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– Aristide
GUNNELLA
(Mazara del Vallo, Trapani 18 marzo 1931)
uomo politico italiano, esponente del PRI (Partito
Repubblicano Italiano);
laureato in giurisprudenza, dirigente industriale;
segretario regionale del PRI in Sicilia;
1968
5 giugno, eletto deputato (V Legislatura);
1972
25 maggio, eletto deputato (VI Legislatura);
1974
novembre-gennaio 1976, sottosegretario alle Partecipazioni
statali (IV "governo
Moro");
1976
5 luglio, eletto deputato (VII Legislatura);
1979
20-31 marzo, sottosegretario alle Partecipazioni statali
(V "governo
Andreotti");
20 giugno, eletto deputato (VIII Legislatura);
1980
4 aprile-27 settembre, sottosegretario agli Affari Esteri
(II "governo
Cossiga");
ottobre-maggio 1981, sottosegretario agli Affari Esteri
("governo Forlani");
1983
12 luglio, eletto deputato (IX Legislatura);
1987
2 luglio, eletto deputato (X Legislatura);
luglio-marzo 1988, ministro per gli Affari Regionali
("governo
Goria").
1993
Gunnella arrestato nella sua villa:
(l’ ex ministro aveva annunciato che si sarebbe costituito ma i carabinieri
l’ hanno scovato prima.
Era nascosto in casa e ogni volta che vedeva movimenti sospetti si rifugiava
in un vicino casolare.)
Palermo. Il padre padrone dei
repubblicani in Sicilia ha chiuso la sua carriera politica nel peggiore
dei modi. Dentro una cella dell’Ucciardone, insieme a mafiosi e delinquenti
della peggiore risma, accusato da due nomi illustri dell’imprenditoria
nazionale d’aver preso tangenti per 130 milioni di lire.
Da ieri mattina, l’ex ministro Aristide Gunnella
è un inquilino delle patrie galere, imputato di corruzione
e violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti.
A. Gunnella, responsabile degli Affari
regionali nel "governo Goria", 6 volte deputato alla
Camera, 2 volte sottosegretario e per un anno e mezzo vice del segretario
del Pri G. Spadolini,
avrebbe evitato volentieri la vergogna delle manette.
Lunedì mattina si era fatto vivo col suo legale, l’avv. Salvo
Riela, ex deputato comunista. Una telefonata,
un annuncio: «Faccia sapere che mi costituisco».
Ma i carabinieri sono arrivati prima che si consegnasse ai magistrati.
Lo hanno scovato laddove era naturale che fosse, nella sua residenza
abituale: la villetta a due piani in una zona esclusiva che lambisce
la borgata di San Lorenzo. Lo hanno cercato lì, in fondo a viale
Strasburgo, anche sabato pomeriggio, quando è scattato il blitz
dei militari del Gruppo 1, pronti a eseguire il mandato di cattura chiesto
dal sostituto procuratore Lorenzo Matassa
e firmato dal Gip Sergio La Commare. Indiscrezioni
di buona fonte dicono che Gunnella non
si è mai allontanato da casa. Piuttosto, controllava i movimenti
attorno alla sua villa e se la squagliava non appena sentiva aria di
manette. Andava a nascondersi in un casolare vicino, aspettava che passasse
la buriana poi tornava tranquillamente dentro, come se niente fosse.
E andata così pure ieri mattina. Il nucleo speciale dei carabinieri
che indaga su mafia, appalti e malaffare ha bussato a casa Gunnella
intorno alle 10. L' ex ministro si era già messo al sicuro per
tornare un quarto d'ora piu' tardi, convinto che nessuno l'avrebbe più
disturbato. Per questo è rimasto di ghiaccio quando, 10 minuti
dopo, s'è trovato sull'uscio 6 uomini in divisa con un paio di
manette in pugno, finalmente faccia a faccia con il più eccellente
dei ricercati. Gunnella non ha detto una
parola. Ha raccolto gli effetti personali, si è accomodato sull'Alfetta
tra un maresciallo e un brigadierie che ha preso la strada dell'Ucciardone
dove, nel pomeriggio, è stato interrogato per oltre 4 ore dai
magistrati. E l'ultima tegola, pesantissima, che cade su uno dei siciliani
più ricchi e potenti, proprietario di ville e terreni. Sul suo
capo pendono altri 2 provvedimenti giudiziari e altrettante richieste
di autorizzazione a procedere. Lo accusano di mafia i pentiti trapanesi
Spatola e Filippello.
Ma altri guai gli sono piovuti addosso quando i giudici di Catania hanno
scoperto da una intercettazione telefonica che Gunnella
avrebbe chiesto voti a uno dei più pericolosi boss dell'isola,
quel Giuseppe Pulvirenti arrestato il mese
scorso.
Ora lo inchiodano due ras dell'imprenditoria, il catanese Mario
Rendo e il milanese Vincenzo Lodigiani,
il primo dei quali imputato nell'inchiesta che ha portato Gunnella
dietro le sbarre.
Mario Rendo ha dichiarato di aver versato
una mazzetta di 25 milioni all' ex ministro attraverso
la mediazione di un altro esponente del Pri, Ninni
Arico' , ex segretario provinciale, ex assessore comunale ed
ex presidente dell'Ente Acquedotti, anch'egli
inquisito e latitante.
Ben più consistente il "contributo" di Vincenzo
Lodigiani all'ex vicerè repubblicano, 105 milioni,
che insieme coi soldi dell'altra tangente sarebbero serviti a finanziare
la campagna elettorale di Gunnella nelle
regionali '91.
Fu questa, hanno spiegato i 2 imprenditori, la contropartita per la
facile assegnazione di appalti relativi alla costruzione della
diga Ancipa, sui Nebrodi, opera faraonica mai terminata che
ha già divorato oltre 500 miliardi. Una delle
tante cattedrali nel deserto che serviva all'Ente
Acquedotti, feudo Pri, per distribuire appalti
miliardari e pilotare tangenti.
[Fonte: Mignosi Enzo
- Pagina 10 (21 luglio 1993) - «Corriere della Sera».]
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