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– Paolo
Barsacchi
(Viareggio, Lucca 12 novembre 1936 - 4 ottobre 1986)
uomo politico italiano, esponente del PSI (Partito
Socialista Italiano);
laureato in Scienze economiche e commerciali, professore negli istituti
tecnici;
1979
3 giugno, eletto senatore (VIII Legislatura) in Toscana;
24 luglio-25 febbraio 1981, segretario del PSI;
1983
12 luglio, rieletto senatore (IX Legislatura);
9 agosto-31 luglio 1986, sottosegretario all'Interno
(I "governo
Craxi");
1986
4 agosto-4 ottobre, sottosegretario all'Interno
(II "governo
Craxi");
[È sostituito al Senato da Piero
Fabiani.]
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27 settembre 1990 «La Repubblica»
'FACILE ACCUSARE UN MORTO'
PISA La vedova ha fatto di testa sua. Anna
Maria Barsacchi, moglie del senatore socialista Paolo,
morto nel 1986, non ha dato retta agli ex amici di partito del marito.
A Pisa si svolge il processo per la tangente sulla pretura di
Viareggio (270 milioni versati dal costruttore Rota
al faccendiere Ilio Mungai e da lui girati
al partito) e la signora Barsacchi
interviene portando lo scompiglio nel gruppo di ex assessori regionali
e comunali, dirigenti nazionali del Psi, personaggi
di spicco e uomini da sottobosco. Tira fuori a sorpresa le registrazioni
di telefonate fatte con il ministro Vassalli,
con Giuliano Amato, con il capogruppo socialista
al Senato Fabio Fabbri nei giorni in cui
lo scandalo montava. Anna Maria Barsacchi
non accetta il tentativo fatto al vertice del partito
di rovesciare sul marito che non può più difendersi le
responsabilità di quella tangente.
E difende la sua memoria con il contenuto di bobine sconosciute a tutti.
Telefonate imbarazzanti, sulle quali forse Vassalli,
Amato e Fabbri
dovranno dare qualche risposta. Il pubblico ministero Nicola
Pisano e gli avvocati di Walter De Ninno,
dirigente nazionale del Psi e imputato, hanno chiesto
che vengano sentiti insieme all'ex segretario amministrativo del partito
Giorgio Gangi e al senatore Eugenio
Bozzello.
Il tribunale deciderà stamani.
In una delle telefonate la signora parla con Vassalli
e gli dice implorante: Ma allora per salvare De Ninno accusate mio marito.
E il ministro risponde rabbuiato: Questo io lo so.
In un'altra chiede a Fabbri di convincere
De Ninno a dire la verità, a non
infangare il nome di Paolo Barsacchi. E
il capogruppo si arrende: Non ho la possibilità di convincerlo
a farlo.
In una terza è Giuliano Amato che
invita la signora a non accusare Tizio e Caio al processo altrimenti
viene fuori una grande confusione. Anna Maria
Barsacchi risponde ora a tutti facendo ascoltare quelle telefonate.
E così il processo diventa ancora più scottante.
Gli imputati sono:
. Walter De Ninno della segreteria amministrativa
nazionale del Psi;
. Francesco Colucci, ex assessore regionale
al turismo;
. Marcello Galleri, segretario amministrativo
della federazione socialista di Lucca;
. Umberto Nave, assessore ai lavori pubblici
a Viareggio;
. Emilio Berti, funzionario dell' ufficio
legale del Comune di Viareggio e membro dell' esecutivo provinciale
del Psi;
. Ilio Mungai, faccendiere di Montecatini
(lui si definisce mediatore con la passione del gioco), amico fidato
del partito, indicato come l'artefice dell'operazione pretura.
Tutti sono accusati di concussione.
L'inchiesta fece scalpore non solo per il livello dei personaggi politici
coinvolti ma perché era la quarta in Toscana che nel giro di
pochi anni tirava in ballo esponenti del PSI:
- 1ª - lo scandalo per l'acquisto a Firenze di Villa Favard,
- 2ª - lo scandalo per l'acquisto dell' Albergo Nazionale,
- 3ª - lo scandalo per la lottizzazione a Rio nell'Elba
(in tutte e tre era rimasto invischiato l'ex tesoriere del Psi
toscano Giovanni Signori).
Proprio indagando sulla presunta tangente pagata da un costruttore torinese
per realizzare un villaggio sull'isola, il sostituto procuratore generale
Francesco Fleury incappò nella vicenda
della pretura di Viareggio. In casa di Ilio Mungai,
il 12 ottobre dell'87, venne trovato un appunto indirizzato secondo
l'accusa a Walter De Ninno. Ilio
Mungai aveva annotato in che modo aveva diviso i 250 milioni
della tangente pagata da Rota per vincere
l'appalto della pretura:
- 100 Mni alla federazione di Lucca,
- 75 Mni a Roma,
- 75 Mni a vari personaggi.
L'inchiesta si allargò, coinvolse numerosi pubblici amministratori,
divenne una bomba che costrinse, fra l'altro, l'assessore Colucci
a dimettersi con una lettera scritta dal carcere fiorentino di Sollicciano.
Dopo oltre tre anni il processo.
Ilio Mungai si è difeso sostenendo
che i milioni pagati da Rota erano una
regalia non richiesta: e il presidente del tribunale Bargagna
lo ha pregato di non prendere in giro nessuno. Quindi ha tirato in ballo
il senatore Paolo Barsacchi affermando
di avergli dato 150 milioni.
A questo punto la vedova ha reagito: prima una querela, poi l'offerta
delle bobine. Un atteggiamento che ha avuto effetto. Ieri sera, a confronto
con Rota, Ilio Mungai
ha corretto le sue dichiarazioni, ammettendo che i 270 milioni non erano
un regalo, ma una tangente concordata con il costruttore.
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