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(Lanzo Torinese, Torino 8 agosto 1903 Rignano Flaminio, Roma 10 giugno 1991) storico e politico italiano, esponente del PCI (Partito Comunista Italiano); Titolare della cattedra di Storia del cristianesimo dal 1926 al 1928 e dal 1946 al 1959 all'Università di Roma, dal 1960 al 1971 insegnò in quella di Bari. Ambasciatore italiano in Polonia nel 1947, fu senatore della Repubblica dal 1953 al 1963, eletto nelle liste del Partito comunista italiano, e segretario dal 1960 dell'Associazione Italia-Urss. Ha collaborato con la rivista Il Calendario del Popolo. Professore, libero docente di "Storia del cristianesimo" all'Università di Roma. [Iscritto al gruppo parlamentare:
1922
28 ottobre, "marcia su Roma"; 1922 31 ottobre-25 lug 1943, ("governo Mussolini"); 1923 - 1924 6 aprile, (XXVII Legislatura 1924 24 mag - 21 gen 1929) nel collegio unico nazionale (?), listone fascista; 10 giugno, il deputato socialista G.
Matteotti viene rapito e ucciso; 1925 31 luglio, viene concessa l'amnistia a tutti i colpevoli di reati "per fini nazionali"; 1926
1929 24 marzo, (XXVIII Legislatura 1929 20 apr - 19 gen 1934) nel collegio unico nazionale; 1930 1931 1932 1933 1934 1935 guerra di Etiopia (1935-36); 1936 guerra civile spagnola (1936 18 lug-1° apr 1939); 1939 marzo, (XXX Legislatura (1939 23 mar - 2 ago 1943 - I della Camera dei fasci e delle corporazioni) 1940 17 maggio, data dell'ultima seduta pubblica del Senato del Regno; II guerra mondiale 1941
1942
1943 25 luglio 1943 - 23 maggio 1948, Ordinamento provvisorio; 25 lug-17 apr 1944, (I "governo Badoglio"); 1943 23 set - 25 apr 1945 1944 18 giugno-12 dicembre, (II "governo
Bonomi"); 1945 21 giugno-10 dicembre, ("governo Parri); 22 set-2 giu 1946, Consulta nazionale; 10 dicembre-13 luglio 1946 (I "governo
De Gasperi"); 1946 22 giugno, entra in vigore la cosiddetta "amnistia
Togliatti";
1947 1948
1950 1951 1953 Membro:
1954 1955 1957 1958
1959 1960 1962 1963 1964 1966 1968 1969 1970 1972 1973 1974 1976 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 17 giugno, elezioni per il Parlamento europeo; 1986 1987 1988 1989 1991 10 giugno, muore a Rignano Flaminio (Roma). _________________________
Ambrogio Donini (Lanzo Torinese, 8 agosto 1903 Rignano Flaminio, 10 giugno 1991) è stato uno storico marxista italiano. Titolare della cattedra di Storia del cristianesimo dal 1926 al 1928 e dal 1946 al 1959 all'Università di Roma, dal 1960 al 1971 insegnò in quella di Bari. Ambasciatore italiano in Polonia nel 1947, fu senatore della Repubblica dal 1953 al 1963, eletto nelle liste del Partito comunista italiano, e segretario dal 1960 dell'Associazione Italia-Urss. Ha collaborato con la rivista Il Calendario del Popolo. Indice [nascondi] Trasferitosi a Roma con la famiglia, egli avrebbe dovuto seguire, come i suoi due fratelli, le orme paterne, intraprendendo la carriera militare, ma a nove anni perse un occhio in un banale incidente di gioco. Conseguita al Liceo Tasso la maturità classica a pieni voti, si iscrisse alla Facoltà di lettere dell'Università dove, allievo di Ernesto Buonaiuti, si dedicò soprattutto allo studio della storia delle religioni: una delle prime conseguenze dei suoi studi « fu l'abbandono di ogni prassi devozionale e della stessa fede cattolica che, come figlio di una famiglia estremamente devota, avevo sino allora seguito ».[1] Di Buonaiuti, prete modernista e docente dal 1916 di Storia del cristianesimo nell'Ateneo romano, Donini fu « allievo in senso quasi medievale », e cioè compartecipe non solo della sua dottrina ma anche del suo stesso modo di vivere e di pensare.
Nel 1926, su pressioni delle massime gerarchie cattoliche che avevano già sospeso a divinis e scomunicato Buonaiuti, Mussolini in persona - deciso a eliminare ogni ostacolo all'imminente accordo concordatario con il Vaticano - provvide a togliergli la cattedra per aver egli rifiutato, assieme a pochi altri docenti universitari di tutta la Penisola, di pronunciare il giuramento di fedeltà al fascismo, come preteso dal regime. Alla cattedra di Buonaiuti succedette lo stesso Donini. « Docente universitario a ventitré anni, con la pesante
eredità del mondo nel quale ero sino allora vissuto, se fossi
rimasto in Italia sarei diventato uno dei tanti rappresentanti del mio
ceto, un accademico onorato dai potenti, quello che i francesi chiamano
un grande commesso dello Stato borghese, sarei probabilmente sceso a
compromessi con il fascismo, come è avvenuto per quasi tutti
gli intellettuali di quell'epoca, ne avrei esaltato le gesta fino alla
disfatta, per poi riemergere nelle stesse funzioni dopo la liberazione
» Alla fine del 1932 tornò in Europa, chiamato dal Centro estero del suo Partito, che gli affidò a Bruxelles la direzione delle «Edizioni di cultura sociale», nelle quali si presentavano traduzioni di testi marxisti, e la redazione del quotidiano antifascista « La Voce degli Italiani ». Dividendosi tra la capitale belga e Parigi, collaborò anche alla rivista teorica comunista « lo Stato Operaio » e conobbe i maggiori dirigenti comunisti, da Palmiro Togliatti a Luigi Longo, da Ruggero Grieco a Giuseppe Di Vittorio. In missione clandestina in Italia[modifica | modifica wikitesto] A Roma contattò un altro amico della prima gioventù, Paolo Milano, critico letterario, allora « giovane sovversivo [...] in stretto legame con studenti, artigiani e piccoli commercianti. Non appariva mai in primo piano ma la sua influenza era abbastanza grande, specie nel ristretto mondo dei perseguitati politici e dei giovani ansiosi di "fare qualcosa" ». Anche il Milano, qualche anno dopo, si allontanò dal Partito comunista, fino a diventare, nel dopoguerra, un « cinico, disabusato, patrocinatore delle cause meno serie [...] è la sorte di quegli intellettuali che si isolano dagli elementi operai con i quali avevano, più sentimentalmente che per convinzione, collaborato ».[3] Nell'ultima tappa della sua missione, a Milano avvicinò, al termine di una conferenza, il suo vecchio professore Buonaiuti: « Con l'ingenuità di una volta, gli ricordai che nel mio
lavoro cercavo di realizzare alcuni dei principi sui quali aveva basato
il suo insegnamento: la necessità del rischio quotidiano per
realizzare un programma di comprensione e di rigenerazione della società
[...] simile a quella dei primi gruppi cristiani, in totale dissenso
con le strutture del mondo antico » A Mosca e in Spagna[modifica | modifica wikitesto]
Quell'incontro non ebbe seguito né in Vaticano né ai vertici del Partito, anche se il Rampolla mantenne contatti con Marzi Marchesi e nel 1944, durante l'occupazione tedesca di Roma, nascose nella sua casa armi e documenti necessari ai gruppi della Resistenza romana. La relazione dei colloqui, presentata a Giuseppe Berti, il capo del Centro estero di Parigi, fu da questi lasciata cadere e non fu nemmeno trasmessa a Togliatti.[6] Ne settembre del 1938 Donini fu ancora negli Stati Uniti e poi in Tunisia, per organizzare la stampa comunista fra gli emigrati italiani. A New York fu disposta la pubblicazione del settimanale «Unità del Popolo», mentre a Tunisi uscì per un anno il quotidiano « Il Giornale », diretto da Giorgio Amendola. A Barcellona, con Togliatti esaminò le prime copie, giunte da Mosca, dei Quaderni del carcere di Gramsci. Il progetto di pubblicarli in Francia svanì a causa della guerra e la pubblicazione avverrà in Italia a partire dal 1947.[7] Negli Stati Uniti[modifica | modifica wikitesto]
La firma del trattato di non aggressione stipulato il 23 agosto tra la Germania nazista e l'Unione Sovietica comportò che i comunisti negli Stati Uniti fossero visti come possibili agenti sovietici. Poi l'attacco di Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, comportò che gli italiani fossero guardati come eventuali collaboratori del nemico: in questa duplice veste di comunista e italiano - benché ormai l'Unione Sovietica fosse in guerra contro l'Asse - Donini fu arrestato l'8 dicembre 1941. L'intervento della giornalista gollista Geneviève Tabouis, di Carlo Sforza e soprattutto di Eleanor Roosevelt, moglie del presidente, gli fecero ottenere, dopo due mesi di carcere, un sollecito processo, dal quale Donini uscì totalmente assolto. Nel 1943, in seguito all'omicidio dell'anarchico Carlo Tresca avvenuto l'11 gennaio a New York, la stampa americana indicò in un primo momento in Vittorio Vidali, allora in Messico, il probabile esecutore e nel gruppo comunista newyorkese il mandante. Fu poi chiarito che la malavita di New York era responsabile dell'omicidio e il fascismo italiano il suo mandante.[9] Alla caduta del fascismo, il 25 luglio, gli emigrati politici ottennero di rientrare in Italia, non però i comunisti, cui il Dipartimento di Stato americano negò il visto pensando che essi potessero recare difficoltà al governo provvisorio di Badoglio.[10] Passarono così due anni e fu necessaria una causa giudiziaria e l'escamotage della nomina di Donini e di Giuseppe Berti a funzionari del ministero degli Esteri italiano, decretata su iniziativa di Togliatti dal governo Bonomi, perché essi potessero tornare in Italia nell'ottobre del 1945.[11] Il ritorno all'insegnamento[modifica | modifica wikitesto] Il 20 aprile morì Buonaiuti, pubblicamente commemorato da Donini, che passava allora per suo erede spirituale, per esserne stato allievo e per il comune antifascismo. In realtà, secondo Donini « l'antifascismo di Buonaiuti si fermava alle soglie di una protesta culturale e rifuggiva da ogni intervento non solo verbale di condanna della dittatura, e da ogni collegamento con le forze politiche di sinistra, impegnate nella lotta clandestina ». Come storico del cristianesimo primitivo, Buonaiuti era convinto che « l'aggregazione religiosa in piccole comunità, strappate al controllo della chiesa e alla predicazione dei dogmi, ai quali non credeva più, e basate sulla legge dell'amore fraterno, era la risposta più adeguata all'egoismo dominante e al dispotismo dei ceti dominanti ». Per Donini, invece, « l'elemento determinante di ogni manifestazione fideistica era l'ambiente sociale in cui le masse di credenti gettavano le loro radici e la protesta dei gruppi più sfruttati all'arroganza e al dominio economico dei ricchi e dei privilegiati. Senza saperlo, ero giunto alle soglie del materialismo storico; e lo studio dei testi di Marx, di Engels e dello stesso Lenin sulla religione mi aprirono nuove strade e nuove prospettive di lotta ».[12]
Il suo incarico a Varsavia durò poco più di un anno, dal marzo del 1947 all'aprile del 1948. Nel maggio del 1947 De Gasperi aveva formato un nuovo governo che escludeva i Partiti socialisti e comunisti, e Donini avrebbe già voluto rassegnare le dimissioni, ma ne fu dissuaso. Nei primi del 1948 favorì la stipula di un trattato commerciale tra l'Italia e la Polonia - autocarri FIAT in cambio di carbone polacco - e in primavera, dopo essere stato eletto membro del Comitato centrale del PCI, fu candidato al Senato per le elezioni del 18 aprile. Aver tenuto un comizio elettorale a Roma, ai primi di aprile, fornì al governo il pretesto per destituirlo dall'incarico di ambasciatore.[14] Donini non fu eletto e riprese l'insegnamento nell'Università di Roma. Prese anche parte attiva al movimento dei « Partigiani della pace », organizzazioni di base nate nel 1948 e sviluppatesi in molti paesi con l'obbiettivo di favorire il dialogo tra le due maggiori potenze e rendere impossibile l'impiego delle armi nucleari. Donini partecipò al convegno, tenuto in agosto a Breslavia, in Polonia, e al successivo I Congresso mondiale, tenuto a Parigi nell'aprile del 1949 sotto il simbolo della colomba della pace, appositamente dipinta da Picasso.[15] Alla fine della guerra erano pervenuti da Mosca in Italia i Quaderni del carcere di Gramsci, e il Partito comunista, oltre a curarne la pubblicazione, decise di istituire una fondazione dedicata allo scomparso capo del Partito: nacque così a Roma nel 1950 la « Fondazione Antonio Gramsci », sotto la direzione di Donini, dal 1954 ridenominata « Fondazione Istituto Gramsci ».[16] Nello spirito di Gramsci, fu diretta da Donini una collana di classici della letteratura, della storiografia e della scienza, edita dalla Colip a prezzi molto ridotti, l'« Universale economica », che ebbe molto successo e fu successivamente rilevata dalla Casa editrice Feltrinelli. Donini fu anche vicedirettore, dal 1949 al 1953, di Rinascita, la più importante rivista di politica e cultura del Partito fondata e diretta da Togliatti. In questo periodo, il 13 febbraio 1953, ebbe un incontro riservato, per iniziativa dal conte Paolo Sella di Monteluce, cattolico e monarchico, con il direttore della rivista La Civiltà cattolica, il gesuita Giacomo Martegani. Questi intendeva valutare la possibilità di aperture diplomatiche tra l'Unione Sovietica e la Santa Sede e di intese comuni sui problemi della convivenza pacifica. Non vi fu un seguito anche perché, a giudizio di Donini, le posizioni personali di padre Martegani erano troppo innovative rispetto a quelle tenute da Pio XII, tanto che due anni dopo perdette la direzione della rivista e venne emarginato.[17] L'elezione al Senato[modifica | modifica wikitesto] Curzio Malaparte Fece parte della Commissione della pubblica istruzione e belle arti, ma si occupò anche di politica estera e di finanze. A nome del suo Partito intervenne il 16 febbraio 1956 contro il piano di riforma tributaria elaborato dal ministro Ezio Vanoni. Proprio al termine del suo intervento, il ministro si sentì male e morì d'infarto nel suo studio al Senato. Il drammatico episodio turbò profondamente Donini, che quella sera stessa ebbe una trombosi che lo rese semiparalizzato per diversi mesi.
Riconfermato al Senato nelle elezioni del 1958, nel 1960 promosse presso il governo l'accordo culturale tra l'Italia e l'Unione Sovietica e divenne segretario nazionale dell'Associazione Italia-URSS. In luglio vi furono in tutta Italia manifestazioni contro il governo Tambroni, con morti, feriti e centanaia di arresti. Una di queste, tenuta il 6 luglio a Porta San Paolo a Roma, alla quale partecipò Donini con altri parlamentari, fu caricata dai carabinieri: « io stesso caddi sotto le zampe di un cavallo montato dal capitano D'Inzeo e ricevetti sul capo una staffilata che mi fece saltare la protesi oculare che portavo all'occhio destro ».[20] Il governo rassegnò le dimissioni il 19 luglio, quando Donini, a Mosca per nuove cure, assisteva al processo contro il pilota statunitense Gary Powers, protagonista del celebre caso dell'aereo spia U2. Gli ultimi anni della III legislatura furono dedicati al progetto di riforma della scuola. Nel 1959 Donini aveva già presentato con Cesare Luporini un disegno di legge che prevedeva l'obbligatorietà della scuola statale dai sei ai quattordici anni, con corsi di studio orientati prevalentemente alle scienze e alla storia e con l'abolizione dello studio del latino, allora obbligatorio. Nell'ottobre del 1962 il Parlamento approvò invece il progetto del ministro Medici, che comunque istituiva l'obbligo scolastico fino ai 14 anni. Dal 1960 Donini insegnava storia del cristianesimo all'Università di Bari, dove la sua prolusione del 1961 fu contestata da elementi neofascisti. L'anno successivo il docente di latino contestò in Consiglio di Facoltà i meriti accademici di Donini, con una relazione recante accuse contro i suoi Lineamenti di storia delle religioni, allo scopo di ottenere l'allontanamento di Donini dall'Università. Il Consiglio gli rinnovò tuttavia all'unanimità la sua fiducia. Diversi anni dopo il professore Ugo Bianchi, docente di storia delle religioni, confessò allo stesso Donini di essere stato lui l'autore della relazione letta dall'insegnante di latino: dopo tanto tempo « voleva scaricarsi di un peso che gli gravava sulla coscienza ».[21] Gli ultimi anni[modifica | modifica wikitesto] Lasciò l'insegnamento nel 1971, qualche anno prima della sua scadenza naturale, e si ritirò nella sua casa di Rignano Flaminio, per dedicarsi alla stesura delle sue ultime opere. Nel 1976 uscì così la Storia del cristianesimo dalle origini a Giustiniano, vincitrice del « Premio Prato », e nel 1977 l'Enciclopedia delle religioni. Ricordò ancora il suo maestro con una prefazione a un'edizione di lettere di Ernesto Buonaiuti pubblicata nel 1980 e riscrisse completamente i suoi Lineamenti di storia delle religioni del 1959 per una nuova edizione che vide la luce nel 1984 e fu tradotta in undici lingue. Nel 1986, ripercorse la sua vita nel libro di memorie, che volle intitolare Sessant'anni di militanza comunista, pubblicato nel 1988, e rivide ancora i suoi Lineamenti di storia delle religioni, pubblicandoli con il titolo di Breve storia delle religioni nel 1991, pochi mesi prima della sua morte. Opere[modifica | modifica wikitesto]
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