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Lodovico
[Vico] LIGATO
(Reggio Calabria, 15 agosto 1939 Reggio Calabria, 27 agosto 1989)
politico italiano, deputato della Democrazia Cristiana e presidente
delle Ferrovie dello Stato.
[Figlio di un ferroviere (capostazione) e di una casalinga,
una profuga istriana.
Pronipote di un funzionario dei treni imperiali di Francesco
Giuseppe.]
laurea in giurisprudenza;
compie gli studi al liceo ginnasio "Tommaso Campanella" dove
inizia un sodalizio duraturo con Giovanni Palamara;
comincia a frequentare Giuseppe Agostino,
futuro vicepresidente della Conferenza episcopale italiana
in questi anni si lega a Enzo Cafari,
segretario particolare di Nello Vincelli;
dello stesso periodo, quello universitario, è l'amicizia con
Franco Quattrone e con Nuccio
Fava;
si laurea in seguito in giurisprudenza all'Università di Palermo
ma non eserciterà mai la professione;
1955
6 luglio-19 maggio 1957 (I "governo
Segni");
1957
19 maggio-1° luglio 1958, ("governo
Zoli");
agosto, Reggio Calabria, appena compiuti i 18 anni si iscrive
alla Democrazia Cristiana, muovendo i primi passi sotto
la protezione di Nello Vincelli, potente
parlamentare fanfaniano della Dc reggina;
1958
25 maggio, (III Legislatura 1958 12 giug - 15 mag 1963);
1° luglio-15 febbraio 1959 (II "governo
Fanfani");
1959
15 febbraio-25 marzo 1960, (II "governo
Segni");
1960
25 marzo-26 luglio, ("governo
Tambroni);
26 luglio-21 febbraio 1962, (III "governo
Fanfani);
sin dai primi anni '60, si dedica al giornalismo cominciando dal «Popolo»
e poi presso la sede reggina della «Gazzetta del Sud»;
1962
21 febbraio-21 giugno 1963, (IV "governo
Fanfani);
1963
28 aprile, (IV Legislatura 1963 16 mag - 4 giu 1968);
21 giugno-4 dicembre, (I "governo
Leone");
4 dic-22 lug 1964, (I "governo
Moro");
1964
22 luglio-23 febbraio 1966, (II "governo
Moro");
1966
23 febbraio-24 giugno 1968 (III "governo
Moro");
1968
19 maggio, (V Legislatura 1968 5 giu-24 mag 1972);
24 giugno-12 dicembre 1968, (II "governo
Leone");
12 dicembre-5 agosto 1969, (I "governo
Rumor");
1969
5 agosto-27 marzo 1970, (II "governo
Rumor");
1970
27 marzo-6 agosto, (III "governo
Rumor");
5 luglio, I
moti di Reggio Calabria: Reggio Calabria, Piazza Duomo,
oltre 30.000 persone sono giunte per ascoltare il comizio di Pietro
Battaglia, 40enne, Dc, sindaco della città.
Egli incita i presenti «a tenersi pronti
a sostenere con forza il diritto di Reggio alla guida della regione».
Reggio Calabria rivendica con forza il diritto della città a
fregiarsi del titolo di capoluogo della regione.
I moti cominciano subito dopo il "rapporto" del sindaco.
In una città in rivolta, sulle barricate, è tra i pochissimi
dirigenti reggini a schierarsi con la posizione ufficiale della Dc
che non prevede Reggio Calabria come capoluogo di regione.
6 ago-17 feb 1972, ("governo
Colombo");
si vota per la prima volta nel Consiglio Regionale, si candida, viene
appoggiato da Nello Vincelli e viene eletto
seppur all'ultimo posto
diviene assessore regionale con la delega agli Enti
locali;
1972
17 febbraio-26 giugno, (I "governo
Andreotti");
7-8 maggio, (VI Legislatura 1972 25 mag - 4 lug 1976);
26 giugno-7 luglio 1973 (II "governo
Andreotti");
1973
7 lug-14 mar 1974, (IV "governo
Rumor");
1974
14 marzo-23 novembre, (V "governo
Rumor");
23 novembre-12 febbraio 1976, (IV "governo
Moro");
1975
?, alle regionali triplica i voti di preferenza e diviene il primo degli
eletti nella provincia di Reggio Calabria; è il periodo dell'accordo
con Franco Quattrone;
[I due hanno stretto un'alleanza per un progetto ambizioso:
scalzare Nello Vincelli a Reggio Calabria
e incrinare il potere di Misasi a Cosenza
e quello di Puja a Catanzaro.
Li chiamano i "giovani turchi".]
1976
12 febbraio-29 luglio, (V "governo
Moro");
5 luglio, (VII Legislatura 1976 lug-19 giu 1979);
[Grazie al suo sostegno determinante, Franco
Quattrone diviene deputato. A sua volta questi gli dà
il suo appoggio per la scalata alla Regione.]
Arriva a un punto tale da cumulare, contemporaneamente, più
deleghe, fra cui quelle del Bilancio, degli Enti locali, dei Trasporti,
del Personale.
29 luglio-11 marzo 1978, (III "governo
Andreotti");
1978
11 marzo-20 marzo 1979, (IV "governo
Andreotti");
1979
20 marzo-4 agosto, (V "governo
Andreotti");
3 giugno, eletto deputato (VIII Legislatura
1979 20 giu-11 lug 1983) per la Dc nel collegio di
Catanzaro;
[Con 87.130 voti di preferenza. Secondo degli eletti
a un passo dal capolista Riccardo Misasi
che riesce a mantenere il primato per soli 705 voti di differenza. Primato
apparente, però.
È lui infatti il primo degli eletti democristiani a Reggio Calabria
e ciò grazie al fatto che l'Onorata società è stata
parte del suo trionfo. (Lo stesso alto commissario per la lotta contro
la mafia preciserà che a sostenerlo sono stati i De
Stefano).
Significativi i suoi passaggi interni nelle varie correnti democristiane:
fanfaniano prima, poi andreottiano, approda alla fine nella corrente
di sinistra di Ciriaco De Mita e di Misasi.]
7-10 giugno, prime elezioni per il Parlamento europeo;
4 agosto-4 aprile 1980, (I "governo
Cossiga");
Nella Dc calabrese c'è una triangolazione particolare:
. Ligato a Reggio,
. Riccardo Misasi a Cosenza,
. Pujia a Catanzaro.
Ognuno di loro, forte nella sua provincia, cerca e ha collegamenti nelle
altre province. E così in quella di Reggio, hanno una loro importanza
alcuni personaggi.
Giuseppe Nicolò è il riferimento
di Riccardo Misasi a Reggio, Franco
Quattrone lo diventerà di Pujia
dopo un periodo passato con Riccardo Misasi.
Un peso lo ha anche il deputato Pietro Battaglia,
approdato di recente nella corrente del ministro dell'Interno Vincenzo
Scotti dopo essere stato andreottiano come Pujia.
Sono le lotte tra queste correnti e questi uomini, o pochi altri
che determinano a Reggio Calabria le scelte della Dc negli Enti locali:
Comune, Provincia, vari enti pubblici.
Nella Dc reggina avviene un fatto singolare; uomini e correnti che localmente
si combattono tra di loro trovano poi momenti di coesione a livello
regionale. Non è infrequente trovare Ludovico
Ligato e Franco Quattrone, in aspro
contrasto a Reggio, unirsi poi con Misasi
durante i congressi regionali.
Ma in città non conta solo la Dc.
A scandire la vita politica per quanto riguarda i partiti di governo
ci sono anche:
- PSI, all'interno del quale si va affermando il consigliere
regionale Giovanni Palamara, in contrapposizione
con il deputato Saverio Zavettieri;
- PRI, dominato dal deputato Francesco
Nucara;
- PSDI, entro il quale acquista sempre più peso
l'avv. Paolo Romeo, prima consigliere regionale
e poi deputato.
Non si creda, però, che i gruppi e le alleanze tra gli uomini
siano rigidi e immobili. Al contrario, la loro caratteristica è
la forte mobilità [
]
[Cirillo, Ligato e Lima, a cura di Nicola
Tranfaglia, Laterza 1994.]
1980
4 aprile-18 ottobre, (II "governo
Cossiga");
Elezioni comunali a Reggio Calabria.
[Tra i candidati nelle liste dalla Dc troviamo l'avv.
Giorgio De Stefano, cugino
del più noto Paolo De Stefano, attualmente
in soggiorno obbligato ad Ancona.
A spingere per la candidatura del giovane avvocato c'è anche
Ligato.
Paolo De Stefano, grazie alla compliciità
di un avvocato (condannato, per tale vicenda, dal tribunale penale)
fa rientro a Reggio Calabria. Una provvidenziale citazione lo chiama
come teste in un processo civile presso la pretura di Melito Porto Salvo
per riconoscimento danni in un incidente stradale. Poi, con un «espediente
procedurale», e «grazie ai
ripetuti rinvii della trattazione della causa accordati dal vicepretore
onorario avv. Abenavoli 'braccio destro' del Ligato», rimane
in città per tutta la durata della campagna elettorale.
«L'intera operazione viene orchestrata di
concerto tra Ligato, De Stefano e Abenavoli».
Paolo De Stefano si trova a Reggio per la campagna elettorale
a favore della Dc anche se non può votare per
il cugino avendo la residenza anagrafica a Lamezia Terme. A sostenere
la campagna elettorale dell'avv. Giorgio De Stefano
troviamo anche Vico Ligato.
Il giudice per le indagini preliminari, Domenico
Ielasi, annoterà ritenendola di «significato
particolare l'ammissione della vedova circa un appoggio elettorale che
il marito aveva fornito, nelle elezioni comunali del 1980 all'avv. Giorgio
De Stefano» che ha sicuramente un successo notevole risultando
secondo degli eletti.
Giorgio De Stefano ha
rischiato di essere il primo, ma a un certo punto si è ritenuto
opportuno limitare la concentrazione delle preferenze sul suo nominativo
per evitare il sorpasso del sindaco uscente Domenico
Cozzupoli.
All'epoca Franco Quattrone è sottosegretario
al Lavoro.
A Gioia Tauro secondo il cronista Gianfranco
Manfredi nella lista guidata da Vincenzo
Gentile entrano parenti diretti di Girolamo
Mazzaferro, di Peppino Piromalli,
di Saro Mammoliti, cioè di quelli
che sono considerati i mafiosi più potenti della piana.]
18 ottobre-28 giugno 1981 ("governo
Forlani");
1981
28 giugno-23 agosto 1982, (I "governo
Spadolini");
1982
23 agosto-1° dicembre, (II "governo
Spadolini");
1° dicembre-4 agosto 1983, (V "governo
Fanfani);
1983
26 giugno, rieletto deputato (IX Legislatura
1983 12 lug-1 lug 1987) per la Dc nel collegio di
Catanzaro;
[Quarto degli eletti con 63.482 preferenze.
Stavolta dietro Riccardo Misasi c'è
Carmelo Pujia, potente assessore regionale
ed ex presidente della Provincia di Catanzaro.
A Reggio Calabria ottengono un risultato lusinghiero i repubblicani
e il neoeletto deputato Francesco Nucara
(parente, da parte di madre, di Domenico Libri);
una messe consistente di voti di preferenza, 12.565, di cui 9000 nel
solo reggino. Ovviamente come appureranno in seguito i magistrati
Vincenzo Macrì e Antonio
Lombardo appoggiato dalle cosche mafiose facenti capo a Francesco
Serraino, Paolo De Stefano, i Tegano,
i f.lli Libri, Santo
Araniti, Antonino Frascati, i f.lli
Caridi di Cataforio.
In questa occasione e solo in questa egli si chiede dove
siano finiti i voti della 'ndrangheta!
Che i De Stefano abbiano voluto dividere
su due candidati di diversi partiti le loro preferenze elettorali raggiungendo
lo scopo di far eleggere entrambi i candidati? Non è facile dare
una risposta.]
diviene segretario della Commissione Trasporti della Camera;
4 agosto-1° agosto 1986, (I "governo
Craxi");
1984
17 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
1985
11 ottobre, Villa San Giovanni (Reggio Calabria), salta in aria
un'autovettura imbottita di esplosivo; provoca tre vittime ma scampa
all'agguato Antonino Imerti [nano
feroce].
13 ottobre, Archi (Reggio Calabria), viene ucciso il capo bastone
Paolo De Stefano, ritenuto il mandante del mancato
omicidio di Antonino Imerti [nano
feroce].
[Ricercato da anni dai poliziotti e dai carabinieri,
che non erano riusciti a catturarlo, viene ucciso nel suo "regno",
territorio di dominio incontrastato di questa cosca e luogo «impenetrabile
per le forze di polizia».
La sua uccisione ha come immediata conseguenza la frattura della 'Ndrangheta
reggina da lui unificata e finora egemonizzata essendo riuscito a governarla
dopo l'eliminazione di don Domenico [Mico]
Tripodo.]
Si apre così la seconda guerra
di Reggio Calabria.
[La più lunga e la più sanguinosa della
storia della 'ndrangheta reggina e calabrese.
Quando si concluderà, nell'estate
1991, si conteranno quasi seicento morti.]
Le varie cosche si dividono: [vedi 'Ndrangheta]
15 novembre, è nominato presidente delle Ferrovie
dello Stato.
Egli continua tuttavia ad interessarsi delle vicende di Reggio Calabria
e questo impensierisce non poco quanti, nel suo stesso partito, pensano
che non debba più intromettersi in città.
A capo della segreteria politica di Ciriaco De
Mita, segretario nazionale della Dc, c'è
Riccardo Misasi. La corrente facente capo
si due s'impadronisce della direzione delle Ferrovie.
[Ciò risponde a un'esigenza nazionale, c'è
però anche un risvolto calabrese. Con questa scelta, secondo
l'opinione di molti, Riccardo Misasi si
è liberato in Calabria di un concorrente temibile; nel contempo
a Ludovico Ligato subentra in Parlamento
Mario Laganà consentendo allo stesso
Riccardo Misasi di assicurarsi un nuovo
e potente alleato nel Reggino. Difatti Mario Laganà
diviene subito misasiano.
Giacomo Mancini sarà dello stesso
parere: «Ludovico Ligato fu scelto grazie
alla segreteria Dc e con il consenso di Misasi».]
Direttamente o intestandole al figlio Enrico
Ligato, egli costituisce diverse società con
l'intenzione di operare in vasi settori: imprese di intermediazione
immobiliare, di consulenza edilizia, di produzione di materiale da costruzione.
[I giudici ne conteranno alla fine ben 27.]
1986
1° agosto-17 aprile 1987 (II "governo
Craxi");
Negli ultimi giorni dell'anno egli riunisce all'Hotel
Excelsior un gruppo di amici per una cena.
[L'incontro, che avrebbe dovuto servire per designare
Agatino Licandro come suo «erede
ufficiale», viene turbato e sconvolto nei suoi risultati
dalla presenza inattesa e non voluta di Giuseppe
Nicolò. Forse inviato da Riccardo
Misasi a cui si è rivolto Franco
Quattrone il quale «sicuramente deve
aver protestato vedendo venir meno la garanzia che Ligato non si sarebbe
più impegnato a Reggio».]
1987
17 aprile-28 luglio, (VI "governo
Fanfani);
14 giugno, (X Legislatura 1987 2 lug-22 apr 1992);
28 luglio-13 aprile 1988, ("governo
Goria");
Tra il 1987 e il 1988, segretario regionale della Dc è
Giuseppe Nicolò.
1988
13 aprile-22 luglio 1989, ("governo
De Mita");
Il giudice istruttore di Roma, Vitaliano Calabria,
ipotizza nei suoi confronti il reato di corruzione.
14 comunicazioni giudiziarie raggiungono i membri del CdA delle Ferrovie
dello Stato; alcuni di loro finiscono in galera.
Tra il ? e il 1990, segretario regionale della Dc è
Franco Quattrone.
[Il quale viene messo al corrente da Giuseppe
Nicolò dell'esistenza dell'accordo segreto stipulato
per l' "affare Bonifica".
Una sorta di passaggio delle consegne, peraltro confermato in seguito
da Vincenzo Gallo, un "fiduciario"
di Vincenzo Lodigiani, che dirà
ai giudici: «Franco Quattrone, lui disse
che era segretario della Dc regionale e che se c'era qualche cosa di
importante voleva saperlo» e «voleva
esser informato sulle cose di rilievo che la mia società aveva
in caldo».]
25 novembre, coinvolto nello "scandalo
delle lenzuola d'oro", è costretto a dimettersi
dalla presidenza delle Ferrovie dello
Stato;
[L'Ente viene commissariato e Mario
Schimberni è nominato commissario straordinario.]
[La vicenda è nata da una denuncia sporta da
Antonio Airoldi, presidente della società
IBE, che afferma di non essere stato invitato
alla gara pur essendo una ditta specializzata in lenzuola sintetiche
e pur potendo offrire un prezzo largamente inferiore, 30 Mdi di lire,
rispetto a quello aggiudicato che è stato di 152 Mdi di lire.
Ha vinto questa gara Elio Graziano, imprenditore
campano, ex presidnete dell'Avellino calcio, che sarà poi inquisito
per truffa ai danni dello Stato in relazione al terremoto dell'Irpinia.
La sua ditta ha avuto la commessa malgrado la denuncia di irregolarità
dell'appalto. Ascoltato dai giudici, Elio Graziano
racconta di avere dato ad Enrico Ligato
(figlio del presidente) 10 Mni di lire al mese per dieci mesi consecutivi.
Viene interrogato anche dal giudice istruttore Lombardi
perché l'imprenditore della Codemi,
Bruno De Mico, ha dichiarato di avegli
dato non personalmente, ma tramite Rocco Trane.
segretario particolare del ministro Signorile,
una tangente di 100 Mdi di lire. Inoltre è accusato di avere
aumentato gli stipendi per se stesso e per tutti i componeti del CdA.
Il suo da 144 Mni è arrivato a oltre 236 Mni. E poi ci sono i
viaggi di rappresentanza, l'uso disinvolto delle carte di credito.
Dal 1986 al 1988 le spese per viaggi, alberghi, noleggio auto hanno
toccato il tetto di 2 Mdi di lire.
Egli è convinto di uscire indenne da questa vicenda perché
lo scandalo delle lenzuola d'oro si riferisce ad appalti concessi prima
del suo insediamento, gli aumenti degli stipendi sono stati un adeguamento
obbligatorio, l'uso improprio dell carte di credito una cosa che non
lo riguarda.
Quanto ai soldi dati da Elio Graziano a
suo figlio Enrico Ligato «è
una storia di rapporti personali già chiarita».]
1989
11 aprile, Crotone, proveniente da Roma sbarca in aero-taxi assieme
a Enzo Cafari, originario di Ferruzzano
(Reggio Calabria);
[Come dichiarato dal settimanale «Il Crotonese»,
il viaggio è finalizzato alla trattativa per l'acquisto dell'
"Hotel Costa Tiziana", una costruzione
alberghiera di rilevanti dimensioni 60.000 mq di fronte al mare
posta proprio ai confini dell'area di installazione dei missili F.16
e della base Nato che dovrebbe sorgere dopo l'arrivo dei missili. L'affare
si concluderà con l'acquisto per Lire 5.050.000.000.-
Il gruppo romano che si aggiudicherà il complesso alberghiero
farà capo proprio a Enzo Cafari
coinvolto nel processo per la strage di contrada Razzà di Taurianova
(Reggio Calabria) [vedi
'Ndrangheta 1977].
Di Enzo Cafari si occupa un altro magistrato,
Agostino Cordova, giudice istruttore presso
il Tribunale di Reggio Calabria. Nell'ordinanza di rinvio a giudizio
contro Paolo De Stefano + 59,
che costituisce la base del processo ai 60, viene delineata la figura
di Enzo Cafari, fatto ancor più
significativo perché lo stesso non risulta imputato in questo
processo.
Enzo Cafari è colto in «oscuri
rapporti con Paolo De Stefano, Carmelo Cortese, Giuseppe Avignone, Bruno
Caccamo, Giuseppe Scriva e altri 'personaggi' del genere».
Carmelo Cortese è «associato
ad una loggia massonica» e successivamente risulterà
negli elenchi della P2.
Continua Agostino Cordova: «La
cosca Avignone, così come quelle De Stefano e Piromalli, dispone
di una vasta base operativa a Roma: e, per troppo singolare coincidenza,
uno dei punti di riferimento sia dell'Avignone, come dei Piromalli e
dei De Stefano è proprio il Cafari».
Quando si svolgerà il processo ai 60 il presidente del collegio
giudicante Giuseppe Tuccio, rimarcherà
nella sentenza il ruolo di Enzo Cafari.
Nella sede romana della compagnia assicurativa da lui gestita ci sono
stati incontri tra «i capi delle cosche
De Stefano, Mammoliti Giuseppe, Avignone Giuseppe e pericolosi esponenti
della malavita romana ritenuti responsabili di clamorosi sequestri consumati
in tutta Italia».
All'epoca dei fatti Enzo Cafari era segretario
particolare dell'on. Nello Vincelli il
quale «per un certo periodo aveva tenuto
il proprio ufficio presso l'agenzia di Cafari».]
Quando il nome di Enzo Cafari viene associato
a quello di Nello Vincelli, questi si affretta
a far sapere che dal 1974 non ha «più
alcun rapporto» con il suo ex segretario particolare.
maggio, elezioni comunali a Reggio Calabria;
[Il Consiglio comunale viene completamente rinnovato
al punto che nessuno dei suoi uomini democristiani riesce ad entrarvi.
Un'intera classe dirigente è stata spazzata via dall'inchiesta
giudiziaria provocata dalle rivelazioni di Agatino
Licandro, sindaco di Reggio Calabria. Questi un anno prima aveva
clamorosamente denunciato che il 15% dei consiglieri comunali erano
stati «eletti consapevolmente con i voti
della mafia». Aveva parlato e rivelato i meccanismi delle
tangenti, il sistema di spartizione esistente tra i partiti di governo
della città. Le sue parole hanno poi trovato una conferma autorevole
nella testimonianza resa ai magistrati da Nello
Vincelli che della Dc reggina conosceva, da
lungo tempo, uomini e fatti.
In particolare parlò ai pubblici ministeri Roberto
Pennisi e Giuseppe Verzera del Centro
direzionale, il famoso Ce.Dir., e della parte avuta
da Bonifica SpA, società
del gruppo IRI-Italstat
con capitale interamente pubblico, e da Vincenzo
Lodigiani nel pagamento delle tangenti.
Era successo che il sindaco Aliquò
in regime di prorogatio perché si erano svolte le
elezioni amministrative e non era stato ancora eletto il nuovo sindaco
aveva stipualto, da solo e senza consultare nessuno, con la società
Bonifica SpA una convenzione di 250 Mdi
di lire dei complessivi 600 Mdi previsti dal decreto Reggio. La firma
determinò una bufera politica e provocò conseguenze particolari
i cui retroscena saranno svelati dalla magistratura reggina sul finire
del 1992.
L'idea del Centro direzionale non era partita da una determinazione
dell'amministrazione comunale ma come spiegherà Agatino
Licandro «Fu l'iniziativa e l'interesse
di Bonifica» a dare l'avvio alla complessa pratica che
si concluse con la stipula della convenzione.
Bonifica SpA come confermerà il giudice Augusto
Sabatini «aveva operato tempestivamente
nel senso di accaparrarsene l'esclusiva fruizione» ecc.
ecc.
In pratica il sindaco dell'epoca Pino Mallamo,
iniziò l'iter della pratica e si mosse avendo il consenso di
Giuseppe Nicolò e di Giovanni
Palamara oltre che quello di Ludovico Ligato.
I tre, a quanto pare, indicarono ognuno un consulente da affiancare
ai progettisti di Bonifica SpA. La pratica
venne incanalata attraverso la legge 64
con un finanziamento del CIPE. Ma la decisione del
sindaco Aliquò di firmare la convenzione
con Bonifica SpA utilizzando gli stanziamenti
previsti dal decreto legge per Reggio determinò
come abbiamo visto sopra un pandemonio creando un'opposizione anche
in quanti erano d'accordo con quell'investimento.
Dc e PSI espressero pubblicamente la loro
contrarietà. L'utilizzazione del decreto
legge per Reggio faceva perdere i fondi del CIPE
ma accelerava bruscamente l'iter della pratica. Aveva, però,
un difetto: consentiva al sindaco di non discutere la convenzione in
Consiglio comunale. La qual cosa non era di secondaria importanza viste
le tangenti che dovevano ancora essere divise. E così
il 1° agosto successivo
]
18 giugno, elezioni per il Parlamento europeo;
17 luglio, viene arrestato Agatino Licandro,
fino a pochi giorni prima sindaco di Reggio Calabria;
[L'arresto è avvenuto in relazione a reati commessi
per l'acquisto delle fioriere che dovevano servire ad abbellire il lungomare
della città.]
22 luglio-12 aprile 1991, (VI "governo
Andreotti");
1° agosto, Reggio Calabria, la levata di scudi in Consiglio
comunale costringe Aliquò ad annullare
la convenzione con Bonifica SpA.
[Sarà tuttavia firmata in seguito il 30 ottobre
1990 proprio da Agatino Licandro e sempre
con Bonifica SpA.
«Di qui la conferma concluderà
il giudice Mannino
che non era in discussione né la realizzazione dell'opera né
l'impresa affidataria, ma che la diatriba era sorta soltanto per un
problema di spartizione».
Ludovico Ligato, che fu tra i promotori
dell' "affare Bonifica", si è trovato
in dissenso con la stipula della convenzione firmata da Aliquò
e sarà ammazzato poco dopo la rescissione di questa convenzione.]
L'imprenditore Giuseppe Cassone,
che vorrebbe fare il capofila di un gruppo di imprese per la costruzione
della sede del Consiglio regionale della Calabria, non vince l'appalto
«perché avrebbe eseguito direttamente
i lavori, nulla lasciando alle imprese locali in odore di mafia».
In precedenza è stato escluso dalla costruzione di 180 alloggi
previsti dall'amministrazione centrale delle Poste.
Gli è stata preferita la ditta Procopio
che, secondo lo stesso Giuseppe Cassone,
avrebbe goduto in passato «dell'appoggio
e della protezione dell'on. Riccardo Misasi».
Gianni Scambia, presidente dei costruttori
reggini, intende costituire un consorzio di imprese, Reggio
90, in grado di gestire i lavori del decreto
Reggio, Al consorzio aderiscono 110 imprese, un numero rilevante.
L'idea pare avviarsi nel migliore dei modi e con il sostegno del sindaco
Pietro Battaglia, ma poi, con il passare
del tempo, comincia il boicottaggio dell'intera operazione, si mina
l'unità delle imprese con l'affidare lavori ad alcune di loro,
e infine arrivano attacchi personali allo stesso Gianni
Scambia.
Rinvio dopo rinvio, al consorzio Reggio 90
saranno affidati lavori per soli 71 Mdi di lire. Il commento di Gianni
Scambia sarà significativo, e drammatico: «Mi
viene anche da pensare che, se sono vere le cose che si dicono per l'omicidio
Ligato, beh, allora noi abbiamo anche rischiato di persona».
Nel corso di u pranzo in un raffinato ristorante romano
alla presenza di Pietro Battaglia e di
Paolo Rinaldi, amm.re delegato della Vianini,
la grande impresa edile del "gruppo Caltagirone",
i fratelli amici dell'on. Giulio Andreotti,
si discute degli appalti del decreto Reggio.
In questo moemnto Gianni Scambia è
in difficoltà perché una «velina»
pubblicata su «Il Sole 24 Ore» ha insinuato che, nella costruzione
della centrale Enel a Gioia Tauro, era
in qualche modo coinvolto in rapporti con ditte mafiose. Paolo
Rinaldi rivolgendosi a Pietro Battaglia
gli dice: «Le avevamo detto che per l'ostacolo
Reggio 90 non si doveva preoccuapre, che ce ne saremmo incaricati noi.
Abbiamo provveduto. C'è una notizia su Scambia e l'abbiamo fatta
arrivare a «Il Sole 24 Ore» ».
26/27 agosto, Bocale, zona sud di Reggio Calabria, nella notte
tra sabato e domenica, viene assassinato a colpi di pistola;
[Alla fine si conteranno 26 fori di entrata, sette dei
quali in testa
Ma, soprattutto, si accerterà che l'arma usata è una Glock
17, importata in Italia dall'Algimec.
Amministratore di una delle filiali regionali dell'Algimec,
esattamente quella del Lazio, è suo figlio Enrico
Ligato. Si appurerà tuttavia che l'arma è entrata
in Italia per vie illegali.
Della sua morte si occuperà anche Corrado
Augias, il 3 novembre 1992, in un'apposita puntata della sua
trasmissione "Telefono giallo".]
__________________________
[In un agguato di stampo mafioso i cui mandanti sono
ritenuti Pasquale Condello, Santo
Araniti, Paolo Serraino e Diego
Rosmini e l'esecutore materiale Giuseppe
Lombardo (tutti condannati con sentenza definitiva).
Il pentito Paolo Iannò, collaboratore
del "processo Olimpia 3" dichiarerà
che il suo omicidio fu pianificato in due incontri, uno tra maggio e
giugno del 1989 tra Filippo Barreca (poi
pentito), Paolo Serraino, Pasquale
Condello, Diego Rosmini senior,
Santo Araniti, Domenico
Repaci (Araniti) e Antonino Modafferi
(Araniti) e un secondo 45 giorni dopo circa Pasquale
Condello, Domenico Araniti insieme
ad altre persone. Wikipedia]
[La vedova Eugenia [Nuccia]
Mammana indicherà nelle «carte
processuali» il «movente del
delitto» aggiungendo: «Alla
vigilia dei processi è stato ucciso. Come si fa a non pensare
a questo collegamento?».
A Ottavio Rossani, giornalista del «Corriere
della Sera» che le chiederà: «L'omicidio
di suo marito lo definisce un delitto di Stato?», lei non
avrà esitazioni e risponderà in modo perentorio: «Secondo
me sì, è un delitto di Stato». Contesterà
apertamente l'operato degli stessi inquirenti: «Quelli
che finora stanno indagando, stanno seguendo la pista reggina, ma lo
fanno solo per depistare dalle vere cause dell'assassinio».
E dirà in seguito a Paolo Guzzanti:
«L'hanno lasciato solo come un cane. Innocente
e solo».
Del resto, a seguire le cronache di questi giorni si rimane sconcertati
dal silenzio della Dc:
. Forlani, al Consiglio nazionale che si
svolge proprio in questi giorni, lo ricorda di sfuggita, in poche righe
nella sua lunga relazione;
. Ciriaco De Mita, nemmeno una parola;
. Natali e Gullotti,
solo loro, hanno l'onore della sua commemorazione.
Solo Oscar Luigi Scalfaro, sempre nel citato
reticente Consiglio nazionale della Dc, dice:
«Ligato è nostro, perché fu
nostro deputato e perché a quel posto di responsabilità
non c'è arrivato da solo». Né serve che noi
«ci affidiamo ai silenzi. Dobbiamo avere
la serena umiltà di rispettare la verità come è
senza cercare di tirarcene fuori e perché fu scelto».
Ma non scuote gli animi
Ai funerali non parteciperà neppure Riccardo
Misasi, parlando di «disguido»
ecc.
Il fatto più significativo è che «nessuno
dei dirigenti nazionali o locali prova a disegnarlo come una vittima
della mafia».]
1992
dicembre, ai primi del mese, il giudice per le indagini preliminari
Domenico Ielasi, accogliendo le richieste
del sostituto procuratore della Repubblica Bruno
Giordano, emette ordine di custodia cautelare contro 11
persone che vengono ritenute i mandanti e gli esecutori materiali
dell'omicidio. L'operazione è definita
"prima luce".
Oltre ai nomi di presunti appartenenti a famiglie 'ndranghetiste, figurano
quelli di quattro esponenti politici di spicco: Pietro
Battaglia, Franco Quattrone, Giuseppe
Nicolò e Giovanni Palamara.
Costoro vengono accusati di essere i mandanti dell'omicidio.
Nle formulare le loro ipotesi accusatorie i giudici si sono avvalsi
anche delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia che rimangono
celati dietro due sigle, Alfa e Delta,
per non rivelarne la vera identità.
[Precauzione che durerà ben poco perché la stampa individuerà
dietro questi nomi di fantasia i pentiti Giacomo
Lauro e Filippo Barreca.]
Le perizie balistiche accertano che la pistola Glock
usata nell'omicidio era stata utilizzata in precedenza per uccidere
Vincenzo Caponera, Vincenzo
D'Agostino, Francesco e Demettrio
Nicolò eliminati nel corso della guerra fra le cosche.
Tutte le vittime appartenevano alla cosca dei De
Stefano, sicché è evidente che a sparare contro
di loro dovevano essere stati quelli della cosca avversa degli Imerti,
dal momento che la pistola usata era nella loro piena ed esclusiva disponibilità.
L'idea di uccidere l'ex presidente della Ferrovie dello Stato
è partita dunque da Reggio Calabria.
Secondo le dichiarazioni di Giacomo Lauro,
l'ucciso era stato molto appoggiato elettoralmente dalla cosca dei De
Stefano e dai referenti di quest'ultima in tutta la provincia
reggina. A Filippo Barreca risulterà
che egli fosse legato all'avv. Giorgio De Stefano
e quindi alla cosca De Stefano.
Il possibile suo rientro in politica come ha affermato Agatino
Licandro «preoccupò non
poco le forze politiche locali»
visto che da tutti gli
investimenti economici arrivati e in arrivo in città si prevedevano
5 Mdi di lire di mazzette per il Centro direzionale e 30 Mdi di lire
per il decreto Reggio. In questo quadro è dunque maturata l'idea
di eliminare questo pericoloso concorrente.
Lo stesso Nello Vincelli ha detto: «Sono
in condizione di poter affermare che detto omicidio possa inquadrarsi
come momento di scontro all'interno del comitato di affari reggino».
Ha aggiunto Giacomo Lauro: «Mi
risulta che la decisione di eliminare Ligato fu assunta da Palamara
Giovanni, Battaglia Piero e Nicolò Giuseppe, quest'ultimo il
referente di Misasi nel Reggino. Penso anche di sapere chi è
stato il portavoce che ha trasmesso il messaggio per l'eliminazione
di Ligato al nostro gruppo. Il messaggio è arrivato tramite i
Serraino».
Filippo Barreca ha annoverato nel gruppo
destefaniano i tre uomini politici nominati da Giaocmo
Lauro e vi ha aggiunto Franco Quattrone.
Tutti e quattro costituivano il «gruppo
di potere alternativo a Ligato». Se questi sarebbero i
mandanti politici dell'omicidio, gli esecutori materiali apparterrebbero
alle cosche che condividevano quella decisione: Serraino,
Rosmini, Condello.
«La partecipazione di un esponente di ciascun
gruppo doveva far condividere a tutti la responsabilità e garantire
il silenzio».
1993
13 marzo, il giudice per le indagini preliminari Domenico
Ielasi, accogliendo parzialmente le richieste dei sostituti procuratori
della Repubblica Roberto Pennisi e Giuseppe
Verzera, emette 12 ordini di custodia cautelare
contro esponenti politici e uomini della 'ndrangheta accusati di associazione
a delinquere di tipo mafioso. Ancora una volta nell'elenco ci sono Pietro
Battaglia, Franco Quattrone, Giuseppe
Nicolò e Giovanni Palamara.
Assieme a loro un ex sindaco, Domenico Cozzupoli,
e un ex vicesindaco Vincenzo Logoteta (Psi).
Questa volta il personaggio più importante è l'on. Riccardo
Misasi, nei confronti del quale sarà richiesta autorizzazione
a procedere per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso.
[La Camera dei deputati, accogliendo la proposta della Giunta per le
autorizzaizoni a procedere, deciderà di respingere la richiesta
avanzata dai magistrati reggini perché «assolutamente
priva di fondamento».]
Passano alcuni giorni e il giudice per le indagini preliminari Domenico
Ielasi, accogliendo parzialmente le richieste del sostituto procuratore
della Repubblica Bruno Giordano, emette
35 ordini di cattura.
Questa volta ad essere colpita è la componente militare della
struttura mafiosa. Il personaggio più importante è l'avv.
Giorgio De Stefano.
[Il Tribunale della libertà di Reggio Calabria lo porterà
fuori dal carcere non ritenendo attendibili i collaboratori di giustizia
Giacomo Lauro e Filippo
Barreca che non avrebbero raggiunto la «consistenza
dell'indizio» rispetto all'ipotesi accusatoria «della
partecipazione, specie nella qualità di dirigente, ad una consorteria
mafiosa».
Avverso questo provvedimento, il sostituto procuratore nazionale antimafia
Vincenzo Macrì proporrà appello
alla Corte di cassazione sostenendo che il Tribunale della libertà
non ha tenuto conto di nuove prove portate dall'accusa che riguarderebbero
i rapporti diretti tra l'avv. Giorgio De Stefano
e Nitto Santapaola, il noto capomafia di
Catania.
1994
febbraio, si conclude il processo, in 1° grado, per la tangentopoli
reggina con la condanna di quasi tutti gli imputati; fra gli altri,
Pietro Battaglia, Franco
Quattrone, Giovanni Palamara, Aliquò
e Vincenzo Logoteta (Psi); la posizione
di Giuseppe Nicolò non è
stat definita in questo processo perché è stata stralciata.
Per i parlamentari coinvolti, assolto Bruno Napoli,
vengono condannati ed è il primo caso in Italia
Lillo Manti e Francesco
Nucara, deputati ancora in carica al momento della pronuncia
della sentenza di primo grado.
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