– Palmiro
Togliatti o Ercoli
(Genova
1893-Jalta 1964) uomo politico italiano, di famiglia piccolo borghese
piemontese, compì gli studi liceali a Sassari;
1911
inizia gli studi universitari a Torino dove si laurea in
giurisprudenza;
1914
amico personale di Gramsci milita
con lui nella gioventù socialista;
1915
mobilitato allo scoppio della prima guerra mondiale, presta
servizio nella sanità;
1917
viene congedato per malattia;
1919
è tra gli animatori del movimento dei consigli di fabbrica
e tra i fondatori del settimanale «L'Ordine Nuovo»;
1921
alla trasformazione del giornale in quotidiano ne diventa
redattore capo;
all'atto di scissione di Livorno, da cui nasce il Partito comunista
d'Italia, non ha parte di primo piano;
1922
passa a dirigere «Il Comunista» a Roma;
al II congresso del Partito comunista d'Italia diventa membro
del suo comitato centrale affiancando Gramsci
nella lotta all'estremismo di A. Bordiga;
1926
al congresso di Lione contribuisce alla sconfitta di
Bordiga collaborando alla stesura delle "Tesi" che
propugnano l'alleanza degli operai del nord e dei contadini poveri del
mezzogiorno, individuati come "forze motrici" di una rivoluzione
socialista in Italia;
1927
dopo l'arresto di Gramsci gli
succede alla segreteria del partito assumendo la direzione del "Centro
estero" prima in Svizzera, poi a Parigi, dove fonda anche la rivista
«Lo Stato operaio»; il lungo periodo dell'emigrazione fa di lui un dirigente
di primo piano del movimento comunista internazionale;
1934
lavora nella segreteria della Terza internazionale sotto
la guida diretta di Stalin;
1935
nella nuova fase della strategia dell'Internazionale, inaugurata
dal VII congresso del del Partito comunista d'Italia (dove con
lo pseudonimo di Ercoli è relatore
sul tema dei pericoli di una nuova guerra mondiale) si distingue per
la perspicacia dell'analisi e la novità dell'impostazione politica;
1937-39
è in Spagna come consigliere del Partito comunista spagnolo;
da qui invia a Mosca importanti relazioni;
1939
1° settembre, arrestato in Francia, viene scarcerato
dopo sei mesi e si rifugia in URSS;
1940-44
durante la guerra svolge un'intensa propaganda radiofonica
rivolta a promuovere un fronte nazionale e provocare la caduta del fascismo
e il distacco dell'Italia dalla Germania nazista;
1944
marzo, tornato in Italia, avanza la proposta, passata
alla storia, della "svolta di Salerno"; sostiene la necessità:
- di superare i contrasti tra il governo Badoglio
e i partiti del CLN al sud, accantonando la questione monarchica fino
a dopo la vittoria,
- d'impegnarsi a convocare, una volta terminata la guerra, un'assemblea
costituente che decida anche la forma istituzionale dello stato democratico;
- di formare un governo di unità nazionale che contribuisca efficacemente
alla liberazione del paese dall'occupazione nazista;
la proposta ha successo e inaugura quel tratto tipico della politica
togliattiana che è l'inserimento positivo del movimento operaio nell'opera
di ricostruzione del paese e nella elaborazione di una carta costituzionale;
aprile-giugno, ministro senza portafoglio nel governo Badoglio;
1944 dicembre-giugno 1945, vicepresidente del consiglio
con Bonomi;
1945
giugno-novembre, ministro della giustizia nel gabinetto
Parri;
1946
dic '45-gen 1946, al 5° congresso del Partito comunista Italiano
(PCI) è rieletto segretario generale del partito;
dic '45-giu 1946, ministro della giustizia nel ministero De
Gasperi;
1947
si acutizza la tensione internazionale e si formano rapidamente
due blocchi contrapposti intorno a Stati Uniti e Unione Sovietica;
1948
aprile, la Dc, diventata il maggior baluardo
anticomunista e la sostenitrice della più stretta intesa con gli Stati
Uniti, ottiene una grande vittoria elettorale ed egli si trova così
alla testa di uno schieramento di opposizione di sinistra; in questa
posizione accentua a sua volta la "scelta di campo" filosovietica
in politica estera;
14 luglio, in un attentato da parte di un giovane di estrema
destra, viene gravemente ferito; sopravvissuto, continua la sua attività
di dirigente senza modificare la linea strategica;
1953
5 marzo, muore Stalin;
[L'ambasciatore italiano a Mosca Mario
Di Stefano è incaricato di presentare le condoglianze
del Presidente della Repubblica Luigi Einaudi
e del governo, e di andar di persona al funerale.
Il giorno successivo, le due Camere italiane si affrettano ad una prima
commemorazione per dar modo a P. Togliatti
(per il PCI) e a P. Nenni (per il PSI)
di presenziare ai funerali a Mosca.
Alla Camera…
. P. Togliatti: esordisce Con l'anima
oppressa dall'angoscia perché si è chiusa la vita
prodigiosa di Stalin;
- P. Nenni: «Nessuno fra i reggitori
di popoli ha lasciato morendo, dietro di sé, il vuoto che lascia
Stalin…»;
- P. E. Taviani, sottosegretario agli esteri,
(per il governo) «Il popolo italiano ha accolto con commozione
la notizia della scomparsa di un uomo che così importante e vasta
parte ha avuto negli avvenimenti mondiali di quest'ultimo decennio.
Il governo italiano rivolge a quello sovietico l'espressione delle sue
condoglianze.»
Al Senato…
- Mauro Scoccimarro: «scompare un
gigante del pensiero e dell'azione, una di quelle figure che nella storia
dell'umanità hanno impresso una impronta così potente
che nessuno potrà mai più cancellare…»
- Sandro Pertini per il PSI: «Il
dolore e l'angoscia che sono in noi impediscono ogni frase retorica
e ogni accento polemico. Dinanzi a questa morte non si può che
rimanere che stupiti e costernati. La memoria di questo gigante della
storia non conoscerà tramonto…»
- Leopoldo Rubinacci, ministro del Lavoro
(per il governo) :«La morte, pur così connaturata all'umanità,
determina sempre per i grandi e i potenti come per i piccoli un senso
di costernazione e di sbalordimento…».
Negli altri
uomini politici vi è silenzio o polemica.
A Bergamo,
Guido Gonella (Dc) dice:« Non si
può imporre il culto di Stalin agli italiani, in quanto la sua
figura è destinata al triste Pantheon dei dittatori che hanno
oppresso i diritti dei popoli».
- Giuseppe Saragat: «Non possiamo
che esprimere un giudizio negativo; non possiamo dimenticare che, nonostante
Stalin ci sia presentato oggi come paladino della pace, fu la sua decisione
nel 1939 a determinare la scintilla che portò alla seconda guerra
mondiale.»
Mentre
P. Togliatti e P.
Nenni presenziano a Mosca ai funerali, i comitati centrali di
PCI e PSI sono riuniti al Teatro Valle di Roma mentre analoghe cerimonie
sono indette in tutta Italia. Nella tribuna davanti ad un grande ritratto
di Stalin con a fianco la scritta "STALIN
È MORTO MA LA SUA OPERA E IL SUO PENSIERO SONO IMMORTALI"
siedono: Rodolfo Morandi, Oreste
Lizzadri, Domenico Grisolia, Giusto
Tolloy, Ferdinando Targetti, Tullio
VEcchietti, Dario VAlori, Elena
Caporaso. Commossi i discorsi:
- Pietro Secchia: «Il nostro pensiero
è a Mosca».
- Rodolfo Morandi: «Mai nella storia
l'umanità è stata percorsa da così profonde vibrazioni
per la scomparsa di un Uomo dalla scena umana».
- Luigi Longo tesse il suo panegirico,
citando tra l'altro quello che ha detto Winston
Churchill all'annuncio ferale: «… È stata una grande
fortuna per la Russia avere avuto questo rude maestro che l'ha guidata
nelle ore difficili…».
1956
in clima di destalinizzazione, egli stesso avvia una ricerca
critica che avrà vasta eco nel movimento comunista internazionale;
novembre, dopo i fatti
di Ungheria ribadisce la solidarietà con i regimi e le "società
socialiste";
1964
estate, colto da malore durane una vacanza in URSS
si spegne a Yalta dopo aver scritto un promemoria per il premier sovietico
N.S. Chrušcev, che riassume tutte le posizioni
da lui sostenute negli ultimi anni e contiene riserve e critiche alla
politica dei paesi socialisti; il documento, nonostante il suo carattere
riservato, viene pubblicato in seguito alla decisione del gruppo dirigente
del Pci, avendo vasta eco e un notevole rilievo politico; la
sua salma viene ricevuta a Roma da un milione di persone.
ll
partito (1973, scelta di scritti e discorsi dal 1944 al 1963)
Opere complete (1974).
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