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– Francesco Petrarca
(Arezzo 20 luglio 1304 - Arquà, Padova 1374) scrittore italiano;
[Nato in una casa di Vico dell'Orto.]
nato da Eletta Canigiani e dal
notaio ser Pietro [di ser
Parenzo [Petracco o Petraccolo],
di ser Garzo, tutti pure
notai; la famiglia non aveva un cognome ufficiale]
[Il padre,
guelfo bianco, era amico di Dante
Alighieri esiliato da Firenze per motivi politici. Fu lui,
grande ammiratore delle opere di Cicerone,
a preparare il famoso manoscritto di Virgilio
– ora nella Biblioteca Ambrosiana di Milano – divenuto in seguito uno
degli oggetti più cari e preziosi posseduti dal figlio.
Rubato nel novembre del 1326 sarà poi recuperato dal poeta nell'aprile
del 1338. Esso contiene le Bucoliche, le Georgiche
e l'Eneide con il commento di Servio.
Appena rivenutone in possesso, il poeta darà incarico al pittore
Simone Marchini di dipingere per lui il
frontespizio, sul verso del secondo foglio di guardia.]
1302
gennaio, Dante
Alighieri viene bandito da Firenze sotto falsa accusa di
baratteria;
ottobre, anche ser Petracco, che
si è attirato l'inimicizia di un potente uomo politico, benché
sia innocente viene condannato senza processo a una grossa multa, al
taglio di una mano, al bando dal territorio di Firenze e alla confisca
dei beni;
[La confisca non riguarda la casa della famiglia a Incisa
perché il proprietario è ancora ser Parenzo.]
Il padre riesce ad allontanarsi incolume da Firenze e a rifugiarsi,
insieme con la moglie, ad Arezzo, città di un piccolo stato indipendente.
*
* *
1305
la madre ritorna a Incisa, nella casa di famiglia, e porta con sé
il figlioletto;
[Durante il passaggio a guado dell'Arno, il cavallo del
servitore che portava il bimbo scivolò e cadde e, nello sforzo
di salvare il prezioso carico, il servitore fu lì lì per
affogare.
Da Ernest Hatch Wilkins, Vita del Petrarca,
Feltrinelli Editore Milano 1964.]
la
madre rimane con il figlio a Incisa per circa sei anni e in questo periodo
il padre fa in modo, di nascosto, di far visita alla famiglia;
nasce
un fratello, morto infante;
1307
ca, nasce il fratello Gherardo;
1311
il padre si trasferisce a Pisa (rivale acerrima di Firenze) e porta
con sé la moglie e i figli;
[Come l'amico Dante
Alighieri, il padre spera che l'arrivo
dell'imperatore Enrico VII, che ha passato
le Alpi alla fine del 1310, possa favorire un ritorno dei fuorusciti
a Firenze.]
1312
la famiglia si trasferisce a Carpentras presso Avignone, in Provenza,
dove il padre spera in qualche incarico al seguito della corte di papa
Clemente V;
nello stesso periodo giunge in Provenza da Genova una famiglia tra i
cui componenti c'è un ragazzino della sua stessa età,
Guido Sette [futuro arcivescovo di Genova]
tra i due nasce una amicizia che durerà tutta una vita;
compie gli studi grammaticali sotto la guida di Convenevole
da Prato, pure lui trasferitosi a Carpentras;
1316-1320
autunno, viene mandato dal padre all'università di Montpellier
a studiare legge;
[È in questo periodo che il padre, scoperti alcuni
libri del figlio (opere classiche tra cui alcune di Cicerone),
li getta nel fuoco. Alla fine il padre, commosso, ne salverà
un paio bruciacchiati: un Virgilio (non quello famoso del padre)
e la Rhetorica di Cicerone.]
1318-19
muore la mamma Eletta Canigiani
e il padre si risposa;
1320-26
insieme con il fratello e l'amico Guido Sette
viene mandato a studiare diritto civile all'università di Bologna;
1321
poiché alcuni studenti vengono coinvolti in un disgraziato tumulto,
e in seguito all'agitazione i capi vengono processati e giustiziati
per protestare contro la condanna, la facoltà e il corpo studentesco
dell'università, virtualmente al completo, lasciano Bologna e
si trasferiscono a Imola;
1322
a seguito di un'altra agitazione politica, l'università di Bologna
non funziona ancora a pieno ritmo;
lasciata Imola, i tre studenti compiono un viaggio a Rimini e poi lungo
la costa adriatica fino a Venezia; non potend più ritornare a
Bologna, deidono di ritornare ad Avignone;
1322-23
autunno, i tre tornano a Bologna;
1323-24
i tre frequentano l'università di Bologna;
1324-25
nei primi tre mesi dell'anno accademico i tre frequentano l'università
di Bologna ma, verso la fine dell'anno, sono richiamati a casa (vi rimarranno
fino all'estate 1325);
dicembre, è costretto a prendere a prestito una grossa
somma di denaro;
1325
febbraio, Avignone, acquista un copia del De civitate Dei
di Agostino ;
[Il libro si trova ora nella biblioteca dell'università
di Padova. Vi si legge una nota, scritta [in latino] dal poeta:
«Nel febbraio del 1325 ad Avignone, ho comperato questo libro,
De civitate Dei, dagli esecutori testametnari di don Cinzio,
cantore di Tours, al prezzo di dodici fiorini». Trattasi del più
antico acquisto del poeta, di cui sia rimasta una precisa testimonianza.]
autunno,
è ancora a Bologna dove rimane fino all'aprile dell'anno successivo
per fare poi ritorno ad Avignone;
[Tra i tanti amici si ricordano: Tommaso Caloiro,
Mainardo Accursio, Luca
Cristiani e altri che incontrerà trent'anni più
tardi a Basilea; a Bologna conquista la simpatia di Giacomo
Colonna, un membro della nobile famiglia romana (anche se la
loro vera amicizia comincerà più tardi.
[Gli anni trascorsi a Bologna sono comunque importanti perché
egli incontra poeti che scrivono non nel latino delle scuole ma nella
loro lingua viva, l'italiano.]
1326
aprile, lascia Bologna, probabilmente in seguito alla notizia
della morte del padre, e torna ad Avignone con la chiara convinzione
che la professione legale non è adatta per lui;
1327
6 aprile, poco dopo il rientro in Provenza, nella Chiesa di Santa
Chiara in Avignone incontra Laura
(donna reale quindi, ma di cui non restano dati documentari; forse si
tratta di Laura de Noves andata sposa nel
1325 ad Ugo de Sade): se ne innamora, ma
non viene ricambiato;
1330 ca
consumato il modesto patrimonio paterno, si dà alla carriera ecclesiastica,
abbracciando gli ordini minori (anche se non è certo!) e impegnandosi
ad osservare il celibato e a recitare l'ufficio;
da Giacomo Colonna, da poco nominato vescovo
di Lombez in Guascogna, viene invitato con altri amici a fargli visita
durante l'estate;
[Due di questi compagni resteranno intimi amici del poeta
per tutta la vita: Lello[Laelius]di Pietro
Stefano dei Tosetti, un romano dalle inclinazioni politiche strettamente
legato alla famiglia Colonna, e il fiammingo
Ludwig van Kempen [Socrates], cantore
nella cappella del cardinale Giovanni Colonna.]
autunno, su raccomandazione di Giacomo
Colonna, viene assunto quale cappellano di famiglia dal cardinale
Giovanni Colonna, ricevendo così
l'appoggio di questa potente famiglia romana
;
[Sarà membro della corte del cardinale fino al 1337.]
1332-33
compie un lungo viaggio attraverso la Francia, la Fiandra
e la Germania: è a Parigi, a Gand, a Liegi, ad Aix-la-Chapelle, ad Aquisgrana,
a Colonia, a Lione);
[A Liegi scopre due orazioni di Cicerone,
fra cui il Pro Archia poëta; una la copia egli stesso, l'altra
se la fa copiare da un amico.]
1334
Avignone, conosce il monaco agostiniano Dionigi
da Borgo San Sepolcro che gli fa dono di una minuscola copia
delle Confessioni di Agostino;
[Il poeta la porterà sempre con sé fino
all'ultimo anno della sua vita.]
dicembre,
muore papa Giovanni XXII e al suo posto
viene eletto Benedetto XII;
1335
25 gennaio, su proposta ufficiale del cardinale
Giovanni Colonna, il papa concede al poeta
il beneficio di un canonicato nella cattedrale di Lombez;
[Chi riceve la nomina a un canonicato è libero
di eleggervi la residenza o no: il poeta non andrà mai a risiedere
a Lombez. In seguito riceverà altri canonicati che sommerà
al primo (pratica comune del tempo); prenderà anche possesso,
anni più tardi, di altri due canonicati assolvendo in qualchje
misura ai suoi doveri canonici.
Ogni nomina reca con sé il diritto a ricevere le entrate regolari
del beneficio.]
1°
giugno, copia, sulla guardia di un manoscritto contenente il De
anima di Cassiodoro e il De vera
religione di Agostino, una lunga e
fervente preghiera, composta certamente da lui;
[Altre preghiere, scritte dal poeta, si troveranno, in
tempi diversi e in altri manoscritti.]
estate,
interviene presso il papa Benedetto XII
a favore di Mastino della Scala, signore
di Verona, – in veste di amico più che di procuratore legale
– nella vertenza che oppone quest'ultimo ai Rossi,
da quest'ultimo appena cacciati dalla città;
1336
primavera, arriva ad Avignone il pittore senese Simone
Marchini, chiamatovi dal papa, per prendere parte all'opera di
decorazione del palazzo papale che si sta ora edificando; il poeta fa
la conoscenza del pittore e lo persuade a dipingere per lui un ritratto
(senza dubbio una miniatura) di Laura;
subito dopo egli scrive due delicati sonetti in lode dell'opera del
pittore;
ha inizio il suo carteggio con il papa, inteso non solo a sedare le
più incresciose rivolte della penisola, ma anche ad ottenere il ritorno
della sede pontificia da Avignone a Roma;
inizia a comporre i suoi sonetti che andranno a confluire nel Canzoniere;
1336
24 aprile, assieme al fratello Gherardo
si reca a cavallo da Avignone a Malaucène dove si fermano il
giorno seguente presso una locanda;
26 aprile, all'alba iniziano la lunga e difficile scalata della
montagna e arrivano in vetta;
dicembre, su invito del vescovo Giacomo
Colonna parte per Roma e, attraversaro un mare molto tempestoso,
sbarca a Civitavecchia;
[Giunge quindi a Roma ospite dei Colonna
e poiché la campagna circostante è infestata da briganti
e da bande vaganti di partigiani degli Orsini,
egli non si reca direttamente in città da Civitavecchia, ma va
a Capranica, una sessantina di km a nord di Roma, dove sorge il castello
di Orso dell'Anguillara, un gentiluomo
che ha sposato Agnese Colonna, sorella
del vescovo Giacomo e del cardinale Giovanni.]
1337
26 gennaio, quando a Roma giunge la notizia del suo arrivo a
Capranica, Giacomo Colonna e il fratello
maggiore Stefano [il
Giovane] – per distinguerlo dal padre Stefano
[il Vecchio] – si recano
ad accoglierlo con una scorta armata e qualche giorno dopo lo portano
con sé a Roma;
la vista della città eterna desta un intenso stupore nel poeta;
[Ha un interessante colloquio con Stefano
[il Vecchio] [Fam. VIII, I] il quale esprime l'ardente
desiderio di lasciare un'eredità ai figli ma preannuncia tristemente
che essi moriranno prima di lui (come difatti avverrà nel corso
dei prossimi dieci anni).]
luglio,
è già ad Avignone;
Durante
questi primi anni egli scrisse numerose poesie in italiano: molti sonetti,
alcune canzoni e componimenti di altra forma. Molte di esse sono andate
perdute; un centinaio circa sono però entrate a far parte del
Canzoniere.
Ad Avignone compie un'impresa straordinaria nel campo degli studi classici;
prepara quella che si può senza esitazione definre la prima edizione
critica di tutti i frammenti in questi anni conosciuti (cioè
la prima, la terza e la quarta decade) degli Ab urbe condita libri
di Livio.
[Egli riunisce le tre decadi, prendendo a base un
antico manoscritto della terza e facendo fare nuove copie della prima
e della quarta. Gran parte del lavoro di trascrizione viene eseguito
da copisti da lui appositamente ingaggiati ma egli prende parte personalmente
al lavoro. Poiché nell'antico manoscritto della terza decade
ci sono numerose lacune, egli rintraccia i passi mancanti in altri manoscritti,
li copia egli stesso o li fa copiare, e poi li introduce al punto giusto
nell'antico manoscritto. Introduce inoltre molti emendamenti nel testo,
appone numerose note alla prima e alla terza decade e note più
scarse alla quarta. Fa poi rilegare le tre decadi in un solo volume
(si trova al British Museum).
Il testo da lui stabilito serve non solo come base dei più antichi
volgarizzamenti liviani in italiano e francese, ma anche, indirettamente,
per le ricosruzioni del testo di Livio
compiute dagli umanisti, e per le più antiche edizioni a stampa.]
si trasferisce
da Avignone a Vaucluse, presso le sorgenti della Sorgue, dove ha acquistato
una casa; qui fa conoscenza con un nuovo amico, Philippe
de Cabassoles, vescovo di Cavaillon, la cui diocesi comprende
Vaucluse;
[Di tanto in tanto giunge anche un gruppo di gitanti
per visitare le foci del fiume e di uno di questi gruppi fa parte, una
volta, anche Laura.]
da una
donna che non si riesce ad identificare (grande discrezione del poeta
sull'argomento), nasce il suo primo figlio naturale, Giovanni
(1337-1361).
1338
Africa (1338, parziale stesura;
dei XII libri previsti di questo poema in esametri, a cui il poeta lavorerà
tutta la vita, a noi ne sono giunti solo IX, dei quali un paio (il IV
e il IX) lacunosi)
De viris illustribus (1338-1343, commentario storico-erudito
in prosa; serie di 23 monografie biografiche di personaggi romani (da
Romolo a Catone
il Censore) + 12 di uomini del passato (da
Adamo a Ercole); l'opera continuata
in seguito non giunge a compimento )
1340
1° settembre, contemporaneamente da Parigi e da Roma gli giunge
il desiderato invito dell'incoronazione poetica;
1341
sceglie Roma e, preparata l'orazione per la solenne cerimonia,
si accinge a partire;
16 febbraio, assieme ad Azzo
da Correggio parte da Avignone, raggiunge Marsiglia e di lì
salpa in direzione di Napoli dove arriva verso la fine di febbraio;
qui si ferma circa un mese, accolto con cordialità da re Roberto
I a cui mostra l'Africa e il re gli chiede che il poema
sia a lui dedicato;
in tre giornate discute di poesia, dell'arte poetica e della laurea; al
termine dell'esame il re lo dichiara degno di ricevere la corona d'alloro
e si offre di procedere lui stesso all'incoronazione, qui a Napoli,
ma il poeta fa presente che non può più ormai respingere
l'invito del Senato romano;
durante il soggiorno napoletano incontra due gentiluomini della corte,
Barbato da Sulmona e Giovanni
Barrili e stringe con loro un'amicizia durevole;
prima della partenza per Roma il re gli concede una nomina a un ufficio
di cappellano (carica onorifica) e delega Giovanni
Barrili a rappresentarlo e a deporre a nome suo la corona d'alloro
sul capo del poeta; fa poi omaggio a quest'ultimo di un manto perché
lo indossi durante la cerimonia e gli consegna infine una lettera per
il Senato romano;
8 aprile, per mano del senatore Orso dell'Anguillara
(uno dei due senatori in carica) in Campidoglio, viene incoronato "magnus
poeta et historicus" ed ottiene il "privilegium lauree";
la cerimonia ha termine con un elogio di Stefano
Colonna [il Vecchio];
[Riceve il titolo di "magister",
la nomina a professore di arte poetica e di storia e la concessione
di tutti i diritti e i privilegi goduti dai professori delle arti nobili
e liberali.]
egli si
ferma a Roma ancora diversi giorni e visita la città in comagnia
di un altro Giovanni Colonna (un frate
domenicano, appartenente ad un ramo collaterale della famiglia);
assieme ad Azzo da Correggio e altri compagi
si mette in viaggio verso nord ma, non molto lontano da Roma, cade nelle
mani di una banda di briganti. Subito liberati essi tornano a Roma e
di qui ripartono il giorno segunte con una scorta armata;
Azzo da Correggio si reca direttamente
a Parma mentre il poeta arriva un poì più tardi;
questo altissimo riconoscimento lo spinge a proseguire la stesura dell'Africa,
ospite di Azzo da Correggio a Parma e a
Selvapiana sino al gennaio 1342;
1342
marzo, torna in Provenza a Vaucluse;
25 aprile, muore papa Benedetto XII;
7 maggio, viene eletto papa Clemente VI;
22 maggio, su proposta del cardinale Giovanni
Colonna il papa concede il beneficio di un canonicato nella cattedrale
di Pisa; anche qui il poeta non prende la residenza;
agosto, Avignone, studia privatamente il greco con il monaco
basiliano Barlaam, originario della Calabria,
vissuto alcuni anni a Costantinopoli ma di recente diventato membro
della chiesa d'Occidente ed ora insegnante di greco alla corte papale;
6 ottobre, il papa gli concede il beneficio del priorato di S.
Nicola di Migliarino, presso Pisa;
[Ciò crea però solo fastidi al poeta poiché
un'altra persona vanta diritti su di esso; per quanto egli si adoperi
per ottenre una sentenza a lui favorevole dai tribunali pontifici, alla
fine il reclamo viene accettato dopo che la disputa è durata
due anni.]
1343
gennaio,
Cola
di Rienzo, quale rappresentante del nuovo consiglio creatosi
a Roma, parte per Avignone dove rimane alcuni mesi;
[È lui ad inviare la notizia a Roma che papa
Clemente VI
ha concesso con
una bolla l'anno
1350 come giubileo.]
febbraio, il poeta riceve la notizia della morte di Roberto
I, re di Napoli e di Gerusalemme;
[Del consiglio
di reggenza previsto dal defunto nel suo testamento fa parte, oltre
alla regina madre e a tre nobili, anche l'amico Philippe
de Cabassoles, fermatosi
a Napoli proprio su richiesta del re ed ora vice-cancelliere
del Regno (il cancelliere non esiste in questo periodo).]
aprile,
il fratello Gherardo si fa monaco
tra i certosini di Montreux-le-Jeune, sulle colline a nord di Tolone;
nasce la figlia illegittima Francesca,
da una donna il cui nome ci è ignoto;
Secretum
(De secreto conflictu curarum mearum) (1342-43,
Segreto, opera autobiografica)
[È l'equivalente petrarchesco delle Confessioni
di Agostino.]
settembre,
avendo ricevuto l'incarico di un'ambasceria a Napoli per conto del cardinale
Giovanni Colonna e del papa, parte alla
volta dell'Italia;
[Deve perorare a Napoli la liberazioine dei tre fratelli
della famiglia Pipini, in carcere a Castel
Capuano dal 1341.
Parte verso la metà di settembre: raggunge per via terra Nizza
dove s'imbarca, intenzionato a compiere il resto del viaggio per mare;
la prima notte la nave si rifugia nel porto di Monaco, per restarvi
fino all'alba, ma il giorno seguente il tempo è così cattivo
che nessuno si arrischia ad uscire dal porto; il giorno dopo, sebbene
il tempo resti cattivo, la nave prende di nuovo il mare e giunge fino
a Porto Maurizio dove si ferma per la notte, che egli trascorre in una
squallida taverna per marinai; stanco dei capricci del mare il poeta
decide di mandare avanti per mare i servi e il bagaglio e di continuare
il viaggio per terra con un solo compagno. A Porto Maurizio comprano
i cavalli e di qui intraprendono il viaggio che si svolge regolarmente
finché non giungono nella zona del confine meridionale della
Lombardia: Milano e Pisa sono in guerra e i due eserciti si fronteggiano,
accampati nei pressi del confine. Al poeta non resta che rimettersi
in mare, almeno per un breve tratto, fra Lerici e qualche punto sulla
costa a nord di Pisa; di qui egli può proseguire il viaggio a
cavallo fino a Roma senza ostacoli, passando per Pisa, Siena, Perugia
e Todi, dove
viene accolto dai signori Chiaravalle che
lo scortano poi per la strada di Narni fino a Roma;
4 ottobre, arriva Roma dove fa visita a Stefano
Colonna [il Vecchio] e ai suoi congiunti;
7 ottobre, parte per Napoli e al suo arrivo risiede nel monastero
francescano di San Lorenzo; preoccupato per la situazione generale in
cui si trova la città lo diventa ancor di più per le prepotenze
di un certo Roberto da Mileto;
[Si tratta di un monaco appartenente alla fazione dissidente
dell'ordine francescano degli "spirituali" o "frati della
povera vita", nota per essere in conflitto non solo con gli altri
frati francescani ma addirittura con il papa.]
Poco dopo
il suo arrivo, si reca a far visita alle due regine e partecipa ad una
riunione del consiglio; ogni decisione sulla liberazione dei Pipini
viene rimandata; fa anche due o tre visite in carcere ai prigionieri
ma presto si scoraggia avendo appreso che molti uomini influenti stanno
ora godendosi il possesso delle proprietà confiscate; aspettando
una risposta, pur sapendola quasi certamente negativa, compie un'escursione
lungo la costa settentrionale della baia in compagnia di Giovanni
da Sulmona e Giovanni Barrili;
[Dopo avere molto insistito per avere
una copia di un passo dell'Africa (morte di Magone, fratello
di Annibale) e promesso di tenerla solo
per sè, in seguito Barbato da Sulmona
ne farà circolare varie copie (con strafalcioni ed errori) ovviamente
con grande fastidio del poeta. L'amicizia, nonostante il fatto seccante,
non viene intaccata.]
24 novembre,
Napoli, in seguito a quanto ha predetto un vescovo napoletano che si
diletta di astrologia (un terremoto il giorno 25 ottobre), molta gente
lascia le consuete occupazioni accalcandosi per le strade e rifugiandosi
nelle chiese per far penitenza;
la notte il terremoto avviene davvero provocando distruzione
e morte;
[24/25 novembre 1353:
al mattino tutta la baia è infuriata e spumante: tutte le navi
che si trovavano nel porto, ad eccezione di una, sono state ridotte
in frantumi, e le onde enormi si accavallano sbattendo qua e là
le vittime della tempesta. Alcuni edifici lungo la costa sono stati
sradicatri dalle fondamenta e sono crollati. La stessa mattina la regina
Giovanna, scalza e discinta, si reca a
far visita a una chiesa dedicata alla Vergine. La tempesta infuria per
tutta la giornata e a un certo momento il poeta è anche lui in
pericolo di morte; poi, al tramonto, cessa d'improvviso, dopo aver recato
dstruzione non solo a Napoli, ma in tutta la regione lì intorno,
sia a nord che a sud, tanto che gran parte di Amalfi frana e scivola
dentro il mare; il poeta promette a se stesso che mai più si
avventurerà per mare e manterrà la promessa….]
26 novembre,
ottiene dalla regina la nomina a un posto onorario di cappellano;
verso la fine del mese, pur non avendo ricevuto alcuna risposta circa
la sorte dei Pipini, decide di lasciare
la città e rifiutando la proposta dei due amici di trasferirsi
definitivamente a Napoli li inviata a riformulare lo stesso invito al
suo amico, il maestro veronese Rinaldo Cavalchini;
prima di lasciare la città scrive, su richiesta di un dignitario
della Corte, Niccolò d'Alife, un
epitaffio sul re defunto e, quasi contemporaneamente alla partenza,
invia una lettera al papa, a nome della regina madre, con la notizia
che la sua richiesta di liberazione dei Pipini
è stata respinta.
dicembre, verso la fine dell'anno arriva a Parma dove i Correggio
tengono ancora saldamente il governo della città;
1344
Parma, all'inizio dell'anno
acquista la casa in cui aveva trascorso l'ultima parte del suo precedente
soggiorno, vi fa eseguire grandi lavori di restauro e ne migliora l'aspetto
con l'aggiunta di una decorazione in marmo; la sua intenzione è
chiaramente quella di trasferirvisi permanentemente;
primavera, viene colpito da un grave attacco di scabbia; circola la
voce che egli sia morto;
1345
23
febbraio, a causa della guerra che turba l'Emilia e timoroso della
situazione che si è venuta a creare (l'amicizia con Azzo
da Correggio potrebbe travolgerlo anche personalmente), fugge
da Parma e si reca a Verona dove ha due buoni amici: Guglielmo
da Pastrengo e Rinaldo Cavalchini;
Rerum memorandarum libri (1343
ca, Libri delle cose degne di memoria, IV libri e un frammento del V)
[Da questo momento non riprenderà più in
mano l'opera.]
Verona, nella biblioteca della cattedrale, scopre i primi sedici libri delle
Epistole ad Attico, le Epistole a Quinto e a Bruto di
Cicerone.
[Il volume finora era ignoto a tutti o, se qualcuno ne
conosceva l'esistenza, non si era ancora reso conto della sua importanza.
Egli stesso si accinge immediatamente a copiare queste lettere ciceroniane.]
Durante
la permanenza a Verona conosce Pietro,
uno dei figli di Dante Alighieri.
autunno,
il poeta parte da Verona per tornare in Provenza, deciso però
a compiere un percorso nuovo, attraverso le Alpi, per evitare la Lombardia;
[Guglielmo da Pastrengo
lo accompagna fino a Peschiera, sul lago di Garda; il mattino seguente
proseguono fino al confine fra il territorio di Verona e quello di Brescia
e qui i due si separano tra abbracci, pianti e promesse; il poeta si
dirige quindi verso nord, seguendo la costa occidentale del lago, per
poi tornare nella valle dell'Adige; tocca quindi Trento e Merano finché,
passato il passo di Resia, entra nel Tirolo; il resto del viaggio non
è conosciuto….]
Valchiusa in Provenza, gli fa ora compagnia (fino al 1347) un giovane
parente fiorentino, Franceschino degli Albizzi,
che scrive poesie in italiano;
1346
gennaio,
da Napoli arriva ad Avignone Philippe de Cabassoles
(che deciderà poi di fermarsi in Provenza), assieme a un altro
inviato, in missione presso il papa per conto della regina Giovanna;
aprile,
dal villaggio di Thor (sotto il malvagio feudatario Geaud
Amic) gli giunge una disperata invocazione di aiuto;
[È una delle tante storie del ius primae noctis…
Fatto sta che il fidanzato della ragazza si trova ora in prigione e
il feudatario, in base alla legge, potrebbe ucciderlo; gli amici del
giovane fidanzato chiedono aiuto al poeta (la persona probabilmente
più autorevole del villaggio) il quale si rivolge al cardinale
Giovanni Colonna; la fine della storia
non è conosciuta…]
primavera,
venuto a sapere che nella cattedrale di Parma si sono resi vacanti un
posto di canonico e il posto di arcidiacono (in seguito alla morte di
colui che li ricopriva) fa domanda (tramite il cardinale Giovanni
Colonna) per ottenere la nomina ad entrambi gli uffici;
Bucolicum carmen (1346-47, dodici
egloghe latine di contenuto allegorico e autobiografico)
De
vita solitaria (1346-47, in lode della solitudine dei santi
e degli studiosi, dedicato all'amico Philippe
de Cabassoles, vescovo di Cavaillon, cui lo invierà solo nel
1366, continuando a rivederlo in seguito)
29 ottobre, il papa gli concede la nomina al posto vacante
di canonico nella cattedrale di Parma; il posto di arcidiacono è
già stato invece promesso ad altra persona;
1347
gennaio, per l'amico Laelius
(sta per recarsi a Napoli dove deve eseguire una commissione per conto
del cardinale Giovanni Colonna o del papa)
scrive una lettera di raccomandazione a Barbato
di Sulmona;
all'inizio dell'anno si reca a Montrieux per far visita al fratello
Gherardo
che non vede da quando è entrato nel monastero;
De
otio religioso (1346-47, ispirato dalla visita in convento
del fratello)
giugno,
apprende con grande interesse che Cola
di Rienzo è diventato il padrone di Roma;
[Scrive in proposito una lunga lettera/orazione di incoraggiamento
diretta sia al nuovo tribuno di Roma che al popolo romano. Lo esorta
personalmente a proseguire senza tentennamenti sulla strada intrapresa
che lo porterà a conquistarsi una fama immortale e la gratitudine
dei posteri. Poi loda anche la sua abitudine di accostarsi quotidianamente
alla confessione e alla comunione, ecc.]
luglio, prima ancora di ricevere una risposta alla prima lettera
indirizzata a Cola
di Rienzo, egli ne scrive una seconda;
[In questa, oltre ad affermare di avergli scritto una lettera ogni giorno
dopo la prima (nessuna comunque ci è pervenuta), si limita a
descrivere l'ansia con cui sono attese ad Avignone le missive del nuovo
tribuno di Roma.]
28 luglio, Cola
di Rienzo gli scrive una lettera in cui esprime grande soddisfazione
per l'appoggio dato dal poeta alla propria causa; vi afferma anche il
principio del valore permanente della rivoluzione e lo invita a recarsi
a Roma;
agosto,
mentre non conosce forse ancora nei dettagli le "operazioni romane"
di Cola
di Rienzo, non rinuncia alla fiducia che ha posto in lui,
anzi, anche a costo di perdere alcune amicizie preziose e di vecchia
data, fa del suo meglio per difenderlo e gli scrive una nuova lettera;
settembre,
quando veine a sapere che un messo del tribuno di Roma è stato
duramente bastonato alle porte di Avignone, scrive a Cola
di Rienzo una lettera infiammata ed estremamente violenta
nel denunciare le colpe di Avignone contro la sacra città di
Roma, ecc.
Venuto poi a conoscenza che i cardinali hanno appena dato parere negativo
alla proposta di una eventuale unificazione tra Roma e l'Italia, ne
informa con un'altra lettera Cola
di Rienzo criticando fermamente e appassionatamente la decisione
presa dal concistoro nonostante gli sforzi da lui fatti per contrastarla;
chiede altresì a lui e al popolo romano di dimostrare con le
loro azioni che quanto egli ha sostenuto con gli scritti è giusto;
9 settembre,
il papa dà il proprio assenso a tutte e cinque le richieste inoltrategli
al poeta in primavera e riguardanti:
- 1ª e 2ª, non chiare (forse si riferiscono
a un progetto del poeta (poi non attuato) di andare a stabilirsi, in
compagnia di Socrate, in una località nelle vicinanze
di Montrieux;
- 3ª, la legittimazione di Barriano,
uno dei figli di Azzo da Correggio;
- 4ª, la legittimazione di Giovanni,
figlio del poeta;
- 5ª, la richiesta di un beneficio a nome di un amico o di un conoscente
veronese;
13 novembre,
il papa, venuto a sapere della sua intenzione di recarsi a Verona, gli
affida una speciale ambasciata per Mastino della
Scala, signore di Verona, per esortarlo ad opporsi fermamente
all'entrata in Italia del re d'Ungheria che ha minacciato di invadere
il regno di Napoli;
20 novembre, parte per l'Italia;
[Poco prima di partire dalla Provenza, riceve una lettera
di Laelius alla quale risponde due giorni
dopo scrivendo di aver letto con stupore la lettera a proposito di Cola
di Rienzo che l'amico gli ha mandato
(nulla sappiamo del
suo contenuto né di quello di un'eventuale lettera allegata del
tribuno di Roma). Si dice comunque addolorato perché se
Roma è lacerata, che ne sarà dell'Italia? E se questa
è lacerata che ne sarà della propria vita futura? Conclude
quindi dicendo che, non avendo nulla da offrire in questi momenti di
pubblica e privata sventura, né ricchezze, né forze fisiche,
né potenza, né consigli, non gli restano che le lacrime.
Dice di non aver dormito per tre notti.]
27 novembre,
mentre si trova a Genova, scrive una lettera a Cola
di Rienzo che è uno sfogo di amaro rimprovero e al
tempo stesso un'appassionata implorazione.
[Il testo si può riassumere così: se Cola
di Rienzo non pensa al proprio onore, che pensi almeno
a quello del poeta. Egli deve pur sapere quale tempesta sovrasta quest'ultimo,
quale congiura di censori gli si formerà attorno se egli
verrà meno all'impresa.]
29 novembre,
da Genova passa per Parma diretto a Verona dove sa di trovare il figlio
Giovanni, il di lui maestro
Rinaldo Cavalchini, e inoltre Azzo
da Correggio, Moggio dei Moggi e…
il suo cavallo Cicerone.
1348
25
gennaio, verso
sera, mentre si trova già a Verona, succedono violente
scosse di terremoto sentite in tutta Italia, sulle Alpi e in gran parte
dell'Europa centrale;
[In questi giorni incontra il dignitario
bizantino Nicholas Sygeros, uno dei tre
inviati diretti ad Avignone dove intendono discutere con il papa la
possibilità di riunificare la Chiesa greca con quella ortodossa.]
marzo,
ai primi del mese da Verona ritorna a Parma dove comincia ad adempiere
ai suoi doveri di canonico della cattedrale;
24 marzo, riceve alcune lettere dagli amici fiorentini; tra di
loro c'è anche il suo vecchio parente Giovanni
dell'Incisa e due giovani che egli non conosce personalmente:
Bruno Casini e Zanobi
da Strada;
nello stesso mese riceve la notizia della morte dell'amico Franceschino
degli Albizzi;
6 aprile, torna a Verona;
7 aprile, scrive una lettera di risposta a Giovanni
dell'Incisa dove spiega che il mancato viaggio a Firenze è
dovuto al venire meno di certe speranze che aveva nutrito;
[Forse si riferisce a Cola
di Rienzo e al ventilato
viaggio a Roma.]
19 maggio,
a Parma gli giunge una lettera di Socrate
che lo informa della morte di Laura
(6 aprile, segnato nel codice di Virgilio che si conserva alla Biblioteca
ambrosiana di Milano) perita di peste come altri amici, tra cui Sennuccio
del Bene, ecc.;
luglio,
gli giunge notizia della morte del cardinale Giovanni
Colonna;
23 agosto, il papa dà ascolto alla sua petizione con la
quale in primavera aveva chiesto di ricoprire l'ufficio di arcidiacono
della cattedrale di Parma, rimasto ancora una volta vacante;
Psalmi penitentiales (1348, Salmi
penitenziali, sette confessioni in forma di preghiera)
1349
pur regredendo nella sua violenza, la peste continua a mietere vittime
a Parma anche nei primi sei mesi dell'anno;
molto probabilmente all'inizio avviene una rottura tra il vescovo di
Parma, Ugolino de' Rossi, e il poeta; lasciata
Parma comincia a vagabondare per l'Italia: è a Carpi, a Ferrara, a Padova
su invito di Jacopo
II da Carrara ;
18 aprile, prende possesso della carica di canonico presso la
cattedrale di Padova, ufficio procuratogli da Jacopo
II da Carrara;
[Il rito solenne è celebrato dal cardinale Gui
de Boulogne, che si trova di passaggio in città, diretto
in Ungheria come legato papale.
Il vescovo di Padova, Ildebrando Conti,
che deve accompagnare il legato papale in Ungheria, prende parte anche
lui alla cerimonia e parla del poeta in termini molto lusinghieri. Il
vescovo e il poeta (pur essendo il primo molto più anziano) diventeranno
intimi amici.
Nella stessa occasione (o forse l'anno successivo) il poeta conosce
anche l'abate benedettino Pierre d'Auvergne
un membro del seguito del cardinale.
Anche se in virtù del canonicato ha a disposizione una casa vicino
alla cattedrale, egli conserva la sua residenza a Parma e si limita
a recarsi a Padova di tanto in tanto. Visita
anche Venezia (dove acquista per cento libbre un grande breviario, divenuto
poi uno dei suoi libri più cari), Treviso e si ferma uno o due
giorni a Verona.]
maggio, tornato a Parma, apprende al suo arrivo
che sono stati a fargli visita due amici di Avignone: i fiorentini Mainardo
Accursio [Simpliciano] e Luca
Cristiani [Olimpio], entrambi suoi
ex compagni di studi all'università di Bologna che avevano servito
il cardinale Giovanni Colonna ad Avignone;
22 maggio, l'amico Paganino da Bizzozzero
viene a trovarlo rimanendo a lungo a conversare con lui;
23 maggio, un messaggero gli porta la notizia che l'amico della
sera prima è morto di peste;
nel giro di tre giorni muoiono anche tutti gli altri componenti della
famiglia di Paganino da Bizzozzero;
negli stessi giorni, dopo aver inviato un servo a Firenze per avere
notizie dei suoi amici Luca e Mainardo,
viene a sapere che i due, attraversando gli Appennini, erano caduti
in mano ai ladroni: Mainardo era rimasto
ucciso mentre Luca era riuscito a scappare;
settembre, in Italia, sulle Alpi e in Germania
si hanno dei terribili terremoti; i danni alle chiese e agli edifici
di Roma sono notevoli;
25 settembre, il poeta è a Carpi, non molto lontano da
Parma;
visita (molto probabilmente) Ferrara (ospite degli Este)
[Qui incontra una donna ferrarese (nome sconosciuto)
verso la quale prova una particolare attrazione.]
novembre,
si reca a Padova dove si ferma, nella casa vicino alla cattedrale, fino
all'inizio di marzo dell'anno successivo; viene a sapere che è
morto il poeta Sennuccio del Bene;
papa Clemente
VI lo autorizza a fondare a Firenze una università;
1350
13 febbraio, al suo ritorno dalla missione in Ungheria
il cardinale Gui de Boulogne si ferma a
Padova per qualche tempo per poter presiedere alla cerimonia della traslazione
del corpo di s. Antonio di Padova dal suo
sepolcro originario alla cappella costruita appositamente nella grande
e recente chiesa di S. Antonio; alla cerimonia assiste una folla immensa
di fedeli, tra i quali anche il poeta;
12 marzo, mentre il poeta si trova a Verona, invia una lettera
a Socrate nella quale rimpiange la perdita
di molti amici e lo invita a venire a vivere con lui, a Parma o a Padova,
o in qualsiasi altro luogo che preferisca; nessuna notizia ancora ha
il poeta su Luca Cristiani;
maggio, è a Mantova, ospite dei Gonzaga;
[Ad Avignone egli aveva conosciuto Giovanni
Aghinolfi, il cancelliere dei signori di Mantova.]
24 maggio, è già ritornato a Parma;
giugno, è di nuovo a Mantova;
6 luglio, a Parma acquista una copia della Storia naturale
di Plinio [il Vecchio]
(ora alla Bibliothéque Nationale di Parigi);
ottobre, si mette in viaggio verso Roma per il giubileo; giunge
a Firenze, ove rinnova i legami d'amicizia con G.
Boccaccio e altri letterati toscani: Zanobi da Strada, Francesco
Nelli, priore dei Santi AApostoli e Lapo da Castiglioncino;
12 ottobre, quando egli parte da Firenze, G.
Boccaccio gli fa dono di un anello;
20 ottobre, da Viterbo arriva a Roma (un po' malconcio in seguito
ad un calcio di un cavallo che lo obbliga a letto per due settimane);
nel ritorno
da Roma (non si conosce la data di partenza) visita brevemente Arezzo
(la città natale) e Firenze; partito alla volta di Parma, porta con
sé la copia delle Istituzioni di Quintiliano
che Lapo da Castiglionchio gli ha donato;
dicembre,
poco prima della fine del mese giunge a Parma;
24 dicembre, viene a sapere che il suo generoso patrono padovano
Jacopo II da Carrara, signore di Padova,
è stato assassinato;
1351
gennaio, recatosi a Padova per scrivere un epitaffio per il signore
assassinato, vi rimane fino al 3 maggio;
24 febbraio, scrive una lettera a Carlo
IV di Boemia (non ancora incoronato imperatore) invitandolo a
venire in Italia senza indugi;
Epistole
a Carlo IV di Boemia (1351, perché
scenda in Italia a sedare le rivolte cittadine)
marzo,
scrive una lettera al doge di Venezia Andrea Dandolo
(uomo di grande esperienza che nutre interessi letterari oltre che politici)
in cui lo in vita a desistere dai preparativi bellici e cercare la conciliazione
con Genova;
verso la fine del mese arriva a Padova G.
Boccaccio il quale porta con sé una lettera ufficiale
del Comune di Firenze, ma anche lettere di Francesco
Nelli, Lapo di Castiglionchio e
Zanobi da Strada;
proprio per mano di G.
Boccaccio riceve l'invito di ritornare nella città dei suoi
avi; Firenze gli offre la restituzione dei beni confiscati al padre
ed una cattedra nello Studio;
6 aprile, con una lettera ai reggitori di Firenze il poeta ringrazia
per la restituzione dei beni del padre, del resto non fa cenno;
1° maggio, su richiesta di Giovanni Aginolfi
scrive l'epitaffio sulla tomba, non ancora terminata, di Jacopo
II da Carrara;
[La tomba si trova inizialmente nella chiesa di Sant'Agostino;
demolita la chiesa, nel 1820 sarà trasferita nella chiesa degli
Eremitani.]
rifiutata
ogni altra offerta, tra cui una papale, decide di far ritorno in Provenza;
3 maggio, parte da Padova in direzione di Verona; arriva verso
sera a Vicenza dove trascorre la notte; il giorno seguente è
a Lonigo e quindi a Verona dove rimane un mese; a Mantova non si trattiene
a lungo e a Parma si ferma solo il temp necessario per curare i prorpi
interessi; qui decide di portare ad Avignoneanche il figlio; mentre
si trova a Parma riceve notizie circa l'amico Luca Cristiani il quale
è tornato salvo a Piacenza;
11 giugno, proveniente da Parma arriva a Piacenza dove ha la
gioia di rivedere la'mico Luca Cristiani;
20 giugno, raggiunge il passo del Monginevro;
27 giugno, arriva con il figlio a Valchiusa;
[Vicino al poeta, a Valchiusa, abita il suo sovrintendente/fattore
Raymond Monet il quale si occupa non solo
della casa e dei campi, ma perfino dei libri del padrone; sarà
a lui e ai suoi due figli Jean e Pierre
che lascerà i possedimenti di Valchiusa, a condizione che siano
rispettate determinate condizioni contenute nel testamento.]
settembre,
si trasferisce con il figlio nell'odiata Avignone dove abitano tre dei
suoi amici più cari: Socrate, Guido
Sette (nella cui casa i due ospiti abiteranno per diversi mesi)
e Philippe de Cabassoles;
novembre,
arrivano ad Avignone due ambasciatori fiorentini accompagnati dal seguito,
con il compito di convincere il papa a unirsi alla lega contro i Visconti
e di persuaderlo a dare il suo beneplacito alla incoronazione di Luigi
di Taranto e di Giovanna come re
e regina di Napoli; uno dei due ambasciatori è Angelo
Acciaiuoli (cugino di Nicolò)
che ricopre al tempo stesso la carica di vescovo di Firenze e quella
di cancelliere del regno di Napoli; del suo seguito fa parte Forese
Donati (rettore di una chiesa vicino a Firenze e amico di Francesco
Nelli (Simonide);
1352
marzo,
il papa concede al figlio del poeta (anche se appena quindicenne) un
posto di canonico a Verona;
1° aprile, il poeta fa ritorno a Valchiusa; scrive una lunga
lettera a Stefano Colonna, prevosto di
Saint-Omer, nella quale passa in rassegna le condizioni in cui si trovano
varie parti d'Italia, la Francia, l'Inghilterra, la Germania, la Spagna,
Maiorca, la Sardegna, la Corsica, la Sicilia, Rodi, Creta,, la Grecia,
Cipro, l'Armenia, la Terra santa, l'Asia e l'Africa e conclude dicendo
che non c'è luogo nella terra dove si possa trovare una garanzia
di pace e libertà;
[Stefano Colonna è
figlio di Pietro Colonna, nipote di Stefano
Colonna [il Vecchio].]
giugno,
il poeta manda il figlio quindicenne a Verona, munito però di
due lettere per gli amici del poeta, Rinaldo Cavalchini
e Guglielmo da Pastrengo, affinché
veglino su di lui;
10 agosto,
invia una lettera a Francesco Nelli in
cui ripete quanto ha appena saputo di Cola
di Rienzo (ora in carcere ad Avignone, in attesa del processo
per eresia, dopo il suo trasferimento da quello di Praga); invia pure
una lunga lettera al popolo di Roma con lo scopo di farlo intervenire
in favore dell'ex tribuno mandando un'ambasceria ad Avignone per chiedere
che Cola
di Rienzo, in quanto cittadino romano, venga consegnato a
Roma e ivi giudicato o almeno per chiedere che sia processato pubblicamente
e che gli sia consentito di avvalersi del patrocinio di un legale;
settembre,
in questo periodo il poeta ha quattro canonicati: a Lombez, Pisa, Parma
e Padova;
1°
ottobre, rispettando il desiderio del cardinale Gui
de Boulogne, si trasferisce ad Avignone per attendere la sua
venuta;
8 novembre,
stanco di attendere il cardinale Gui de Boulogne,
il poeta ritorna a Valchiusa;
16 novembre, deciso a compiere un viaggio in Italia, parte da
Valchiusa e segue la strada costiera deciso a fermarsi a Montrieux per
far visita al fratello Gherardo;
giunto a Cavaillon si ferma a far visita all'amico Philippe
de Cabassoles che è ammalato; in seguito, mentre invia
i servi in Italia, egli fa ritorno a Valchiusa a causa del tempo pessimo;
apprende della morte di Ildebrandino Conti,
vescovo di Padova;
6 dicembre, Avignone, muore papa Clemente
VI;
16 dicembre, il poeta invia una lettera all'amico Philippe
de Cabassoles in cui scrive degli aspetti negativi del papato
del defunto pontefice;
18 dicembre, i cardinali riuniti in conclave eleggono papa il
cardinale Etienne Aubert (Innocenzo
VI);
a Valchiusa in Provenza si dedica alla rielaborazione e al riordinamento
di tutte le sue lettere ricche di notizie autobiografiche e di confessioni,
scritte (quasi tutte in latino) alla maniera di "saggi" su
diversi argomenti di cultura, di politica, di religione, e talvolta
indirizzate non a personaggi reali, ma a uomini illustri dell'antichità;
Epistole metrice (Silloge della
corrispondenza in esametri messa insieme nel 1350 dal poeta con un carme
di dedica all'amico Marco Barbato da Sulmona;
rivista e ritoccata più tardi, comprende, in III libri, 66 epistole
(14+18+34))
Rerum familiarum libri (Familiares)
(Familiari, in XXIV libri, 348 epistole in prosa + due in versi, lettere
scritte fra il 1326 e il 1366, dedicate a Ludwig
van Kempen (Socrate) indirizzate
a Virgilio e a Orazio,
trascritte in parte da Gasparo de' Broaspini e
da G. Malpaghini)
Sine
nomine (titulo) (raccolta con prefazione di 19 missive, stilate
tra il 1342 e il 1358, escluse dalla raccolta precedente dall'autore
stesso; trattandosi di polemiche nei riguardi della curia avignonese,
sono private, sempre da lui medesimo e per motivi di prudenza, del nome
dei destinatari)
Invectivae
contra medicum (1352-53, in IV libri, comprendono 2 libelli
polemici: il primo (1352), indirizzato al medico di
Clemente VI, che per interposta persona ha risposto ad un attacco
epistolare del poeta; gli altri tre (1353) sono la replica alle argomentazioni
dello stesso medico)
1353
3 gennaio, su richiesta dei cardinali Elie
de Talleyrand e Gui de Boulogne
si reca ad Avignone;
4 gennaio, arriva ad Avignone un suo servo che gli comunica la
morte del sovrintendente di Valchiusa Raymond
Monet;
giugno, in seguito alle aspre polemiche ingaggiate con l'ambiente
ecclesiastico e culturale di Avignone, lascia definitivamente la Provenza
ed accoglie l'ospitale offerta di Giovanni Visconti
arcivescovo e signore della città di risiedere a Milano;
ottobre,
per uno o due giorni è ospite dei Visconti;
[Prima di stabilirsi a Milano egli ha conosciuto Gabrio
Zamorei di Parma il quale nel 1354 sarà vicario dell'arcivescovo
Giovanni Visconti. Appena arrivato a Milano
deve aver fatto conoscenza con i monaci di Sant'Ambrogio dai quali apprende
alcuni particolari della vita e della leggenda del santo e con il loro
permesso esplora la biblioteca del monastero: qui, fra le altre cose,
trova un volume antico e di straordinarie dimensioni, contenente un
trattato attribuito al santo ma in effetti del Palladio,
un vescovo della primitiva Chiesa orientale (da non confondersi con
il Palladio autore del De agricultura).
Tra i nuovi conoscenti c'è Sagremor de
Pommiers (diventerà
presto suo amico), un francese di nobili origini, al servizio
dei Visconti come fidato corriere che,
in certe occasioni, fa anche le funzioni di agente diplomatico.]
novembre,
agli inizi del mese finalmente riceve la risposta alla lettera inviata
a Carlo IV di Boemia nel febbraio del 1351
(e dopo quella scrittagli un anno più tardi);
[La mancata risposta probabilmente è stata causata
ai vari cambiamenti di residenza del poeta.
L'imperatore comunque risponde che, pur non avendo rinunciato al progetto
di venire in Italia, la sua poresente politica di inazione è
dovuta a tre motivi:
a) - la situazione disperata delle cose italiane in questo momento,
così diversa dalla situazione dei tempi antichi, è tale
da rendere impossibile qualsiasi evento efficace;
b) - le difficoltà di governare l'impero sono estremamente gravi
– Nescitis quanta bellua sit Imperium" = Non avete idea
quale mostro sia l'impero (attribuendola ad Augusto);
c) - all'uso della forza militare si deve far ricorso solo in casi estremi.
23 novembre,
il poeta scrive una lettera di risposta a Carlo
IV di Boemia confutandone gli argomenti ad uno ad uno:
a) - i tempi non sono cambiati: Roma antica era costantemente
in uno stato di guerra e di pericolo;
b) - Tiberio e non Augusto
disse che l'impero è un mostro,
c) - è un fatto ormai che tutti i rimedi, ad accezione dell'uso
della spada, sono stati tentati e tentati invano.
1354
gennaio, inviatogli da Nicholas
Sygeros da Costantinopoli, gli giunge in dono un manoscritto
di Omero, scritto in greco;
nella lettera di ringraziamento, il poeta richiede, se possibile, manoscritti
di Esiodo e di Euripide;
malgrado le critiche di amici e nemici collabora con missioni e ambascerie;
inviato a Venezia dall'arcivescovo di Milano Giovanni
Visconti (che a dicembre ha rinunciato al progetto di inviare
suoi rappresentanti alla conferenza di pace ad Avignone) fa parte di
una missione che cerca di stabilire la pace tra la Repubblica di San
Marco e Genova datasi ai Visconti; in qualità
di oratore (la discussione dei problemi militari è affidata ad
un altro componente), ha diretti contatti con il doge Andrea
Dandolo e inoltre fa la conoscenza di altri tre uomini di governo
veneziani: Marin Falier, Neri
Morando e Benintendi dei Ravagnani,
il quale è stato da poco nominato cancelliere della repubblica;
febbraio,
Verona, in seguito alla rivolta contro la signoria (subito domata e
puniti severamente i colpevoli), tra i fuggitivi dalla città
sono Azzo da Correggio e il figlio del
poeta (anche se forse non implicato) che viene così privato del
suo ufficio di canonico;
aprile,
passa alcuni giorni nel monastero certosino, dono dell'arcivescovo,
che sorge nel villaggio di Garegnano (5/6 km ad ovest di Milano); poiché
il priore del monastero sta per recarsi alla Grande Chartreuse, presso
Grenoble, dove si terrà all'inizio di maggio il capitolo generale
dell'ordine, il poeta ne approfitta pe inviare lettere a Jean
Birel, priore generale dell'ordine, a suo fratello Gherardo,
e a Philippe de Cabassoles;
5 ottobre, caduto ammalato in agosto, muore l'arcivescovo e
signore di Milano Giovanni Visconti;
ottobre,
mentre Cola
di Rienzo viene trucidato dalla folla romana scatenata, Carlo
IV di Boemia arriva in Italia e fino a dicembre si stabilisce
a Mantova;
dicembre, ai primi del mese Sagremor de
Pommiers (agente dei Visconti) che
fa la spola tra Milano e Mantova porta al poeta una lettera dell'imperatore
che lo invita a recarsi presso di lui;
quattro giorni dopo è a Mantova presso l'imperatore Carlo
IV di Boemia;
cede a Socrate il canonicato di Lombez
in cambio di un canonicato situato in un villaggio rurale dell'Italia
meridionale; lo scambio sarà ratificato dal papa la primavera
successiva;
1355
febbraio, riceve la notizia che verso il Natale scorso la sua
casa di Valchiusa è stata bruciata dai banditi; per fortuna i
figli di Raymond Monet, prevedendo il fatto,
erano riusciti a mettere in salvo i libri del poeta e ad evitare danni
peggiori;
aprile, riceve in dono da G.
Boccaccio una grande copia delle Sposizioni dei Salmi
di S. Agostino (ora alla Bibliothéque
Nationale di Parigi);
5 aprile, a Roma Carlo IV di Boemia
viene incoronato imperatore dal cardinale Pierre
Bertrand, legato pontificio;
maggio, Pisa, di ritorno da Roma l'imperatore è accompagnato
da Niccolò Acciaiuoli e da Zanobi
da Strada; quando concede a quest'ultimo (forse proprio su pressione
di Niccolò Acciaiuoli) la corona
di poeta, egli ne è dispiaciuto e alcuni suoi amici ne sono addirittura
sdegnati;
giugno, il cardinale Pierre Bertrand,
di ritorno da Roma e diretto ad Avignone, si ferma a Milano per due
giorrni e si reca a trovare il poeta in compagnia del suo segretario,
Johannes Porta;
ottobre, riceve una lunga lettera da Barbato
di Sulmona (sono dodici anni che i due amici non si vedono);
poiché il poeta sta per inviare a Napoli il suo fidato fattore
Matteo di Pietro con diverse incombenze,
gli dà anche l'incarico di informarsi presso Niccolò
Acciaiuoli se gli è possibile trovare un'abitazione per
lui nelle vicinanze di Napoli dove poter vivere in serena solitudine;
dicembre, di ritorno da Napoli, G.
Boccaccio gli invia in dono un manoscritto dell'XI secolo
(una copia stilata direttamente da lui) contenente dei frammenti di
Cicerone e dei frammenti del De lingua
latina di Varrone che G.
Boccaccio ha trovato nel monastero di Monte Cassino.
[Il questo periodo il monastero di Monte Cassino si trova
alle dipendenze di Zanobi da Strada, che
da quando Angelo Acciaiuoli è stato
nominato vescovo di Monte Cassino, fa le funzioni di suo vicario.]
Invectiva contra quendam magni status hominem
sed nullius scientie aut virtutis (1355, polemica requisitoria
contro il cardinale Jean de Caraman e la
turpe condotta dei prelati)
De
remediis utriusque fortunae (Rimedi per la prospera ed avversa
fortuna, 256 dialoghi)
1356
20 maggio, su
invito dei fratelli Visconti, si reca dall'imperatore
Carlo
IV come loro portavoce per adoperarsi "pro
ligustica pace"; parte in compagnia di Sagremor
de Pommiers; i due inviati si recano dapprima a Basilea, sperando
di trovarvi l'imperatore; dopo un mese di attesa si mettono in viaggio
verso Praga; un viaggio piuttosto pericoloso che fanno assieme ad un
certo Martinus Theutonus;
a Praga il poeta rmane circa un mese e nulla sappiamo dei risultati
della sua missione;
[Sappiamo soltanto che si è guadagnato la stima
dell'imperatore, della giovane imperatrice Anna,
del cancelliere Jan ze Streda, dell'arcivescovo
Arnost z Pardubic e di Jan
Ocko, vescovo di Olomouc; viene nominato conte palatino
dall'imperatore e consigliere; il titolo di conte palatino
procura al poeta privilegi, diritti grazie e immunità… A Praga
ha qualche contatto anche con lo speziale di corte, Angelo
di Firenze (a cui appartiene il primo giardino botanico che mai
sia stato costituito in territorio germanico).]
agosto,
verso la fine del mese egli torna a Milano;
1357
marzo, trascorre qualche giorno nel monastero certosino
di Garegnano deciso a trascorrervi n seguito anche l'estate;
settembre, lascia il villaggio vicino al monastero certosino
di Garegnano dove ha trascorso l'estate;
prima del suo ritorno a Milano trascorre alcuni giorni a Pagazzano,
un villaggio sulla riva sinistra dell'Adda dove i Visconti
hanno un castello;
1358
marzo, da Praga Sagremor de
Pommiers porta al poeta da parte del cancelliere Jan
ze Streda il diploma di conte palatino, a cui è attaccato
un sigillo d'oro;
luglio, viene a sapere della rottura dell'amicizia
tra Socrate e Lelio;
una sua lettera riesce ad annodare l'amicizia pericolante;
settembre, ritorna a Pagazzano nel castello visconteo;
1359
estate, riceve una lettera del figlio
Giovanni che si trova
ancora al bando ad Avignone e che gli chiede il permesso di tornare
a casa; gli risponde di tornare solo quando si sentirà degno;
ottobre, trascorre alcuni giorni a Pagazzano dove, tra gli altri,
incontra l'orafo Enrico Capra che ha per
il poeta una vera e propria venerazione;
intanto a Pavia la situazione si è fatta disperata;
scrive
una lettera contro il frate Jacopo Bussolari,
capo dell'insurrezione di Pavia contro i Visconti
e i loro alleati Beccaria;
nello stesso tempo ha serie difficoltà con i servi i quali finiscono
per litigare davanti a lui per dividersi proprio le sue cose; li licenzia
tutti in tronco;
novembre, Milano, si trasferisce nella nuova casa, molto graziosa;
1360
gennaio, Milano, da Avignone arrivano Bolano,
il vecchio soldato-monaco-corriere, con alcuni amici e una lettera di
Socrate; poco dopo arriva anche Lelio
e il figlio del poeta Giovanni;
aprile, si reca di nuovo a Padova e a Venezia;
agosto, è già di ritorno a Milano;
ottobre, Milano, partecipa al matrimonio tra Gian
Galeazzo Visconti (11 anni) e Isabella
di Francia (8 anni); poiché la città è nuovamente
sotto la minaccia della peste, l'amico Albertino
da Cannobio lo invita ad andare ad abitare da lui sul lago Maggiore;
il poeta rifiuta l'invito;
dicembre, è a Parigi con un incarico diplomatico ricevuto da
Galeazzo Visconti; con lui sono altre cinque
persone, quattro ufficiali dell'esercito e un giurista; essi portano
in dono a re Giovanni II [il
Buono] due anelli: uno era stato strappato dal dito del re durante
la battaglia di Maupertuis e, dopo varie peripezie recuperato da Galeazzo
Visconti, l'altro è un prezioso rubino del tesoro personale
del duca di Milano;
durante il viaggio attraverso la Francia il poeta vede con stupore e
apprensione lo stato di desolazione in cui si trova il paese: «…
la stessa Parigi, capitale del regno, deturpata
fin sulla soglia stessa delle porte dalle rovine e dagli incendi, sembra
tremare inorridita ai funesti casi che l'hanno colpita»;
1361
gennaio, durante il soggiorno
a Parigi, si incontra spesso con Pierre Bersuire
già conosciuto vent'anni prima ad Avignone;
13 gennaio, pronuncia la sua orazione nel palazzo reale alla
presenza del re, del principe Carlo, di
molti cortigiani e dei suoi cinque compagni;
marzo, è di ritorno a Milano;
poco dopo riceve una lettera dell'imperatore a cui sono accluse
le copie di due documenti che si presentanto come privilegi accordati
da Cesare e da Nerone.
Si tratta di documenti addotti dal duca Rodolfo
IV d'Austria in appoggio alla rivendicazione della sovranità
autonoma dell'Austria e della sua indipendenza dalla giurisdizione imperiale.
Carlo IV chiede al poeta di comunicargli
in via riservata il suo parere sull'autenticità dei due documenti;
inoltre invita il poeta a recarsi a Praga;
[Da buon esperto il poeta si accorge subito che i due
documenti sono falsi e ne informa l'imperatore con una lettera riservata
in cui espone con chiarezza e convinzione i risultati del suo esame;
in una lettera a parte ringrazia l'imperatore dell'invito a Praga ma
si dice costretto a respingerlo perché troppo legato all'Italia.
È probabile che Francesca,
la figlia del poeta, che compie ora 18 anni, sia venuta a vivere col
padre già nel soggiorno milanese ed è probabile che proprio
qui abbia incontrato Francescuolo da Brossano
a cui si unirà in matrimonio nel 1362.]
giugno,
per sfuggire la peste, abbandona Milano per Padova;
Rerum senilium libri (Seniles)
(in XVII libri, 120 epistole, lettere fra il 1361 e la morte, dedicati
a Francesco Nelli (Simonide)
concluse, almeno idealmente, dalla Epistola ad posteros o Posteritati,
la quale dovrebbe coronare il "corpus" epistolare del poeta
come XVIII libro delle Seniles, anche se poi rimane allo stato
di abbozzo, delineando la sua autobiografia dalla nascita al 1371)
Il periodo
trascorso a Milano, durato 8 anni, è il periodo più lungo
passato dal poeta in modo pressoché continuo, nello stesso luogo.
Padova,
va ad abitare nella casa presso la cattedrale; qui già conosce
Francesco da Carrara e Pietro
Pileo, vescovo della città; di tanto in tanto da Padova
si reca nella vicina Venezia;
14 luglio,
Padova, apprende che nella notte tra il 9 e il 10 luglio su figlio Giovanni
è morto a Milano, vittima della peste;
agosto, viene a sapere della morte anche del caro amico Socrate
e più tardi di Philippe de Vitry;
autunno, una lettera di Talleyrando
gli comunica che è morto Zanobi da Strada
e che è desiderio del pontefice che egli prenda il suo posto
di segretario papale rimasto vacante;
1362
nel
corso dell'estate la peste raggiunge Padova;
settembre, da Padova si trasferisce a Venezia dove
la Repubblica Veneta gli dona una casa (Palazzo Molin), sulla riva destra
degli Schiavoni, in cambio della promessa di donazione, alla morte,
della sua biblioteca alla città lagunare; qui è consolato dalla figlia
Francesca che, sposatasi a Milano
con Francescuolo da Brossano, lascia la
città lombarda per vivere accanto al padre; di tanto in tanto va in
visita a Padova e soggiorna a Pavia dove i Visconti
gli hanno procurato una casa;
fra i veneziani, i suo amici conosciuti da tempo sono Benintendi
dei Ravegnati e Donato Albanzani,
maestro e uomo di lettere;
novembre, apprende della morte dell'amico Azzo
da Correggio a cui aveva dedicato il De remediis fortune;
scrive una lettera di cordoglio a Moggio dei Moggi
per tanti anni al servizio del defunto;
durante
l'anno (o poco più tardi) nasce il primo dei nipoti del poeta:
una bambina a cui viene dato il nome della madre del poeta, Eletta;
1363
Francesco Bruni, che desidera
ottenere un posto di segretario nella curia papale, gli chiede una lettera
di raccomandazione; il poeta gli risponde di presentarsi al papa facendo
il suo nome;
marzo, dopo aver passato un inverno molto infelice a Napoli,
G. Boccaccio arriva a Padova credendovi
di trovare il poeta; saputo del suo trasferimento a Venezia decide di
fermarsi Padova per un certo tempo e poi proseguire per Venezia;
viene a sapere che ad Avignone e in altri luoghi era circolata la voce
della sua morte; prestando fede a queste voci papa Urbano
VIII aveva assegnato ad altri non solo tutti i benefici di cui
il poeta godeva ma anche il modesto canonicato, con sede forse a Carpentras,
che aveva pensato di usare per attirare il poeta in Provenza; quando
le voci si dimostrano false il papa gli ritorna i benefici che gli erano
stati erroneamente tolti, ma ormai il canonicato era stato assegnato
a un altro;
aprile, riceve una lettera di Francesco
Bruni che gli dice di essere stato nominato segretario papale
come aveva desiderato;
luglio, giunge la notizia della morte di Lelio;
8 ottobre, partito da Venezia per recarsi a Pavia (dove lo ha
invitato Galeazzo Visconti e dove compirà
molte visite analoghe), si ferma a Padova una settimana;
dicembre, è già a Venezia dove gli giungono notizie
conturbanti da Creta dove c'è stata una rivolta contro la dominazione
veneziana;
forse proprio quest'anno fa la conoscenza di Philippe
de Mézières, cancelliere del re Pietro
I di Cipro;
1364
gennaio, a Padova fa da padrino per il battesimo del
figlio di Pietro da Muglio, che viene chiamato
Bernardo;
su richiesta del consiglio di Venezia, invia a Luchino
dal Verme una lettera di incarico per una missione a Creta;
marzo, si reca a Bologna;
giugno, ospite in casa del poeta è Bartolomeo
Carbone dei Papazurri, promosso da vescovo di Chieti ad arcivescovo
di Patrasso;
da Creta giunge la notizia della vittoria veneziana;
verso la fine dell'anno riceve la visita di Sagremon
de Pommiers;
da questo momento il poeta, la cui vista è sempre stata perfetta,
comincia afar uso degli occhiali;
1365
marzo, è di nuovo a Venezia dove frequenta
le sue amicizie vecchie e nuove: Leonardo Dandolo
(figlio del defunto doge Andrea Dandolo),
Tommaso Talenti (ricco mercante di origine
fiorentina), Zaccaria Contarini (nobile
veneziano) e Guido da Bagnolo di Reggio
(eminente medico);
luglio, muore il doge Lorenzo Celsi;
nuovo doge viene eletto Marco Corner che,
dalle testimonianze, non mostra particolare interesse per il poeta;
la
voce che il poeta sia morto giunge all'orecchio dell'imperatore il quale
annulla un progetto dal quale il poeta si attendeva particolari benefici
(non è la prima volta che accade);
1366
gennaio, è a Venezia dove presto viene ad abitare con
lui la figlia Francesca
e la nipotina Eletta (probabilmente
anche il marito Francescuolo da Brossano,
spesso in giro per missioni d'affari);
febbraio, dai coniugi nasce un maschio, Francesco,
a cui fa da padrino Donato Albanzani;
luglio, ritorna a Pavia; torna in contatto con Pandolfo
Malatesta che si è riappacificato con i Visconti,
tornando al loro servizio;
ottobre, Giovanni Malpaghini, che
si trova da più di due anni al suo servizio, porta a termine
virtualmente il compito di ricopiare le difficilissime minute delle
lettere del poeta, piene di revisioni, per la grande raccolta delle
Familiares;
verso la fine dell'anno torna a Venezia;
1367
marzo, trascorre circa un mese a Padova;
21 aprile, il suo fedele Giovanni Malpaghini,
ormai considearato quasi un figlio, decide di non lavorare più
per il poeta ma non sa ancora dove andare;
aprile, alla fine el mese il papa parte da Avignone verso Roma;
giugno, Pandolfo Malatesta non è
più al servizio dei Visconti;
il tranquillo soggiorno veneziano viene turbato dall'attacco maldestro
e violento mosso alla cultura, all'opera e alla figura sua da quattro
giovani averroisti che lo definiscono "ignorante": amareggiato
per l'indifferenza dei veneziani, dopo alcuni brevi viaggi, accoglie
l'invito di Francesco da Carrara e si stabilisce
a Padova.
De sui ipsius et multorum ignorantia
(1367, Sulla ignoranza sua e di molti altri, contro i quattro aristotelici
Leonardo Dandolo, Tommaso Talenti, Zaccaria
Contarini, Guido di Bagnolo, dedicato
a Donato
degli Albanzani)
Da Venezia,
prima della fine dell'anno, scrive la sua ultima lettera all'amico Guido
Sette;
[È una lettera lunga e famosa, a carattere autobiografico,
in cui il poeta passa in rassegna quasi tutto il corso della sua vita.
Guido Sette però muore prima che
la lettera giunga a destinazione.]
1368
marzo, il poeta è a Padova; è ancora sua intenzione
tornare a vivere a Venezia, ma non vi tornerà più;
aprile, Carlo IV arriva in Italia;
a Udine va incontro all'imperatore Carlo IV
sceso in Italia per combattere i Visconti;
maggio, si reca a Pavia, chiamato da Galeazzo
Visconti per partecipare ai negoziati per la firma di un trattato
di pace; appena giunto gli arriva la notizia della morte del nipotino
Francesco;
giugno, recatosi a Milano assiste alle nozze di Violante,
figlia di Galeazzo Visconti, con Lionello
duca di Clarence, figlio del re d'Inghilterra;
3 luglio, torna a cavallo a Pavia; Giovanni
Malpaghini, ancora una volta, dice che non può più
stare al servizio del poeta;
verso metà del mese il poeta parte da Pavia, scende lungo il
Ticino e il Po su un barcone e giunge a Padova dove viene accolto con
entusiasmo dalla popolazione e dallo stesso Francesco
da Carrara;
settembre, gli giunge notizia che a Modena, sotto gli auspici
dell'imperatore, è stato firmato un trattato di pace non sfavorevole
ai Visconti;
prima della fine dell'anno ha già fatto altre amicizie: i fratelli
Bonaventura e Bonsembiante
Badoer (monaci agostiniani), Giovanni Dondi
(medico eminente), Lombardo della Seta
(umanista di non grande rilievo ma che si rende spesso utile al poeta
e gli è molto devoto), Manno Donati
(un condottiero fiorentino residente a Padova) e alcuni altri;
1369
marzo,
si mette all'opera per costruirsi una piccola casa ad
Arquà (Padova), un tranquillo paese sui Colli Euganei, sul terreno
che gli ha regalato Francesco
da Carrara;
1370
marzo,
con tutti i suoi libri si trasferisce ad Arquà (Padova) dove spesso
lo viene a trovare Francesco
da Carrara; decide di partire per Roma dopo
aver ricevuto l'invito dal papa;
4 aprile, decide di fare testamento; tra le varie donazioni:
- alla cattedrale di Padova ?
- alla chiesa nella quale sarà sepolto ?
- ai poverelli di Cristo ?
- Francesco da Carrara (la Madonna di Giotto);
- Donato Albanzani (remissione di un debito);
- Lombardo della Seta (dei cavalli e una
coppa d'argento);
- Giovanni
Boccaccio (50 fiorini d'oro, per una veste da indossare nelle
ore di studio o di meditazione nelle notti d'inverno)
- Tommaso Bombasi (il suo liuto perché
lo suoni "non per mondana vanità,
ma in lode dell'eterno Dio");
- Giovanni Dondi (50 ducati per un anello);
- Pancaldo, suo servo (20 ducati "che
non devono essere usati per giochi d'azzardo");
- Gherardo, suo fratello
(100 fiorini tutti in una volta oppure cinque o dieci fiorini all'anno
come egli preferisce)
- Francescuolo da Brossano (è nominato
erede di tutto il resto e viene definito non solo un erede ma un figlio
carissimo. La casa di Valchiusa che venga usata per il beneficio dei
poveri di Cristo ma se non sarà possibile che vada agli eredi
del suo fedele sovrintendete Raymond Monet;
parte
per Roma dove Urbano V ha fissato la sede
pontificia, ma, colto da sincope a Ferrara, è costretto ad interrompere
il viaggio e tornare ad Arquà;
giugno, da Arquà, dove viene raggiunto dalla figlia Francesca
con il marito, si muove di rado: una volta per sfuggire alla guerra
scoppiata tra Padova e Venezia, un'altra per pronunziare una solenne
orazione che ratifica la pace tra le due città venete;
agosto, viene a sapere della morte del giovane marchese Ugo
d'Este che gli si era mostrato così gentile e affezionato
a Ferrara durante la sua malattia;
settembre, quando il papa lascia Roma per tornare ad Avignone,
il poeta ne rimane addolorato.
1371
1372
il poeta viene a sapere che Philippe de Cabassoles
è stato inviato in Italia come legato papale e si trova a Perugia
a governare la città dove di recente ci sono stati dei tumulti;
agosto, il poeta apprende che Philippe
de Cabassoles è morto a Perugia;
3 ottobre, inizia la guerra tenuta tra Padova e Venezia;
15 novembre, il poeta si allontana da Arquà e si trasferisce
a Padova portando con sé molti dei suoi libri; i servi e i familiari
lo seguono con il risultato di affollare all'estremo la casa di Padova;
il condottiero veneziano Rainiero Vasco non
si impossessa di Arquà;
1373
gennaio, muore Pandolfo Malatesta;
aprile, in un tribunale padovano viene celebrato un processo
che, sebbene non coinvolga personalmente il poeta, lo avrà seguito
con interesse poiché fra i diritti acquisiti egli era anche conte
palatino con potere di legittimare le persone la cui nascita era illegittima;
[Egli aveva esercitato i diritto nei confronti di Giovanni
di Bartolommeo di Vicenza il quale aveva
ora sporto denuncia contro un cittadino di Padova per il mancato pagamento
di un prestito. Uno dei motivi a cui ricorre il denunciato, per non
pagare il debito, è che Giovanni,
essendo di nascita illegittima, non ha alcun diritto legale; ma Giovanni
produce alla corte una copia del documento con cui il poeta lo aveva
legittimato e vince la causa.]
maggio, dopo la vittoria di Padova nel primo vero scontro contro
Venezia, il poeta ritorna probabilmente ad Arquà;
27 settembre, dopo essersi recato a Venezia con Francesco
Novello da Carrara e altri nobili, ritorna da Venezia;
Invectiva contra eum qui maledixit Italiae
(1373, contro il monaco Jean de Hesdin,
che ha scritto contro il trasferimento della sede pontificia da Avignone
a Roma)
1374
18 luglio, colpito da una sincope muore;
24 luglio, ai funerali intervengono Francesco
da Carrara e un gran numero di ecclesiastici e laici. L'elogio
funebre è pronunciato da Bonaventura Badoer.
Per volontà testamentaria le sue spoglie vengono sepolte nella chiesa
parrocchiale del paese, poi verranno collocate dal genero in un'arca
marmorea accanto alla chiesa, dove tuttora si trovano.
Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere,
lavoro di una vita, dal 1335-38 fino alla morte, ben nove redazioni;
I - Venezia 1470, edizione princeps (Canzoniere e Triumphi),
di Vindelino da Spira;
II- Roma 1471, (Canzoniere e Triumphi) attribuito a Georg
Lauet;
III - Padova 1472, (Canzoniere e Triumphi)edizione padovana,
di Bartolomeo
Valdezoco;
[Questa edizione non dipende passivamente dalle prime
due, include infatti: la tavola dei componimenti del Canzoniere
e dei Triumphi; la Nota di Laura; il Canzoniere;
i Triumphi; la Vita del Petrarca di Leonardo
Bruni.]
L'intero
libro, così come lo leggiamo nel codice Vaticano latino 3195
(non nel 3196 che contiene abbozzi e stesure primitive poi rifiutati),
in parte autografo, in parte copiato sotto diretto controllo dell'autore,
comprende 366 componimenti (317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate,
4 madrigali), distinti in due parti (1-263 – 264-366)
[L'accertamento che il codice Vaticano lat. 3195 fosse
l'autografo finale del P.
è del 1886 e si deve a Pierre
de Nolhac, studioso della biblioteca di Fulvio
Orsini.
Sulla storia del codice si sapeva a fine Ottocento che il titolo originale
era in una copia del Canzoniere trascritto da Leonardo
Giustinian, e che nel 1472 ne fu tratta l'edizione di
B. Valdezoco.
Era anche noto poi che P.
Bembo avesse utilizzato l'originale per l'aldina del 1501,
e che nel 1525 presso un padovano, Daniele Santasofia,
lo vide il lucchese A.
Vellutello (il primo commentatore cinquecentesco del P.,
che appunto ne parla nominando il proprietario padovano, cioè
D. Santasofia, indicatogli da P.
Bembo), al quale tuttavia parve di dover negare (e a torto)
l'autografia del codice.
Il Vattasso nel 1904 poteva sì ragionare
sull'originale, ma nulla sapere dei Santasofia.
Solo successivamente, negli anni cinquanta del Novecento, e agli studi
archivistici si doveva il riscontro, capitale per la storia della biblioteca
del P.,
che i Santasofia erano, per via di trafile
testamentarie, gli eredi dei libri del P..
E così quel nome di Daniele Santasofia,
da semignoto qual era, per i meriti degli studi archivistici di P.
Sambin [Università degli Studi di Padova], diventava il
membro di una famiglia ora conosciuta e del tutto visibile per cultura
e attività nella sua Padova.
Daniele Santasofia aveva acquisito
i libri del P., e fra essi il Canzoniere autografo, per aver
sposato Tommasa Savonarola, vedova di Gerardo,
nipote di P. come figlio di Francesca.
La notizia di A.
Vellutello si dimostra dopo
gli studi di P. Sambin non solo credibile,
ma veritiera e preziosa, e attraverso questo dettaglio indicava anche
chi avesse molti anni prima messo a disposizione di P.
Bembo l'esemplare servito
per l'edizione aldina del 1501.
Così una trama poteva intravedersi: il codice autografo del P.,
passato alla figlia Francesca,
ovvero al genero Francescuolo da Brossano,
di qui ai Savonarola e ai Santasofia,
era stato utilizzato dal nobile poeta veneziano L.
Giustinian per una propria copia. Il padovano B.
Valdezoco non fece fatica a recuperare quella notizia che
doveva circolare negli ambienti colti della città. Introdotto
nell'entourage, egli aveva buona possibilità di conoscere
i proprietari dell'autografo del Canzoniere petrarchesco. Esiste
anzi, dell'aprile 1474 e dunque di poco posteriore alla pubblicazione
del Rerum Vulgarium Fragmenta, un contratto d'affitto
fatto stipulare da Alvise Santasofia, per
il quale B.
Valdezoco funge da testimone, cosicché nemmeno occorre
congetturare un rapporto di conoscenza se non di familiarità
fra proprietari del codice ed editore. […]
Resta il dubbio di chi ci fosse dietro questa operazione, chi potesse
prendersi la responsabilità di preparare per la stampa un manoscritto
del genere… l'Augurello? il Cosmico?
Nulla ci dicono i documenti sugli stampatori padovani.
I
reperti dell'altro codice autografo del Canzoniere, il Vaticano
lat. 3195, sarà pubblicato a Venezia da Bernardino
Daniello (dapprima utilizzato nel suo commento a P. - Venezia
1541 e in seguito, nel 1549, nell'editio maior dello stesso commento).
Tra queste due date, Paolo Valdezoco, nipote
di Bortolamio, ristrutturerà la
casa del poeta ad Arquà.
[Tratto da Rerum Vulgarium Fragmenta, a cura
di Gino Belloni, Regione del Veneto-Marsilio
2001.]
Triumphi
(poema in terzine, probabilmente iniziato prima del 1340 e compiuto
nel 1374)
Itinerarium
breve de Ianua ad Ierusalem et Terram Sanctam (composto per un pellegrinaggio
al Santo Sepolcro, su richiesta di Giovanni di
Mandello)
Variae
(57 lettere, non raccolte dall'autore ma ad opera di amici ed
ammiratori, che già compaiono nelle stampe petrarchesche).
[vedi Pierre
de Nolhac]
_______________
[XVI secolo:
fra Girolamo Malipiero, uno dei tanti (per
la maggior parte sconosciuti) "espurgatori", pubblica il Petrarcha
spirituale (otto edizioni tra il 1536 e il 1587); solo il 17% dei
sonetti e il 26% dei versi delle canzoni rimarrà come gli originali.
Il resto sarà stravolto senza il minimo rispetto. La donna diverrà
sempre la Madonna, mentre i sonetti con riferimenti alle vicende avignonesi
saranno alterati con criteri spesso stravaganti, al punto da fare sostenere
al poeta che la Germania è diventata come Babilonia per l'opera
di M. Lutero.
(Mario Infelise, I libri proibiti,
Laterza 1999.]
- Opere da consultare:
- Catalogo delle opere di Petrarca esistenti nella Petrarchesca
Rossettiana di Trieste (compilato da A. Hortis,
Stoccarda 1874);
- Biblioteca Petrarchesca di A. Marsand
(Milano 1826).
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