che da tre anni ha lasciato Castel Capuano ed è procuratore capo
a Melfi, viene arrestato su ordine dei magistrati di Salerno per associazione
a delinquere di stampo mafioso e calunnia.
aprile, il cronista di «Repubblica» Pietro
Melati mette insieme alcune dichiarazioni del giudice Carlo
Alemi sulle vicende giudiziarie più controverse degli
ultimi anni.
[Il titolo dell'articolo è "Cirillo e
De Martino due casi da riaprire" – il riferimento
è al rapimento di Guido De Martino,
figlio di Francesco De Martino, ex segretario
del Psi –, preceduto da una testatina "Affari
e misteri" e chiuso da un sommario: "Armando
Cono Lancuba, uno dei due magistrati napoletani messi sotto inchiesta
fu pm in entrambe le inchieste. Con quali risultati? Risponde Carlo
Alemi, giudice istruttore per il rapimento dell'esponente dc".]
10 maggio-17 gennaio 1995, (I "governo
Berlusconi");
12 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
1995
17 gennaio-17 maggio 1996, ("governo
Dini");
23 marzo, per l'articolo ritenuto diffamatorio Armando
Cono Lancuba, assistito dagli avvocati Gabriele
Pafundi e Raffaele De Bonis, presenta
al tribunale di Roma una richiesta di risarcimento danni di 500 Mni
di lire contro il giudice Carlo Alemi,
il giornalista Pietro Melati e il direttore
di «Repubblica» Eugenio Scalfari.
[1996, 31 gennaio, Armando
Cono Lancuba viene rinviato a giudizio,
sei mesi dopo inizia il processo davanti alla terza sezione penale del
tribunale di Salerno (presidente Giovanni Pentagallo,
giudici a latere Dionigio Verasani e Attilio
Orio);
2000, 19 luglio, viene condannato a otto anni
di carcere per associazione camorristica, corruzione e calunnia;
l'ex procuratore di Melfi non si rassegna, ritiene ingiusta la sentenza,
annuncia che presenterà appello;
2001, 9 gennaio, muore.
19 gennaio, vengono depositate le 537 pagine di motivazione (ma i quotidiani
partenopei ignorano il lavoro dei giudici salernitani)
In secondo grado ricorrono gli eredi, la moglie e i tre figli, chiedendo
di riaprire l'istruttoria dibattimentale, ma la corte d'appello di Salerno
emette una sentenza di "improcedibilità
per estinzione del reato per morte del reo".]
1996
21 aprile, (XIII Legislatura – 1996 9 mag-29 mag 2001);
[Sistema proporzionale.]
17 maggio-21 ottobre 1998 (I "governo
Prodi");
1998
21 ottobre-22 dicembre 1999 (I "governo
D'Alema");
1999
13 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
22 dicembre-25 aprile 2000, (II "governo
D'Alema");
2000
25 aprile-11 giugno 2001, (II "governo
Amato");
2001
13 maggio, (XIV Legislatura – 2001 30 mag-27 apr 2006);
[Sistema proporzionale.]
11 giugno-23 aprile 2005, (II "governo
Berlusconi");
2004
[Torniamo alla citazione contro il giudice Carlo
Alemi, difeso dagli avvocati Achille Janes
Carratù e Lucio Nicolais,
e contro il giornalista Pietro Melati e
il direttore di «Repubblica» Eugenio
Scalfari, assistiti dagli avvocati Vittorio
Ripa di Meana e Carlo Molaioli,
presentata nel 1995 da Armando Cono Lancuba
e poi ripresa dagli eredi, la moglie Rita Negri
e i figli Ginevra, Giuseppe
e Renato.]
8 gennaio, il giudice Maurizio Fausti
della quinta sezione civile del tribunale di Roma deposita la
sentenza, che però contiene diverse imprecisioni;
[È sbagliata la data dell'articolo di «Repubblica»
oggetto della citazione; si scrive di "collisioni",
ma è del tutto evidente che si pensa a "collusioni";
si parla della "procura di Melfi" in riferimento al "caso
Cirillo", ma Armando Cono Lancuba
è andato alla procura lucana dieci anni dopo il
rapimento dell'assessore.
In ogni caso, al di là delle inesattezze, dalla
sentenza emerge con chiarezza perché secondo il giudice "non
risulta l'illeceità dell'articolo censurato".
"Il quotidiano 'La Repubblica' - scrive
il giudice Maurizio Fausti - all'epoca
dei fatti (inchiesta avviata nell'ottobre '93 dalla Procura Generale
di Salerno sulle collisioni tra il clan camorristico ed esponenti della
politica e della magistratura) dedicando ampio spazio ai fatti in esame,
divulgava una serie di articoli volti ad informare i lettori sugli sviluppi
dell'inchiesta salernitana. Ciò stante, nella fattispecie, risulta
che il giornalista Melati non ha fatto altro che sintetizzare i sospetti
e i malumori che l'Alemi (dall'ottobre '98 presidente del tribunale
di Santa Maria Capua Vetere, ndr) - senza rilasciare
un'intervista allo stesso giornalista - aveva già reso di dominio
pubblico tanto da provocare l'intervento di esponenti politici e del
massimo organo della magistratura italiana.
Nella specie di causa, risulta che il giornalista Melati con l'articolo
in esame si è limitato a esercitare il proprio diritto di informare
la collettività sui fatti di incontestato rilievo e, per ciò,
prive di contenuto diffamatorio in quanto nella sostanza rispondente
al vero".
"Conseguentemente, - continua il giudice
Maurizio Fausti - risulta
l'inesistenza del carattere chiaramente offensivo dell'onore e della
reputazione del 'de cuius' Lancuba nell'articolo giornalistico in questione,
in quanto, nel caso di specie, ricorrono
le condizioni che giustificano il diritto di cronaca anche se lede l'altrui
reputazione e cioè, la verità della notizia pubblicata,
il pubblico interesse alla conoscenza dei fatti narrati ed il rispetto
dei limiti dell'obiettività e serenità dell'esposizione".
Perciò il giudice Maurizio Fausti
rigetta la richiesta della moglie e dei figli di Armando
Cono Lancuba "siccome infondata in
fatto e in diritto e, comunque, non provata; e per l'effetto, dichiara
insussistente nella presente causa la dedotta diffamazione, trattandosi
di legittimo esercizio del diritto di cronaca.
Le spese di lite sono equamente compensate tra le parti".
Vicenda quindi definitivamente chiusa? No, perché i familiari
di Armando Cono Lancuba hanno già
annunciato che presenteranno appello.
Rielaborazione per esigenze del sito, da www.iustitia.it, 5 aprile 2004,
Anno XII n. 12.]
12-13 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
2005
23 aprile–17 maggio 2006, (III "governo
Berlusconi");
2006
9-10 aprile, (XV Legislatura – 2006 28 apr-28 apr 2008);
17 maggio-8 maggio 2008, (II "governo
Prodi");
2008
13-14 aprile, (XVI Legislatura – 2008 29 apr-14 mar 2013);
8 maggio-16 novembre 2011, (IV "governo
Berlusconi");
2009
6-7 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
2011
16 novembre-27 aprile 2013 ("governo
Monti");
2012
-
2013
24-25 febbraio, (XVII Legislatura – 2013 25 feb-…);
28 aprile-21 febbraio 2014, ("governo
Letta");
2014
22 febbraio, ("governo
Renzi");
25 maggio, elezioni per il Parlamento europeo;
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