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Giovanni PRANDINI

(Calvisano, 22 gennaio 1940) uomo politico italiano, esponente della Democrazia cristiana;

laureato in scienze economiche e commerciali, agente generale di assicurazione, funzionario pubblico;
[L'esponente democristiano Guido Bodrato conierà la definizione "banda dei quattro" per riferirsi al gruppo composto da lui, Paolo Cirino Pomicino, Francesco De Lorenzo e Carmelo Conte, locuzione utilizzata in seguito soprattutto dalla sinistra con accezione molto negativa.]

1972
25 maggio, eletto deputato (VI Legislatura) nel collegio di Brescia;

1976
5 luglio, rieletto deputato (VII Legislatura);

1979
20 giugno, rieletto deputato (VIII Legislatura);

1983
12 luglio, eletto senatore (IX Legislatura);
9 agosto-31 luglio 1986, sottosegretario per il Commercio estero (I "governo Craxi");

1987
2 luglio, rieletto senatore (X Legislatura);
28 luglio-12 aprile 1988, ministro della Marina Mercantile ("governo Goria");

1988
13 aprile-21 luglio 1989, ministro della Marina Mercantile ("governo De Mita");

1989
22 luglio-11 aprile 1991, ministro dei Lavori pubblici (VI "governo Andreotti");

1991
12 aprile-aprile 1992, ministro dei Lavori pubblici (VII "governo Andreotti");

1992
23 aprile, eletto deputato (XI Legislatura);

1993

[Fonte: Haver Flavio Pagina 7 (4 aprile 1993) - «Corriere della Sera»]

IL FASCICOLO PREPARATO DOPO L' INTERROGATORIO DI 100 IMPRENDITORI, NEL MIRINO DEI GIUDICI ANCHE L' EX DIRETTORE CRESPO ANTONIO E IL DC CESA LORENZO
Anas: Prandini e 25 miliardi di tangenti
chiesta l' autorizzazione all'arresto dell'ex ministro e del deputato dc Cafarelli Francesco. sono tutti accusati di aver raccolto mazzette da imprenditori e costruttori che volevano assicurarsi gli appalti.
L' ex ministro dei lavori pubblici Prandini Giovanni, che voleva evitare guai con la legge, aveva degli "uomini di fiducia " sistemati nei punti chiave del Paese che riscuotevano il denaro.

- ROMA. Sedici capi d imputazione, 25 miliardi di tangenti pagate dagli imprenditori per avere la certezza di assicurarsi gli appalti. Sono le cifre più eclatanti del voluminoso dossier inviato al Tribunale dei ministri dai magistrati che indagano su Tangentanas contro l'ex titolare dei Lavori pubblici, il dc Giovanni Prandini, e tre suoi fedelissimi.
Secondo i giudici romani che stanno esaminando contratti per lavori da 16 mila miliardi, devono condividere la sorte dell'ex ministro:
. Francesco Cafarelli (Dc) (deputato, ex segretario della commissione Antimafia),
. Lorenzo Cesa (Dc) (consigliere comunale capitolino) e
. Antonio Crespo, ex direttore generale dell'Anas, uno dei tanti pluriarrestati dai giudici milanesi di Mani pulite.
Antonio Di Pietro conduce infatti l'istruttoria sulla violazione della legge per il finanziamento pubblico dei partiti attraverso le mazzette incassate con le gare bandite dall'Anas e ultimamente aveva fatto rinchiudere a San Vittore molti personaggi di primo piano.
Per Giovanni Prandini e Francesco Cafarelli è stata chiesta anche l'autorizzazione all'arresto.
L'accusa per tutti gli indagati è di "concorso in concussione aggravata".
Senza clamori, i magistrati del pool incaricati dal procuratore Vittorio Mele di passare al setaccio tutti gli appalti Anas degli ultimi 7 anni hanno colpito grosso.
Alla fine della scorsa settimana sono terminati gli interrogatori degli oltre cento titolari d'imprese ascoltati in tutta Italia e nel giro di qualche giorno è stato messo a punto il fascicolo per il Tribunale dei ministri.
I pm Giancarlo Armati, Giorgio Castellucci, Cesare Martellino e Sante Spinaci hanno poi studiato i rapporti dei carabinieri guidati dal cap. Leonardo Rotondi e hanno messo a fuoco il meccanismo delle "pressioni" sugli imprenditori che, nelle intenzioni dell'ex ministro, avrebbe dovuto evitargli di finire nei guai con la legge: Giovanni Prandini non ha mai avuto rapporti diretti con i costruttori, sarebbero stati i suoi "uomini di fiducia" a raccogliere il denaro chiesto con metodi più o meno espliciti a chi voleva garantirsi lavori senza correre troppi rischi. E non si tratta solo di chi è già finito sul "libro nero" dei magistrati.
«C' era un "sistema concussorio" molto ben oliato. Uomini di fiducia erano stati sistemati nei punti chiave in varie zone del Paese», ha sottolineato uno degli investigatori spiegando con quale capillarità avvenisse la raccolta delle mazzette e facendo capire come le indagini siano tutt'altro che concluse.
Immediata la reazione di Giovanni Prandini, polemico con i magistrati per lo stillicidio di notizie che lo chiamano in causa da parecchi mesi. «E ormai scadenza fissa che il sabato pomeriggio ci siano indiscrezioni della Procura di Roma che preannunciano iniziative contro di me presso il Tribunale dei ministri (è la seconda occasione in cui atti contro l'esponente dc vengono avviati, nella capitale, allo speciale organo competente sui reati commessi da titolari di dicasteri sfruttando la carica, ndr). Per l' ennesima volta, riconfermo di non aver mai chiesto nulla a nessuno e di non aver ricevuto alcunché ", ha detto Giovanni Prandini.
E poi, l'ex ministro dei Lavori pubblici aggiunge: «E con profonda amarezza che devo prendere atto, ancor prima che qualsiasi indagine sia stata autorizzata (ad oggi, in 21 anni di attività parlamentare, mai nessuna autorizzazione a procedere è stata richiesta), che si danno per fondate affermazioni che non hanno alcun riscontro nella realtà».
Mentre al palazzo di giustizia si punta l'indice sul conto scoperto in una banca di Zurigo (intestato a un nome di fantasia) dove sono state versate parecchie mazzette miliardarie, si comincia a conoscere il numero degli indagati per Tangentanas. Sono una trentina, ormai, e dagli ambienti giudiziari è trapelato (seppure parzialmente) l'elenco delle opere per le quali sono stati pagati i "balzelli" contestati a Giovanni Prandini.
Secondo i magistrati, si va dagli appalti che la società "Carriero e Baldi" sarebbe riuscita a ottenere dopo aver rilevato, in provincia di Brescia, l' albergo "Rosa Camuna", un tempo di proprietà di famigliari di Giovanni Prandini, a gare per la realizzazione di importanti arterie. Tra le altre:
- la Barletta Canosa,
- la Foggia Cerignola,
- il raccordo Ascoli Porto d'Ascoli,
- il tratto dell'Aurelia che collega Follonica con Cecina,
- l'autostrada della Cisa,
- la statale 131 "Carlo Felice" in Sardegna,
- la Melfi Potenza,
- la variante di Crema.
Non è finita: domani i magistrati voleranno a Verona per gli interrogatori di altri imprenditori.
Dopo la fase di riflessione su mille elementi indiziari i giudici romani si sono messi alla ricerca dei riscontri. Sfruttando soprattutto gli accertamenti bancari sono riusciti a mettere le mani – questa è la loro opinione – solo sugli elementi più conosciuti tra coloro che partecipavano alla spartizione della torta. Chiusa una parentesi, se ne apre un'altra: adesso cercano di individuare i "collettori di provincia", quelli che davano l'indirizzo giusto a chi volesse entrare nel ristretto giro degli "appalti d'oro" per le strade. E la caccia comincerà dal Veneto.
[Fonte: Haver Flavio Pagina 7 (4 aprile 1993) - «Corriere della Sera»]


2010
febbraio, è condannato ad un risarcimento di cinque milioni di euro per abuso di potere (sostituzione di bandi di concorso con trattative private) durante il mandato da ministro dei Lavori Pubblici.
[La condanna gli è stata inflitta dalla Corte dei Conti. Da precisare, inoltre, che l'ex ministro è condannato anche alla pena detentiva ma la sentenza viene annullata.]

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http://lonatodelgarda.blogspot.it/
SABATO 20 FEBBRAIO 2010

Giovanni Prandini condannato
Nei giorni scorsi, è stato condannato al risarcimento di 5 milioni di euro Giovanni Prandini, ex ministro dei lavori pubblici e padre dell'uscente assessore ai servizi sociali del comune di Lonato del Garda, Ettore Prandini.
Il ministro dei lavori pubblici disponeva in quegli anni del potere di sostituire il bando di concorso con l'appalto a trattativa privata, da usare a fronte di urgenze eccezionali: Prandini, ha sentenziato la corte dei conti, avrebbe abusato di questo strumento.

Oltre ad essere stato condannato al pagamento della maxi-multa, Prandini era stato in primo grado condannato anche al carcere, poi la condanna fu annullata e oggi non è più formulabile, come spiegato dalla sentenza d’appello della Corte dei conti:
«Gli elementi probatori formatisi nel penale sono divenuti inutilizzabili in quella sede per norma sopravvenuta, mentre in origine erano corretti [...]». E' cambiata la legge.

Le stesse prove, usate per il processo amministrativo, l'hanno portato alla milionaria condanna. Prandini è stato condannato per
«- aver posto in essere un sistema diffuso di appalti a trattativa privata, solo in parte giustificato con la ricorrenza dell’eccezionale urgenza ovvero riferibile a particolari leggi speciali;
- nell'avere, nella ammessa qualità di tesoriere di corrente del partito della DC, ricevuto somme finanziarie provenienti da imprese aggiudicatarie di appalti a trattativa privata, appartenenti al gruppo di quelle politicamente protette;
- nell’aver quindi determinato, tollerato e non efficacemente contrastato un sistema clientelare esteso alla struttura centrale e periferica dell’Azienda;
- nell’aver violato i propri obblighi di servizio che, fra l’altro, gli imponevano il rispetto più rigoroso dei principi di buon andamento e imparzialità;
- nell’aver consapevolmente accettato lo sviluppo di un diffuso sistema improntato sulla clientela, a nulla rilevando la circostanza (meramente ipotetica) che le dazioni delle imprese non finivano "nelle sue tasche" bensì venivano girate alla corrente partitica di riferimento
».

La reazione dell'ex ministro non si è fatta attendere:
«Dopo quattrodici anni di processi, senza alcun patteggiamento, si è accertata la mia correttezza con l’assoluzione con la formula più ampia "il fatto non sussiste" e la corte d’Appello di Perugia mi ha liquidato una somma per il danno morale subito.
Ora a diciotto anni dalla mia cessazione quale ministro dei Lavori pubblici, la prima sezione della Corte dei Conti non avendo espletato alcuna indagine, non avendo sentito nè me nè i loro colleghi magistrati della Corte di Conti, ignorando le leggi speciali varate dal Parlamento per Italia ’90, per le Colombiane, per Valtellina, Val Brembana e Val Camonica, oltre alle norme della protezione civile, ha sentenziato senza alcun riscontro
».

 

 

 

Fonti
- Altre

 

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