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Francesco Petrarca

(Arezzo 20 luglio 1304 - Arquà, Padova 1374) scrittore italiano;
[Nato in una casa di Vico dell'Orto.]

nato da Eletta Canigiani e dal notaio ser Pietro [di ser Parenzo [Petracco o Petraccolo], di ser Garzo, tutti pure notai; la famiglia non aveva un cognome ufficiale]

[Il padre, guelfo bianco, era amico di Dante Alighieri esiliato da Firenze per motivi politici. Fu lui, grande ammiratore delle opere di Cicerone, a preparare il famoso manoscritto di Virgilio – ora nella Biblioteca Ambrosiana di Milano – divenuto in seguito uno degli oggetti più cari e preziosi posseduti dal figlio.
Rubato nel novembre del 1326 sarà poi recuperato dal poeta nell'aprile del 1338. Esso contiene le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide con il commento di Servio. Appena rivenutone in possesso, il poeta darà incarico al pittore Simone Marchini di dipingere per lui il frontespizio, sul verso del secondo foglio di guardia.]

1302
gennaio, Dante Alighieri viene bandito da Firenze sotto falsa accusa di baratteria;
ottobre, anche ser Petracco, che si è attirato l'inimicizia di un potente uomo politico, benché sia innocente viene condannato senza processo a una grossa multa, al taglio di una mano, al bando dal territorio di Firenze e alla confisca dei beni;
[La confisca non riguarda la casa della famiglia a Incisa perché il proprietario è ancora ser Parenzo.]
Il padre riesce ad allontanarsi incolume da Firenze e a rifugiarsi, insieme con la moglie, ad Arezzo, città di un piccolo stato indipendente.

* * *

1305
la madre ritorna a Incisa, nella casa di famiglia, e porta con sé il figlioletto;
[Durante il passaggio a guado dell'Arno, il cavallo del servitore che portava il bimbo scivolò e cadde e, nello sforzo di salvare il prezioso carico, il servitore fu lì lì per affogare.
Da Ernest Hatch Wilkins, Vita del Petrarca, Feltrinelli Editore Milano 1964.]

la madre rimane con il figlio a Incisa per circa sei anni e in questo periodo il padre fa in modo, di nascosto, di far visita alla famiglia;

nasce un fratello, morto infante;

1307
ca, nasce il fratello Gherardo;

1311
il padre si trasferisce a Pisa (rivale acerrima di Firenze) e porta con sé la moglie e i figli;
[Come l'amico Dante Alighieri, il padre spera che l'arrivo dell'imperatore Enrico VII, che ha passato le Alpi alla fine del 1310, possa favorire un ritorno dei fuorusciti a Firenze.]

1312
la famiglia si trasferisce a Carpentras presso Avignone, in Provenza, dove il padre spera in qualche incarico al seguito della corte di papa Clemente V;
nello stesso periodo giunge in Provenza da Genova una famiglia tra i cui componenti c'è un ragazzino della sua stessa età, Guido Sette [futuro arcivescovo di Genova] tra i due nasce una amicizia che durerà tutta una vita;
compie gli studi grammaticali sotto la guida di Convenevole da Prato, pure lui trasferitosi a Carpentras;

1316-1320
autunno, viene mandato dal padre all'università di Montpellier a studiare legge;
[È in questo periodo che il padre, scoperti alcuni libri del figlio (opere classiche tra cui alcune di Cicerone), li getta nel fuoco. Alla fine il padre, commosso, ne salverà un paio bruciacchiati: un Virgilio (non quello famoso del padre) e la Rhetorica di Cicerone.]

1318-19
muore la mamma Eletta Canigiani e il padre si risposa;

1320-26
insieme con il fratello e l'amico Guido Sette viene mandato a studiare diritto civile all'università di Bologna;

1321
poiché alcuni studenti vengono coinvolti in un disgraziato tumulto, e in seguito all'agitazione i capi vengono processati e giustiziati per protestare contro la condanna, la facoltà e il corpo studentesco dell'università, virtualmente al completo, lasciano Bologna e si trasferiscono a Imola;

1322
a seguito di un'altra agitazione politica, l'università di Bologna non funziona ancora a pieno ritmo;
lasciata Imola, i tre studenti compiono un viaggio a Rimini e poi lungo la costa adriatica fino a Venezia; non potend più ritornare a Bologna, deidono di ritornare ad Avignone;

1322-23
autunno, i tre tornano a Bologna;

1323-24
i tre frequentano l'università di Bologna;

1324-25
nei primi tre mesi dell'anno accademico i tre frequentano l'università di Bologna ma, verso la fine dell'anno, sono richiamati a casa (vi rimarranno fino all'estate 1325);
dicembre, è costretto a prendere a prestito una grossa somma di denaro;

1325
febbraio, Avignone, acquista un copia del De civitate Dei di Agostino ;
[Il libro si trova ora nella biblioteca dell'università di Padova. Vi si legge una nota, scritta [in latino] dal poeta: «Nel febbraio del 1325 ad Avignone, ho comperato questo libro, De civitate Dei, dagli esecutori testametnari di don Cinzio, cantore di Tours, al prezzo di dodici fiorini». Trattasi del più antico acquisto del poeta, di cui sia rimasta una precisa testimonianza.]

autunno, è ancora a Bologna dove rimane fino all'aprile dell'anno successivo per fare poi ritorno ad Avignone;
[Tra i tanti amici si ricordano: Tommaso Caloiro, Mainardo Accursio, Luca Cristiani e altri che incontrerà trent'anni più tardi a Basilea; a Bologna conquista la simpatia di Giacomo Colonna, un membro della nobile famiglia romana (anche se la loro vera amicizia comincerà più tardi.
[Gli anni trascorsi a Bologna sono comunque importanti perché egli incontra poeti che scrivono non nel latino delle scuole ma nella loro lingua viva, l'italiano.]

1326
aprile, lascia Bologna, probabilmente in seguito alla notizia della morte del padre, e torna ad Avignone con la chiara convinzione che la professione legale non è adatta per lui;
 
1327
6 aprile, poco dopo il rientro in Provenza, nella Chiesa di Santa Chiara in Avignone incontra Laura (donna reale quindi, ma di cui non restano dati documentari; forse si tratta di Laura de Noves andata sposa nel 1325 ad Ugo de Sade): se ne innamora, ma non viene ricambiato;

1330 ca 
consumato il modesto patrimonio paterno, si dà alla carriera ecclesiastica, abbracciando gli ordini minori (anche se non è certo!) e impegnandosi ad osservare il celibato e a recitare l'ufficio;
da Giacomo Colonna, da poco nominato vescovo di Lombez in Guascogna, viene invitato con altri amici a fargli visita durante l'estate;
[Due di questi compagni resteranno intimi amici del poeta per tutta la vita: Lello[Laelius]di Pietro Stefano dei Tosetti, un romano dalle inclinazioni politiche strettamente legato alla famiglia Colonna, e il fiammingo Ludwig van Kempen [Socrates], cantore nella cappella del cardinale Giovanni Colonna.]

autunno, su raccomandazione di Giacomo Colonna, viene assunto quale cappellano di famiglia dal cardinale Giovanni Colonna, ricevendo così l'appoggio di questa potente famiglia romana Alberto genealogico ;
[Sarà membro della corte del cardinale fino al 1337.]

1332-33
compie un lungo viaggio attraverso la Francia, la Fiandra e la Germania: è a Parigi, a Gand, a Liegi, ad Aix-la-Chapelle, ad Aquisgrana, a Colonia, a Lione);
[A Liegi scopre due orazioni di Cicerone, fra cui il Pro Archia poëta; una la copia egli stesso, l'altra se la fa copiare da un amico.] 

1334
Avignone, conosce il monaco agostiniano Dionigi da Borgo San Sepolcro che gli fa dono di una minuscola copia delle Confessioni di Agostino;
[Il poeta la porterà sempre con sé fino all'ultimo anno della sua vita.]

dicembre, muore papa Giovanni XXII e al suo posto viene eletto Benedetto XII;

1335
25 gennaio, su proposta ufficiale del cardinale Giovanni Colonna, il papa concede al poeta il beneficio di un canonicato nella cattedrale di Lombez;
[Chi riceve la nomina a un canonicato è libero di eleggervi la residenza o no: il poeta non andrà mai a risiedere a Lombez. In seguito riceverà altri canonicati che sommerà al primo (pratica comune del tempo); prenderà anche possesso, anni più tardi, di altri due canonicati assolvendo in qualchje misura ai suoi doveri canonici.
Ogni nomina reca con sé il diritto a ricevere le entrate regolari del beneficio.]

1° giugno, copia, sulla guardia di un manoscritto contenente il De anima di Cassiodoro e il De vera religione di Agostino, una lunga e fervente preghiera, composta certamente da lui;
[Altre preghiere, scritte dal poeta, si troveranno, in tempi diversi e in altri manoscritti.]

estate, interviene presso il papa Benedetto XII a favore di Mastino della Scala, signore di Verona, – in veste di amico più che di procuratore legale – nella vertenza che oppone quest'ultimo ai Rossi, da quest'ultimo appena cacciati dalla città;

1336
primavera, arriva ad Avignone il pittore senese Simone Marchini, chiamatovi dal papa, per prendere parte all'opera di decorazione del palazzo papale che si sta ora edificando; il poeta fa la conoscenza del pittore e lo persuade a dipingere per lui un ritratto (senza dubbio una miniatura) di Laura; subito dopo egli scrive due delicati sonetti in lode dell'opera del pittore;
ha inizio il suo carteggio con il papa, inteso non solo a sedare le più incresciose rivolte della penisola, ma anche ad ottenere il ritorno della sede pontificia da Avignone a Roma;
inizia a comporre i suoi sonetti che andranno a confluire nel Canzoniere;

1336
24 aprile, assieme al fratello Gherardo si reca a cavallo da Avignone a Malaucène dove si fermano il giorno seguente presso una locanda;
26 aprile, all'alba iniziano la lunga e difficile scalata della montagna e arrivano in vetta;
dicembre, su invito del vescovo Giacomo Colonna parte per Roma e, attraversaro un mare molto tempestoso, sbarca a Civitavecchia;
[Giunge quindi a Roma ospite dei Colonna e poiché la campagna circostante è infestata da briganti e da bande vaganti di partigiani degli Orsini, egli non si reca direttamente in città da Civitavecchia, ma va a Capranica, una sessantina di km a nord di Roma, dove sorge il castello di Orso dell'Anguillara, un gentiluomo che ha sposato Agnese Colonna, sorella del vescovo Giacomo e del cardinale Giovanni.]

1337
26 gennaio, quando a Roma giunge la notizia del suo arrivo a Capranica, Giacomo Colonna e il fratello maggiore Stefano [il Giovane] – per distinguerlo dal padre Stefano [il Vecchio] – si recano ad accoglierlo con una scorta armata e qualche giorno dopo lo portano con sé a Roma;
la vista della città eterna desta un intenso stupore nel poeta;
[Ha un interessante colloquio con Stefano [il Vecchio] [Fam. VIII, I] il quale esprime l'ardente desiderio di lasciare un'eredità ai figli ma preannuncia tristemente che essi moriranno prima di lui (come difatti avverrà nel corso dei prossimi dieci anni).]

luglio, è già ad Avignone;

Durante questi primi anni egli scrisse numerose poesie in italiano: molti sonetti, alcune canzoni e componimenti di altra forma. Molte di esse sono andate perdute; un centinaio circa sono però entrate a far parte del Canzoniere.
Ad Avignone compie un'impresa straordinaria nel campo degli studi classici; prepara quella che si può senza esitazione definre la prima edizione critica di tutti i frammenti in questi anni conosciuti (cioè la prima, la terza e la quarta decade) degli Ab urbe condita libri di Livio.
[Egli riunisce le tre decadi, prendendo a base un antico manoscritto della terza e facendo fare nuove copie della prima e della quarta. Gran parte del lavoro di trascrizione viene eseguito da copisti da lui appositamente ingaggiati ma egli prende parte personalmente al lavoro. Poiché nell'antico manoscritto della terza decade ci sono numerose lacune, egli rintraccia i passi mancanti in altri manoscritti, li copia egli stesso o li fa copiare, e poi li introduce al punto giusto nell'antico manoscritto. Introduce inoltre molti emendamenti nel testo, appone numerose note alla prima e alla terza decade e note più scarse alla quarta. Fa poi rilegare le tre decadi in un solo volume (si trova al British Museum).
Il testo da lui stabilito serve non solo come base dei più antichi volgarizzamenti liviani in italiano e francese, ma anche, indirettamente, per le ricosruzioni del testo di Livio compiute dagli umanisti, e per le più antiche edizioni a stampa.]

si trasferisce da Avignone a Vaucluse, presso le sorgenti della Sorgue, dove ha acquistato una casa; qui fa conoscenza con un nuovo amico, Philippe de Cabassoles, vescovo di Cavaillon, la cui diocesi comprende Vaucluse;
[Di tanto in tanto giunge anche un gruppo di gitanti per visitare le foci del fiume e di uno di questi gruppi fa parte, una volta, anche Laura.]

da una donna che non si riesce ad identificare (grande discrezione del poeta sull'argomento), nasce il suo primo figlio naturale, Giovanni (1337-1361).

1338

Africa (1338, parziale stesura; dei XII libri previsti di questo poema in esametri, a cui il poeta lavorerà tutta la vita, a noi ne sono giunti solo IX, dei quali un paio (il IV e il IX) lacunosi)

De viris illustribus (1338-1343, commentario storico-erudito in prosa; serie di 23 monografie biografiche di personaggi romani (da Romolo a Catone il Censore)  + 12 di uomini del passato (da Adamo a Ercole); l'opera continuata in seguito non giunge a compimento )

1340
1° settembre, contemporaneamente da Parigi e da Roma gli giunge il desiderato invito dell'incoronazione poetica;

1341
sceglie Roma e, preparata l'orazione per la solenne cerimonia, si accinge a partire;
16 febbraio, assieme ad Azzo da Correggio parte da Avignone, raggiunge Marsiglia e di lì salpa in direzione di Napoli dove arriva verso la fine di febbraio; qui si ferma circa un mese, accolto con cordialità da re Roberto I a cui mostra l'Africa e il re gli chiede che il poema sia a lui dedicato;
in tre giornate discute di poesia, dell'arte poetica e della laurea; al termine dell'esame il re lo dichiara degno di ricevere la corona d'alloro e si offre di procedere lui stesso all'incoronazione, qui a Napoli, ma il poeta fa presente che non può più ormai respingere l'invito del Senato romano;
durante il soggiorno napoletano incontra due gentiluomini della corte, Barbato da Sulmona e Giovanni Barrili e stringe con loro un'amicizia durevole;
prima della partenza per Roma il re gli concede una nomina a un ufficio di cappellano (carica onorifica) e delega Giovanni Barrili a rappresentarlo e a deporre a nome suo la corona d'alloro sul capo del poeta; fa poi omaggio a quest'ultimo di un manto perché lo indossi durante la cerimonia e gli consegna infine una lettera per il Senato romano;
8 aprile, per mano del senatore Orso dell'Anguillara (uno dei due senatori in carica) in Campidoglio, viene incoronato "magnus poeta et historicus" ed ottiene il "privilegium lauree";
la cerimonia ha termine con un elogio di Stefano Colonna [il Vecchio];
[Riceve il titolo di "magister", la nomina a professore di arte poetica e di storia e la concessione di tutti i diritti e i privilegi goduti dai professori delle arti nobili e liberali.]

egli si ferma a Roma ancora diversi giorni e visita la città in comagnia di un altro Giovanni Colonna (un frate domenicano, appartenente ad un ramo collaterale della famiglia);
assieme ad Azzo da Correggio e altri compagi si mette in viaggio verso nord ma, non molto lontano da Roma, cade nelle mani di una banda di briganti. Subito liberati essi tornano a Roma e di qui ripartono il giorno segunte con una scorta armata;
Azzo da Correggio si reca direttamente a Parma mentre il poeta arriva un poì più tardi;
questo altissimo riconoscimento lo spinge a proseguire la stesura dell'Africa, ospite di Azzo da Correggio a Parma e a Selvapiana sino al gennaio 1342;

1342
marzo, torna in Provenza a Vaucluse;
25 aprile, muore papa Benedetto XII;
7 maggio, viene eletto papa Clemente VI;
22 maggio, su proposta del cardinale Giovanni Colonna il papa concede il beneficio di un canonicato nella cattedrale di Pisa; anche qui il poeta non prende la residenza;
agosto, Avignone, studia privatamente il greco con il monaco basiliano Barlaam, originario della Calabria, vissuto alcuni anni a Costantinopoli ma di recente diventato membro della chiesa d'Occidente ed ora insegnante di greco alla corte papale;
6 ottobre, il papa gli concede il beneficio del priorato di S. Nicola di Migliarino, presso Pisa;
[Ciò crea però solo fastidi al poeta poiché un'altra persona vanta diritti su di esso; per quanto egli si adoperi per ottenre una sentenza a lui favorevole dai tribunali pontifici, alla fine il reclamo viene accettato dopo che la disputa è durata due anni.]

1343
gennaio, Cola di Rienzo, quale rappresentante del nuovo consiglio creatosi a Roma, parte per Avignone dove rimane alcuni mesi;
[È lui ad inviare la notizia a Roma che papa Clemente VI ha concesso con una bolla l'anno 1350 come giubileo.]

febbraio, il poeta riceve la notizia della morte di Roberto I, re di Napoli e di Gerusalemme;
[Del consiglio di reggenza previsto dal defunto nel suo testamento fa parte, oltre alla regina madre e a tre nobili, anche l'amico Philippe de Cabassoles, fermatosi a Napoli proprio su richiesta del re ed ora vice-cancelliere del Regno (il cancelliere non esiste in questo periodo).]

aprile, il fratello Gherardo si fa monaco tra i certosini di Montreux-le-Jeune, sulle colline a nord di Tolone;
nasce la figlia illegittima Francesca, da una donna il cui nome ci è ignoto;

Secretum (De secreto conflictu curarum mearum) (1342-43, Segreto, opera autobiografica)
[È l'equivalente petrarchesco delle Confessioni di Agostino.]

settembre, avendo ricevuto l'incarico di un'ambasceria a Napoli per conto del cardinale Giovanni Colonna e del papa, parte alla volta dell'Italia;
[Deve perorare a Napoli la liberazioine dei tre fratelli della famiglia Pipini, in carcere a Castel Capuano dal 1341.
Parte verso la metà di settembre: raggunge per via terra Nizza dove s'imbarca, intenzionato a compiere il resto del viaggio per mare; la prima notte la nave si rifugia nel porto di Monaco, per restarvi fino all'alba, ma il giorno seguente il tempo è così cattivo che nessuno si arrischia ad uscire dal porto; il giorno dopo, sebbene il tempo resti cattivo, la nave prende di nuovo il mare e giunge fino a Porto Maurizio dove si ferma per la notte, che egli trascorre in una squallida taverna per marinai; stanco dei capricci del mare il poeta decide di mandare avanti per mare i servi e il bagaglio e di continuare il viaggio per terra con un solo compagno. A Porto Maurizio comprano i cavalli e di qui intraprendono il viaggio che si svolge regolarmente finché non giungono nella zona del confine meridionale della Lombardia: Milano e Pisa sono in guerra e i due eserciti si fronteggiano, accampati nei pressi del confine. Al poeta non resta che rimettersi in mare, almeno per un breve tratto, fra Lerici e qualche punto sulla costa a nord di Pisa; di qui egli può proseguire il viaggio a cavallo fino a Roma senza ostacoli, passando per Pisa, Siena, Perugia e Todi,
dove viene accolto dai signori Chiaravalle che lo scortano poi per la strada di Narni fino a Roma;

4 ottobre, arriva Roma dove fa visita a Stefano Colonna [il Vecchio] e ai suoi congiunti;
7 ottobre, parte per Napoli e al suo arrivo risiede nel monastero francescano di San Lorenzo; preoccupato per la situazione generale in cui si trova la città lo diventa ancor di più per le prepotenze di un certo Roberto da Mileto;
[Si tratta di un monaco appartenente alla fazione dissidente dell'ordine francescano degli "spirituali" o "frati della povera vita", nota per essere in conflitto non solo con gli altri frati francescani ma addirittura con il papa.]

Poco dopo il suo arrivo, si reca a far visita alle due regine e partecipa ad una riunione del consiglio; ogni decisione sulla liberazione dei Pipini viene rimandata; fa anche due o tre visite in carcere ai prigionieri ma presto si scoraggia avendo appreso che molti uomini influenti stanno ora godendosi il possesso delle proprietà confiscate; aspettando una risposta, pur sapendola quasi certamente negativa, compie un'escursione lungo la costa settentrionale della baia in compagnia di Giovanni da Sulmona e Giovanni Barrili;
[Dopo avere molto insistito per avere una copia di un passo dell'Africa (morte di Magone, fratello di Annibale) e promesso di tenerla solo per sè, in seguito Barbato da Sulmona ne farà circolare varie copie (con strafalcioni ed errori) ovviamente con grande fastidio del poeta. L'amicizia, nonostante il fatto seccante, non viene intaccata.]

24 novembre, Napoli, in seguito a quanto ha predetto un vescovo napoletano che si diletta di astrologia (un terremoto il giorno 25 ottobre), molta gente lascia le consuete occupazioni accalcandosi per le strade e rifugiandosi nelle chiese per far penitenza;
la notte il terremoto avviene davvero provocando distruzione e morte;
[24/25 novembre 1353: al mattino tutta la baia è infuriata e spumante: tutte le navi che si trovavano nel porto, ad eccezione di una, sono state ridotte in frantumi, e le onde enormi si accavallano sbattendo qua e là le vittime della tempesta. Alcuni edifici lungo la costa sono stati sradicatri dalle fondamenta e sono crollati. La stessa mattina la regina Giovanna, scalza e discinta, si reca a far visita a una chiesa dedicata alla Vergine. La tempesta infuria per tutta la giornata e a un certo momento il poeta è anche lui in pericolo di morte; poi, al tramonto, cessa d'improvviso, dopo aver recato dstruzione non solo a Napoli, ma in tutta la regione lì intorno, sia a nord che a sud, tanto che gran parte di Amalfi frana e scivola dentro il mare; il poeta promette a se stesso che mai più si avventurerà per mare e manterrà la promessa….]

26 novembre, ottiene dalla regina la nomina a un posto onorario di cappellano;
verso la fine del mese, pur non avendo ricevuto alcuna risposta circa la sorte dei Pipini, decide di lasciare la città e rifiutando la proposta dei due amici di trasferirsi definitivamente a Napoli li inviata a riformulare lo stesso invito al suo amico, il maestro veronese Rinaldo Cavalchini;
prima di lasciare la città scrive, su richiesta di un dignitario della Corte, Niccolò d'Alife, un epitaffio sul re defunto e, quasi contemporaneamente alla partenza, invia una lettera al papa, a nome della regina madre, con la notizia che la sua richiesta di liberazione dei Pipini è stata respinta.
dicembre, verso la fine dell'anno arriva a Parma dove i Correggio tengono ancora saldamente il governo della città;

1344
Parma, all'inizio dell'anno acquista la casa in cui aveva trascorso l'ultima parte del suo precedente soggiorno, vi fa eseguire grandi lavori di restauro e ne migliora l'aspetto con l'aggiunta di una decorazione in marmo; la sua intenzione è chiaramente quella di trasferirvisi permanentemente;
primavera, viene colpito da un grave attacco di scabbia; circola la voce che egli sia morto;

1345
23 febbraio, a causa della guerra che turba l'Emilia e timoroso della situazione che si è venuta a creare (l'amicizia con Azzo da Correggio potrebbe travolgerlo anche personalmente), fugge da Parma e si reca a Verona dove ha due buoni amici: Guglielmo da Pastrengo e Rinaldo Cavalchini;

Rerum memorandarum libri (1343 ca, Libri delle cose degne di memoria, IV libri e un frammento del V)
[Da questo momento non riprenderà più in mano l'opera.]

Verona, nella biblioteca della cattedrale, scopre i primi sedici libri delle Epistole ad Attico, le Epistole a Quinto e a Bruto di Cicerone.
[Il volume finora era ignoto a tutti o, se qualcuno ne conosceva l'esistenza, non si era ancora reso conto della sua importanza.
Egli stesso si accinge immediatamente a copiare queste lettere ciceroniane.]

Durante la permanenza a Verona conosce Pietro, uno dei figli di Dante Alighieri.

autunno, il poeta parte da Verona per tornare in Provenza, deciso però a compiere un percorso nuovo, attraverso le Alpi, per evitare la Lombardia;
[Guglielmo da Pastrengo lo accompagna fino a Peschiera, sul lago di Garda; il mattino seguente proseguono fino al confine fra il territorio di Verona e quello di Brescia e qui i due si separano tra abbracci, pianti e promesse; il poeta si dirige quindi verso nord, seguendo la costa occidentale del lago, per poi tornare nella valle dell'Adige; tocca quindi Trento e Merano finché, passato il passo di Resia, entra nel Tirolo; il resto del viaggio non è conosciuto….]


Valchiusa in Provenza, gli fa ora compagnia (fino al 1347) un giovane parente fiorentino, Franceschino degli Albizzi, che scrive poesie in italiano;

1346
gennaio, da Napoli arriva ad Avignone Philippe de Cabassoles (che deciderà poi di fermarsi in Provenza), assieme a un altro inviato, in missione presso il papa per conto della regina Giovanna;

aprile, dal villaggio di Thor (sotto il malvagio feudatario Geaud Amic) gli giunge una disperata invocazione di aiuto;
[È una delle tante storie del ius primae noctis… Fatto sta che il fidanzato della ragazza si trova ora in prigione e il feudatario, in base alla legge, potrebbe ucciderlo; gli amici del giovane fidanzato chiedono aiuto al poeta (la persona probabilmente più autorevole del villaggio) il quale si rivolge al cardinale Giovanni Colonna; la fine della storia non è conosciuta…]

primavera, venuto a sapere che nella cattedrale di Parma si sono resi vacanti un posto di canonico e il posto di arcidiacono (in seguito alla morte di colui che li ricopriva) fa domanda (tramite il cardinale Giovanni Colonna) per ottenere la nomina ad entrambi gli uffici;


Bucolicum carmen (1346-47, dodici egloghe latine di contenuto allegorico e autobiografico)

De vita solitaria (1346-47, in lode della solitudine dei santi e degli studiosi, dedicato all'amico Philippe de Cabassoles, vescovo di Cavaillon, cui lo invierà solo nel 1366, continuando a rivederlo in seguito)

29 ottobre, il papa gli concede la nomina al posto vacante di canonico nella cattedrale di Parma; il posto di arcidiacono è già stato invece promesso ad altra persona;

1347
gennaio, per l'amico Laelius (sta per recarsi a Napoli dove deve eseguire una commissione per conto del cardinale Giovanni Colonna o del papa) scrive una lettera di raccomandazione a Barbato di Sulmona;
all'inizio dell'anno si reca a Montrieux per far visita al fratello Gherardo che non vede da quando è entrato nel monastero;

De otio religioso (1346-47, ispirato dalla visita in convento del fratello)

giugno, apprende con grande interesse che Cola di Rienzo è diventato il padrone di Roma;
[Scrive in proposito una lunga lettera/orazione di incoraggiamento diretta sia al nuovo tribuno di Roma che al popolo romano. Lo esorta personalmente a proseguire senza tentennamenti sulla strada intrapresa che lo porterà a conquistarsi una fama immortale e la gratitudine dei posteri. Poi loda anche la sua abitudine di accostarsi quotidianamente alla confessione e alla comunione, ecc.]

luglio, prima ancora di ricevere una risposta alla prima lettera indirizzata a Cola di Rienzo, egli ne scrive una seconda;
[In questa, oltre ad affermare di avergli scritto una lettera ogni giorno dopo la prima (nessuna comunque ci è pervenuta), si limita a descrivere l'ansia con cui sono attese ad Avignone le missive del nuovo tribuno di Roma.]

28 luglio, Cola di Rienzo gli scrive una lettera in cui esprime grande soddisfazione per l'appoggio dato dal poeta alla propria causa; vi afferma anche il principio del valore permanente della rivoluzione e lo invita a recarsi a Roma;

agosto, mentre non conosce forse ancora nei dettagli le "operazioni romane" di Cola di Rienzo, non rinuncia alla fiducia che ha posto in lui, anzi, anche a costo di perdere alcune amicizie preziose e di vecchia data, fa del suo meglio per difenderlo e gli scrive una nuova lettera;

settembre, quando veine a sapere che un messo del tribuno di Roma è stato duramente bastonato alle porte di Avignone, scrive a Cola di Rienzo una lettera infiammata ed estremamente violenta nel denunciare le colpe di Avignone contro la sacra città di Roma, ecc.
Venuto poi a conoscenza che i cardinali hanno appena dato parere negativo alla proposta di una eventuale unificazione tra Roma e l'Italia, ne informa con un'altra lettera Cola di Rienzo criticando fermamente e appassionatamente la decisione presa dal concistoro nonostante gli sforzi da lui fatti per contrastarla; chiede altresì a lui e al popolo romano di dimostrare con le loro azioni che quanto egli ha sostenuto con gli scritti è giusto;

9 settembre, il papa dà il proprio assenso a tutte e cinque le richieste inoltrategli al poeta in primavera e riguardanti:
- 1ª e 2ª, non chiare (forse si riferiscono a un progetto del poeta (poi non attuato) di andare a stabilirsi, in compagnia di Socrate, in una località nelle vicinanze di Montrieux;
- 3ª, la legittimazione di Barriano, uno dei figli di Azzo da Correggio;
- 4ª, la legittimazione di Giovanni, figlio del poeta;
- 5ª, la richiesta di un beneficio a nome di un amico o di un conoscente veronese;

13 novembre, il papa, venuto a sapere della sua intenzione di recarsi a Verona, gli affida una speciale ambasciata per Mastino della Scala, signore di Verona, per esortarlo ad opporsi fermamente all'entrata in Italia del re d'Ungheria che ha minacciato di invadere il regno di Napoli;
20 novembre, parte per l'Italia;
[Poco prima di partire dalla Provenza, riceve una lettera di Laelius alla quale risponde due giorni dopo scrivendo di aver letto con stupore la lettera a proposito di Cola di Rienzo che l'amico gli ha mandato (nulla sappiamo del suo contenuto né di quello di un'eventuale lettera allegata del tribuno di Roma). Si dice comunque addolorato perché se Roma è lacerata, che ne sarà dell'Italia? E se questa è lacerata che ne sarà della propria vita futura? Conclude quindi dicendo che, non avendo nulla da offrire in questi momenti di pubblica e privata sventura, né ricchezze, né forze fisiche, né potenza, né consigli, non gli restano che le lacrime. Dice di non aver dormito per tre notti.]

27 novembre, mentre si trova a Genova, scrive una lettera a Cola di Rienzo che è uno sfogo di amaro rimprovero e al tempo stesso un'appassionata implorazione.
[Il testo si può riassumere così: se Cola di Rienzo non pensa al proprio onore, che pensi almeno a quello del poeta. Egli deve pur sapere quale tempesta sovrasta quest'ultimo, quale congiura di censori gli si formerà attorno se egli verrà meno all'impresa.]

29 novembre, da Genova passa per Parma diretto a Verona dove sa di trovare il figlio Giovanni, il di lui maestro Rinaldo Cavalchini, e inoltre Azzo da Correggio, Moggio dei Moggi e… il suo cavallo Cicerone.

1348
25 gennaio, verso sera, mentre si trova già a Verona, succedono violente scosse di terremoto sentite in tutta Italia, sulle Alpi e in gran parte dell'Europa centrale;
[In questi giorni incontra il dignitario bizantino Nicholas Sygeros, uno dei tre inviati diretti ad Avignone dove intendono discutere con il papa la possibilità di riunificare la Chiesa greca con quella ortodossa.]

marzo, ai primi del mese da Verona ritorna a Parma dove comincia ad adempiere ai suoi doveri di canonico della cattedrale;
24 marzo, riceve alcune lettere dagli amici fiorentini; tra di loro c'è anche il suo vecchio parente Giovanni dell'Incisa e due giovani che egli non conosce personalmente: Bruno Casini e Zanobi da Strada;
nello stesso mese riceve la notizia della morte dell'amico Franceschino degli Albizzi;
6 aprile, torna a Verona;
7 aprile, scrive una lettera di risposta a Giovanni dell'Incisa dove spiega che il mancato viaggio a Firenze è dovuto al venire meno di certe speranze che aveva nutrito;
[Forse si riferisce a Cola di Rienzo e al ventilato viaggio a Roma.]

19 maggio, a Parma gli giunge una lettera di Socrate che lo informa della morte di Laura (6 aprile, segnato nel codice di Virgilio che si conserva alla Biblioteca ambrosiana di Milano) perita di peste come altri amici, tra cui Sennuccio del Bene, ecc.;

luglio, gli giunge notizia della morte del cardinale Giovanni Colonna;
23 agosto, il papa dà ascolto alla sua petizione con la quale in primavera aveva chiesto di ricoprire l'ufficio di arcidiacono della cattedrale di Parma, rimasto ancora una volta vacante;

Psalmi penitentiales (1348, Salmi penitenziali, sette confessioni in forma di preghiera)

1349
pur regredendo nella sua violenza, la peste continua a mietere vittime a Parma anche nei primi sei mesi dell'anno;
molto probabilmente all'inizio avviene una rottura tra il vescovo di Parma, Ugolino de' Rossi, e il poeta; lasciata Parma comincia a vagabondare per l'Italia: è a Carpi, a Ferrara, a Padova su invito di Jacopo II da Carrara Albero genealogico;
18 aprile, prende possesso della carica di canonico presso la cattedrale di Padova, ufficio procuratogli da Jacopo II da Carrara;
[Il rito solenne è celebrato dal cardinale Gui de Boulogne, che si trova di passaggio in città, diretto in Ungheria come legato papale.
Il vescovo di Padova, Ildebrando Conti, che deve accompagnare il legato papale in Ungheria, prende parte anche lui alla cerimonia e parla del poeta in termini molto lusinghieri. Il vescovo e il poeta (pur essendo il primo molto più anziano) diventeranno intimi amici.
Nella stessa occasione (o forse l'anno successivo) il poeta conosce anche l'abate benedettino Pierre d'Auvergne un membro del seguito del cardinale.
Anche se in virtù del canonicato ha a disposizione una casa vicino alla cattedrale, egli conserva la sua residenza a Parma e si limita a recarsi a Padova di tanto in tanto.
Visita anche Venezia (dove acquista per cento libbre un grande breviario, divenuto poi uno dei suoi libri più cari), Treviso e si ferma uno o due giorni a Verona.]

maggio, tornato a Parma, apprende al suo arrivo che sono stati a fargli visita due amici di Avignone: i fiorentini Mainardo Accursio [Simpliciano] e Luca Cristiani [Olimpio], entrambi suoi ex compagni di studi all'università di Bologna che avevano servito il cardinale Giovanni Colonna ad Avignone;
22 maggio, l'amico Paganino da Bizzozzero viene a trovarlo rimanendo a lungo a conversare con lui;
23 maggio, un messaggero gli porta la notizia che l'amico della sera prima è morto di peste;
nel giro di tre giorni muoiono anche tutti gli altri componenti della famiglia di Paganino da Bizzozzero;
negli stessi giorni, dopo aver inviato un servo a Firenze per avere notizie dei suoi amici Luca e Mainardo, viene a sapere che i due, attraversando gli Appennini, erano caduti in mano ai ladroni: Mainardo era rimasto ucciso mentre Luca era riuscito a scappare;

settembre, in Italia, sulle Alpi e in Germania si hanno dei terribili terremoti; i danni alle chiese e agli edifici di Roma sono notevoli;
25 settembre, il poeta è a Carpi, non molto lontano da Parma;
visita (molto probabilmente) Ferrara (ospite degli Este)
[Qui incontra una donna ferrarese (nome sconosciuto) verso la quale prova una particolare attrazione.]

novembre, si reca a Padova dove si ferma, nella casa vicino alla cattedrale, fino all'inizio di marzo dell'anno successivo; viene a sapere che è morto il poeta Sennuccio del Bene;

papa Clemente VI lo autorizza a fondare a Firenze una università;


1350
13 febbraio, al suo ritorno dalla missione in Ungheria il cardinale Gui de Boulogne si ferma a Padova per qualche tempo per poter presiedere alla cerimonia della traslazione del corpo di s. Antonio di Padova dal suo sepolcro originario alla cappella costruita appositamente nella grande e recente chiesa di S. Antonio; alla cerimonia assiste una folla immensa di fedeli, tra i quali anche il poeta;
12 marzo, mentre il poeta si trova a Verona, invia una lettera a Socrate nella quale rimpiange la perdita di molti amici e lo invita a venire a vivere con lui, a Parma o a Padova, o in qualsiasi altro luogo che preferisca; nessuna notizia ancora ha il poeta su Luca Cristiani;
maggio, è a Mantova, ospite dei Gonzaga;
[Ad Avignone egli aveva conosciuto Giovanni Aghinolfi, il cancelliere dei signori di Mantova.]
24 maggio, è già ritornato a Parma;
giugno, è di nuovo a Mantova;
6 luglio, a Parma acquista una copia della Storia naturale di Plinio [il Vecchio] (ora alla Bibliothéque Nationale di Parigi);

ottobre, si mette in viaggio verso Roma per il giubileo; giunge a Firenze, ove rinnova i legami d'amicizia con G. Boccaccio e altri letterati toscani: Zanobi da Strada, Francesco Nelli, priore dei Santi AApostoli e Lapo da Castiglioncino;
12 ottobre, quando egli parte da Firenze, G. Boccaccio gli fa dono di un anello;
20 ottobre, da Viterbo arriva a Roma (un po' malconcio in seguito ad un calcio di un cavallo che lo obbliga a letto per due settimane);

nel ritorno da Roma (non si conosce la data di partenza) visita brevemente Arezzo (la città natale) e Firenze; partito alla volta di Parma, porta con sé la copia delle Istituzioni di Quintiliano che Lapo da Castiglionchio gli ha donato;

dicembre, poco prima della fine del mese giunge a Parma;
24 dicembre, viene a sapere che il suo generoso patrono padovano Jacopo II da Carrara, signore di Padova, è stato assassinato;

1351
gennaio, recatosi a Padova per scrivere un epitaffio per il signore assassinato, vi rimane fino al 3 maggio;
24 febbraio, scrive una lettera a Carlo IV di Boemia (non ancora incoronato imperatore) invitandolo a venire in Italia senza indugi;

Epistole a Carlo IV di Boemia (1351, perché scenda in Italia a sedare le rivolte cittadine)

marzo, scrive una lettera al doge di Venezia Andrea Dandolo (uomo di grande esperienza che nutre interessi letterari oltre che politici) in cui lo in vita a desistere dai preparativi bellici e cercare la conciliazione con Genova;
verso la fine del mese arriva a Padova G. Boccaccio il quale porta con sé una lettera ufficiale del Comune di Firenze, ma anche lettere di Francesco Nelli, Lapo di Castiglionchio e Zanobi da Strada;
proprio per mano di G. Boccaccio riceve l'invito di ritornare nella città dei suoi avi; Firenze gli offre la restituzione dei beni confiscati al padre ed una cattedra nello Studio;
6 aprile, con una lettera ai reggitori di Firenze il poeta ringrazia per la restituzione dei beni del padre, del resto non fa cenno;
1° maggio, su richiesta di Giovanni Aginolfi scrive l'epitaffio sulla tomba, non ancora terminata, di Jacopo II da Carrara;
[La tomba si trova inizialmente nella chiesa di Sant'Agostino; demolita la chiesa, nel 1820 sarà trasferita nella chiesa degli Eremitani.]

rifiutata ogni altra offerta, tra cui una papale, decide di far ritorno in Provenza;
3 maggio, parte da Padova in direzione di Verona; arriva verso sera a Vicenza dove trascorre la notte; il giorno seguente è a Lonigo e quindi a Verona dove rimane un mese; a Mantova non si trattiene a lungo e a Parma si ferma solo il temp necessario per curare i prorpi interessi; qui decide di portare ad Avignoneanche il figlio; mentre si trova a Parma riceve notizie circa l'amico Luca Cristiani il quale è tornato salvo a Piacenza;
11 giugno, proveniente da Parma arriva a Piacenza dove ha la gioia di rivedere la'mico Luca Cristiani;
20 giugno, raggiunge il passo del Monginevro;
27 giugno, arriva con il figlio a Valchiusa;
[Vicino al poeta, a Valchiusa, abita il suo sovrintendente/fattore Raymond Monet il quale si occupa non solo della casa e dei campi, ma perfino dei libri del padrone; sarà a lui e ai suoi due figli Jean e Pierre che lascerà i possedimenti di Valchiusa, a condizione che siano rispettate determinate condizioni contenute nel testamento.]

settembre, si trasferisce con il figlio nell'odiata Avignone dove abitano tre dei suoi amici più cari: Socrate, Guido Sette (nella cui casa i due ospiti abiteranno per diversi mesi) e Philippe de Cabassoles

novembre, arrivano ad Avignone due ambasciatori fiorentini accompagnati dal seguito, con il compito di convincere il papa a unirsi alla lega contro i Visconti e di persuaderlo a dare il suo beneplacito alla incoronazione di Luigi di Taranto e di Giovanna come re e regina di Napoli; uno dei due ambasciatori è Angelo Acciaiuoli (cugino di Nicolò) che ricopre al tempo stesso la carica di vescovo di Firenze e quella di cancelliere del regno di Napoli; del suo seguito fa parte Forese Donati (rettore di una chiesa vicino a Firenze e amico di Francesco Nelli (Simonide);

1352
marzo, il papa concede al figlio del poeta (anche se appena quindicenne) un posto di canonico a Verona;
1° aprile, il poeta fa ritorno a Valchiusa; scrive una lunga lettera a Stefano Colonna, prevosto di Saint-Omer, nella quale passa in rassegna le condizioni in cui si trovano varie parti d'Italia, la Francia, l'Inghilterra, la Germania, la Spagna, Maiorca, la Sardegna, la Corsica, la Sicilia, Rodi, Creta,, la Grecia, Cipro, l'Armenia, la Terra santa, l'Asia e l'Africa e conclude dicendo che non c'è luogo nella terra dove si possa trovare una garanzia di pace e libertà;
[Stefano Colonna è figlio di Pietro Colonna, nipote di Stefano Colonna [il Vecchio].]

giugno, il poeta manda il figlio quindicenne a Verona, munito però di due lettere per gli amici del poeta, Rinaldo Cavalchini e Guglielmo da Pastrengo, affinché veglino su di lui;

10 agosto, invia una lettera a Francesco Nelli in cui ripete quanto ha appena saputo di Cola di Rienzo (ora in carcere ad Avignone, in attesa del processo per eresia, dopo il suo trasferimento da quello di Praga); invia pure una lunga lettera al popolo di Roma con lo scopo di farlo intervenire in favore dell'ex tribuno mandando un'ambasceria ad Avignone per chiedere che Cola di Rienzo, in quanto cittadino romano, venga consegnato a Roma e ivi giudicato o almeno per chiedere che sia processato pubblicamente e che gli sia consentito di avvalersi del patrocinio di un legale;

settembre, in questo periodo il poeta ha quattro canonicati: a Lombez, Pisa, Parma e Padova;

1° ottobre, rispettando il desiderio del cardinale Gui de Boulogne, si trasferisce ad Avignone per attendere la sua venuta;

8 novembre, stanco di attendere il cardinale Gui de Boulogne, il poeta ritorna a Valchiusa;
16 novembre, deciso a compiere un viaggio in Italia, parte da Valchiusa e segue la strada costiera deciso a fermarsi a Montrieux per far visita al fratello Gherardo; giunto a Cavaillon si ferma a far visita all'amico Philippe de Cabassoles che è ammalato; in seguito, mentre invia i servi in Italia, egli fa ritorno a Valchiusa a causa del tempo pessimo;
apprende della morte di Ildebrandino Conti, vescovo di Padova;
6 dicembre, Avignone, muore papa Clemente VI;
16 dicembre, il poeta invia una lettera all'amico Philippe de Cabassoles in cui scrive degli aspetti negativi del papato del defunto pontefice;
18 dicembre, i cardinali riuniti in conclave eleggono papa il cardinale Etienne Aubert (Innocenzo VI);


a Valchiusa in Provenza si dedica alla rielaborazione e al riordinamento di tutte le sue lettere ricche di notizie autobiografiche e di confessioni, scritte (quasi tutte in latino) alla maniera di "saggi" su diversi argomenti di cultura, di politica, di religione, e talvolta indirizzate non a personaggi reali, ma a uomini illustri dell'antichità;

Epistole metrice (Silloge della corrispondenza in esametri messa insieme nel 1350 dal poeta con un carme di dedica all'amico Marco Barbato da Sulmona; rivista e ritoccata più tardi, comprende, in III libri, 66 epistole (14+18+34))

Rerum familiarum libri (Familiares) (Familiari, in XXIV libri, 348 epistole in prosa + due in versi, lettere scritte fra il 1326 e il 1366, dedicate a Ludwig van Kempen (Socrate) indirizzate a Virgilio e a Orazio, trascritte in parte da Gasparo de' Broaspini e da G. Malpaghini)

Sine nomine (titulo) (raccolta con prefazione di 19 missive, stilate tra il 1342 e il 1358, escluse dalla raccolta precedente dall'autore stesso; trattandosi di polemiche nei riguardi della curia avignonese, sono private, sempre da lui medesimo e per motivi di prudenza, del nome dei destinatari)

Invectivae contra medicum (1352-53, in IV libri, comprendono 2 libelli polemici: il primo (1352), indirizzato al medico di Clemente VI, che per interposta persona ha risposto ad un attacco epistolare del poeta; gli altri tre (1353) sono la replica alle argomentazioni dello stesso medico)

1353
3 gennaio, su richiesta dei cardinali Elie de Talleyrand e Gui de Boulogne si reca ad Avignone;
4 gennaio, arriva ad Avignone un suo servo che gli comunica la morte del sovrintendente di Valchiusa Raymond Monet;

giugno, in seguito alle aspre polemiche ingaggiate con l'ambiente ecclesiastico e culturale di Avignone, lascia definitivamente la Provenza ed accoglie l'ospitale offerta di Giovanni Visconti arcivescovo e signore della città di risiedere a Milano;

ottobre, per uno o due giorni è ospite dei Visconti;
[Prima di stabilirsi a Milano egli ha conosciuto Gabrio Zamorei di Parma il quale nel 1354 sarà vicario dell'arcivescovo Giovanni Visconti. Appena arrivato a Milano deve aver fatto conoscenza con i monaci di Sant'Ambrogio dai quali apprende alcuni particolari della vita e della leggenda del santo e con il loro permesso esplora la biblioteca del monastero: qui, fra le altre cose, trova un volume antico e di straordinarie dimensioni, contenente un trattato attribuito al santo ma in effetti del Palladio, un vescovo della primitiva Chiesa orientale (da non confondersi con il Palladio autore del De agricultura). Tra i nuovi conoscenti c'è Sagremor de Pommiers (diventerà presto suo amico), un francese di nobili origini, al servizio dei Visconti come fidato corriere che, in certe occasioni, fa anche le funzioni di agente diplomatico.]

novembre, agli inizi del mese finalmente riceve la risposta alla lettera inviata a Carlo IV di Boemia nel febbraio del 1351 (e dopo quella scrittagli un anno più tardi);
[La mancata risposta probabilmente è stata causata ai vari cambiamenti di residenza del poeta.
L'imperatore comunque risponde che, pur non avendo rinunciato al progetto di venire in Italia, la sua poresente politica di inazione è dovuta a tre motivi:
a) - la situazione disperata delle cose italiane in questo momento, così diversa dalla situazione dei tempi antichi, è tale da rendere impossibile qualsiasi evento efficace;
b) - le difficoltà di governare l'impero sono estremamente gravi – Nescitis quanta bellua sit Imperium" = Non avete idea quale mostro sia l'impero (attribuendola ad Augusto);
c) - all'uso della forza militare si deve far ricorso solo in casi estremi.

23 novembre, il poeta scrive una lettera di risposta a Carlo IV di Boemia confutandone gli argomenti ad uno ad uno:
a) - i tempi non sono cambiati: Roma antica era costantemente in uno stato di guerra e di pericolo;
b) - Tiberio e non Augusto disse che l'impero è un mostro,
c) - è un fatto ormai che tutti i rimedi, ad accezione dell'uso della spada, sono stati tentati e tentati invano.

1354
gennaio, inviatogli da Nicholas Sygeros da Costantinopoli, gli giunge in dono un manoscritto di Omero, scritto in greco;
nella lettera di ringraziamento, il poeta richiede, se possibile, manoscritti di Esiodo e di Euripide;
malgrado le critiche di amici e nemici collabora con missioni e ambascerie;
inviato a Venezia dall'arcivescovo di Milano Giovanni Visconti (che a dicembre ha rinunciato al progetto di inviare suoi rappresentanti alla conferenza di pace ad Avignone) fa parte di una missione che cerca di stabilire la pace tra la Repubblica di San Marco e Genova datasi ai Visconti; in qualità di oratore (la discussione dei problemi militari è affidata ad un altro componente), ha diretti contatti con il doge Andrea Dandolo e inoltre fa la conoscenza di altri tre uomini di governo veneziani: Marin Falier, Neri Morando e Benintendi dei Ravagnani, il quale è stato da poco nominato cancelliere della repubblica;

febbraio, Verona, in seguito alla rivolta contro la signoria (subito domata e puniti severamente i colpevoli), tra i fuggitivi dalla città sono Azzo da Correggio e il figlio del poeta (anche se forse non implicato) che viene così privato del suo ufficio di canonico;

aprile, passa alcuni giorni nel monastero certosino, dono dell'arcivescovo, che sorge nel villaggio di Garegnano (5/6 km ad ovest di Milano); poiché il priore del monastero sta per recarsi alla Grande Chartreuse, presso Grenoble, dove si terrà all'inizio di maggio il capitolo generale dell'ordine, il poeta ne approfitta pe inviare lettere a Jean Birel, priore generale dell'ordine, a suo fratello Gherardo, e a Philippe de Cabassoles;

5 ottobre, caduto ammalato in agosto, muore l'arcivescovo e signore di Milano Giovanni Visconti;

ottobre, mentre Cola di Rienzo viene trucidato dalla folla romana scatenata, Carlo IV di Boemia arriva in Italia e fino a dicembre si stabilisce a Mantova;
dicembre, ai primi del mese Sagremor de Pommiers (agente dei Visconti) che fa la spola tra Milano e Mantova porta al poeta una lettera dell'imperatore che lo invita a recarsi presso di lui;
quattro giorni dopo è a Mantova presso l'imperatore Carlo IV di Boemia;
cede a Socrate il canonicato di Lombez in cambio di un canonicato situato in un villaggio rurale dell'Italia meridionale; lo scambio sarà ratificato dal papa la primavera successiva;


1355
febbraio, riceve la notizia che verso il Natale scorso la sua casa di Valchiusa è stata bruciata dai banditi; per fortuna i figli di Raymond Monet, prevedendo il fatto, erano riusciti a mettere in salvo i libri del poeta e ad evitare danni peggiori;
aprile, riceve in dono da G. Boccaccio una grande copia delle Sposizioni dei Salmi di S. Agostino (ora alla Bibliothéque Nationale di Parigi);
5 aprile, a Roma Carlo IV di Boemia viene incoronato imperatore dal cardinale Pierre Bertrand, legato pontificio;
maggio, Pisa, di ritorno da Roma l'imperatore è accompagnato da Niccolò Acciaiuoli e da Zanobi da Strada; quando concede a quest'ultimo (forse proprio su pressione di Niccolò Acciaiuoli) la corona di poeta, egli ne è dispiaciuto e alcuni suoi amici ne sono addirittura sdegnati;
giugno, il cardinale Pierre Bertrand, di ritorno da Roma e diretto ad Avignone, si ferma a Milano per due giorrni e si reca a trovare il poeta in compagnia del suo segretario, Johannes Porta;
ottobre, riceve una lunga lettera da Barbato di Sulmona (sono dodici anni che i due amici non si vedono); poiché il poeta sta per inviare a Napoli il suo fidato fattore Matteo di Pietro con diverse incombenze, gli dà anche l'incarico di informarsi presso Niccolò Acciaiuoli se gli è possibile trovare un'abitazione per lui nelle vicinanze di Napoli dove poter vivere in serena solitudine;
dicembre, di ritorno da Napoli, G. Boccaccio gli invia in dono un manoscritto dell'XI secolo (una copia stilata direttamente da lui) contenente dei frammenti di Cicerone e dei frammenti del De lingua latina di Varrone che G. Boccaccio ha trovato nel monastero di Monte Cassino.
[Il questo periodo il monastero di Monte Cassino si trova alle dipendenze di Zanobi da Strada, che da quando Angelo Acciaiuoli è stato nominato vescovo di Monte Cassino, fa le funzioni di suo vicario.]


Invectiva contra quendam magni status hominem sed nullius scientie aut virtutis (1355, polemica requisitoria contro il cardinale Jean de Caraman e la turpe condotta dei prelati)

De remediis utriusque fortunae (Rimedi per la prospera ed avversa fortuna, 256 dialoghi)

1356
20 maggio, su invito dei fratelli Visconti, si reca dall'imperatore Carlo IV come loro portavoce per adoperarsi "pro ligustica pace"; parte in compagnia di Sagremor de Pommiers; i due inviati si recano dapprima a Basilea, sperando di trovarvi l'imperatore; dopo un mese di attesa si mettono in viaggio verso Praga; un viaggio piuttosto pericoloso che fanno assieme ad un certo Martinus Theutonus;
a Praga il poeta rmane circa un mese e nulla sappiamo dei risultati della sua missione;
[Sappiamo soltanto che si è guadagnato la stima dell'imperatore, della giovane imperatrice Anna, del cancelliere Jan ze Streda, dell'arcivescovo Arnost z Pardubic e di Jan Ocko, vescovo di Olomouc; viene nominato conte palatino dall'imperatore e consigliere; il titolo di conte palatino procura al poeta privilegi, diritti grazie e immunità… A Praga ha qualche contatto anche con lo speziale di corte, Angelo di Firenze (a cui appartiene il primo giardino botanico che mai sia stato costituito in territorio germanico).]

agosto, verso la fine del mese egli torna a Milano;

1357
marzo, trascorre qualche giorno nel monastero certosino di Garegnano deciso a trascorrervi n seguito anche l'estate;
settembre, lascia il villaggio vicino al monastero certosino di Garegnano dove ha trascorso l'estate;
prima del suo ritorno a Milano trascorre alcuni giorni a Pagazzano, un villaggio sulla riva sinistra dell'Adda dove i Visconti hanno un castello;

1358
marzo, da Praga Sagremor de Pommiers porta al poeta da parte del cancelliere Jan ze Streda il diploma di conte palatino, a cui è attaccato un sigillo d'oro;
luglio, viene a sapere della rottura dell'amicizia tra Socrate e Lelio; una sua lettera riesce ad annodare l'amicizia pericolante;
settembre, ritorna a Pagazzano nel castello visconteo;

1359
estate, riceve una lettera del figlio Giovanni che si trova ancora al bando ad Avignone e che gli chiede il permesso di tornare a casa; gli risponde di tornare solo quando si sentirà degno;
ottobre, trascorre alcuni giorni a Pagazzano dove, tra gli altri, incontra l'orafo Enrico Capra che ha per il poeta una vera e propria venerazione;
intanto a Pavia la situazione si è fatta disperata;
scrive una lettera contro il frate Jacopo Bussolari, capo dell'insurrezione di Pavia contro i Visconti e i loro alleati Beccaria
nello stesso tempo ha serie difficoltà con i servi i quali finiscono per litigare davanti a lui per dividersi proprio le sue cose; li licenzia tutti in tronco;
novembre, Milano, si trasferisce nella nuova casa, molto graziosa;


1360
gennaio, Milano, da Avignone arrivano Bolano, il vecchio soldato-monaco-corriere, con alcuni amici e una lettera di Socrate; poco dopo arriva anche Lelio e il figlio del poeta Giovanni;
aprile, si reca di nuovo a Padova e a Venezia;
agosto, è già di ritorno a Milano;
ottobre, Milano, partecipa al matrimonio tra Gian Galeazzo Visconti (11 anni) e Isabella di Francia (8 anni); poiché la città è nuovamente sotto la minaccia della peste, l'amico Albertino da Cannobio lo invita ad andare ad abitare da lui sul lago Maggiore; il poeta rifiuta l'invito;
dicembre, è a Parigi con un incarico diplomatico ricevuto da Galeazzo Visconti; con lui sono altre cinque persone, quattro ufficiali dell'esercito e un giurista; essi portano in dono a re Giovanni II [il Buono] due anelli: uno era stato strappato dal dito del re durante la battaglia di Maupertuis e, dopo varie peripezie recuperato da Galeazzo Visconti, l'altro è un prezioso rubino del tesoro personale del duca di Milano;
durante il viaggio attraverso la Francia il poeta vede con stupore e apprensione lo stato di desolazione in cui si trova il paese: «… la stessa Parigi, capitale del regno, deturpata fin sulla soglia stessa delle porte dalle rovine e dagli incendi, sembra tremare inorridita ai funesti casi che l'hanno colpita»;

1361
gennaio, durante il soggiorno a Parigi, si incontra spesso con Pierre Bersuire già conosciuto vent'anni prima ad Avignone;
13 gennaio, pronuncia la sua orazione nel palazzo reale alla presenza del re, del principe Carlo, di molti cortigiani e dei suoi cinque compagni;
marzo, è di ritorno a Milano;
poco dopo riceve una lettera dell'imperatore a cui sono accluse le copie di due documenti che si presentanto come privilegi accordati da Cesare e da Nerone. Si tratta di documenti addotti dal duca Rodolfo IV d'Austria in appoggio alla rivendicazione della sovranità autonoma dell'Austria e della sua indipendenza dalla giurisdizione imperiale. Carlo IV chiede al poeta di comunicargli in via riservata il suo parere sull'autenticità dei due documenti; inoltre invita il poeta a recarsi a Praga;
[Da buon esperto il poeta si accorge subito che i due documenti sono falsi e ne informa l'imperatore con una lettera riservata in cui espone con chiarezza e convinzione i risultati del suo esame; in una lettera a parte ringrazia l'imperatore dell'invito a Praga ma si dice costretto a respingerlo perché troppo legato all'Italia.
È probabile che Francesca, la figlia del poeta, che compie ora 18 anni, sia venuta a vivere col padre già nel soggiorno milanese ed è probabile che proprio qui abbia incontrato Francescuolo da Brossano a cui si unirà in matrimonio nel 1362.]

giugno, per sfuggire la peste, abbandona Milano per Padova;

Rerum senilium libri (Seniles) (in XVII libri, 120 epistole, lettere fra il 1361 e la morte, dedicati a Francesco Nelli (Simonide) concluse, almeno idealmente, dalla Epistola ad posteros o Posteritati, la quale dovrebbe coronare il "corpus" epistolare del poeta come XVIII libro delle Seniles, anche se poi rimane allo stato di abbozzo, delineando la sua autobiografia dalla nascita al 1371)

Il periodo trascorso a Milano, durato 8 anni, è il periodo più lungo passato dal poeta in modo pressoché continuo, nello stesso luogo.

Padova, va ad abitare nella casa presso la cattedrale; qui già conosce Francesco da Carrara e Pietro Pileo, vescovo della città; di tanto in tanto da Padova si reca nella vicina Venezia;

14 luglio, Padova, apprende che nella notte tra il 9 e il 10 luglio su figlio Giovanni è morto a Milano, vittima della peste;
agosto, viene a sapere della morte anche del caro amico Socrate e più tardi di Philippe de Vitry;
autunno, una lettera di Talleyrando gli comunica che è morto Zanobi da Strada e che è desiderio del pontefice che egli prenda il suo posto di segretario papale rimasto vacante;


1362

nel corso dell'estate la peste raggiunge Padova;

settembre, da Padova si trasferisce a Venezia dove la Repubblica Veneta gli dona una casa (Palazzo Molin), sulla riva destra degli Schiavoni, in cambio della promessa di donazione, alla morte, della sua biblioteca alla città lagunare; qui è consolato dalla figlia Francesca che, sposatasi a Milano con Francescuolo da Brossano, lascia la città lombarda per vivere accanto al padre; di tanto in tanto va in visita a Padova e soggiorna a Pavia dove i Visconti gli hanno procurato una casa;
fra i veneziani, i suo amici conosciuti da tempo sono Benintendi dei Ravegnati e Donato Albanzani, maestro e uomo di lettere;
novembre, apprende della morte dell'amico Azzo da Correggio a cui aveva dedicato il De remediis fortune; scrive una lettera di cordoglio a Moggio dei Moggi per tanti anni al servizio del defunto;

 

durante l'anno (o poco più tardi) nasce il primo dei nipoti del poeta: una bambina a cui viene dato il nome della madre del poeta, Eletta;

1363
Francesco Bruni, che desidera ottenere un posto di segretario nella curia papale, gli chiede una lettera di raccomandazione; il poeta gli risponde di presentarsi al papa facendo il suo nome;
marzo, dopo aver passato un inverno molto infelice a Napoli, G. Boccaccio arriva a Padova credendovi di trovare il poeta; saputo del suo trasferimento a Venezia decide di fermarsi Padova per un certo tempo e poi proseguire per Venezia;
viene a sapere che ad Avignone e in altri luoghi era circolata la voce della sua morte; prestando fede a queste voci papa Urbano VIII aveva assegnato ad altri non solo tutti i benefici di cui il poeta godeva ma anche il modesto canonicato, con sede forse a Carpentras, che aveva pensato di usare per attirare il poeta in Provenza; quando le voci si dimostrano false il papa gli ritorna i benefici che gli erano stati erroneamente tolti, ma ormai il canonicato era stato assegnato a un altro;
aprile, riceve una lettera di Francesco Bruni che gli dice di essere stato nominato segretario papale come aveva desiderato;
luglio, giunge la notizia della morte di Lelio;
8 ottobre, partito da Venezia per recarsi a Pavia (dove lo ha invitato Galeazzo Visconti e dove compirà molte visite analoghe), si ferma a Padova una settimana;
dicembre, è già a Venezia dove gli giungono notizie conturbanti da Creta dove c'è stata una rivolta contro la dominazione veneziana;
forse proprio quest'anno fa la conoscenza di Philippe de Mézières, cancelliere del re Pietro I di Cipro;

1364
gennaio, a Padova fa da padrino per il battesimo del figlio di Pietro da Muglio, che viene chiamato Bernardo;
su richiesta del consiglio di Venezia, invia a Luchino dal Verme una lettera di incarico per una missione a Creta;
marzo, si reca a Bologna;
giugno, ospite in casa del poeta è Bartolomeo Carbone dei Papazurri, promosso da vescovo di Chieti ad arcivescovo di Patrasso;
da Creta giunge la notizia della vittoria veneziana;
verso la fine dell'anno riceve la visita di Sagremon de Pommiers;
da questo momento il poeta, la cui vista è sempre stata perfetta, comincia afar uso degli occhiali;

1365
marzo, è di nuovo a Venezia dove frequenta le sue amicizie vecchie e nuove: Leonardo Dandolo (figlio del defunto doge Andrea Dandolo), Tommaso Talenti (ricco mercante di origine fiorentina), Zaccaria Contarini (nobile veneziano) e Guido da Bagnolo di Reggio (eminente medico);

luglio, muore il doge Lorenzo Celsi; nuovo doge viene eletto Marco Corner che, dalle testimonianze, non mostra particolare interesse per il poeta;

la voce che il poeta sia morto giunge all'orecchio dell'imperatore il quale annulla un progetto dal quale il poeta si attendeva particolari benefici (non è la prima volta che accade);

1366
gennaio, è a Venezia dove presto viene ad abitare con lui la figlia Francesca e la nipotina Eletta (probabilmente anche il marito Francescuolo da Brossano, spesso in giro per missioni d'affari);
febbraio, dai coniugi nasce un maschio, Francesco, a cui fa da padrino Donato Albanzani;
luglio, ritorna a Pavia; torna in contatto con Pandolfo Malatesta che si è riappacificato con i Visconti, tornando al loro servizio;
ottobre, Giovanni Malpaghini, che si trova da più di due anni al suo servizio, porta a termine virtualmente il compito di ricopiare le difficilissime minute delle lettere del poeta, piene di revisioni, per la grande raccolta delle Familiares;
verso la fine dell'anno torna a Venezia;

1367
marzo, trascorre circa un mese a Padova;
21 aprile, il suo fedele Giovanni Malpaghini, ormai considearato quasi un figlio, decide di non lavorare più per il poeta ma non sa ancora dove andare;
aprile, alla fine el mese il papa parte da Avignone verso Roma;
giugno, Pandolfo Malatesta non è più al servizio dei Visconti;
il tranquillo soggiorno veneziano viene turbato dall'attacco maldestro e violento mosso alla cultura, all'opera e alla figura sua da quattro giovani averroisti che lo definiscono "ignorante": amareggiato per l'indifferenza dei veneziani, dopo alcuni brevi viaggi, accoglie l'invito di Francesco da Carrara e si stabilisce a Padova.

De sui ipsius et multorum ignorantia (1367, Sulla ignoranza sua e di molti altri, contro i quattro aristotelici Leonardo Dandolo, Tommaso Talenti, Zaccaria Contarini, Guido di Bagnolo, dedicato a Donato degli Albanzani)

Da Venezia, prima della fine dell'anno, scrive la sua ultima lettera all'amico Guido Sette;
[È una lettera lunga e famosa, a carattere autobiografico, in cui il poeta passa in rassegna quasi tutto il corso della sua vita. Guido Sette però muore prima che la lettera giunga a destinazione.]


1368 
marzo, il poeta è a Padova; è ancora sua intenzione tornare a vivere a Venezia, ma non vi tornerà più;
aprile, Carlo IV arriva in Italia;
a Udine va incontro all'imperatore Carlo IV sceso in Italia per combattere i Visconti;
maggio, si reca a Pavia, chiamato da Galeazzo Visconti per partecipare ai negoziati per la firma di un trattato di pace; appena giunto gli arriva la notizia della morte del nipotino Francesco;

giugno, recatosi a Milano assiste alle nozze di Violante, figlia di Galeazzo Visconti, con Lionello duca di Clarence, figlio del re d'Inghilterra;
3 luglio, torna a cavallo a Pavia; Giovanni Malpaghini, ancora una volta, dice che non può più stare al servizio del poeta;
verso metà del mese il poeta parte da Pavia, scende lungo il Ticino e il Po su un barcone e giunge a Padova dove viene accolto con entusiasmo dalla popolazione e dallo stesso Francesco da Carrara;

settembre, gli giunge notizia che a Modena, sotto gli auspici dell'imperatore, è stato firmato un trattato di pace non sfavorevole ai Visconti;
prima della fine dell'anno ha già fatto altre amicizie: i fratelli Bonaventura e Bonsembiante Badoer (monaci agostiniani), Giovanni Dondi (medico eminente), Lombardo della Seta (umanista di non grande rilievo ma che si rende spesso utile al poeta e gli è molto devoto), Manno Donati (un condottiero fiorentino residente a Padova) e alcuni altri;

1369
marzo, si mette all'opera per costruirsi una piccola casa ad Arquà (Padova), un tranquillo paese sui Colli Euganei, sul terreno che gli ha regalato Francesco da Carrara;

1370
marzo, con tutti i suoi libri si trasferisce ad Arquà (Padova) dove spesso lo viene a trovare Francesco da Carrara; decide di partire per Roma dopo aver ricevuto l'invito dal papa;
4 aprile, decide di fare testamento; tra le varie donazioni:
- alla cattedrale di Padova ?
- alla chiesa nella quale sarà sepolto ?
- ai poverelli di Cristo ?
- Francesco da Carrara (la Madonna di Giotto);
- Donato Albanzani (remissione di un debito);
- Lombardo della Seta (dei cavalli e una coppa d'argento);
- Giovanni Boccaccio (50 fiorini d'oro, per una veste da indossare nelle ore di studio o di meditazione nelle notti d'inverno)
- Tommaso Bombasi (il suo liuto perché lo suoni "non per mondana vanità, ma in lode dell'eterno Dio");
- Giovanni Dondi (50 ducati per un anello);
- Pancaldo, suo servo (20 ducati "che non devono essere usati per giochi d'azzardo");
- Gherardo, suo fratello (100 fiorini tutti in una volta oppure cinque o dieci fiorini all'anno come egli preferisce)
- Francescuolo da Brossano (è nominato erede di tutto il resto e viene definito non solo un erede ma un figlio carissimo. La casa di Valchiusa che venga usata per il beneficio dei poveri di Cristo ma se non sarà possibile che vada agli eredi del suo fedele sovrintendete Raymond Monet;

parte per Roma dove Urbano V ha fissato la sede pontificia, ma, colto da sincope a Ferrara, è costretto ad interrompere il viaggio e tornare ad Arquà;
giugno, da Arquà, dove viene raggiunto dalla figlia Francesca con il marito, si muove di rado: una volta per sfuggire alla guerra scoppiata tra Padova e Venezia, un'altra per pronunziare una solenne orazione che ratifica la pace tra le due città venete;
agosto, viene a sapere della morte del giovane marchese Ugo d'Este che gli si era mostrato così gentile e affezionato a Ferrara durante la sua malattia;

settembre, quando il papa lascia Roma per tornare ad Avignone, il poeta ne rimane addolorato.

1371

1372
il poeta viene a sapere che Philippe de Cabassoles è stato inviato in Italia come legato papale e si trova a Perugia a governare la città dove di recente ci sono stati dei tumulti;
agosto, il poeta apprende che Philippe de Cabassoles è morto a Perugia;
3 ottobre, inizia la guerra tenuta tra Padova e Venezia;
15 novembre, il poeta si allontana da Arquà e si trasferisce a Padova portando con sé molti dei suoi libri; i servi e i familiari lo seguono con il risultato di affollare all'estremo la casa di Padova; il condottiero veneziano Rainiero Vasco non si impossessa di Arquà;

1373
gennaio, muore Pandolfo Malatesta;
aprile, in un tribunale padovano viene celebrato un processo che, sebbene non coinvolga personalmente il poeta, lo avrà seguito con interesse poiché fra i diritti acquisiti egli era anche conte palatino con potere di legittimare le persone la cui nascita era illegittima;
[Egli aveva esercitato i diritto nei confronti di Giovanni di Bartolommeo di Vicenza il quale aveva ora sporto denuncia contro un cittadino di Padova per il mancato pagamento di un prestito. Uno dei motivi a cui ricorre il denunciato, per non pagare il debito, è che Giovanni, essendo di nascita illegittima, non ha alcun diritto legale; ma Giovanni produce alla corte una copia del documento con cui il poeta lo aveva legittimato e vince la causa.]
maggio, dopo la vittoria di Padova nel primo vero scontro contro Venezia, il poeta ritorna probabilmente ad Arquà;
27 settembre, dopo essersi recato a Venezia con Francesco Novello da Carrara e altri nobili, ritorna da Venezia;

Invectiva contra eum qui maledixit Italiae (1373, contro il monaco Jean de Hesdin, che ha scritto contro il trasferimento della sede pontificia da Avignone a Roma)

1374
18 luglio, colpito da una sincope muore; 
24 luglio, ai funerali intervengono Francesco da Carrara e un gran numero di ecclesiastici e laici. L'elogio funebre è pronunciato da Bonaventura Badoer.
Per volontà testamentaria le sue spoglie vengono sepolte nella chiesa parrocchiale del paese, poi verranno collocate dal genero in un'arca marmorea accanto alla chiesa, dove tuttora si trovano.

Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere, lavoro di una vita, dal 1335-38 fino alla morte, ben nove redazioni;
I - Venezia 1470, edizione princeps (Canzoniere e Triumphi), di Vindelino da Spira;
II- Roma 1471, (Canzoniere e Triumphi) attribuito a Georg Lauet;
III - Padova 1472, (Canzoniere e Triumphi)edizione padovana, di Bartolomeo Valdezoco;
[Questa edizione non dipende passivamente dalle prime due, include infatti: la tavola dei componimenti del Canzoniere e dei Triumphi; la Nota di Laura; il Canzoniere; i Triumphi; la Vita del Petrarca di Leonardo Bruni.]

L'intero libro, così come lo leggiamo nel codice Vaticano latino 3195 (non nel 3196 che contiene abbozzi e stesure primitive poi rifiutati), in parte autografo, in parte copiato sotto diretto controllo dell'autore, comprende 366 componimenti (317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali), distinti in due parti (1-263 – 264-366)
[L'accertamento che il codice Vaticano lat. 3195 fosse l'autografo finale del P. è del 1886 e si deve a Pierre de Nolhac, studioso della biblioteca di Fulvio Orsini.
Sulla storia del codice si sapeva a fine Ottocento che il titolo originale era in una copia del Canzoniere trascritto da Leonardo Giustinian, e che nel 1472 ne fu tratta l'edizione di B. Valdezoco.
Era anche noto poi che P. Bembo avesse utilizzato l'originale per l'aldina del 1501, e che nel 1525 presso un padovano, Daniele Santasofia, lo vide il lucchese A. Vellutello (il primo commentatore cinquecentesco del P., che appunto ne parla nominando il proprietario padovano, cioè D. Santasofia, indicatogli da P. Bembo), al quale tuttavia parve di dover negare (e a torto) l'autografia del codice.
Il Vattasso nel 1904 poteva sì ragionare sull'originale, ma nulla sapere dei Santasofia.
Solo successivamente, negli anni cinquanta del Novecento, e agli studi archivistici si doveva il riscontro, capitale per la storia della biblioteca del P., che i Santasofia erano, per via di trafile testamentarie, gli eredi dei libri del P.. E così quel nome di Daniele Santasofia, da semignoto qual era, per i meriti degli studi archivistici di P. Sambin [Università degli Studi di Padova], diventava il membro di una famiglia ora conosciuta e del tutto visibile per cultura e attività nella sua Padova.
Daniele Santasofia aveva acquisito i libri del P., e fra essi il Canzoniere autografo, per aver sposato Tommasa Savonarola, vedova di Gerardo, nipote di P. come figlio di Francesca.
La notizia di A. Vellutello si dimostra dopo gli studi di P. Sambin non solo credibile, ma veritiera e preziosa, e attraverso questo dettaglio indicava anche chi avesse molti anni prima messo a disposizione di P. Bembo l'esemplare servito per l'edizione aldina del 1501.
Così una trama poteva intravedersi: il codice autografo del P., passato alla figlia Francesca, ovvero al genero Francescuolo da Brossano, di qui ai Savonarola e ai Santasofia, era stato utilizzato dal nobile poeta veneziano L. Giustinian per una propria copia. Il padovano
B. Valdezoco non fece fatica a recuperare quella notizia che doveva circolare negli ambienti colti della città. Introdotto nell'entourage, egli aveva buona possibilità di conoscere i proprietari dell'autografo del Canzoniere petrarchesco. Esiste anzi, dell'aprile 1474 e dunque di poco posteriore alla pubblicazione del Rerum Vulgarium Fragmenta, un contratto d'affitto fatto stipulare da Alvise Santasofia, per il quale B. Valdezoco funge da testimone, cosicché nemmeno occorre congetturare un rapporto di conoscenza se non di familiarità fra proprietari del codice ed editore. […]
Resta il dubbio di chi ci fosse dietro questa operazione, chi potesse prendersi la responsabilità di preparare per la stampa un manoscritto del genere… l'Augurello? il Cosmico? Nulla ci dicono i documenti sugli stampatori padovani.

I reperti dell'altro codice autografo del Canzoniere, il Vaticano lat. 3195, sarà pubblicato a Venezia da Bernardino Daniello (dapprima utilizzato nel suo commento a P. - Venezia 1541 e in seguito, nel 1549, nell'editio maior dello stesso commento).
Tra queste due date, Paolo Valdezoco, nipote di Bortolamio, ristrutturerà la casa del poeta ad Arquà.

[Tratto da Rerum Vulgarium Fragmenta, a cura di Gino Belloni, Regione del Veneto-Marsilio 2001.]

Triumphi (poema in terzine, probabilmente iniziato prima del 1340 e compiuto nel 1374)

Itinerarium breve de Ianua ad Ierusalem et Terram Sanctam (composto per un pellegrinaggio al Santo Sepolcro, su richiesta di Giovanni di Mandello)

Variae (57 lettere, non raccolte dall'autore ma  ad opera di amici ed ammiratori, che già compaiono nelle stampe petrarchesche).
[vedi Pierre de Nolhac]

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[XVI secolo: fra Girolamo Malipiero, uno dei tanti (per la maggior parte sconosciuti) "espurgatori", pubblica il Petrarcha spirituale (otto edizioni tra il 1536 e il 1587); solo il 17% dei sonetti e il 26% dei versi delle canzoni rimarrà come gli originali. Il resto sarà stravolto senza il minimo rispetto. La donna diverrà sempre la Madonna, mentre i sonetti con riferimenti alle vicende avignonesi saranno alterati con criteri spesso stravaganti, al punto da fare sostenere al poeta che la Germania è diventata come Babilonia per l'opera di M. Lutero. (Mario Infelise, I libri proibiti, Laterza 1999.]

- Opere da consultare:
- Catalogo delle opere di Petrarca esistenti nella Petrarchesca Rossettiana di Trieste (compilato da A. Hortis, Stoccarda 1874);
- Biblioteca Petrarchesca di A. Marsand (Milano 1826).

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