– Domenico
TEMPIO
(Catania 22 agosto 1750 - 4 febbraio 1821)
poeta
siciliano, figlio di un piccolo armatore di barconi da pesca e commerciante
in legname;
viene avviato al seminario dei chierici al tempo in cui il vescovo Ventimiglia
opera a Catania quella serie di riforme della scuola che dovrebbero preparare
i giovani d'ingegno del ceto medio ad entrare nella vita attiva con una
visione realistica dei problemi del diritto e delle scienze in contrapposizione
agli studi teologici e metafisici su cui sono fondate le scuole dei gesuiti;
[Da queste scuole affidate alla guida del canonico De
Cosmi, usciranno i giacobini che diventeranno poi i capi del partito
democratico siciliano: Emanuele Rossi, Giovanni
Napomuceno, Gambino, Vincenzo
Gagliano, i fratelli Ardizzone e il
canonico Francesco Strano.]
prima ancora che il De Cosmi giunga
a Catania, si fa espellere dal seminario per aver denunciato con pubblici
versi la corrotta figura del pro-rettore;
con l'arrivo del canonico a Catania nasce tra i due una solidale amicizia
che continua anche dopo il trasferimento del De
Cosmi a Palermo e che li accompagnerà per tutta la vita;
uscito dal seminario, aiuta il padre nel commercio ma con poco profitto,
attratto com'è dagli studi poetici;
viene accolto e protetto nell' "Accademia degli Etnei" dal principe
Ignazio di Biscari [il
Grande];
[In questo periodo il principe Ignazio
di Biscari, capo riconosciuto della nobiltà siciliana, comincia
a dedicarsi alle scoperte archeologiche; amando circondarsi di letterati,
si fa promotore dell' "Accademia degli Etnei".]
1775
esordisce proprio in questa accademia recitando un'ode saffica "sulla
necessità origine di ogni bene";
[Giunto in Sicilia nel 1781, il vicerè D.
Caracciolo se la farà continuamente ripetere dall'arciprete
Serina di Leonforte che l'ha mandata a memoria.
A Napoli, Saverio Mattei se la farà
recitare da don Luigi Fiorenza di Argirò
(Agira).]
1785
mortogli il padre in questo periodo e rimasto vedovo e senza figli, eredita
la casa e l'attività paterna, in aperto dissidio con le sorelle
che gli intentano causa; più che al commercio, comunque, si dedica
a fare della propria casa un cenacolo dei suddetti amici progressisti
e cospiratori giacobini;
1788
consigliato e sostenuto dal principe Ignazio di
Biscari, dopo essersi sottoposto a particolari esami chiede l'ufficio
di notaio a Valcorrente, fiorente feudo del principe;
[Il diploma di notaio, per quanto porti la data del 1789,
gli sarà consegnato nel 1791. Troppo tardi.]
1789
scoppia la Rivoluzione francese ed egli, non volendo allontanarsi da Catania,
rinuncia al notariato;
1795
il suo nome appare tra quelli dei più pericolosi sovversivi che
vengono segnati sulla lista del fiscale Felice Damiani,
che per fortuna dei catanesi è amico del De
Cosmi;
1797
gli viene sequestrata la casa dal più grosso dei suoi creditori;
è il momento in cui i suoi più cari amici fuggono dall'isola:
Gambino raggiunge la Repubblica Cisalpina,
Emanuele Rossi e Vincenzo
Gagliano vanno esuli in Liguria e l'anno dopo seguiranno Napoleone
Bonaparte in Egitto; si vede vicino solo il buon Francesco
Strano;
inizia la sua indigenza: con la domestica, la "gnura Caterina"
si riduce a vivere in un tugurio alla periferia della città; Caterina
gli sarà compagna fedele fino alla morte ed egli adotterà
il figlio di lei Pasquale ;
1798
La
Carestia (1798, poema; ha preso lo spunto dalla sommossa del giugno
1798)
1799
fa la sua parte nell'organizzare la mancata rivolta (i francesi sono già
a Napoli e si attende che oltrepassino lo stretto);
[La rivolta è capitanata dal giovane commerciante
di cuoiame Piraino che sarà impiccato
due anni dopo.]
Pur
non venendo né arrestato né sospettato, la dinamica dell'operazione
prevista dai cospiratoiri riflette l'impostazione di fondo del suo poema.
Intanto l'amico Francesco Strano riesce a
far sì che una cerchia di nobili amici lo aiutino sottoscrivendo
una contribuzione mensile; tra questi: il marchese
di Sangiulliano, il barone di Pedagaggi,
il principe di Manganelli e Vincenzo
di Biscari figlio del "grande Ignazio".]
tornato fra i vivi si trasferisce in una casetta vicino a Porta Ferdinandea;
1813
gli amici del cenacolo si impossessano del consiglio civico ma sembra
che molti di essi si siano scordati di lui, tranne Francesco
Strano, tanto che sostengono la pubblicazione delle favole di Giuseppe
Maraffino e dimenticano l'enorme mole di lavoro da lui svolta
con i suoi scritti;
Lu
ritornu di li pisola dall'esilio (1813, poemetto con cui ripaga gli
amici, presto fatto sparire dalla circolazione)
[Sarà rinvenuta dal canonico Sardo;
vedi: Poesie inedite di D. Tempio, 2 voll., Tringale Ed. Catania
1975.]
1814-15
Opere scelte (1814-15, in tre tomi, a cura di Francesco
Strano)
1821,
4 febbraio, muore.
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